E Gesù ritorna, ma non per la resa dei conti

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 24,35-48)

In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi.
Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».

Audio della riflessione.

Gesù ritorna dai suoi e li trova sconvolti e pieni di paure. Collochiamo questo fatto in un rapporto normale tra amici. Avevano vissuto assieme per circa 3 anni. Si erano lasciati lentamente convincere e scaldare il cuore. In Gesù avevano ritrovato speranza. Ce ne avevano messa di partecipazione per riuscire a entrare nel nuovo ordine di idee, nella nuova esperienza di Dio che Gesù aveva loro consegnato. 

Ne avevano viste di schiavitù saltare. Si erano sentiti entusiasti al ritorno dalle piccole missioni a due a due che avevano fatto. Ogni tanto litigavano fra loro per spartirsi i ministeri del Regno di Dio; Gesù li rimproverava amabilmente. Insomma, il seminario lo avevano fatto bene. Erano arrivati all’ordinazione, al Giovedì Santo, a quella cena convinti, partecipi, commossi. Si erano lasciati lavare i piedi. Ma poi c’era stata la prova, lo sconvolgimento, la tentazione, la fuga, per Pietro l’infamia, la crudezza della vita e della realtà aveva loro buttato in faccia la verità. Giocavano al Regno di Dio il gioco si era infranto su quella croce. La costruzione della loro nuova mentalità non aveva retto. Erano crollate a una a una le risorse umane: fascino di Gesù, amicizia, entusiasmo per una nuova visione della realtà, sogni di mondo nuovo, progetti di attività comuni, contrapposizione al mondo, della ribellione al modello impostato del tempio. 

Lui l’avevano lasciato al suo destino. Avevano sperimentato ciascuno in cuor suo la delusione, forse hanno pensato che fosse stato un inganno e forse ancora questo sentirsi “sconvolti e paurosi” era ancora una sorta di rabbia quasi fosse stato Gesù ad averli traditi e ingannati e non loro ad averlo lasciato solo. Lui non aveva mantenuto le promesse e loro se ne erano tornati a pescare. Le donne avevano speso un capitale per imbalsamarlo, tanti credevano a quanto aveva loro promesso e i discepoli si stavano a lacerare le ferite. 

E Gesù si ripresenta, ma non per la resa dei conti. Arriva per aiutare a capire, per ricostruire amicizia, per radicare nella fede le loro esistenze smarrite. Quei colpi secchi sui chiodi che avete udito da lontano mi hanno forato mani e piedi, ma non mi hanno fissato alla morte. Quell’urlo agghiacciante che avete potuto sentire ben protetti per non farvi vedere non è stata disperazione, ma affidamento a Dio che è Padre e che mi dona per sempre a voi. Quel colpo di lancia ha fatto nascere la nuova comunità che ora affido a voi, non ha chiuso la nostra comunione. 

Gesù non rinfaccia il tradimento ma continua a farli crescere, li lancia nella missione: “Voi sarete testimoni di tutto questo”. C’è un modo di educare che è quello di calcare la mano sugli errori, di togliersi tutti i sassolini dalle scarpe, quello dei consigli di classe che chiama alla resa dei conti. Oppure c’è quello di Gesù che torna ad avere fiducia, che ti richiama ancora dalla sua parte e che dice ti affido la missione. Non vi lascio soli il mio corpo e il mio sangue lo avrete sempre. 

E ce lo affida ancora oggi.

14 Aprile
+Domenico

Una nuova creazione, quella definitiva

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 24, 35-48)

In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi.
Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».

Audio della riflessione.

L’esperienza tragica della morte è nostro pane quotidiano. Giustamente la nascondiamo perché vogliamo vivere, perché la vita dell’umanità è più forte delle morti che la ridefiniscono continuamente, ma non è nascondendola che la possiamo vincere, è guardandola nella vicenda di Gesù. I giorni dopo la Pasqua sono molto concitati, i discepoli si vedono ripopolare i loro momenti privati o comunitari, a Gerusalemme o in Galilea, dalla presenza del risorto: Lui si dà a vedere, si presenta inaspettato, torna a fare compagnia, soprattutto li vuol aiutare a sperimentarlo in questa nuova vita che ha conquistato. 

È Lui, Gesù, il crocifisso, risorto. Lui con la bellezza del suo volto. Visto così dopo quegli spasimi, quella devastazione è ancora più bello. Non è un fantasma, non è una presenza da X-file, non è una apparizione evanescente. È Lui. Non solo, ma qualcosa di più, non di diverso. Non è un altro, ma Lui ancora in una vita piena, definitiva, nuova, il punto più alto cui la nostra umanità è stata chiamata. Non è un morto ritornato in vita, che ha spostato la data della morte; su di lui la morte non può più niente, è sconfitta. È una nuova creazione, la nuova umanità della categoria d’ora in poi definitiva, insuperabile, senza concorrenza: la categoria del risorto a vita piena. 

