Qual è la stella della nostra vita, della mia, della tua?

Riflessione sul Vangelo del giorno (Mt 2,1-12)

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

Audio della riflessione

Ieri sera prima di andare a dormire o questa notte abbiamo completato il presepio. Erano forse già collocati in vista questi tre personaggi stravaganti nei vestiti, nei regali, nel seguito, e oggi sono stati avvicinati alla capanna di Betlemme. Sono i famosi “Re Magi”; si conclude qui l’elenco degli invitati.

La tradizione vuole che fossero tre anche se nessuno nella bibbia l’ha mai detto; ma quello che ci interessa è che cosa e chi cercano e perché sono tanto considerati nella nostra tradizione. Sono l’immagine della ricerca anche pensosa di Dio, della vocazione dell’umanità, che noi ancora ci incaponiamo a chiamare destino, del punto di arrivo di ogni ricerca umana.

Cercare è non sentirsi soddisfatto di quello che si ha e osare di volere la luna

Cercare è farsi domande profonde:  chi sono? dove vado? perché esisto? che senso ha la mia vita?

Cercare è lasciare la certezza per sperimentare la sorpresa,

Cercare è rispondere all’impulso interiore della libertà.

Cercare è non lasciarsi fasciare da nessuna comodità

Cercare è rincorrere Dio che non si lascia mai prendere

Cercare è lasciare alla speranza di essere il motore della vita.

Cercare è tendere l’orecchio a chi ti può chiamare

Cercare è ascoltare una parola che ti provoca a camminare

Cercare è togliersi le cuffie per lasciarsi destabilizzare dalle relazioni vere

Cercare non è fuggire nel virtuale, ma forare la realtà per seguirne le tracce

Cercare è lasciarsi incontrare

Cercare è spesso solo tenere aperti gli occhi sulla vita, sulle persone, sugli altri.

Cercare è inseguire l’orizzonte che s’allarga all’infinito

Cercare è vivere da innamorati, innamorati di Gesù e del suo mondo di pace.

L’Oriente è sempre stato visto come la terra degli scienziati, dei saggi, dei cercatori di ragioni per vivere, di mondi eterei, dedicati al sapere, alla ricerca della felicità non da quattro soldi. Loro scrutavano il cielo, ne leggevano continuamente i messaggi, non erano dediti alle guerre, non dedicavano la loro vita a costruire armi, a fare battaglia, a seminare terrore. Hanno visto una stella curiosa, strana, ne hanno letto l’indicazione: nasce il messia. Linguaggio figurato fin che vogliamo, ma capace di dirci che ci sono da cercare continuamente ragioni di vita e di speranza.

Cercare ragioni di vita, vuol dire che non ne abbiamo abbastanza di quelle che ci presentano  i talk show o le stars del rock o gli eroi dello sport: vogliamo qualcosa di più. Non ti riempiono la vita nemmeno le belle e buone amicizie, il successo nel lavoro, una buona vita di famiglia. L’uomo è fatto per qualcosa di più grande; c’è un inquietudine sempre che affiora e che non si deve seppellire.

E una volta trovatolo, dice il vangelo, lo adorarono.

Adorare Dio oggi è impegnativo: vuol dire che riconosci al di fuori di te le ragioni del tuo essere, mentre sei circondato da gente e da insegnamenti che ti dicono che sei autosufficiente, salvo poi a darti alla droga o all’alcol o ai maghi per trovare ragioni per una vita decente.

Adorare Dio significa che hai pure un corpo bello, lo puoi continuamente perfezionare, curare con ore di esposizione a tutti gli specchi possibili e a tutte le creme più sofisticate, ma alla fine c’hai un’anima da mettere al centro, hai un cuore da servire, un amore da sprigionare e un Dio che ti insegna la vera arte di amare.

In questa ricerca si collocano coloro che si donano a Dio, si sono collocati coloro che si sono fatti preti o suore. Hanno seguito una stella, si sono domandati tante volte dove sta la felicità. Hanno lasciato casa, amici, superficialità, i progetti di tutti. Hanno investito in una direzione come i cercatori d’oro, hanno setacciato il fiume della vita per cercare le famose pepite. In questa ricerca come tutti i giovani erano guidati da un istinto infallibile: l’amore. A chi darò la mia vita? Chi mi merita? Chi potrà sentirsi felice con me? A chi potrò dedicare la mia vita perché ne nasca felicità per me e per tutti.

Sono le domande che ogni giovane si fa nella sua esperienza d’amore. Non si domanda solo qual è la ragazza più bella? Che figurone faccio se riesco a scarrozzarla e a farla vedere a tutti nei luoghi della movida? Una ragazza non si accontenta di sentire qualche fischio quando passa o qualche complimento, sempre più pesante e volgare in questo nostro mondo materiale, ma vuole sapere con chi può costruire felicità per se e per tutti.

La ricerca dei magi è arrivata a Dio e oggi ci dicono che lui, il Signore della vita e della storia è la loro felicità. Ed è una felicità vera, che non finisce mai. Oggi ci aiutano a togliere il vetro all’orologio e buttare via le lancette o resettano sul digitale il programma per far sparire i numeri e far comparire la parola “sempre”

 Vogliono dire anche a noi che è bello seguire Gesù, che essere poveri non è una condanna, ma una libertà, di fronte a tutte le ingessature dei soldi. Ci ricordano che la vita è bella se il centro è Gesù, che il nostro amore umano, l’amore di coppia, l’amore dei genitori, l’amore tra amici deve sempre avere come riferimento Gesù.

