Il regno di Dio, ha i suoi ministeri e ministri: chi devono essere?

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 20, 20-28)

Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, si avvicinò a Gesù la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dòminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Audio della riflessione

E’ molto interessante vedere nelle varie campagne elettorali la corsa al seggio, a vincere le elezioni. E’ giusto, è necessario avere chi governa, chi si mette a fare leggi, a interpretare le necessità della gente, a dare sicurezza alla vita pubblica, a costruire uno stato di diritto contro le sopraffazioni, spendersi per il bene comune, affrontare con coraggio tutto quello che occorre per far convergere le energie delle persone al bene di tutti, ma forse la nostra vita pubblica ci dà anche tanti esempi di una politica non disinteressata, di corsa al potere senza ideali, se non quelli del proprio tornaconto, dell’affermazione di una ideologia indipendentemente dai veri problemi delle persone. La stessa cosa può capitare nella chiesa, nella stessa parrocchia. La corsa ai posti di prestigio, ad esposizione continua per primeggiare è di tutte le strutture.

Così si stava comportando anche il gruppetto degli apostoli che da alcuni anni seguivano con continuità Gesù Cristo. Ha parlato di regno, di nuovo mondo, di una società in cui avrà il sopravvento la bontà, i discepoli si sono scaldati il cuore, ma è cresciuto anche l’interesse a occupare qualche sedia in questo famoso regno di Dio.

 E’ meglio portarsi avanti, pensa la mamma dei figli di Zebedeo. Se non ci penso io al futuro di questi figli, loro se ne stanno lì buoni buoni a far niente, tanto ci sono sempre io che li mantengo. Questi miei figli ti stanno dietro dall’inizio, gli vorrai trovare un posto buono, garantito, sicuro, di livello? Gesù avrà sorriso per questo intervento materno per il futuro dei figli,  che anche oggi fanno molte mamme per i loro.

La risposta però è deludente per le mire di questa povera mamma. Sì ci sono due posti molto importanti, molto in evidenza: accanto alla croce. Il Regno di Dio è fatto diversamente: il più grande è servo di tutti, il più importante si deve fare schiavo degli altri. Il papa ha come titolo “servo dei servi”. Le parole si possono sprecare, ma il vangelo è chiaro: seguire Cristo vuol dire farsi servo come lui, dichiararsi disponibile agli altri come Lui,  caricarsi di sofferenze non nostre, non meritate, per alleviare quelle degli altri come Lui. Solo così possiamo sperare in un mondo diverso, possiamo offrire speranza a tutti. Lo vogliamo augurare a tutti quelli che stanno in politica e che si stracciamo per farsi votare che poi puntano sul numero di voti ottenuto, come può essere giusto, ma forse è più importante che pensino di più alla responsabilità di fronte alla vita pubblica e a tutte le persone, soprattutto i meno abbienti, i più svantaggiati.

25 Luglio 2024
+Domenico

Seguire Cristo vuol dire farsi servo di tutti  

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 20, 17-28)

In quel tempo, mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i dodici discepoli e lungo il cammino disse loro: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché venga deriso e flagellato e crocifisso, e il terzo giorno risorgerà».
Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno».
Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dòminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Audio della riflessione.

È molto interessante vedere nelle varie campagne elettorali la corsa al seggio, a vincere le elezioni. E’ giusto, è necessario avere chi governa, chi si mette a fare leggi, a interpretare le necessità della gente, a dare sicurezza alla vita pubblica, a costruire uno stato di diritto contro le sopraffazioni, spendersi per il bene comune, affrontare con coraggio tutto quello che occorre per far convergere le energie delle persone al bene di tutti, ma forse la nostra vita pubblica ci dà anche tanti esempi di una politica non disinteressata, di corsa al potere senza ideali se non quelli del proprio tornaconto, dell’affermazione di una ideologia indipendentemente dai veri problemi delle persone. La stessa cosa può capitare nella chiesa, nella stessa parrocchia. La corsa ai posti di prestigio, ad esposizione continua per primeggiare è di tutte le strutture. 

