La forza sperimentabile dell’invisibile, come un seme o il lievito   

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 13, 18-21)

In quel tempo, diceva Gesù: «A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare? È simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami».
E disse ancora: «A che cosa posso paragonare il regno di Dio? È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».

Audio della riflessione.

Oggi i grandi paesi, le potenze evidenti e mostrate con i pugni, gli eserciti imbattibili delle cui bombe ogni tanto si fanno le prove, le distanze enormi e sorprendenti che i missili possono coprire in poco tempo, con grande capacità di distruzione, la quantità di mercati che si possono controllare imponendo dazi dalla mattina alla sera, le atomiche in continua proliferazione… sono le grandeur che si confrontano continuamente e che grandi leaders continuamente ingrossano per creare tensioni, paure, deterrenze. 

I brevissimi versetti del vangelo di Luca invece ci parlano di due realtà quasi invisibili: una, il granello di senapa, che si fa fatica a vedere nel palmo di una mano e l’altra ha poca consistenza e non si vede perché la massaia la nasconde addirittura nella pasta: è il lievito. Non sono missili, né bombe, ma hanno una forza invincibile che si può opporre a tutti i regni della terra. 

 Al tempo di Gesù c’era una bella differenza nell’ordine di grandezza materiale tra il piccolo Gesù che nasce in una grotta a Betlemme, e l’imperatore Augusto che nasce a Roma, tra il regno di Dio predicato dal Nazzareno e l’impero che reggerà l’imperatore Augusto. Il primo vive ancora, e siamo orgogliosi di appartenervi, del secondo si trovano tracce solo scavando sotto terra e sabbia e portando alla luce ruderi, che danno il segno della grandezza, ma ruderi sono. 

Queste due piccolezze e quasi nullità ci danno l’idea invece della rilevanza, importanze, definitività del Regno di Dio, che all’apparenza sembra un nulla, ma che alla fine mostra tutta la sua potenza interiore, e quindi racchiude per noi uno straordinario annuncio di speranza, che non è un vago presentimento, ma la forza di  un senso che siamo certi di dare ad ogni nostra vita e fatica. 

Siamo allora contenti di accogliere in noi il regno di Dio, la Parola del Signore, che è solo una Parola, che non ha gittata oltre gli oceani per colpire ovunque come i missili, ma forza interiore misteriosa di trasformare le vite di ogni persona e di mandare testimoni coraggiosi ovunque. 

 Certo la mentalità di oggi che vorrebbe tutto e subito chiede immediatamente conferme, manifestazioni che si possono provare, vedere, toccare, filmare, invece granello di senapa e pugno di lievito si mostrano solo a una attesa paziente e a un affidamento incrollabile per tutta la nostra esistenza, a ginocchia che pregano come ha fatto Gesù prima di scegliere e di mandare a due e due i suoi discepoli ad annunciare. Sono tornati con le pive nel sacco, ma hanno ridetto la loro fiducia nel Signore e hanno cambiato il mondo.  

Oggi a chi tocca ? Certo a ciascuno di noi. Sapendo che non siamo noi che fa crescere e che produce speranza, ma solo Dio e noi ci fidiamo di lui e attendiamo vigili, con le lucerne della vita in mano, consapevoli che Dio viene quando meno te l’aspetti, quando hai finito di fare calcoli e ti metti in contemplazione di Lui che viene e non ci lascia mai soli. 

31 Ottobre
+Domenico

Non mi strumentalizzare, io sono per la felicità

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 13, 10-17

In quel tempo, Gesù stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato. C’era là una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta.
Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei liberata dalla tua malattia». Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio.
Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, prese la parola e disse alla folla: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato».
Il Signore gli replicò: «Ipocriti, non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il suo bue o l’asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?».
Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.

Audio della riflessione.