Per questo torna a mangiare con loro, presenta loro i segni della passione. Quel corpo su cui tutti credevano di aver detto l’ultima parola, di aver scatenato tutto il male che potevano, ora è glorioso. Dio sa non solo ricostruire la sua immagine e la sua corporeità, ma la rende nuova e definitiva, per tutti noi. 

La risurrezione non è soprattutto un fatto di cui meravigliarsi, perché superiore alle nostre possibilità e alla nostra fantasia, ma diventa il punto di arrivo di tutti noi. C’è un mondo altro che bisogna lentamente creare, in cui in maniera impensata occorre traghettare ogni vita donata da Dio; ebbene il giorno della Risurrezione questa nuova vita ha fatto il suo ingresso nel mondo e ha trascinato con sé tutti gli uomini. Dio non ci aveva creati e buttati a caso nel mondo, ma ci aveva predestinati a questo, perché Lui non ci abbandona mai.

04 Aprile
+Domenico

La parolaccia impronunciabile: ormai

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 24,13-35)

Ed ecco, in quello stesso giorno [il primo della settimana] due dei [discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. 
Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo.
Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto».
Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?».
Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Audio della riflessione.

I due giovani di Emmaus avevano registrato tutto quello che aveva detto Gesù. C’erano alcuni file in testa indelebili, secretati, ma non avevano fatto molto caso a tutto quello che avevano sentito e credevano che dopo aver scoperto Gesù, dopo aver provato entusiasmo per Lui, la strada sarebbe stata in discesa. “Invece Lui l’han fatto fuori come tutti i nostri sogni –si dicono sfiduciati mentre se ne vanno da Gerusalemme- Noi sappiamo solo sognare, per noi è una condizione essenziale per rendere sempre più umano il mondo in cui viviamo. In una società disillusa e scettica che non crede ai sentimenti, che educa al narcisismo, che punta tutto sul successo e sulla carriera, noi ci ostiniamo a credere ancora all’amore, al voler bene”. 

Hanno con sé telefonini con cui si mettono in contatto con tutti gli amici lasciati a Gerusalemme. Ogni tanto lanciano un sms a Giovanni, il più giovane degli apostoli, che li informa di tutte le novità che compaiono in Internet, alla TV. Continua a rimandare lo stesso messaggio: nella tomba non c’è più, le donne insistono nel dire che l’hanno visto, ma chi ci crede? 

Tra un messaggio e l’altro si aggiunge al loro cammino un pellegrino un po’ strano. Colto, comunicativo, attento, curioso. Hanno le cuffie e il walkman, stanno ascoltando tutto quello che avevano registrato di Gesù con il loro cellulare e fanno ascoltare anche a questo pellegrino le parole che li aveva entusiasmati. Lui a sua volta si toglie le cuffie, ascolta, loro spengono il cellulare e si appassionano alla sua pazienza nell’aiutarli a capire il significato della vita. Si scalda loro il cuore. La parolaccia più brutta, che non avevano mai voluto dire e che ora continuano a ripetere, brucia dentro le loro anime. Non si deve più dire “ormai”. Basta usare l’imperfetto. Che è questo speravamo? 

Avranno ancora l’impressione che il male, la prepotenza e la stupidità possano soffocare la verità, l’amore e la giustizia, ma non potranno dimenticare che qualcosa di simile è già accaduto nei confronti di Gesù. La malvagità degli uomini lo ha inchiodato alla croce, pensando in tal modo di toglierlo di mezzo; ma Dio lo ha risuscitato e la storia di Gesù continua a salvare l’uomo, a parlare al presente e al futuro non più al passato. E lo riconosceranno allo spezzare il pane, nell’Eucaristia.

03 Aprile
+Domenico

Cancella sempre nella tua vita la parolaccia “ormai”

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 24,13-35)

Ed ecco, in quello stesso giorno [il primo della settimana] due dei [discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo.
Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto».
Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?».
Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Audio della riflessione

I due giovani diventati noti come quelli di Emmaus avevano registrato tutto quello che aveva detto Gesù quando erano con Lui. C’erano alcuni file in testa indelebili, secretati, ma non avevano fatto molto caso a tutto quello che avevano sentito. Credevano ingenuamente che dopo aver scoperto Gesù, dopo aver provato entusiasmo per Lui, la strada sarebbe stata in discesa. “Invece Lui l’han fatto fuori come tutti i nostri sogni –si dicono delusi mentre se ne vanno da Gerusalemme, sfiduciati, anche arrabbiati con le mani in tasca dando calci ai sassi- Noi sappiamo solo sognare, per noi è una condizione essenziale per rendere sempre più umano il mondo in cui viviamo. In una società disillusa e scettica che non crede ai sentimenti, che educa al narcisismo, che punta tutto sul successo e sulla carriera, noi ci ostiniamo a credere ancora all’amore, al voler bene”.  