Così si stava comportando anche il gruppetto degli apostoli che da alcuni anni seguivano con continuità Gesù Cristo. Ha parlato di regno, di nuovo mondo, di una società in cui avrà il sopravvento la bontà, i discepoli si sono scaldati il cuore, ma è cresciuto anche l’interesse a occupare qualche sedia in questo famoso regno di Dio. È meglio portarsi avanti, pensa la mamma dei figli di Zebedeo. Se non ci penso io al futuro di questi figli, loro se ne stanno lì buoni-buoni a far niente, tanto ci sono sempre io che li mantengo. Questi miei figli ti stanno dietro dall’inizio, gli vorrai trovare un posto buono, garantito, sicuro, di livello?  

Gesù avrà sorriso per questo intervento materno per il futuro dei figli, che anche oggi fanno molte mamme per i loro. La risposta però è deludente per le mire di questa povera mamma. Sì, ci sono due posti molto importanti, molto in evidenza: accanto alla croce. Il Regno di Dio è fatto diversamente: il più grande è servo di tutti, il più importante si deve fare schiavo degli altri. Il papa ha come titolo “servo dei servi”. Le parole si possono sprecare, ma il vangelo è chiaro: seguire Cristo vuol dire farsi servo come lui, dichiararsi disponibile agli altri come Lui, caricarsi di sofferenze non nostre, non meritate, per alleviare quelle degli altri come Lui. Solo così possiamo sperare in un mondo diverso, possiamo accogliere e donare la speranza a tutti.

28 Febbraio
+Domenico

Siamo operai presi a giornata o amati senza condizioni?

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 20,1-16)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono.
Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto.
Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perchè ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”.
Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perchè io sono buono?”.
Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

Audio della riflessione.

Precari nel lavoro è il nostro destino, siamo presi a giornata e buttati, dobbiamo fare cento lavori per sperarne uno un po’ più serio. Cinque mesi di qua, da giornalista, per una pubblicazione che deve convincere a far emergere il lavoro nero e io puntualmente pagato in nero; un anno dall’amico di papà che ti ha promesso mari e monti e poi ti liquida dalla mattina alla sera; una stagione a fare animazione, senza assicurazione; un anno finalmente a fare quel che mi è sempre piaciuto e poi la ditta è stata assorbita e mi hanno relegato al magazzino. 

Stavolta me ne sono andato io. Ho fatto mille colloqui e tutti mi dicevano che mi avrebbero preso se avessi avuto qualche esperienza di lavoro in quel campo. Ma, me ne fate cominciare almeno una? Finalmente in internet ho trovato un bel lavoro, purtroppo è a progetto, prima o poi occorrerà cambiare. Liberi di prenderci e di lasciarci, ingiusti con noi ci tentano un po’ tutti. Con Dio sarà la stessa cosa? 

Ditemelo, perché sono stufo di impegnarmi senza portare a casa un po’ di futuro e di vedere che tutti gli altri mi passano davanti. Erano precari anche quei lavoratori che stavano sulla piazza ogni mattina ad aspettare che qualcuno li andasse a invitare. Oggi la cosa si fa ancora più triste, perché non sei nemmeno precario, ma disoccupato. Nel vangelo però stavolta c’è proprio lavoro per tutti. Non ne resta fuori nessuno. Anche il solito che sta in discoteca fino a mattina, anche lui la sera va in piazza e viene preso a lavorare. Non s’è mai dato una mossa e ha sempre trovato di sbarcare il lunario. Sembra tutto casuale, ma chissà quante raccomandazioni ci stanno dietro. Ebbene tutti al lavoro; bello, oggi abbiamo riempito la vita, abbiamo dato un orario al nostro stare ad aspettare. 

Il problema però non è finito: uno che lavora si vuol sentire anche riconosciuto. Qui, con Dio non solo c’è precarietà, non solo non sai mai quando Dio ti assume, ma non sai nemmeno che cosa ne ricavi. Il nottambulo pazzo che s’è dato una mossa solo verso sera prende come me che sono lì dal mattino, che ho programmato tutto, che ho impostato il lavoro, che ho potuto anche dialogare e valutare col padrone. Questa è pura ingiustizia! 