Ma torniamo al presepio.

Nei pressi, e in qualche presepio se ne fa vedere l’artiglio, sta appostato Erode, l’avvoltoio che cala sulle nostre ingenue aperture all’infinito. Ha molti volti: tutti i nostri quando non sanno apprezzare il bene che faticosamente altri, i nostri genitori, gli amici, i nonni hanno da donarci. Ha il volto dell’egoismo, il volto dell’indifferenza, della paranoia, della vergogna cui soccombiamo di fronte agli amici quando si tratta di essere cristiani convinti; ha il volto del vizio. Per mantenere la speranza intuita occorre passare sempre da un’altra strada per evitarlo. E tornarono da un’altra strada. Qualche strada bisogna cambiarla se vogliamo mantenerci puliti e belli dentro e fuori.

06 Gennaio – Epifania del Signore
+Domenico

Purtroppo, continua sempre la strage degli innocenti

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 2,13-18)

I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo».
Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
«Dall’Egitto ho chiamato mio figlio».
Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi.
Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremìa:
«Un grido è stato udito in Rama,
un pianto e un lamento grande:
Rachele piange i suoi figli
e non vuole essere consolata,
perché non sono più».

Audio della riflessione

Innocenti sono i bambini che non fanno del male a nessuno, indifesi, bisognosi di tutto e di tutti. Ti si affidano ingenuamente, ti fanno sorrisi che conquistano anche i cuori più duri, ti parlano col pianto che devi interpretare, ti si attaccano al petto per poter vivere, ti succhiano col latte la vita, il tempo, il cuore. Ma sono deboli, mai come oggi devono sopportare gli attacchi degli adulti. Li ammazziamo ancora prima di nascere, perché sono scomodi, perché li abbiamo fatti venire al mondo senza pensarci, perché servono a pezzi, a cellule, a organi.  

A Betlemme nell’anno della nascita di Gesù, all’anagrafe sono andati tanti altri papà e mamme, la vita continuava a esplodere, il mondo di quella sperduta provincia romana si perpetuava nelle nuove generazioni, ma Erode non voleva farsi soppiantare. Il suo trono traballava e la colpa era di questo piccolo, innocente bambino, nato in una grotta, ma occorreva ucciderli tutti perché nessuno scampasse a insidiare il suo futuro.  

La storia oggi si ripete, nelle guerre tra etnie non solo di distruggono case e beni, ma anche vite innocenti, per estirpare un popolo. Come avviene delle nostre società occidentali; le chiamano interruzioni di gravidanza, ma sono la lenta inesorabile decadenza di un popolo. È la strage degli innocenti che si perpetua di nuovo. Gesù si è affidato nella sua potenza alla debolezza dell’amore di un uomo e di una donna. San Giuseppe entra in scena con grande dignità, coraggio e decisione. Chi ama la vita sa sempre leggerne i percorsi e le risorse. Fugge, prende una carretta del mare di sabbia che è il deserto e porta in salvo il figlio di Dio; già il suo popolo aveva fatto questa scelta per sopravvivere a carestie, guerre e fame.  

Durante la pandemia ci siamo pure permessi di dare indicazioni perché ogni donna si arrangi a farsi il suo aborto con due pastiglie, a casa sua, anche dopo due mesi dal concepimento, dopo tante battaglie per toglierlo dalle mammane che l’aborto lo facevano già in casa. 

Oggi il figlio di Dio è una icona delle storie di tutti i popoli che devono fuggire per vivere, di tutti i bambini indifesi e innocenti che non possono difendersi dagli adulti ingordi e dissennati. E’ l’immagine dei bambini di strada, dei bambini che non vengono fatti nascere, dei bambini che vengono usati come cavie, degli innocenti che vengono sfruttati commercialmente per saziare le voglie innominabili di tanti adulti, dei figli non amati e violentati in casa, dei bambini vittime della tratta dei migranti e del lasciarli morire in mare per difendere i nostri confini italiani ed europei, per non dire delle crescenti condanne che ci vengono dalle istituzioni internazionali, non dalle politiche di altri paesi Europa compresa per il non rispetto dei diritti dei minori. Occorre in ogni luogo un san Giuseppe che protegge, aiuta, porta con sé, difende, sostiene. Lo possiamo essere ciascuno di noi. Dio lo è per tutti, perché non ci abbandona mai. 

28 Dicembre
+Domenico

Sempre troppo passivi nella vita, ma potremmo almeno essere in ricerca umile come i magi

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 2, 1-12)

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

Audio della riflessione

Non vi sembra che  come cristiani ci sentiamo di vivere una sorta di estraneità al mondo di oggi? La religione cristiana sembra che non sia mai al suo posto, a volte sembra che sia troppo severe nell’esigere, a volte sembra che chieda troppo poco e annacqui il senso vero della vita cristiana, tanto che molti si domandano: “A che serve la Chiesa? non possiamo farne tranquillamente a meno?”.