Hanno con sé telefonini con cui si mettono in contatto con tutti gli amici lasciati a Gerusalemme. Ogni tanto lanciano un sms a Giovanni, il più giovane degli apostoli, che li informa di tutte le novità che compaiono in Internet, alla TV, in WhatsApp. Il Tweet più ripetuto continua a rimandare lo stesso messaggio: nella tomba non c’è più, le donne insistono nel dire che l’hanno visto, ma chi ci crede? 

Tra un messaggio e l’altro si aggiunge al loro cammino un pellegrino un po’ strano. Colto, comunicativo, attento, curioso. Hanno le cuffie e il walkman, uno smartphone di ultima generazione, stanno ascoltando tutto quello che avevano registrato di Gesù e fanno ascoltare anche a questo pellegrino le parole che li avevano entusiasmati. Lui a sua volta si toglie le cuffie, ascolta, loro spengono il cellulare e si appassionano alla sua pazienza nell’aiutarli a capire il significato della vita. Si scalda loro il cuore.  

La parolaccia più brutta, che non avevano mai voluto dire e che ora continuano a ripetere, brucia dentro le loro anime. Non si deve più dire “ormai”. Basta usare l’imperfetto. Che è questo speravamo?  

Invitano il curioso pellegrino a fermarsi a cena con loro. E quando spezza il pane si aprono loro gli occhi e il pellegrino si dà a vedere per il Gesù di cui loro avevano grande nostalgia. È sempre Gesù che si mostra, non sono loro che lo vedono di loro iniziativa. Si riempie loro il cuore di gioia e Gesù, dice il vangelo, sparì dalla loro vista, non si allontanò, non li lasciò soli, come non fa mai con noi; soltanto non lo vedevano più.  

Avranno ancora l’impressione che il male, la prepotenza e la stupidità possano soffocare la verità, l’amore e la giustizia, ma non potranno dimenticare che qualcosa di simile è già accaduto nei confronti di Gesù. La malvagità degli uomini lo ha inchiodato alla croce, pensando in tal modo di toglierlo di mezzo; ma Dio lo ha risuscitato e da allora a cominciare da questi due giovani pellegrini e sfiduciati il cristiano racconta a tutti di Gesù che continua a salvare l’uomo, a parlare al presente e al futuro non più al passato, perché è risorto e vive con noi.  

Tornano a casa che è notte inoltrata, la porta di casa cigola, i passi sono felpati. Sembrano a tanti giovani che fanno notte in giro, che mamma e papà aspettano; quando sentono cigolare la porta fanno un sospiro, grazie a Dio è ancora vivo ed è rientrato con le sue gambe. I due di Emmaus non badano al rumore che fanno perché hanno il cuore pieno di gioia. La mamma di Gesù li attende e le dicono che hanno visto Gesù. La mamma lo sa già, era con gli apostoli quando è venuto a farsi vedere, a incoraggiarli, non certo a regolare i conti della loro fuga dal Calvario, ma a dare loro forza per essere annunciatori coraggiosi in tutto il mondo della sua risurrezione. 

23 Aprile
+Domenico

Il nostro gruppo di amici può riprendere a entusiasmarsi di Gesù

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 24,35-48)

In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi.
Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».

Audio della riflessione

Ci capita spesso di ritrovarci tra amici e rivangare il passato di gioventù o sentire i nostri genitori che ci raccontano la loro esperienza di amicizia di avventure, di sogni, di illusioni e di decisioni, di avventure belle o andate male, di speranze vive che poi si sono spente. Per ora i giovani forse non hanno grandi cose da farsi perdonare. Collochiamo allora questa riflessione del vangelo che vede Gesù ritornare tra i suoi amici, gli apostoli, dopo la loro fuga dalla crocifissione, al nostro vecchio gruppo che fu pieno di speranze e ora le ha perse tutte… 

Gesù ritorna dai suoi e li trova sconvolti e pieni di paure. Avevano vissuto assieme si erano lasciati lentamente convincere e scaldare il cuore. In Gesù avevano ritrovato speranza. Si erano sentiti entusiasti al ritorno dalle piccole missioni a due a due che avevano fatto. Ogni tanto litigavano fra loro per spartirsi i ministeri del Regno di Dio; Gesù li rimproverava amabilmente. Il Giovedì Santo, a quella cena erano convinti, partecipi, commossi. Si erano lasciati lavare i piedi. Ma poi c’era stata la prova, lo sconvolgimento, la tentazione, la fuga, per Pietro l’infamia, per Giuda il tradimento; la crudezza della vita e della realtà aveva loro buttato in faccia la verità. Giocavano al Regno di Dio il gioco si era infranto su quella croce. 