Amico, non ti ho dato quello che avevo pattuito… oppure sei invidioso perché io sono buono? 

Dio ha un altro modo di ragionare, sa che la nostra vita è precaria. Quello che Dio ha pattuito con noi è tutto, è molto di più di quello che ci meritiamo. Il paradiso non lo guadagniamo, ma ci viene dato in aggiunta. Non ti mancherà assolutamente niente nella felicità dell’abbraccio con Dio. Solo che devi guardare con altrettanto amore agli altri. Non perderti a guardare le differenze o a fare sequenze di merito. Godi che tutti possano incontrare Dio, anche a sera tarda. Saranno ancor più felici se incontreranno anche te ad accoglierli con gioia. 

Ma c’è un punto di vista molto interessante per capire questo nostro Dio che non ci fa mai del male, che ci è padre, che non possiamo mettere sempre alla sbarra perché secondo noi ci fa dei torti: la famiglia. Oggi la mettiamo al centro non per far battaglie, ma per riscoprire di più la bontà di Dio 

La famiglia è proprio il luogo in cui si può capire di più Dio. Il lavoratore della prima ora che resta deluso e si arrabbia con Dio per me era un single: tutto concentrato su di sé. Abbiamo in mente la parabola del padre misericordioso? Questo lavoratore della prima ora assomiglia proprio al figlio più grande tutto casa e chiesa, campi e vitelli, azienda e profitto. Come? Vieni qui ancora a dividere la mia eredità, dopo che ti sei fatta fuori la tua? Che giustizia è far festa al figlio pazzo e vagabondo. Questo tuo figlio! 

Un papà, una mamma, un fratello sanno che in famiglia ci si rapporta molto diversamente e non si mette in atto nessuna ingiustizia, ma si vede che la giustizia ha bisogno di amore per essere una regola di vita. 

Non decidono i figli quando nascere in una famiglia, dove non è un errore o un merito l’essere nati prima o dopo: l’amore di papà e mamma è sempre al massimo per tutti. Dio ci dona sempre il massimo, non fa differenza di persone; il suo amore non si baratta, non si taglia a fette, non si conta come gli euro: è la sua bontà infinita per noi, per tutti quelli che lo amano anche all’ultimo momento. 

Nel nostro mondo a modello commerciale dove quello che più conta è la capacità di barattare, di stabilire accordi, scambi vantaggiosi, condizioni favorevoli, sfruttare l’occasione, intuire le debolezze del compratore per fare guadagni, farsi creativi nel collocare la nostra merce, pensiamo che il nostro rapporto con Dio sia un grande commercio. 

L’idea forse la danno anche certe nostre abitudini di rapporto con le cose sacre, con i sacramenti, con le offerte, con i servizi liturgici, con gli oggetti sacri, le visite ai santuari. Spesso li facciamo diventare luoghi di commercio anziché di incontro tra la nostra povera vita e la grandezza di Dio. 

Crediamo di poter commerciare la nostra salvezza, di comperare la sua misericordia, di sostituire l’amore vero profondo, con le nostre cose, di tenerci il cuore e di dare a Dio solo le nostre cose. E allora accampiamo diritti, rimproveriamo Dio perché non tiene conto di quello che abbiamo fatto, riteniamo di esserci guadagnati il paradiso, una vita bella, felice, solo perchè noi abbiamo dato, abbiamo fatto, abbiamo vissuto in un certo modo. 

Vogliamo un rapporto con Dio non a modello commerciale, ma a modello famigliare; perché Lui è famiglia; è Trinità. Il paradiso Dio ce lo regala sempre; è più grande di ogni nostro merito; è dono del suo amore che decidiamo di accettare nella nostra vita.

24 Settembre
+Domenico

La felicità è sempre pienezza per tutti senza differenze

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 20,1-16

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”.
Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

Audio della riflessione.