C’è sempre qualcuno che vuol salvare Dio con le sue intransigenze, quasi che Dio abbia bisogno di lui per esistere o per operare nel mondo. Capita così che qualcuno inventa una guerra in nome di Dio, sancisce condanne di persone in nome di Lui, perpetra torture, fa leggi che tolgono la libertà e la dignità alle persone, mantiene nella sofferenza anziché offrire gioia e libertà. Certo è difficile riuscire a far maturare la propria coscienza e quella dell’umanità che oscilla sempre tra la negazione di Dio e l’assolutizzazione dell’idea che noi abbiamo di Lui.  

Oggi nel nostro occidente è più facile vedere una esclusione di Dio dalla vita, mentre in Oriente sembra che prevalga il talebanesimo, cioè una imposizione su tutti di una irrazionalità assoluta nei riguardi delle esperienze religiose.  

Il responsabile del culto che ha incontrato Gesù quel giorno nella sinagoga era di questo secondo tipo. Gesù ha davanti a sé una donna piegata da un male, che da troppo tempo la teneva nell’infelicità, di sabato la guarisce e la restituisce alla gioia di vivere.  

Il sabato è un giorno sacro, dice il capo della sinagoga; la sinagoga non è un ambulatorio, non è di sicuro il luogo in cui si può andare contro la legge di Dio. Ma tu Gesù che tanto tieni a che il nome di Dio sia lodato e benedetto, tu che vedi quanto la gente si stia allontanando da Dio, anche tu vieni a mescolare il profano col sacro, vieni a far crescere la magia, a far correre la gente in sinagoga a trasformare la religione in un placebo per disperati. Dio va lodato e benedetto, non servito con medicine e chirurgie.  

Quello che Gesù invece vuol far capire guarendo questa donna, ammalata da 18 anni, è di tenere in grande dignità e considerazione la vita umana. Non ci può essere contrasto tra la vita e la legge di Dio, non ci può essere subordinazione della persona  alla legge, né contrapposizione tra  i precetti e la sete di felicità vera che ha l’uomo. Sarà Lui con la sua morte in croce a rimettere al centro della vita dell’uomo la vera libertà e il vero culto a Dio: comunione con Lui e solidarietà con i fratelli. 

 Assolutizzando Dio ideologicamente, noi lo allontaniamo dalla nostra umanità, che è stata costruita a sua immagine. Ai nostri giorni forse non c’è questo pericolo perché è da tempo che abbiamo tolto Dio dai nostri pensieri, dal nostro mondo di relazioni. Non lo si adora veramente però se lo si colloca come nemico della nostra umanità, della corporeità, della voglia di vivere, della libertà perché Lui è la verità, la vera libertà e quell’amore verso cui tutti aspiriamo. 

30 Ottobre
+Domenico

Gesù si incammina definitivamente verso il compimento della sua missione

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 13, 31-35)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel momento si avvicinarono a Gesù alcuni farisei a dirgli: “Parti e vattene via di qui, perché Erode ti vuole uccidere”.
Egli rispose loro: “Andate a dire a quella volpe: “Ecco, io scaccio demòni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno la mia opera è compiuta. Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io prosegua nel cammino, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme”.
Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te: quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa è abbandonata a voi! Vi dico infatti che non mi vedrete, finché verrà il tempo in cui direte: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore!””.

Audio della riflessione

Ognuno di noi, a mano a mano che prende coscienza di sé, della sua famiglia, del suo vivere, dei rapporti che gli si impongono con le persone che incontra o con cui vive, tenta di farsi un progetto per il suo futuro di uomo o di donna: ha desideri, sogni, intenzioni e cerca di comporre assieme una propria vita originale, dare senso compiuto e soddisfacente al tutto.

E’ tipico della vita umana non crescere a caso, ma secondo un progetto personale che si chiarisce giorno dopo giorno … noi cristiani la chiamiamo vocazione, perché sappiamo di essere destinatari di una chiamata di Dio alla vita e a una nostra vita.

Gesù è consapevole della strada da fare: sa che è a Gerusalemme, che essa si compie e le trame di Erode non gli interessano! Sa che è una volpe, cerca con astuzia il suo vantaggio, minaccia Gesù, sperando che taccia o che esca dal suo territorio, la Galilea … e Gesù risponde con lo stile degli antichi profeti: non c’è alcun re o potente che si può opporre alla sua missione di annunciare il Regno, non ha bisogno di permessi o vantaggi per annunciare la verità e non cambierà condotta di fronte ad ogni minaccia.