La costruzione della loro nuova mentalità non aveva retto. Erano crollate a una a una le risorse umane: fascino di Gesù, amicizia, entusiasmo per una nuova visione della realtà, sogni di mondo nuovo, progetti di attività comuni, contrapposizione al mondo, della ribellione al modello impostato del tempio. 

Lui l’avevano lasciato al suo destino. Avevano sperimentato ciascuno in cuor suo la delusione, forse hanno pensato che fosse stato un inganno e forse ancora questo sentirsi “sconvolti e paurosi” era ancora una sorta di rabbia quasi fosse stato Gesù ad averli traditi e ingannati e non loro ad averlo lasciato solo. Lui non aveva mantenuto le promesse e loro se ne erano tornato a pescare. Le donne avevano speso un capitale per imbalsamarlo, tanti credevano a quanto aveva loro promesso e i discepoli si stavano a lacerare le ferite.  

Gesù si ripresenta, e non per la resa dei conti. Arriva per aiutare a capire, per ricostruire amicizia, per radicare nella fede le loro esistenze smarrite. Quei colpi secchi sui chiodi che avete udito da lontano mi hanno forato mani e piedi, ma non mi hanno fissato alla morte. Quell’urlo agghiacciante che avete potuto sentire ben protetti per non farvi vedere non è stata disperazione, ma affidamento a Dio che è Padre e che mi donò per sempre a voi. Quel colpo di lancia ha fatto nascere la nuova comunità che ora affido a voi, non ha chiuso la nostra comunione. 

Gesù non ci rinfaccia i nostri tradimenti, continua a farci crescere, ci lancia nella missione: “Voi sarete testimoni di tutto questo”. C’è un modo di educare che è quello di calcare la mano sugli errori, di togliersi tutti i sassolini dalle scarpe, quello dei consigli di classe che chiamano alla resa dei conti. Oppure c’è quello di Gesù che torna ad avere fiducia, che ti richiama ancora dalla sua parte e che dice: ti affido la missione. Non vi lascio soli il mio corpo e il mio sangue lo avrete sempre. E ce lo affida ancora oggi. 

13 Aprile
+Domenico

Andiamo pure a Emmaus, ma sicuri di incontrare Gesù

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 24,13-35)

Ed ecco, in quello stesso giorno, [il primo della settimana], due [dei discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto.
Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto».
Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?».
Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Audio della riflessione

Sicuramente delusi, forse anche un po’ disperati, assolutamente con il morale ai tacchi. Ti capita qualche volta di avere giù la catena e di stare con il tuo miglior amico a dire tutte le scalogne che ti capitano, magari tutti e due con una birra in mano per vedervi crescere la forza di una confidenza impossibile e la sofferenza di una tristezza palpabile. Ed ecco in quello stesso giorno due dei discepoli di Gesù erano in cammino 

Erano in cammino e si allontanavano da Gerusalemme per andare a Emmaus. Se ne andavano dal centro della fede. Avevano smesso di camminare verso la felicità e le remavano contro. Si erano stancati di cercare, avevano preferito tornare sui loro passi. Sono l’immagine dei nostri percorsi di fuga dalla vita vera, soprattutto dai problemi veri, dalle prospettive faticose, ma che danno soddisfazione. È fuga anche non aspettare più, non attendersi più niente dalla vita. Potremmo vedere quante fughe facciamo, quante scuse accampiamo per non guardarci dentro, quante solitudini andiamo ad accumulare, anziché a nutrire di speranza. Discorrevano e discutevano: si buttavano addosso l’un l’altro la colpa della tristezza che sentivano. La loro amicizia li aveva legati nella risposta generosa al “venite e vedrete”, nella consuetudine con Gesù, ma adesso si rimproveravano l’un l’altro del fallimento. Gesù in persona si accostò e camminava con loro.  Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. Stanno fuggendo, stanno allontanandosi dalla via che Gesù aveva loro indicato, stanno facendo di testa propria, hanno deciso forse di chiudere l’avventura con tutta la questione Gesù. Anche questa volta è ancora Gesù che non li molla. 