C’è una parabola di Gesù che è proprio tutta da raccontare perché ci ha sempre fatto arrabbiare tutte le volte che l’abbiamo ascoltata. Immaginate di essere assunto inaspettatamente al lavoro. Trattate con il datore condizioni, ruolo, orario e stabilite pure il compenso equo con tanto di trattamento per la pensione, assicurazione e quant’altro. Vi applicate con serietà, intelligenza, creatività. È proprio un bel rapporto di lavoro. Accanto a voi dopo un po’ di tempo ne viene un altro e lavora: bravo anche lui, ma io è un po’ che sono assunto. Ne viene un terzo, poi un quarto; uno arriva che il lavoro è quasi finito, ci dà dentro, ma io è una vita che sto in azienda. Arriva il giorno della paga. Comincia l’ultimo e riceve quello che ho pattuito anch’io. Grande questo datore di lavoro, gli vanno proprio bene gli affari! Sa dare anche i premi di consolazione. Chissà che cosa aggiungerà al mio stipendio se quest’ultimo prende tanto.  

Una piccola avvisaglia che c’è qualcosa di insospettato gli viene dal fatto che anche gli altri prendono come quest’ultimo. Ma io sono qui dall’inizio, io ho impostato il lavoro, io ho patito ore e ore di fatica, di caldo, di stress. Sicuramente prenderò di più. No: la paga pattuita, e niente più. Torti non me ne ha fatti è vero, ma che giustizia è questa? Non posso neanche aprire una vertenza sindacale. 

Sei invidioso perché io sono buono? Sei tu la misura di tutti o è la mia magnanimità, la mia generosità? La maniera di agire di Dio non va contro la giustizia, ma la trascende. Quando imposti i tuoi rapporti sull’amore devi far saltare il contratto commerciale. Non è forse così anche in una famiglia? I figli che sono arrivati alla vita in tempi successivi non possono godere tutti dello stesso amore? Dipende da te essere nato prima? O qualcuno ti ha chiamato sempre per amore?  

Dio non ti salva perché lo meriti; ma perché ti vuole bene, un bene che copre ogni tua miseria. Il suo regno è unicamente dono e grazia. Noi non ci guadagniamo il paradiso, ma lo accogliamo come dono esorbitante ogni nostra doverosa risposta d’amore.  

Dio nessuno lo può “catturare” nei suoi schemi. Va sempre oltre. Per lui gli ultimi saranno i primi, li accoglierà con amore sorprendente. Non sei contento di essere nel pieno della tua felicità? O te la stavi costruendo solo se trovavi qualcuno più in basso di te? 

23 Agosto
+Domenico

Giacomo:il mio calice lo berrai e sarai con me chiamato dal Padre mio

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 20,20-28)

In quel tempo, si avvicinò a Gesù la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Audio della riflessione.

Ci sono delle verità talmente evidenti nella nostra coscienza che dovrebbero farci cambiare modo di vivere, progetti, desideri. Esistono fatti che ogni giorno ti stanno a dimostrare che la vita ha un suo percorso obbligato di fronte al quale occorre prendere posizione; eppure, la nostra superficialità trova tutte le strade per evitare il confronto, il rinsavimento. Pensiamo per esempio alla morte. È una verità di una evidenza crudele e di un grado di certezza assoluto, eppure la si continua a nascondere; così è, e lo soffrono le popolazioni coinvolte e davanti a noi tutti papa Francesco, per la inutilità della guerra, la sua devastazione oltre ogni previsione, eppure la si continua a ritenere un mezzo adatto per risolvere i problemi e ci si invischia sempre più. 

 È stato così anche per i discepoli di Gesù. Lui continuava a predire la sua fine tragica, a far puntare gli occhi sulla sua passione morte e risurrezione, invece loro pensavano ad altro, non la mettevano in conto nella loro sequela. Quando capiteranno gli eventi resteranno impauriti e torneranno con fatica a scavare nella memoria. Ora però sono presi ciascuno dal proprio problema, vedono davanti solo quello che darà loro gloria o prestigio, scambiano l’amicizia con Gesù per un privilegio umano, per una collocazione in un grado sociale più alto.  