Come vero profeta Gesù deve collocarsi al centro del suo popolo, non morirà certo in Galilea, perché la sua missione può essere decisa solo a Gerusalemme.

E’ sicuro che verrà la terra nuova, ma come in ogni crescita deve passare attraverso i dolori del parto. Sappiamo dal vangelo che Gesù è morto perché le autorità del suo popolo lo hanno ucciso e fu lo stesso Gesù a decidere di presentarsi al grande confronto che si concluderà sul Calvario.

La sua morte che avverrà a Gerusalemme non sarà frutto del caso, ma l’effetto di un calcolo politico: la sua morte sarà la conseguenza di uno scontro con le autorità religiose del suo popolo, che con Lui completerà la sua storia di uccisione di profeti e resta abbandonato come popolo di Dio definitivamente.

Bella la frase “quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una chioccia …e voi non avete voluto”: sono le parole di Gesù Crocifisso che piange la sorte del suo popolo. Finisce la storia antica, finisce la via di Israele, ma sulle rovine della vecchia città dei profeti si eleva il segno della salvezza universale che è per tutto il mondo il Gesù Crocifisso e vivo nella Pasqua.

Non c’è più un solo popolo eletto, ma tutto il mondo è scelto e chiamato!

Non è nessuna condanna definitiva di persone, ma un cambio di cuore necessario per tutto il genere umano nel definitivo nuovo Regno di Dio, e noi vogliamo scoprire Gesù come l’autentico profeta e lasciarci coinvolgere nel messaggio della sua vita.

27 Ottobre 2022
+Domenico

Non si sa se il paradiso è pieno o vuoto, ma che la porta è stretta

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 13,22-30)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?».
Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno.
Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori.
Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».

Audio della riflessione

Alla fine della vita che ci sarà? Questo uomo o donna che sono ha un futuro oltre la vita terrena? Siamo destinati a scomparire nel nulla o c’è qualcosa dopo la morte? Essere persone è sentire che nel pieno dello star bene ti assale un voglia di oltre, di completezza, di pienezza che non riesci a sperimentare. Hai un cuore che si allarga sempre più, le esperienze fatte non sono capaci di colmarlo. E’ alzarti un giorno e domandarti, ma dove sto andando, che faccio della mia vita, chi mi può riempire il cuore? Posso realizzare questi quattro sogni che ho dentro, c’è qualcuno che lassù  mi ama? Che futuro ho davanti? E’ avere una sete che non ti passa con la birra; è forse  aver rotto tutti i tabù di ogni tipo spinello, coca, ragazzo, ma sentire ancora un vuoto.

A queste domande che ogni tanto ci facciamo siamo abili nel metterci un silenziatore, perchè sono domande imbarazzanti, sia per noi che ci disperiamo di fronte alla morte, sia per la fede che dovremmo dimostrare nei confronti di chi vive con noi. Abbiamo paura del dileggio dei benpensanti, degli ideologi che sanno tutto, che conoscono per filo e per segno anche il nostro futuro, magari si affidano di più agli oroscopi che a qualche uso dell’intelligenza più consono alla dignità umana.

La nostra fede ci dà la certezza che la nostra vita sulla terra si conclude e continua nella braccia di un Padre, nella fratellanza di un Figlio che ci ha salvati, nella luce e nel fuoco d’amore dello Spirito che non permette alla nostra vita di afflosciarsi su di sé nel nulla.