Si ripete un ritratto che definisce sempre le apparizioni di Gesù, il Risorto. Non sono in grado di vederlo. Lui c’è, ma non è nelle nostre facoltà di poterlo vedere, non è il punto di arrivo dei nostri sforzi, delle nostre ricerche, delle nostre astrazioni, o delle nostre finte per far tacere il problema o per ritrovare una sistemazione alla bell’e meglio nella vita cristiana, in parrocchia, nel gruppo. È lui che si dà a vedere, non siamo noi che lo troviamo. Noi seminiamo la strada per Emmaus delle nostre pietre tombali, dei nostri definitivi “ormai”, delle nostre disperazioni incoscienti. Sappiamo usare solo i verbi all’imperfetto. Tutto è irreparabile. Questa è una cattiva abitudine con cui definiamo tutte le nostre vite, le esperienze affettive: ci volevamo bene, ma ormai…; le abbiamo tentate tutte, ma ormai…; siamo entusiasti di quello che con l’amore ci nasce nel cuore, ma ce lo hanno avvelenato e ormai…  Ho cercato lavoro dovunque in maniera onesta, ma ormai… Credevo di offrire al mio amore un cuore puro, e un corpo dedicato, ma ormai l’ho già venduto a pezzetti a tutti quelli che mi hanno preteso.  Sciocchi e tardi di cuore. Siete proprio senza testa e vi tenete in petto un cuore di pietra, pesante, grossolano. Mettete testa e cuore a quanto vi dico e vedrete a quale piccineria avete affidato le vostre intelligenze e i vostri cuori.  Dobbiamo anche noi riuscire a dire a Gesù: Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino”. E Lui spezza il pane dell’Eucaristia, loro lo riconoscono risorto e noi abbiamo chiaro un luogo in cui ogni giorno lo possiamo incontrare, nell’Eucaristia.

12 Aprile
+Domenico

Oggi si compie il giorno senza fine di Pasqua

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 24, 46-53)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto». Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

Audio della riflessione

C’è prima o poi una fine delle nostre vite umane, dei nostri gesti, dei nostri giorni. Tanti volti non li vedremo più, abbiamo accompagnato al cimitero tanti nostri nonni e giovani, tante persone care e restiamo soli. Passi per le stesse vie di prima e sai che lì la casa è vuota, là stanno sbancando o ricostruendo, il nostro vecchio mondo cambia e tutto passa. E’ passato così anche Gesù un giorno alla fine della sua vita? Ce l’hanno ammazzato, è risorto si è fatto vedere per un po’ e poi? Oggi celebriamo  il ritorno di Gesù al Padre e questo giorno costituisce il senso pieno del mistero pasquale, il punto di arrivo della stessa creazione prima e in seguito dell’esodo del popolo eletto. Ma l’uscita dalla terra, dal sepolcro termina con l’ingresso in cielo: la creatura si ricongiunge al suo Creatore.

Dopo l’Ascensione Dio non ha più nulla da dure e da dare. Ha già detto tutto nella carne di Gesù. C’è solo la necessità continua del suo Spirito che ce la faccia conoscere e vivere. Gesù non si allontana dai suoi, da noi. Sarà sempre in cammino con tutti i pellegrini come i due di Emmaus. La sua presenza però non sarà fisica, limitata nello spazio e nel tempo. Sarà spirituale, illimitata ovunque e sempre. Non è una distanza assoluta, ma in realtà una vicinanza assoluta. Se prima era vicino a noi con il suo corpo, ora è in noi con il suo stesso Spirito. Prima era visibile con il di un  altro, ora è invisibile con il nostro stesso volto trasfigurato nel suo dalla Parola che ascoltiamo e dal pane eucaristico di cui ci nutriamo.

In Gesù oggi vediamo la speranza alla quale siamo stati tutti chiamati. In Gesù che ascende al cielo conosciamo compiutamente il mistero di noi uomini e donne e del nostro corpo. Lui viene dal Padre della luce e a Lui ritorna. La nostra vita non è più sospesa nel nulla: ha trovato il suo principio e il suo fine. Gesù non ci lascia orfani e senza patria. Proprio con questa che noi vediamo come distanza ci indica il Padre e dove <lui ci ha preceduto.

La glorificazione di Gesù con il suo corpo è la realizzazione della brama, del forte desiderio che il Dio della vita ha messo in noi uomini e donne: diventare come Lui, vincendo la morte. Non è un sogno proibito (come quello di Adamo che voleva diventare come Dio), ma il dono che Lui ci vuol fare. Per questo i discepoli sono pieni di gioia. Il Signore Gesù ascendendo in alto, ha distrutto la schiavitù che ci separa dalla patria del desiderio, vincendo la nostra morte e dando se stesso come senso della nostra vita; ha distribuito tutti i suoi doni, offrendoci il suo Spirito e la possibilità di vivere la sua vita. Ora siamo liberi, simili a Lui, e vediamo in Lui chi siamo noi. Siamo fatti finalmente adulti e responsabili, possiamo testimoniare ai fratelli l’amore del Padre e aiutare tutti a guardare in alto, a dare speranza alle nostre vite, a farci in cantare dal cielo e non incatenare nelle nostre malvagità , guerre, inimicizie della terra. Abbiamo davanti il fine per cui siamo stati creati che nessuno ci potrà togliere

29 Maggio 2022
+Domenico

Il linguaggio della risurrezione – 3 :  Il risorto è il Crocifisso

Una riflessione sul Vangelo del Giovedì dell’Ottava di Pasqua (secondo Luca: Lc 24,35-48)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane. Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».