Invece Gesù dice a loro e ridice a noi che Lui deve essere consegnato, deve patire, morire, deve passare attraverso l’esperienza del tradimento e dell’abbandono, anche se trionferà con la risurrezione. Non si può mai guardare a Gesù senza aver davanti questa decisiva verità: il maestro è chiamato al crogiolo del dolore come segno del massimo amore che vuol offrire all’umanità. 

Quella croce è il libro su cui imparare a vivere da cristiani; non per niente i grandi santi stavano ore e ore a contemplare il Crocifisso. È l’unica possibilità che ci è data di vedere oltre, di sperare che la pienezza della vita c’è, ma non è qui. È la chiave interpretativa di tutta la nostra vicenda umana. È l’invito ad alzare lo sguardo a colui che hanno trafitto e a non abbassare mai la guardia, a non vivere di rimedi o di solitudini, ma di verità e di solidarietà con chi si è fatto mettere in croce.  

Anche san Giacomo apostolo che oggi la chiesa festeggia è passato da questo crogiuolo nella missione che si è assunto come apostolo, inviato, mandato da Gesù a testimoniare l’amore infinito di Dio per Lui, morto e risorto per ogni persona. 

25 Luglio
+Domenico

Siamo tutti chiamati al crogiolo del dolore

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 20,17-28)

In quel tempo, mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i dodici discepoli e lungo il cammino disse loro: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché venga deriso e flagellato e crocifisso, e il terzo giorno risorgerà».
Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno».
Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dòminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Audio della riflessione 

Ci sono delle verità talmente evidenti nella nostra coscienza che dovrebbero farci cambiare modo di vivere, progetti, desideri. Esistono fatti che ogni giorno ti stanno a dimostrare che la vita ha un suo percorso obbligato di fronte al quale occorre prendere posizione; eppure la nostra superficialità trova tutte le strade per evitare il confronto, il rinsavimento. Pensiamo per esempio alla morte. E’ una verità di una evidenza crudele e di un grado di certezza assoluto, eppure la si continua  a nascondere; così è per la inutilità della guerra, la sua devastazione oltre ogni previsione, eppure la si continua a ritenere un mezzo adatto per risolvere i problemi e ci si invischia sempre più. 
  E’ stato così anche per i discepoli di Gesù. Lui continuava a predire la sua fine tragica, a far puntare gli occhi sulla sua passione morte e risurrezione, invece loro pensavano ad altro, non la mettevano in conto nella loro sequela. Quando capiteranno gli eventi resteranno impauriti e torneranno con fatica a scavare nella memoria. Ora però sono presi ciascuno dal proprio problema, vedono davanti solo quello che darà loro gloria o prestigio, scambiano l’amicizia con Gesù per un privilegio umano, per una collocazione in un grado sociale più alto.  
Invece Gesù dice a loro e ridice a noi che Lui deve essere consegnato, deve patire, morire, deve passare attraverso l’esperienza del tradimento e dell’abbandono, anche se trionferà con la risurrezione. Non si può mai guardare a Gesù senza aver davanti questa decisiva verità: il maestro è chiamato al crogiolo del dolore come segno del massimo amore che vuol offrire all’umanità. 
Quella croce è il libro su cui imparare a vivere da cristiani; non per niente i grandi santi stavano ore e ore a contemplare il Crocifisso. E’ l’unica possibilità che ci è data di vedere oltre, di sperare che la pienezza della vita c’è, ma non è qui. E’ la chiave interpretativa di tutta la nostra vicenda umana. E’ l’invito ad alzare lo sguardo a colui che hanno trafitto e a  non abbassare mai la guardia, a non vivere di rimedi o di solitudini, ma di verità e di solidarietà con chi si è fatto mettere in croce, come ha fatto san Giacomo e tutti gli altri apostoli. 
Quel Crocifisso è il segno che Dio non ci abbandona mai.

8 Marzo
+Domenico

Padrone o padre è per noi Dio?