Siamo estranei alle donne e agli uomini del nostro tempo, ma forse noi cristiani siamo estranei anche a noi stessi. I più interessati si costruiscono esperienze private di vita credente alla ricerca di una spiritualità che nella chiesa non si trova, convinti di aver inventato il vero cristianesimo o di aver trovato loro le risposte al mistero della vita. Per moltissimi invece tanta parte del nostro patrimonio cristiano non è conosciuto; non parliamo del latino, della liturgia, dei canti tradizionali, ma anche dell’essenza della vita credente, del vangelo, di Gesù Cristo, del Natale, della Risurrezione, della fede nella vita futura.

Potremmo disinteressarci, ma la vita ti arriva addosso con le sue domande, con i suoi dubbi lancinanti, con le sue sofferenze e dolori insopportabili e ti fa nascere interrogativi spesso senza risposta. Che senso ha? Che vita è? A che vale lavorare tanto per poi lasciarci scippare la vita da un incidente, da una pasticca?

La vicenda dei magi che abbiamo al centro della nostra riflessione di oggi può darci una qualche illuminazione per vivere e trapassare questa estraneità.

I magi sono presentati come personaggi molto singolari nella vicenda di Gesù. Sono proprio estranei al mondo di quel bambino di Betlemme. Avvistano nel cielo stellato un astro che li mette in moto, li fa uscire dal loro habitat naturale in cui stanno bene e si sentono sicuri e riveriti e rischiano i loro passi verso una terra straniera. Corrono il rischio di una scelta. Da uomini di prestigio e potenti si trasformano in ricercatori. Abbandonano le loro sicurezze e comodità, ricchezze e gloria e si fanno indicare il passo da quella stella. E’ la loro guida.

Solo che poi arrivati a Gerusalemme non appare più e sono costretti e chiamati a un ulteriore rischio, a passare da sapienti, da gente che conosce le stelle a dubbiosi, a profani che debbono interrogare altri sulla direzione del loro cammino, da perspicaci scrutatori del cielo a stupiti uditori di profezie antiche di Israele che segnalano le vie della terra. Alla loro mentalità scientifica queste parole dei sacerdoti sono sicuramente sembrate molto strane, molto provocatorie, ridicole forse. Quel segno del cielo che indicava il re può mai essere un bambino che nasce in un piccolo villaggio? Ma chi sono i loro interlocutori? Con chi si devono confrontare?

Trovano dei sacerdoti che sanno leggere profezie, ma dimostrano di non cercare più niente, trovano un re che sembra interessarsi solo per correttezza diplomatica a quel che dicono, piuttosto distaccato: “fatemi sapere se mai trovate qualcosa”. Come è possibile tutto ciò? Stranieri che hanno fatto un lungo cammino e gente che dice una profezia che potrebbe essere avvalorata dalla loro presenza straordinaria di scienziati – re e stanno solo a guardare?! Da spettatori solo incuriositi. Qui c’è una grandezza di evento straordinario e questi? Assolutamente estranei, freddi, indifferenti, senza nerbo. Carissimi non vi pare che noi siamo quell’Erode e quei sacerdoti? Noi i preti, ma anche voi fedeli.

Ma i magi senza particolare titubanza proseguono la ricerca con passo sereno e sicuro e trovano il bambino e di fronte al neonato e alla madre si prostrano, piegandosi su se stessi diventano piccoli e indifesi, perciò aperti ad accogliere chi sta dinnanzi. Lo adorano, si vogliono lasciar riempire dalla sua presenza, dall’aura che emana dalla sua semplicità, dalla sua umanità, dal suo pianto e dal suo sorriso e si apre lo spazio per il dono: tre regali carichi di  profondi significati, attraverso cui esprimono il riconoscimento a un bambino singolare, destinato ad avvicinare il cielo e la terra nel suo corpo al quale la mirra, preannuncia un ministero di amore sofferto.

Ora possono tornare a casa, ma seguono ancora un sogno che indica loro di passare da un’altra via, si fidano del sogno e possono tornare alla loro patria, al paese che, dopo che hanno incontrato Gesù, loro appartiene e non più a un vago Oriente.

Si sono estraniati da se stessi, perché avevano deciso di partire, di lasciare il noto per l’ignoto, si sono sentiti  estranei nella franchezza e nell’umiltà di chiedere umilmente informazioni a gente straniera nel momento della difficoltà, estranei nel riconoscere nel bambino il futuro di una grande promessa, estranei nell’accogliere la voce che parla di notte, la voce del sogno.

Questi magi hanno da insegnare al nostro mondo cristiano spaesato un percorso di saggezza e di nuova bontà. E’ necessario anche per noi un viaggio incontro a questo mondo straniero alla fede cristiana che pure la ospita con tante tradizioni, simboli, riti, elementi culturali.

Non dobbiamo aver paura di prendere le distanze da noi stessi, dalle nostre sicurezze, dal nostro stile, da un certo nostro linguaggio, dalla nostra organizzazione per viaggiare di più dentro il cuore del nostro tempo. La maggioranza di noi adulti ha ricevuto le risposte della fede senza farsi le domande. Molti uomini di oggi si fanno le domande e non trovano risposte, perché noi siamo barricati nelle nostre certezze,  che non sempre sono la verità, ma le incrostazioni del nostro egoismo comodo e strafottente. Abbiamo da cogliere la sfida di un confronto aperto.