Audio della riflessione

Gesù risorge, è glorificato mentre risorge e già abita in Dio, ancora il giorno di Pasqua! La sua permanenza “da risorto” nella vita degli apostoli e della prima comunità cristiana ha uno scopo molto importante: insegnare il linguaggio della risurrezione, non tanto per capire – nel senso di possedere, chiudere nei nostri significati e menti – il Risorto, quanto per aiutare meglio a mettersi in relazione con Lui, con il Risorto.

La prima tentazione umana era quella di pensare a un Gesù che vive “in spirito” come continuazione della vita dell’anima che avviene per ogni creatura: sicuramente diverso da prima, entro una dimensione spirituale … il fatto invece incontrovertibile, necessario, pena rendere “evanescente” la risurrezione di Gesù, è che il Risorto è proprio colui che è stato Crocifisso, per cui appare con i segni della passione e per far capire questo si rimette come loro a mangiare e a seguire la pesca.

Il risorto è l’elevato, il “trasfigurato”: la risurrezione dai morti è “essere elevato”, quindi non è un ritorno alla vita terrena! Potremmo dimostrare con tanti testi scritturistici che elevazione e risurrezione non sono sinonimi, ma che l’elevazione è la meta e lo sviluppo della Risurrezione.

Si riesce a capire meglio quel che Gesù dice a Maria Maddalena: “non mi toccare perché non sono ancora salito al Padre mio” … risorgere vuol dire essere in cammino verso la elevazione, ma l’elevazione prende corpo già nella risurrezione.

In conclusione, si può dire che con la Risurrezione di Gesù Dio ha strappato al dominio della  morte Colui che è morto sulla croce ed è stato sepolto, e lo ha innalzato alla potenza e alla gloria della vita in assoluto, quindi la risurrezione di Gesù Cristo è l’ascesa di Gesù Cristo morto alla potenza della vita di Dio.

Con la consapevolezza che i Vangeli sono stati scritti dopo la Risurrezione di Gesù, Luca ha buon gioco a presentare Gesù per quel risorto che è, e quasi – dico io – si diletta a riproporre fatti che avevano caratterizzato la sua vita di prima del Calvario, la comunione con i suoi apostoli, la costante compagnia con la gente, gli stessi tentativi di Gesù di far capire ancora prima degli eventi che sarebbe stato ucciso, ma che sarebbe stato il risorto, l’”elevato”, il “trasfigurato”.

La risurrezione dai morti è essere “elevato“, quindi non è un ritorno alla vita terrena!

21 Aprile 2022 – Giovedì dell’Ottava di Pasqua
+Domenico

Il linguaggio della risurrezione – 2 : i discepoli di Emmaus

Una riflessione sul Vangelo del Mercoledì dell’Ottava di Pasqua (Secondo Luca: Lc 24, 13-35)

Lettura del Vangelo secondo Luca

Ed ecco, in quello stesso giorno, [il primo della settimana], due [dei discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto.
Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto».
Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Audio della riflessione

Ieri, quando si imparava una lingua, si facevano sforzi enormi per imparare a memoria vocaboli staccati dalle relazioni che ogni parola ha, legate solo dall’alfabeto o quasi, e poi costruire frasi secondo il bisogno … oggi invece si impara a comunicare subito e a “pensare” nella lingua nuova da imparare: in questa maniera si imparano subito anche i tempi dei verbi, il singolare e il plurale, i generi….

… ecco: i due discepoli di Emmaus – se passa questo esempio … banale – quando parlano di Gesù, non riescono a pensarlo “risorto” perché sbagliano alla grande i tempi dei verbi! Erano, purtroppo, tutti all’imperfetto: “speravamo” … “credevamo” … ma loro non l’hanno visto! Non solo, ma si lasciano scappare troppe volte – se non nel linguaggio, sicuramente nel pensiero – una “parolaccia” che non solo non va bene nel  linguaggio del risorto, ma è una pietra tombale su ogni speranza! La parolaccia è “ormai“.

“Discorrevano” e discutevano: sono verbi un po’ attutiti: il significato letterale è che si buttavano addosso l’un l’altro la colpa della tristezza che sentivano.

Gesù in persona si accostò e camminava con loro: Gesù  non ci lascia mai, Gesù non se la squaglia! Siamo noi che non lo vediamo, che abbiamo gli occhi solo per i nostri idoli, le nostre mire, i nostri orizzonti chiusi.