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 20, 1-16)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”. Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

Video della riflessione

Facciamo sempre troppa fatica a capire questa parabola in cui ogni lavoratore prende la stessa paga anche se ha orari diversissimi di lavoro … proviamo a partire da una esperienza che a tutti auguriamo di fare … partiamo dalla famiglia: non decidono i figli quando nascere in una famiglia, dove non è un errore o un merito l’essere nati prima o dopo! L’amore di papà e mamma è sempre al massimo per tutti.

Dio ci dona sempre il massimo, non fa differenza di persone: il suo amore non si baratta, non si taglia a fette, non si conta come gli euro … è la sua bontà infinita per noi, per tutti quelli che lo amano anche all’ultimo momento.

Vogliamo un rapporto con Dio non a modello commerciale, ma a modello famigliare, perché Lui è famiglia, è Trinità, dove padre, Figlio e Spirito si amano di amore immenso senza misura, sempre al massimo, come Dio con ciascuno di noi.

Il paradiso Dio ce lo regala sempre: è più grande di ogni nostro merito; è dono del suo amore che decidiamo di accettare nella nostra esistenza!

La famiglia è proprio il luogo in cui si può capire di più Dio. Il lavoratore della prima ora che resta deluso e si arrabbia con Dio per me era un single: tutto concentrato su di sé. Questo lavoratore della prima ora assomiglia proprio al figlio più grande, tutto casa e chiesa, campi e vitelli, azienda e profitto della parabola del figliol prodigo: “Come? Vieni qui ancora a dividere la mia eredità, dopo che ti sei fatta fuori la tua? Che giustizia è far festa al figlio pazzo e vagabondo? Questo tuo figlio …”

Un papà, una mamma, un fratello sanno che in famiglia ci si rapporta molto diversamente e non si mette in atto nessuna ingiustizia, ma si vede che la giustizia  ha bisogno di amore per essere una regola di vita!

Nel nostro mondo a modello commerciale dove quello che più conta è la capacità di barattare, di stabilire accordi,di … fare scambi vantaggiosi, avere condizioni favorevoli, sfruttare l’occasione, intuire le debolezze del compratore per fare guadagni, farsi creativi nel collocare la nostra merce …. pensiamo che il nostro rapporto con Dio sia un grande commercio! L’idea forse la danno anche certe nostre abitudini di rapporto con le cose sacre, con i sacramenti, con le offerte, con i servizi liturgici, con gli oggetti sacri, le visite ai santuari … spesso li facciamo diventare luoghi di commercio anziché di incontro tra la nostra povera vita e la grandezza di Dio.

Crediamo di poter commerciare la nostra salvezza, di comperare la sua misericordia, di sostituire l’amore vero profondo, di tenerci il cuore e di dare a Dio solo le nostre cose …

…. e allora accampiamo diritti, rimproveriamo Dio perché non tiene conto di quello che abbiamo fatto, riteniamo di esserci guadagnati il paradiso, una vita bella, felice, solo perché noi abbiamo dato, abbiamo fatto, abbiamo vissuto in un certo modo.

17 Agosto 2022
+Domenico

Il più grande tra voi è vostro servo

una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 20,20-28)

Audio della riflessione

In quel tempo, si avvicinò a Gesù la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dóminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Ci capita spesso di sentirci domandare o di domandarci se l’essere cristiani diventa sempre più complicato per le tante questioni di vita che si presentano oggi: la guerra, la pandemia, l’eutanasia, i migranti… Certo sono tutti temi che esigono riflessione, dialogo, confronto , ma anche punti di vista solidi da cui guardare il tutto.

 Non si può accusare il vangelo di non essere concreto, chiaro e comprensibile. Gesù si trova a dover aiutare i suoi discepoli a seguire il suo insegnamento molto chiaro. E’ la mamma di Giacomo e Giovanni che mette a prova gli apostoli tra loro e  tira in ballo Gesù. Come tutte le mamme chiede un posto dignitoso per i suoi due figli in questo famoso regno di cui Gesù parla spesso. Gli apostoli sono irritati da questa richiesta e Gesù  prende posizione molto ferma.