Una domanda pressappoco uguale alla nostra la ponevano a Gesù i suoi contemporanei. Erano sicuri che ci fosse un futuro, ma non sapevano se la salvezza fosse garantita a tutti. Cercavano forse solo garanzie, quasi che una volta avuta l’assicurazione la vita smettesse di essere in salita e la certezza prendesse il posto della verità, dell’amore da vivere ogni giorno. Credevano che si potessero mettere in atto automatismi comodi di salvezza, privilegi per i furbi. Gesù dice papale papale: la porta è sempre stretta. Dio ci salva, ma l’amore è esigente. Non c’è nessun privilegio o raccomandazione su cui contare, non c’è nessun automatismo nell’amore, c’è sempre e solo la disponibilità ad accogliere, l’ardore di una volontà decisa a lasciarsi trasformare, la bellezza di un abbandono nelle braccia di Dio Padre, una fraternità da vivere e mostrare ai poveri: insomma un vangelo da vivere e incarnare.

La porta è stretta non per tirchieria di chi la apre, ma per la crescita  in bontà della coscienza dell’uomo, per l’approfondimento della sua dignità, che è poco meno degli angeli, coronato di onore e grandezza da riconquistare e sempre da implorare.

Per la porta stretta non si fa una selezione, di diritti, ma un discernimento di bontà, una scala di amore, una precedenza di santità.  Altrove dice il vangelo: i ladri e le prostitute vi precederanno nel regno dei cieli, quindi nessuno pensi di avere una assicurazione, ma sempre e solo un invito esigente.

E’ bello sapere comunque che là siamo destinati e il paradiso non può essere che traboccante se è costato la morte di Gesù per aprirlo.

26 Ottobre 2022
+Domenico

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Il seme del regno di Dio  e già stato gettato nel solco e nulla potrà soffocarlo

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 13, 18-21)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo, diceva Gesù: «A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare? È simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami».
E disse ancora: «A che cosa posso paragonare il regno di Dio? È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».

Audio della riflessione

La nostra mentalità moderna punta molto sullo spettacolare, sul grandioso, sulle manifestazioni di potenza e spesso cancella le piccole tracce di umanità e di bontà che sempre resistono nella vita delle persone: si vorrebbe che il bene trionfasse con i criteri dei mass media, si pretende di fotografare ogni attimo della vita per mandarlo in diretta, si crede che si esiste solo se ci si può far vedere … invece il mondo non va avanti cosi! La vita degli uomini è frutto dell’apporto di ogni esistenza umana, semplice, dedicata; è collocata dentro un tessuto di amore che non ha bisogno di apparire per essere vero, anzi esige interiorità, silenzio, umiltà.

Il regno di Dio, proprio quel progetto profondo di vita vera che deve pulsare nel mondo, è di questo tipo: è un granello di senapa, una manciata di lievito … non si impone per la maestosità o grandezza della sua consistenza, ma per la forza interiore regalata da Dio, che nessuno può vincere!

Il sogno di Dio sull’umanità si realizza nella debolezza e nella disponibilità alla volontà di Dio: le nostre megalomanie sono un ostacolo al Regno di Dio; la nostra frenesia di potere non è imparentata con l’avvento del Regno di Dio; il chiasso, l’esposizione sulla scena che conta, gli apparati non sono parte del regno di Dio: ne sono spesso un intralcio!

Il lievito tende a scomparire per fermentare tutta la pasta; il granello di semente muore per dar vita a qualcosa di impensabile!

Dio opera soprattutto entro la nostra inconsistenza: la fionda del ragazzetto Davide, portava solo un sasso e il gigante si è schiantato a terra; Gesù era un uomo buono senza legioni: è stato ucciso come un delinquente; la sua estrema debolezza di fronte al potere è stata la sua forza, perché si gettato nelle braccia del Padre.

Lo sparuto gruppo di apostoli, dispersi e perseguitati, cacciati e sopraffatti, è diventato il seme di un nuovo mondo: la stessa Chiesa ha conosciuto la massima sua diffusione per il sangue dei martiri, degli sconfitti!

E’ più regno di Dio il costruirsi giorno dopo giorno che il dispiegamento di una organizzazione: nella storia, quando la Chiesa si è appoggiata sul potere è sempre stata meno credibile, ha sempre perso!

Dio opera così, in questo modo si “costringe” a non lasciarci mai soli e a non abbandonarci mai.