Si ripete un ritratto che definisce sempre le apparizioni di Gesù, il Risorto: non sono in grado di vederlo! Lui c’è, ma non è nelle nostre facoltà di poterlo vedere, non è il punto di arrivo dei nostri sforzi, delle nostre ricerche, delle nostre astrazioni, o delle nostre finte per far tacere il problema o per ritrovare una sistemazione alla bell’e meglio nella vita cristiana, in parrocchia magari, nel gruppo: è Lui che si dà a vedere, non siamo noi che lo troviamo! Il crocifisso risorto si dà a vedere, non è visto: la risurrezione è una novità radicale, irriducibile, ma da Lui resa accessibile.

La speranza che egli costituisce è sempre un oltre ogni nostra iniziativa. Il modo di narrare di Luca fa percepire che non stiamo solo ascoltando la narrazione di un episodio della vita del risorto, ma che siamo collocati entro un contesto liturgico, come vedremo alla fine quando Gesù spezza il pane. Questo ci fa capire ancora di più quanto la liturgia sia lo spazio in cui l’accoglienza si fa radicale. Lì non sei tu che agisce, la speranza che riesci a incontrare non dipende dal numero di parole che dici, ma dalla sete dell’Assente che hai, dalla accoglienza cui ti apri, dall’inedito di Dio che sempre ci sorprende.

Nella vita dei due si sta svelando l’inedita rivelazione di Dio nella potenza della risurrezione e purtroppo il loro aspetto è non solo triste, ma tetro, nero come il loro cuore. E Gesù li provoca, vuol guardare dentro nel loro cuore, vuole sentirsi dire se si è mantenuta in loro una anche debole speranza, una fragile fede. Niente. S’arrestarono al sentirlo parlare col volto buio dei momenti vuoti.

“Come? Io ho patito tutto il dolore possibile, voi mi avete abbandonato nelle mani della soldataglia cui non sembrava vero di poter sfogare su di me tutte le cattiverie e le frustrazioni della loro vita, mi hanno flagellato e scannato come un agnello condotto al supplizio, vi siete rifugiati in una oasi di tranquillità lontano da quelle scene di sangue che io per voi pativo su di me e voi neppure un dubbio vi siete mantenuti nel cuore? Avete già cancellato tutto? Avete visto la sacra rappresentazione da lontano, avete forse scrollato il capo per dire la vostra sfortuna di avermi incontrato, non il mio dolore di avervi troppo amato.”

E ora in questo cammino che s’allontana sempre di più dalla verità non sapete far altro che dare forza vicendevole ai vostri dubbi, alle vostre debolezze. State seminando la strada per Emmaus delle vostre pietre tombali, dei vostri definitivi “ormai”, delle vostre disperazioni incoscienti. Sapete usare solo i verbi all’imperfetto. Tutto è irreparabile. Questa è una cattiva abitudine con cui definiamo tutte le nostre vite, le esperienze affettive: ci volevamo bene, ma ormai…; le abbiamo tentate tutte, ma ormai…; siamo entusiasti di quello che con l’amore ci nasce nel cuore, ma ce lo hanno avvelenato e ormai…  Ho cercato lavoro dovunque in maniera onesta, ma ormai… Credevo di offrire al mio amore un cuore puro, e un corpo dedicato, ma ormai l’ho già venduto a pezzetti a tutti quelli che mi hanno preteso …

Sciocchi e tardi di cuore. Siete proprio senza testa e vi tenete in  petto un cuore di pietra, pesante, grossolano. Mettete testa e cuore a quanto vi dico e vedrete a quale  piccineria avete affidato le vostre intelligenze e i vostri cuori. Nella vostra stessa Torah c’è già scritto tutto; solo che non riuscite a far funzionare il cervello, l‘accoglienza della fede, la consapevolezza che non abbiamo in mano noi il segreto della vita.

… e Gesù, il Verbo fatto carne, la Parola si mise a dipanare le tenebre dell’incoscienza, della superficialità, della paura, della chiusura sul proprio piccolo cabotaggio.

La Parola di Dio nella vita dell’uomo è risolutiva di tante nostre domande, di tante solitudini, confusioni; purtroppo l’abbiamo ridotta o a qualche bella sentenza sempre edificante, o qualche didascalia di cose già fatte e definite. Invece la Parola è viva, è come una spada a doppio taglio… “Non ritorna a me senza avere compiuto quello per cui è stata mandata” … e quando la Parola ti penetra nel cuore, allora ti nasce una grande pace, non è come quando guardi la Tv , o senti i talk show o stai tutta sera a sparare idiozie con gli amici, contento di stare in compagnia, ma incapace di dare alla gioia dello stare assieme quella verità cui sempre si aspira, ma che va cercata con fatica e impegno, scavando dentro di sé e rischiando ricerca che va oltre.