Certo incontreremo anche noi sapienti che stanno a profetizzare nel caldo dei loro palazzi e re che governano il mondo a parole e belle intenzioni che si trasformano in guerre e oppressioni, ma troveremo anche un inedito coraggio nell’accogliere il Vangelo, a confessare con verità che non siamo mai stati veramente cristiani e ad assumere l’atteggiamento adorante nei confronti di questo Dio che si fa uomo, su fa povero, si fa barbone e indigente, immigrato e perdente.

Ci sarà data in regalo la possibilità di ascoltare la  Parola di Gesù, la freschezza della sua vita e la gioia sarà grande e ripagherà le fatiche di ogni ricerca.

6 Gennaio 2023
+Domenico

La santa Famiglia è costretta ad emigrare

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 2,13-15.19-23)

I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo».
Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Dall’Egitto ho chiamato mio figlio».
Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino».
Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele. Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: «Sarà chiamato Nazareno».

Audio della riflessione

Teniamo fisso ancora lo sguardo sul presepio, anche se è tutto pronto per i botti di domani notte, per concludere un altro anno, stavolta pure di guerra.

Se per presepio intendiamo quella bella atmosfera serena con musiche, canti, bei sentimenti, regali, dolci segni di affetto, di cui nessuno si deve vergognare, Giuseppe e Maria sono stati costretti a disfarlo subito: hanno – per così dire – inscatolato subito stelle e statue per fuggire.

Giuseppe che aveva espresso il massimo di docilità al piano esigente di Dio, sapeva che la strada imboccata era in salita: una decisione drammatica di pensare an una sua famiglia in maniera del tutto inaspettata, una nascita del figlio in un mare di  difficoltà, scardinato dal suo paese in una concentrazione di povertà in quell’anfratto per pastori, che a casa sua sarebbe stata meno ossessiva: povertà ancora, ma più vivibile.

E ora la fuga: indesiderato, ricercato, scomodo, fragile, indifeso e pericoloso.

È la prima pagina di diario che Giuseppe deve scrivere di Gesù: è l’atmosfera che caratterizza la festa per il suo figlio primogenito al ritorno della madre dalla clinica – diremmo noi.

Si deve fuggire … e Giuseppe, il capofamiglia, docile, forte si assume le sue responsabilità: emigra; non prende una carretta del mare, ma affronta un mare di sabbia.

Sarà sempre un immigrato, uno in fuga per poter vivere; il suo percorso è contrario a quelli di oggi, ma sempre un immigrato sarà! Anche questa esperienza Gesù non si è risparmiato nel farsi uomo … e noi non l’abbiamo ancora capita con i nostri facili respingimenti! Non può non farci pensare a quei bambini morti nel deserto con le loro madri per fuggire da altri Erodi – sempre purtroppo presenti sulla faccia della terra

Ormai sono una famiglia: in Gesù resteranno indelebili la dedizione del papà Giuseppe, la sua cura, il suo cuore in tumulto, la sua obbedienza al piano di Dio; lo preparano al suo deserto, al suo orto del Getsemani, al suo abbandono nelle braccia del Padre.

Anche Gesù ha avuto una famiglia che gli ha segnato la vita e gli ha dato la forza di spendersi fino alla morte.

Giuseppe e Maria hanno preparato e custodito un immigrato per salvare il mondo.

30 Dicembre 2022
+Domenico

L’avvoltoio con i suoi artigli cala sul presepio

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 2, 13-18)

I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo».
Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Dall’Egitto ho chiamato mio figlio».
Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi. Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremìa:
«Un grido è stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande: Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più».

Audio della riflessione

Capita a tutti che nel bello di una festa il diavolo ci metta la coda: abbiamo in mente un abito nuovo con uno strappo devastante nel momento più importante di una cerimonia, o un vestito bianco con una macchia orribile che lo rende inservibile … un momento di grande ridere e un fatto improvviso che ti spegne il riso in bocca.

Spesso però è una disgrazia che chi ti scombina una vita serena, una offesa che cambia in veleno un rapporto d’amore.

Il candore del Natale oggi è investito da una macchia di sangue, la serenità del presepio è distrutta da un grido di terrore, la dolcissima intimità di una nascita è sconvolta da urla di dolore: non sono più pastori quelli che popolano il presepio, ma soldati efferati che uccidono e dilaniano.

La vita di Gesù è già in salita sin dagli primi giorni: Maria e Giuseppe devono fuggire, l’avvoltoio dispiega le sue ali pronte a calare i suoi artigli su vite innocenti. E’ Erode che si è sentito ingannato dai Magi, che sono tornati alle loro terre per un’altra strada: avevano adorato il bambino, non potevano più vendersi a Erode, volevano dare un altro segno alla loro vita; avevano cercato, avevano viaggiato, si erano messi in discussione, avevano finalmente trovato la meta in Gesù e non potevano ritornare alla vita di prima.

È esperienza purtroppo frequente in molte nostre vite, quella di non lasciarci cambiare da niente, di far passare come acqua sulla pietra tante belle esperienze che ci potrebbero dare un altro tono.