Il regno dei cieli, il punto di arrivo del vangelo non è un regno che distribuisce posti di prestigio, ma posti di servizio. La vera grandezza è quella di Dio, la cui gloria è servire, ciò esprime la concretezza dell’amore. Non solo si deve essere grandi nel regno di Dio, nella vita cristiana, anzi perfetti, come colui del quale siamo figli; dobbiamo essere perfino primi. Il primo è colui che si è fatto ultimo per amore.  Chi vuol essere grande sarà vostro servo. Il Signore sta in mezzo a voi come colui che serve. Dà la vita, fa vivere l’altro; questa è la più bella immagine di Dio: datore di vita, a partire dalla sua per gli altri. Sarà difficile, ma molto chiaro. Il Signore non chiede mai più di quello che possiamo dare e se vogliamo essere cristiani questa è la strada.

San Giacomo, che oggi ricordiamo nella sua festa, ha imparato subito la lezione di Gesù e si è messo proprio a servire e dare la vita per gli altri. Ha avuto un seguito grandissimo in Europa a partire da Santiago che significa giusto san Giacomo, il luogo della sua sepoltura. Non pochi pellegrini fanno tantissima strada a piedi per arrivare a questa bellissima cattedrale. Durante il pellegrinaggio fanno amicizia, solidarietà con chi incontrano sul cammino, ti senti aiutato anche da chi non ti conosce. E’ un santuario che ha unito nei secoli passati l’Europa e san Giovanni Paolo II ci ha convocato per una delle prime Giornate Mondiali della Gioventù proprio a Santiago per aiutarci a ritrovare le radici cristiane della nostra vecchia Europa, che oggi si vogliono cancellare. Per ridire a tutti che essere primi nel regno di Dio è essere servi di tutti. Essere Europa, non è comandare, ma indicare a tutti la strada di Gesù, il suo vangelo.

25 Luglio 2022
+Domenico

Salire è meglio che scendere

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 20,17-19) dal Vangelo del giorno (Mt 20,  17-28)

In quel tempo mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i dodici e lungo la via disse loro: «Ecco, noi stiamo salendo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi, che lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché sia schernito e flagellato e crocifisso; ma il terzo giorno risusciterà».

Audio della riflessione

Ciascuno di noi ha nella vita una sua “passione” da sviluppare, ha un ideale che vuole a tutti i costi realizzare: ogni mattina al risveglio gli si rende più evidente e tende a dettare tutti i pensieri, a organizzare gli orari, a costringere in una direzione tutte le forze … è l’intuizione del ricercatore, è la tensione dell’innamorato, è la spinta incoercibile dell’artista, è il desiderio incontenibile di una meta che ti brilla davanti e muove tutto: pensieri, azioni, affetti, decisioni … è una strada segnata nella vita e che costituisce la tua originalità.

Gesù è così, ha nel cuore un sogno che lo consuma, una meta che lo attrae, un compito che da sempre lo definisce: l’amore senza riserve per l’umanità, per me, per te, per tutti.

Questo amore si consuma fino all’ultima goccia sulla croce, il momento massimo della sua storia di affidamento alla sua missione e al Padre, la croce che è il punto di arrivo del salto definitivo nella gloria di Dio Padre.

Lui saliva a Gerusalemme: la sua vita è stata un continuo, quotidiano “salire a Gerusalemme”; là è la meta, là lo aspettano gli eventi definitivi, là gli ha dato ancora appuntamento il principe del male per sferrare l’ultimo, inutile attacco, là, a Gerusalemme, offrirà la sua vita per me, per te.

Invece le nostre vite sono spesso un allontanarci da Gerusalemme, un fuggire dalle strade dell’impegno, delle indicazioni della fede!

Hai davanti a te il bene e il male: scegli il bene, sali anche tu a Gerusalemme!

C’è nella tua vita qualcosa che ti brucia dentro, per cui la vuoi donare e consumare? C’è nel tuo cuore un desiderio che non riesci a contenere? È un desiderio di potere, di sopraffazione, di piacere a ogni costo, di conquista per schiacciare o è un desiderio d’amore, capace di buttarsi per una causa, la causa grande del regno di Dio?