25 Ottobre 2022
+Domenico

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Nessun ritualismo deve accecare l’umanità

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 13, 10-17)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato. C’era là una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta.
Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei liberata dalla tua malattia». Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio.
Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, prese la parola e disse alla folla: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato».
Il Signore gli replicò: «Ipocriti, non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il suo bue o l’asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?».
Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.

Audio della riflessione

C’è sempre qualcuno che vuol salvare Dio con le sue intransigenze, quasi che Dio abbia bisogno di Lui per esistere o per operare nel mondo. Capita così che qualcuno inventa una guerra in nome di Dio, sancisce condanne di persone in nome di Lui, perpetra torture, fa leggi che tolgono la libertà e la dignità alle persone, mantiene nella sofferenza anziché offrire gioia e libertà. Certo è difficile riuscire a far maturare la propria coscienza e quella dell’umanità che oscilla sempre tra la negazione di Dio e l’assolutizzazione dell’idea che noi abbiamo di Lui.

Oggi nel nostro occidente è più facile vedere una esclusione di Dio dalla vita, mentre in Oriente sembra che prevalga il talebanesimo, cioè una imposizione su tutti di una irrazionalità ceca o ritualismo assolutizzato nelle esperienze religiose.

Il responsabile del culto che ha incontrato Gesù quel giorno nella sinagoga era di questo secondo tipo. Gesù ha davanti a sé una donna piegata da un male, che da troppo tempo la teneva nell’infelicità, tanto più che era dovuta a una presenza demoniaca, di sabato la guarisce e la restituisce alla gioia di vivere. E’ una liberazione trascendente, non si tratta semplicemente di alleviare una infermità fisiologica, ma di “sciogliere da Satana”, cioè liberare nel senso più profondo della Parola. E una liberazione, come un segno e  riassunto di tutta l’opera di Gesù, è superiore a tutto il ritualismo israelita

Il sabato è un giorno sacro, dice il capo della sinagoga; la sinagoga non è un ambulatorio, non è di sicuro il luogo in cui si può andare contro la legge di Dio. Ma tu Gesù che tanto tieni a che il nome di Dio sia lodato e benedetto, tu che vedi quanto la gente si stia allontanando da Dio, anche tu vieni a mescolare il profano col sacro, vieni a far crescere la magia, a far correre la gente in sinagoga a trasformare la religione in un placebo per disperati. Dio va lodato e benedetto, non servito con medicine e chirurgie. Il capo della sinagoga neanche lontanamente pensava di avere davanti a sé il Figlio di Dio e lo ha trattato come un guaritore da quattro soldi. Non vedeva la sofferenza umana e nemmeno immaginava che avesse una origine sovrumana tanto era accecato da suo ritualismo

Quello che Gesù invece vuol far capire guarendo questa donna, ammalata da 18 anni, è di tenere in grande dignità e considerazione la vita umana. Non ci può essere contrasto tra la vita piena e la legge di Dio, non ci può essere subordinazione della persona  alla legge, né contrapposizione tra  i precetti e la sete di felicità vera che ha l’uomo. Sarà Lui con la sua morte in croce a rimettere al centro della vita dell’uomo la vera libertà e il vero culto a Dio: liberazione dal male, comunione con Lui e solidarietà con i fratelli.

24 Ottobre 2022
+Domenico

Trasmissione Radiofonica

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Dio non vuole il male dell’umanità, ma che si converta e viva

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 13,1-9)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo, si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