Mi viene in mente quel milione di giovani che all’inizio del pontificato di papa Benedetto, alla sua prima Giornata Mondiale della Gioventù sulle orme dei re Magi sono andati a Colonia, nota per la venerazione ai santi Magi, per seguire una nuova stella, per farsi additare la strada della vita.

Tutti si sono detti che avrebbero dovuto tornare da un’altra strada: sapevano tutti che al loro ritorno erano appostati tanti Erode pronti a cancellare l’esperienza di Dio che avevano fatto.

Così capitò al tempo di Gesù: Erode, noto per le sue efferatezze, fece ammazzare tutti i bambini al di sotto di due anni nati in quella regione: la strage degli innocenti, che oggi la comunità cristiana ricorda.

Gesù diventa segno di contraddizione: è venuto per salvare l’uomo e qualcuno comincia a usarlo come pretesto per i suoi disegni criminali.

Il dramma del dolore innocente ci opprime da quando Caino uccise Abele: è il mistero del male che si abbatterà anche su Gesù. Lui innocente verrà messo a morte. Ma Dio cambierà presto questa morte in vita!

Non riusciamo a capire perché un innocente deve soffrire, la nostra fede è messa a dura prova: solo la speranza aperta dalla risurrezione ce ne scioglierà l’enigma.

28 Dicembre 2022
+Domenico

Cercare si coniuga sempre per il cristiano con trovare

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 2, 1-12)

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo”. All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: “A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele””. Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: “Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo”. Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

Audio della riflessione

Ieri sera, o questo pomeriggio prima di andare a dormire, o questa notte abbiamo completato il presepio: erano forse già collocati in vista questi tre personaggi stravaganti nei vestiti, nei regali, nel seguito, e oggi sono stati avvicinati alla capanna di Betlemme … si conclude così l’elenco degli invitati, con i Re Magi.

La tradizione vuole che fossero tre anche se nessuno nella Bibbia l’ha mai detto … ma quello che ci interessa è che cosa e chi cercano e perché sono tanto considerati nella nostra tradizione: sono l’immagine della ricerca anche pensosa di Dio, della vocazione, che noi ancora ci incaponiamo a chiamare “destino” dell’umanità, del punto di arrivo di ogni ricerca umana.

  • Cercare è non sentirsi soddisfatto di quello che si ha e osare di volere la luna
  • Cercare è farsi domande profonde:  chi sono? dove vado? perché esisto? che senso ha la mia vita?
  • Cercare è lasciare la certezza per sperimentare la sorpresa, è rispondere all’impulso interiore della libertà.
  • Cercare è non lasciarsi fasciare da nessuna comodità;
  • Cercare è rincorrere Dio che non si lascia mai prendere;
  • Cercare è lasciare alla speranza di essere il motore della vita;
  • Cercare è tendere l’orecchio a chi ti può chiamare;
  • Cercare è ascoltare una parola che ti provoca a camminare, è togliersi le cuffie per lasciarsi destabilizzare dalle relazioni vere!
  • Cercare non è fuggire nel virtuale, ma forare la realtà per seguirne le tracce;
  • Cercare è lasciarsi incontrare;
  • Cercare è spesso solo tenere aperti gli occhi sulla vita, sulle persone, sugli altri;
  • Cercare è inseguire l’orizzonte che s’allarga all’infinito;
  • Cercare è vivere da innamorati, innamorati di Gesù e del suo mondo di pace.

L’Oriente è sempre stato visto come la terra degli scienziati, dei saggi, dei cercatori di ragioni per vivere, di mondi eterei, dedicati al sapere, alla ricerca della felicità non da quattro soldi … loro scrutavano il cielo, ne leggevano continuamente i messaggi, non erano dediti alle guerre, non dedicavano la loro vita a costruire armi, a fare battaglia, a seminare terrore … hanno visto una stella curiosa, strana, ne hanno letto l’indicazione: nasce il Messia! Linguaggio figurato fin che vogliamo, ma capace di dirci che ci sono da cercare continuamente ragioni di vita e di speranza.

Cercare ragioni di vita, vuol dire che non ne abbiamo abbastanza di quelle che ci presentano  i talk show o le star del rock o gli eroi dello sport: vogliamo qualcosa di più! Non ti riempiono la vita nemmeno le belle e buone amicizie, il successo nel lavoro, una buona vita di famiglia … l’uomo è fatto per qualcosa di più grande; c’è un inquietudine sempre che affiora e che non si deve seppellire.

E una volta trovatolo, dice il Vangelo, lo adorarono.

Adorare Dio oggi è impegnativo: vuol dire che riconosci al di fuori di te le ragioni del tuo essere, mentre sei circondato da gente e da insegnamenti che ti dicono che sei autosufficiente, salvo poi a darti alla droga o all’alcol o ai maghi per trovare ragioni per una vita decente.

Adorare Dio significa che hai pure un corpo bello, lo puoi continuamente perfezionare, curare con ore di esposizione a tutti gli specchi possibili e a tutte le creme più sofisticate, ma alla fine c’hai un’anima da mettere al centro, hai un cuore da servire, un amore da sprigionare e un Dio che ti insegna la vera arte di amare.