La strada è in salita, è quella di Gerusalemme, spesso da fare in solitudine, ma non mai abbandonati da Dio, sempre sorretti dallo Spirito che ha spinto Gesù fino al calvario e da lì lo ha innalzato alla Risurrezione.

Lo Spirito di Dio è in ogni uomo per aiutarlo a dirigersi sempre verso la sua Gerusalemme, la Gerusalemme che apre il cielo alla potenza di Dio, per chiudere le nostre strade di confusione e di stagnazione.

16 Marzo 2022
+Domenico

Se Dio ti ama non stare a fare i mucchiettini

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 20,12-16) dal Vangelo del giorno (Mt 20,1-16)

Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te. Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono? Così gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi».

Audio della riflessione

Nel nostro mondo a modello commerciale dove quello che più conta è la capacità di barattare, di stabilire accordi, scambi vantaggiosi, condizioni favorevoli, sfruttare l’occasione, intuire le debolezze del compratore per fare guadagni, farsi creativi nel collocare la nostra merce … pensiamo che il nostro rapporto con Dio sia di questo tipo: un grande commercio.

L’idea forse la danno anche certe nostre pratiche di rapporto con le cose sacre, con i sacramenti, con le offerte, con i servizi liturgici, con gli oggetti sacri, le visite ai santuari … spesso purtroppi li facciamo diventare luoghi di commercio anziché di incontro tra la nostra povera vita e la grandezza di Dio.

Crediamo di poter commerciare la nostra salvezza, di comperare la sua misericordia, di sostituire l’amore vero profondo, con le nostre cose, di tenerci il cuore e di dare a Dio soltanto le nostre cose, di tenerci il cuore e di dare a dio soltanto quelle quattro stupidate che abbiamo … e allora accampiamo diritti, rimproveriamo Dio perché non tiene conto di quello che abbiamo fatto, riteniamo di esserci guadagnati il paradiso, una vita bella, felice, solo perché …noi abbiamo dato, abbiamo fatto, abbiamo vissuto in un certo modo.

Sono tanti nel vangelo gli episodi e le parabole che ci mettono in guardia dal trattare Dio come un commerciante, dal vedere la vita credente come un investimento di potenza e di mezzi, come  insomma un grande “do ut des”, ti do perché tu mi ritorni, un baratto con pretese e furbizie.

E’ così – per esempio – la vita del tempio, quando Gesù rovescia le bancarelle dei cambiavalute che hanno fatto diventare la casa di Dio una spelonca di ladri, una borsa di contrattazione; è così quando Gesù mette al centro del suo regno i bambini come segno di una vera appartenenza al regno di Dio; è così con la parabola dei lavoratori che vengono pagati tutti allo stesso modo dal padrone a partire da quelli che secondo i nostri calcoli hanno lavorato molto di meno, e hanno meno diritto di essere ricompensati di altri.

Siamo rimasti meravigliati tutti del fatto che … hanno preso tutti lo stesso quantitativo pur avendo lavorato in tempi molto diversi e sempre meno lunghi: quel padrone è Dio stesso! Quando hai Dio che ti ama, ti  ama sempre al massimo, all’infinito e non puoi tagliare a pezzi l’infinito, il massimo.

Dio non calcola, ma ama sempre e al massimo ciascuno di noi e ciascuna sua creatura!

Gesù qui è molto deciso: “prendi il tuo e vattene, devo chiedere a te come posso usare la mia bontà, vuoi essere tu a regolare il fiume della mia carità, l’irruenza del mio amore? Sei tu che butta sangue da ogni poro della mia pelle per amore di questi uomini? Credi che ci sia un prezzo per la vita che io volentieri do per tutti? Ti sei fatto un qualche diritto sul mio sangue, sulla mia gioia di dare senza riserve?”

Gesù non è ingiusto e l’amore suo per noi non ha misura: dobbiamo esserne solo contenti!

18 Agosto 2021
+Domenico