Audio della riflessione

Il  male che c’è nel mondo ci meraviglia sempre, soprattutto ci stupiscono e ci lasciano senza parole le disgrazie, le morti sul lavoro, gli incidenti stradali, le persecuzioni, le pazzie di uomini e donne che scaricano la loro demenzialità sui figli innocenti. Le crudeltà della guerra I giornali impietosamente ci mettono di fronte a pagine di cronaca nera che si distruggono spesso la stessa fiducia nella vita. Il pensiero nostro allora spontaneamente va a Dio. Lo mettiamo alla sbarra perchè lo riteniamo l’autore di ogni disgrazia che capita, di ogni dolore innocente che ci affligge. Perchè Dio deve permettere questo? Dove è Dio quando un lavoratore che fa il suo dovere viene travolto da una frana, da un crollo, da un incidente mortale? Perchè deve scoppiare una pazzia e andare ad abbattersi su figli innocenti?  Perché il potente risponde alle provocazioni distruggendo città e villaggi, aprendo fosse comuni su torturati e civili e facendo morire persone innocenti, deportando famiglie e bambini. Ai tempi di Gesù erano capitate disgrazie inspiegabili che avevano coinvolto persone estranee: il crollo di una torre, la violenza truce di Pilato che aveva mescolato innocenti e colpevoli in una strage. La gente si domandava perchè?

Gesù dice perentorio se non vi convertite perirete tutti allo stesso modo. Che significa? Che Dio sta col fucile spianato ad aspettare la gente che sbaglia, che pecca, per castigare, fare giustizia, creare terrore, vendicarsi? Dio è infinitamente buono; non c’è alcun dubbio, anche per tutto l’insegnamento della bibbia, non per nostre visioni di convenienza o di rispetto, che Dio non abbandona il suo popolo, che Dio ci ama tutti e ci porta sul palmo delle sue mani. Ma Dio non può non farci prendere coscienza che al fondo di ogni male c’è un peccato. Dentro ogni disgrazia c’è la mano dell’uomo che scatena il suo male sugli altri, dentro ogni disgrazia c’è una assurda faciloneria nell’esporre la vita delle persone al pericolo, magari per risparmiare soldi, per incoscienza del proprio dovere, per faciloneria. Se un bullone si allenta, ci sarà qualcuno che con faciloneria ha lavorato o qualche altro che ha voluto rubare sulla qualità del materiale. Dietro tanti incidenti c’è gente ubriaca e drogata.

Se non ci convertiamo, tutti periremo allo stesso modo. L’uomo è invitato e lo siamo tutti a guardare alla vita con impegno, a difenderla e a metterla al primo posto. Se si abbandona la legge di Dio, non è che Dio si vendica, siamo noi che ci affossiamo con le nostre mani. Dio ha previsto un uso esigente della nostra intelligenza per il bene di tutti, e non la furbizia dello stolto che per egoismo mette sicuramente la vita degli altri in una inevitabile disgrazia. Il mondo deve tornare a convertirsi al bene, ad usare l’intelligenza e le risorse umane per la sicurezza, non per l’arricchimento di qualcuno. Convertirsi, non vuol dire solo pregare, ma rimettere al centro la nostra dignità umana e non i nostri interessi.

Non possiamo oggi dimenticare i grandi insegnamenti di san Giovanni Paolo II nel giorno del ricordo di lui che la chiesa fa nella liturgia, impetrandone la potente intercessione e la forza di tutti i suoi innumerevoli interventi sugli stati per comporli nella pace

22 Ottobre 2022
+Domenico

Trasmissione Radiofonica

Non una assicurazione, ma un invito esigente

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 13, 22-24) dal Vangelo del giorno (Lc 13, 22-30)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?”.
Disse loro: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno.

Audio (video) della riflessione

Alla fine della vita che ci sarà? Questo uomo o donna che io sono ha un futuro oltre la vita terrena? Siamo destinati a scomparire nel nulla o c’è qualcosa dopo la morte? Sono domande che ogni tanto ci facciamo. Siamo abili a metterci un silenziatore, perchè sono domande imbarazzanti, sia per noi che ci disperiamo di fronte alla morte, sia per la fede che dovremmo dimostrare nei confronti di chi vive con noi. Abbiamo paura del dileggio dei benpensanti, degli ideologi che sanno tutto, che conoscono per filo e per segno anche il nostro futuro, magari si affidano di più agli oroscopi che a qualche uso dell’intelligenza più consono alla dignità umana.