In questa ricerca si collocano coloro che si donano al Signore: si sono collocati coloro che si sono fatti preti o suore … hanno seguito una stella, si sono domandati tante volte dove sta la felicità … hanno lasciato casa, amici, superficialità, i progetti di tutti. Hanno investito in una direzione come i cercatori d’oro, hanno setacciato il fiume della vita per cercare le famose pepite. In questa ricerca come tutti i giovani erano guidati da un istinto infallibile, che è l’amore. A chi darò la mia vita? Chi mi merita? Chi potrà sentirsi felice con me? A chi potrò dedicare la mia vita perché ne nasca felicità per me e per tutti.

Sono le domande che ogni giovane si fa nella sua esperienza d’amore: non si domanda solo qual è la ragazza più bella? Che figurone faccio se riesco a scarrozzarla e a farla vedere a tutti sul corso? Una ragazza non si accontenta di sentire qualche fischio quando passa o qualche complimento, sempre più pesante e volgare in questo nostro mondo materiale, ma vuole sapere con chi può costruire felicità per se e per tutti.

La ricerca dei magi è arrivata a Dio e oggi ci dicono che lui, il Signore della vita e della storia è la loro felicità! Ed è una felicità vera, che non finisce mai. Oggi ci aiutano a togliere il vetro all’orologio e buttare via le lancette o resettare sul digitale il programma per far sparire i numeri e far comparire la parola “sempre”.

 Vogliono dire anche a noi che è bello seguire Gesù, che essere poveri non è una condanna, ma una libertà, di fronte a tutte le ingessature dei soldi. Ci ricordano che la vita è bella se il centro è Gesù, che il nostro amore umano, l’amore di coppia, l’amore dei genitori, l’amore tra amici deve sempre avere come riferimento Gesù.

Ma torniamo al presepio: nei pressi, e in qualche presepio se ne fa vedere l’artiglio, sta appostato Erode, l’avvoltoio che cala sulle nostre ingenue aperture all’infinito. Ha molti volti: tutti i nostri quando non sanno apprezzare il bene che faticosamente altri, i nostri genitori, gli amici, i nonni hanno da donarci. Ha il volto dell’egoismo, il volto dell’indifferenza, della paranoia, della vergogna cui soccombiamo di fronte agli amici quando si tratta di essere cristiani convinti; ha il volto del vizio.

Per mantenere la speranza intuita occorre passare sempre da un’altra strada però per evitarlo … e i re magi tornarono da un’altra strada.

Carissimi tutti, qualche strada bisogna cambiarla se vogliamo mantenerci puliti e belli dentro e fuori.

6 Gennaio 2022
+Domenico

Il mistero del dolore innocente

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 2, 16-18)

I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo».
Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
«Dall’Egitto ho chiamato mio figlio». Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi. Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremìa: «Un grido è stato udito in Rama,
un pianto e un lamento grande: Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più».

Audio della riflessione

Il mistero del dolore innocente è per tutti credenti e no uno scandalo: Dio stesso è rimasto come “spiazzato” di fronte alla malvagità e cattiveria che l’uomo da lui creato è riuscito a inventare.

La storia dell’umanità è storia di grandi conquiste, di maturazione verso il bene, ma contemporaneamente è la storia dell’intelligenza applicata al male, del male gratuito, dello sfogo immotivato, della barbarie sempre più sofisticata, e ne abbiamo esempi anche oggi: uomini fugaci nell’amore e tenaci nell’odio.

Di fronte a questo fatto c’è il “silenzio” di Dio: il dolore innocente si infrange contro un cielo di cristallo, freddo e indifferente.

Romano Guardini – grande Teologo – sul letto di morte ebbe a dire: “nel giorno del giudizio dovrò rispondere alle tante domande che Dio mi farà, ma ne avrò anch’io un paio da fargli: perché la sofferenza degli innocenti?

Perché non riusciamo a trovare una spiegazione al dolore?

Credo che una continua preghiera che possiamo fare a Dio sia proprio quella che in diverse forme ci viene dalla Bibbia: “Fino a quando Signore mi nasconderai il tuo volto? Dio mio perché mi hai abbandonato! Perché mi respingi?”

“Maledetto il giorno in cui nacqui … mia madre poteva ben essere la mia tomba! Signore distogli il tuo sguardo, così che io respiri un istante”, dice Giobbe nel colmo della sua disperazione … e risale al 2200 a.C. il dialogo con la sua anima di un suicida: “la morte è davanti a me come la guarigione per un malato, come l’ombra nella oasi del deserto, come il profumo delle ore dell’alba”. Anche Giobbe per non poche volte impreca, maledice, bestemmia, descrive Dio come un arciere sadico che gli trafigge per divertimento, reni, fegato, cuore …

Il dolore e il male sono una tomba: sono una componente della nostra vita di fronte al quale non si devono cercare pezze, soluzioni di bassa lega volte solo a esorcizzare, a non fare i conti con la realtà … bisogna passarci dentro: rispettare chi dentro soffre, rispettare il momento in cui si soffre e sopportarlo con pazienza.

Spesso non c’è ora di adorazione che tenga! Giobbe sopportò tutto: ha perso la pazienza solo quando sono arrivati i suoi amici a consolarlo.