Bella la preghiera “Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino”: s’è consumata una giornata, una vita a dire la delusione di quello che si è, è calata l’oscurità come frutto della delusione e della disperazione … non volge al declino solo il giorno, ma la speranza, il senso di quello che si è.

Come si può ricominciare da capo? La vita porta sempre qualche cosa di bello e di nuovo, di giusto e di vero oppure è una eternità ingessata nelle nostre miserie?

Egli entrò per rimanere con loro …. quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro: Gesù accetta l’invito, si ferma, non fugge, resta, si siede a mensa, vuol condividere il pane quotidiano, si accompagna nel momento della gioia della condivisione. E compie quel gesto profondo innovativo, rivoluzionario e intimo dell’ultima cena.

E si fa riconoscere.

20 Aprile 2022 – Mercoledì dell’Ottava di Pasqua
+Domenico

Ritorna la speranza e saltano le paure

Una riflessione sul Vangelo del giorno (secondo Luca, capitolo 24, versetti 35-48)

In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano [agli Undici e a quelli che erano con loro] ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto [Gesù] nello spezzare il pane.
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».

Audio della riflessione

Occorre che ci riportiamo – ogni volta che leggiamo un Vangelo della risurrezione – alla forza, gioia, dono inestimabile della Pasqua e non possiamo non leggere le emozioni, le paure, le nuove forze che nascono nel gruppo disperato – fino a quel giorno – degli apostoli; è un cammino che viene richiesto a tutti per vivere la Pasqua non come una domenica qualunque o un fatto come tanti della vita di Gesù, ma come essa è: il centro della sua esistenza, della sua missione, il centro della nostra fede e della nostra vita di Chiesa.

Gesù ritorna dai suoi e li trova sconvolti e pieni di paure; collochiamo questo fatto in un rapporto normale tra amici: avevano vissuto assieme per circa 3 anni, si erano lasciati lentamente convincere e scaldare il cuore, in Gesù avevano ritrovato speranza … ce ne avevano messa di volontà per riuscire a entrare nel nuovo ordine di idee, nella nuova esperienza di fede che Dio che aveva loro offerto nella persona di Gesù … ne avevano viste di schiavitù saltare, si erano sentiti entusiasti al ritorno dalle piccole missioni a due a due che avevano fatto; ogni tanto litigavano fra loro per spartirsi i ministeri del Regno di Dio … e Gesù li rimproverava amabilmente.

In quell’ultima cena erano convinti, partecipi, commossi, si erano lasciati lavare i piedi. Ma poi c’era stata la prova, lo sconvolgimento, la tentazione, la fuga.

Lui l’avevano lasciato al suo destino, la costruzione della loro nuova mentalità non aveva retto: erano crollate a una a una le motivazioni umane: fascino di Gesù, amicizia, entusiasmo per una nuova visione della realtà, sogni di mondo nuovo, progetti di attività comuni, contrapposizione al mondo, al modello religioso dei farisei.

Avevano sperimentato, ciascuno in cuor suo, la delusione: forse per questo sentirsi “sconvolti e paurosi” era ancora una sorta di rabbia quasi fosse stato Gesù ad averli traditi e ingannati e non loro ad averlo abbandonato.

Secondo loro, Lui non aveva mantenuto le promesse e se ne erano tornati a pescare, le donne avevano speso un capitale per imbalsamarlo – tanto credevano alla risurrezione che aveva loro promesso – e i discepoli si stavano a leccare le ferite.

Ma Gesù si ripresenta, e non per la resa dei conti: arriva per aiutare a capire, per ricostruire amicizia, per radicare nella fede le loro esistenze smarrite. “Quei colpi secchi sui chiodi che avete udito da lontano mi hanno forato mani e piedi, ma non mi hanno fissato alla morte. Quell’urlo agghiacciante che avete potuto sentire, ben protetti per non farvi vedere, non è stata disperazione, ma affidamento a Dio mio Padre, che mi dona per sempre a voi. Quel colpo di lancia ha fatto nascere la nuova comunità, la Chiesa, che ora affido a voi, per vivere una nuova comunione”.

Insomma … gesù non rinfaccia il tradimento ma continua a farli crescere, li lancia nella missione: “Voi sarete testimoni di tutto questo”. Non è il modo di educare di tanti consigli disciplinari o scolastici, che è quello  di calcare la mano sugli errori, di togliersi tutti i sassolini dalle scarpe, di chiamare alla resa dei conti … Gesù invece torna ad avere fiducia, richiama ancora dalla sua parte e dice “vi affido la mia buona notizia, il vangelo, da annunciare a tutti, e non vi lascio soli; il mio corpo e il mio sangue lo avrete sempre.” … e ce lo affida anche oggi.

18 Aprile 2021
+Domenico