La nostra fede ci dà la certezza che la nostra vita si conclude e continua nella braccia di un Padre, nella fratellanza di un Figlio che ci ha salvati, nella luce e nel fuoco d’amore dello Spirito che non permette alla nostra vita di afflosciarsi su di sé nel nulla e di scomparire.

Una domanda pressappoco uguale alla nostra la ponevano a Gesù i suoi contemporanei. Erano sicuri che ci fosse un futuro, ma non sapevano se la salvezza fosse garantita a tutti. Cercavano forse solo garanzie, quasi che, una volta avuta l’assicurazione, la vita smettesse di essere in salita e la certezza, ottenuta con le nostre fisime, prendesse il posto della verità, dell’amore da vivere ogni giorno. Credevano che si potessero mettere in atto automatismi comodi di salvezza, privilegi per i furbi.

 Chiedono a Gesù se il paradiso è pieno. Certo, se è pieno, perché non ci posso stare anch’io?!; se c’è poca gente allora mi devo accaparrare qualche lasciapassare. Gesù dice papale papale: la porta è sempre stretta. Dio ci salva, ma l’amore è esigente. Non c’è nessun privilegio o raccomandazione su cui contare, non c’è nessun automatismo nell’amore, c’è sempre e solo la disponibilità ad accogliere, l’ardore di una volontà decisa a lasciarsi trasformare, la bellezza di un abbandono nelle braccia di Dio Padre, una fraternità da vivere e mostrare ai poveri: insomma un vangelo da vivere e incarnare.

La porta è stretta non per tirchieria di chi la apre, ma per la crescita  in bontà della coscienza dell’uomo, per l’approfondimento della sua dignità, che è poco meno degli angeli, coronato di onore e grandezza da riconquistare e sempre da implorare.

Per la porta stretta non si fa una selezione di diritti, ma un discernimento di bontà, una scala di amore, una precedenza di santità.  Altrove dice il vangelo: i ladri e le prostitute vi precederanno nel regno dei cieli; quindi nessuno pensi di avere una assicurazione, ma sempre e solo un invito esigente.

E’ bello sapere comunque che là siamo destinati e il paradiso non può essere che traboccante se è costato la morte di Gesù per aprirlo.

21 Agosto 2022
+Domenico

L’amore paziente che non fa calcoli

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 13,8-9) dal Vangelo del giorno (Lc13,1-9)

«… ma quegli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime, e vedremo se porterà frutto per l’avvenire; se no, lo taglierai”.»

Audio della riflessione

.. Ma perché deve occupare inutilmente questo posto?

Quante volte ci siamo sentiti addosso questa domanda, o perché non riuscivamo a combinare niente di nuovo nella vita, o perché non facevamo il nostro dovere a scuola, o perché non riuscivamo nel lavoro e non davamo nessun segno di maturità … la nostra fortuna è stata di poter trovare qualcuno che ha avuto pazienza, che non ci ha calcolato a produzione, a frutti, a risultati, a efficienza, ma ci ha aspettato con amore!

Tante delle nostre relazioni personali sono improntate solo ed esclusivamente sui risultati: molti giovani vanno in crisi perché si sentono calcolati soltanto per quello che riescono a “realizzare” … e Gesù usa la parabola del fico sterile per dirci la cura e l’amore con cui invece ci segue: “… Lascia che gli zappi attorno …

Questo fico che non produce nulla, questa vita intorpidita e frastornata dal chiasso del mondo ha bisogno di ascoltare una nuova musica, che lo faccia sentire accolto e amato: ha bisogno di sentire questi ticchettii di una zappa che, come un uccello, canta la pazienza di Dio, la sua infinita attesa, la sua rassicurazione che ti fa sentire nelle considerazioni liberanti di un papà.

Il rapporto con Dio non è mai “commerciale”: non è definito da meriti, ma sempre da gratuità! Oggi manca nerbo nell’educazione delle giovani generazioni non perché esiste troppa gratuità nei loro confronti, ma perché si lascia correre: non si fanno mai proposte decise, non si propongono mete da raggiungere …

La vera gratuità non è non esigere, ma impegnare continuamente senza stancarsi, con tutta la pazienza necessaria: Dio continua a stimolarci, non ci lascia in un dolce far nulla! A Lui non è che vada bene tutto e il contrario di tutto: è un Dio esigente, sa che da noi possiamo tirare fuori energie impensabili, conosce il cuore dell’uomo, lo sa capace di eroismo, di dedizione, di amore.