La ricerca della consolazione è il rifiuto del limite, è segno di onnipotenza, è non volere toccare il fondo: solo se sapremo toccare il fondo della nostra povertà, solo allora avremo in dono la Resurrezione, la speranza … invece stiamo a perdere tempo a ingannarci con piccole consolazioni che polverizzano la nostra dignità umana.

Le ultime parole di Gesù sono state il grido di una disperazione umana lanciata nelle braccia di un padre: quel grido è stata la prova per la fede dei presenti … è il pianto di Rachele, è il vuoto assoluto che può essere riempito soltanto da Dio, e per questo lo invochiamo.

28 Dicembre 2021
+Domenico

Cercare è rincorrere Dio che non si lascia mai prendere

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 2, 1-12)

Audio della riflessione

Ieri sera prima di andare a dormire o questa notte abbiamo completato il presepio: erano forse già collocati in vista questi tre personaggi stravaganti nei vestiti, nei regali, nel seguito, e oggi sono stati avvicinati alla capanna di Betlemme … si conclude qui l’elenco degli invitati, con i re magi.

La tradizione vuole che fossero tre anche se nessuno nella bibbia l’ha mai detto, ma quello che ci interessa è che cosa e chi cercano e perché sono tanto considerati nella nostra tradizione cattolica: sono l’immagine della ricerca anche pensosa di Dio, della vocazione dell’umanità, che noi ancora ci incaponiamo a chiamare “destino”, del punto di arrivo di ogni ricerca umana.

  • Cercare è non sentirsi soddisfatto di quello che si ha e osare di volere “la luna” ..
  • Cercare è farsi domande profonde:  chi sono? dove vado? perché esisto? che senso ha la mia vita?
  • Cercare è lasciare la certezza per sperimentare la sorpresa;
  • Cercare è rispondere all’impulso interiore della libertà;
  • Cercare è non lasciarsi fasciare da nessuna comodità;
  • Cercare è rincorrere Dio che non si lascia mai prendere … è lasciare che la speranza sia il motore della vita;
  • Cercare è tendere l’orecchio a chi ti può chiamare;
  • Cercare è ascoltare una parola che ti provoca a camminare;
  • Cercare è togliersi le cuffie per lasciarsi destabilizzare dalle relazioni vere;
  • Cercare non è fuggire nel virtuale, ma perforare la realtà per seguirne le tracce;
  • Cercare è lasciarsi incontrare, è spesso solo tenere aperti gli occhi sulla vita, sulle persone, sugli altri, è inseguire l’orizzonte che s’allarga all’infinito;
  • Cercare è vivere da innamorati, innamorati di Gesù e del suo mondo di pace.

L’Oriente è sempre stato visto come la terra degli scienziati, dei saggi, dei cercatori di ragioni per vivere, di mondi eterei, dedicati al sapere, alla ricerca della felicità non da quattro soldi … loro scrutavano il cielo, ne leggevano continuamente i messaggi, non erano dediti alle guerre, non dedicavano la loro vita a costruire armi, a fare battaglia, a seminare terrore.

Hanno visto una stella curiosa, strana, ne hanno letto l’indicazione: nasce il Messia, linguaggio figurato fin che vogliamo, ma capace di dirci che ci sono da cercare continuamente ragioni di vita e di speranza.

Cercare ragioni di vita, vuol dire che non ne abbiamo abbastanza di quelle che ci presentano i talk show o le star del rock o gli eroi dello sport: vogliamo qualcosa di più! Non ti riempiono la vita nemmeno le belle e buone amicizie, il successo nel lavoro, una buona vita di famiglia.

L’uomo è fatto per qualcosa di più grande: c’è un inquietudine sempre che affiora e che non si deve seppellire … e – dice il Vangelo

“una volta trovatolo, lo adorarono.”

Adorare Dio oggi è impegnativo: vuol dire che riconosci al di fuori di te le ragioni del tuo essere, mentre sei circondato da gente e da insegnamenti che ti dicono che sei autosufficiente, salvo poi a darti alla droga o all’alcol o ai maghi per trovare ragioni per una vita decente.

Adorare significa che hai pure un corpo bello, lo puoi continuamente perfezionare, curare con ore di esposizione a tutti gli specchi possibili e a tutte le creme più sofisticate, ma alla fine c’hai un’anima, da mettere al centro, hai un cuore da servire, un amore da sprigionare e un Dio che ti insegna la vera arte di amare: Lui adori.

In questa ricerca si collocano coloro che si donano a Dio, si sono collocati coloro che si sono fatti preti o suore: hanno seguito una stella, si sono domandati tante volte dove sta la felicità; hanno lasciato casa, amici, superficialità, i progetti di tutti; hanno investito in una direzione come i cercatori d’oro, hanno setacciato il fiume della vita per cercare le famose pepite, e in questa ricerca come tutti i giovani erano guidati da un istinto infallibile, che è l’amore.

A chi darò la mia vita? Chi mi merita? Chi potrà sentirsi felice con me? A chi potrò dedicare la mia persona perché ne nasca felicità per me e per tutti.

Sono le domande che ogni giovane si fa nella sua esperienza d’amore: non si domanda solo qual è la ragazza più bella? Che figurone faccio se riesco a scarrozzarla e a farla vedere a tutti in piazza? Una ragazza non si accontenta di sentire qualche fischio quando passa o qualche complimento, sempre più pesante e volgare in questo nostro mondo materiale, ma vuole sapere con chi può costruire felicità per se e per tutti, ed è così anche per ogni ragazza: non si lascia incantare dal principe azzurro, vuole concretamente capire se qualcuno è disposto a donarle la sua vita.

La ricerca dei magi è arrivata a Dio e oggi ci dicono che lui, il Signore della vita e della storia è la loro felicità … ed è una felicità vera, che non finisce mai.

Oggi ci aiutano a togliere il vetro all’orologio e buttare via le lancette o resettano sul digitale il programma per far sparire i numeri e far comparire la parola “sempre”: vogliono dire anche a noi che è bello seguire Gesù, che essere poveri non è una condanna, ma una libertà, di fronte a tutte le ingessature dei soldi; ci ricordano che la vita è bella se il centro è Gesù, che il nostro amore umano, l’amore di coppia, l’amore dei genitori, l’amore tra amici deve sempre avere come riferimento Gesù.

Ma torniamo, per un ultimo sguardo, al presepio … nei pressi, e in qualche presepio se ne fa vedere l’artiglio, sta appostato Erode, l’avvoltoio che cala sulle nostre ingenue aperture all’infinito; ha molti volti: tutti i nostri quando non sanno apprezzare il bene che faticosamente altri, i nostri genitori, gli amici, i nonni hanno da donarci; ha il volto dell’egoismo, il volto dell’indifferenza, della paranoia, della vergogna cui soccombiamo di fronte agli amici quando si tratta di essere cristiani convinti; ha il volto del vizio.

Per mantenere la speranza intuita. occorre passare sempre da un’altra strada per evitare questo Erode …

… e tornarono da un’altra strada.

Carissimi,
qualche strada bisogna cambiarla, se vogliamo mantenerci puliti e belli dentro e fuori … questa pandemia ci sta insegnando che strada sbagliata è sentirsi autosufficienti e vivere da autocentrati ed egoisti: è la strada di Erode, e non vogliamo che sia la nostra.

6 Gennaio 2021
+Domenico

Ci fa orrore Erode, ma siamo in tanti a imitarlo

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 2, 13-18)

Audio della riflessione

Innocenti sono i bambini che non fanno del male a nessuno, indifesi, bisognosi di tutto e di tutti. Ti si affidano ingenuamente, ti fanno sorrisi che conquistano anche i cuori più duri, ti parlano col pianto che devi interpretare, ti si attaccano al petto per poter vivere, ti succhiano col latte la vita, il tempo, il cuore. Ma sono deboli, mai come oggi devono sopportare gli attacchi degli adulti. Li ammazziamo ancora prima di nascere, perché sono scomodi, perché li abbiamo fatti venire al mondo senza pensarci, perché servono a pezzi, a cellule, a organi.

A Betlemme nell’anno della nascita di Gesù, all’anagrafe sono andati tanti altri papà e mamme, la vita continuava a esplodere, il mondo di quella sperduta provincia romana si perpetuava nelle nuove generazioni, ma Erode non voleva farsi soppiantare. Il suo trono traballava e la colpa era di questo piccolo, innocente bambino, nato in una grotta; ma occorreva ucciderli tutti perchè nessuno scampasse a insidiare il suo futuro.

La storia oggi si ripete, nelle guerre tra etnie non solo di distruggono case e beni, ma anche vite innocenti, per estirpare un popolo. Come avviene delle nostre società occidentali; le chiamano interruzioni di  gravidanza, ma sono la lenta inesorabile decadenza di un popolo. E’ la strage degli innocenti che si perpetua di nuovo. Gesù si è affidato nella sua potenza alla debolezza dell’amore di un uomo e di una donna. San Giuseppe entra in scena con grande dignità, coraggio e decisione. Chi ama la vita sa sempre leggerne i percorsi e le risorse. Fugge, prende una carretta del mare di sabbia che è il deserto e porta in salvo il figlio di Dio; già il suo popolo aveva fatto questa scelta per sopravvivere a carestie, guerre e fame.

Durante la pandemia ci siamo pure permessi di dare indicazioni perché ogni donna si arrangi a farsi il suo aborto con due pastiglie, a casa sua, anche dopo due mesi dal concepimento, dopo tante battaglie per toglierlo dalle mammane che  l’aborto lo facevano già in casa.

Oggi il figlio di Dio è una icona delle storie di tutti i popoli che devono fuggire per vivere, di tutti i bambini indifesi e innocenti che non possono difendersi dagli adulti ingordi e dissennati. E’ l’immagine dei bambini di strada, dei bambini che non vengono fatti nascere, dei bambini che vengono usati coma cavie, degli innocenti che vengono sfruttati commercialmente per saziare le voglie innominabili di tanti adulti, dei figli non amati e violentati in casa. Occorre in ogni luogo un san Giuseppe che protegge, aiuta, porta con sé, difende, sostiene. Lo possiamo essere ciascuno di noi. Dio lo è per tutti, perché non ci abbandona mai.

28 Dicembre 2020
+Domenico