Tutto questo ce lo domanda continuamente: la sua attesa non è la compassione che ti umilia nella tua incapacità, ma è la certezza che ti infonde che puoi crescere, essere diverso, più buono .. ci infonde la gioia di saperci chiamati alla bellezza del suo Regno.

Lui circonda di amore appassionato la nostra sterilità: la cambia in gioia, la gioia di una inaspettata ripresa e con questo non ci abbandona proprio mai.

20 Marzo 2022
+Domenico

La porta si può allargare solo se non con l’amore e il cuore staccato dalle cose

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 13,22-24) dal Vangelo del giorno (Lc 13,22-30)

In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno.

Audio della riflessione

Alla fine della vita che cosa ci sarà? Questo uomo o donna che siamo sono … che siamo noi … ha un futuro oltre la vita terrena? Siamo destinati a scomparire nel nulla o c’è qualcosa dopo la morte? Sono domande che ogni tanto ci facciamo. Siamo abili a metterci un silenziatore, perché sono domande imbarazzanti, sia per noi che ci disperiamo di fronte alla morte, sia per la fede che dovremmo dimostrare nei confronti di chi vive con noi. Abbiamo paura del dileggio dei benpensanti, degli ideologi che sanno tutto, che conoscono per filo e per segno anche il nostro futuro, magari si affidano di più agli oroscopi che a qualche uso dell’intelligenza più consono alla dignità umana.

La nostra fede ci dà la certezza che la nostra vita si conclude e continua nelle braccia di un Padre, nella fratellanza di un Figlio che ci ha salvati, nella luce e nel fuoco d’amore dello Spirito Santo che non permette alla nostra vita di afflosciarsi su di sé nel nulla.

Una domanda pressappoco uguale alla nostra la ponevano a Gesù i suoi contemporanei: erano sicuri che ci fosse un futuro, ma non sapevano se la salvezza fosse garantita a tutti. Cercavano forse solo garanzie, quasi che una volta avuta l’assicurazione la vita smettesse di essere in salita e la certezza prendesse il posto della verità, dell’amore da vivere ogni giorno. Credevano che si potessero mettere in atto “automatismi” comodi di salvezza, privilegi -per esempio- per i furbi.

Gesù dice papale papale “la porta è sempre stretta”.

Dio ci salva, ma l’amore è esigente: non c’è nessun privilegio o raccomandazione su cui contare, non c’è nessun automatismo nell’amore, c’è sempre e solo la disponibilità ad accogliere, l’ardore di una volontà decisa a lasciarsi trasformare, la bellezza di un abbandono nelle braccia di Dio, una fraternità da vivere e mostrare ai poveri … insomma un Vangelo da vivere e incarnare.

La porta è stretta non per tirchieria di chi la apre, ma per la crescita  in bontà della coscienza dell’uomo, per l’approfondimento della sua dignità, che è poco meno degli angeli, coronato di onore e grandezza da riconquistare e sempre da implorare.

Per la porta stretta non si fa una selezione, di diritti, ma un discernimento di bontà, una scala di amore, una precedenza di santità. 

Altrove – dice il Vangelo – i ladri e le prostitute vi precederanno nel regno dei cieli, quindi nessuno pensi di avere una assicurazione, ma sempre e solo un invito esigente.

E’ bello sapere comunque che là siamo destinati e il paradiso non può essere che traboccante se è costato la morte di Gesù per aprirlo. La porta però è tanto stretta che per chi pone la sua fiducia solo nei soldi, nella ricchezza diventa perfino la cruna di un ago e non c’è dieta dimagrante che tenga: l’unica è la misericordia di Dio che si acquista con l’amore e non con i soldi.

27 Ottobre 2021
+Domenico