Ci dobbiamo domandare, nei vangeli di questa settimana che è tutta caratterizzata dai brani che compongono il capitolo 7 di Marco, se riusciremo a riscrivere il Vangelo nella nostra vita, nelle nostre abitudini, nella nostra mentalità che tende sempre ad “adattarsi” … a cercare sicurezza esterna visibile, tracciabile, legata soprattutto a cose da fare, a riti da svolgere … per non cambiare: è un capitolo particolarmente indirizzato a noi, per le nostre vecchie tentazioni di inventare un modo comodo per distinguere il bene dal male, per tracciare i confini del lecito e dell’illecito senza coinvolgerci e coinvolgere la nostra interiorità.
Dividere nel creato le cose buone da quelle cattive, le cose di Dio da quelle di satana, le persone pure da quelle impure, i figli di Dio da eventuali figli degeneri è sempre una operazione comoda, perché non ci scomoda: al massimo ci impone delle regole, qualche sacrificio … “non mangiare questo, non frequentare quello, difenditi dalla TV, lascia perdere i delinquenti, non ti immischiare coi violenti” … ti devi creare un cordone sanitario che ti costringe a qualche privazione, ma ti dà una certezza.
Il tuo cuore è al sicuro se non entra questa melma, il tuo gruppo è un cenacolo, la tua compagnia è esemplare… difenditi dalla fogna!
Invece Gesù ancora ci provoca, ci richiama alla grande dignità della nostra umanità: la vita non è nessuna fogna, la fabbrica del bene e del male è nella coscienza, in quell’intimo dialogo tra noi e Dio, cuore lo chiama il Vangelo di oggi.
Dio ha fatto bene tutte le cose e si è affidato alla nostra libertà per condurle: non ci ha deresponsabilizzato, ma ha affidato alla profondità e alla qualità della nostra umanità la realizzazione del regno delle coscienze e non sulle coscienze.
Certo è una strada in salita: avere nell’intimo della coscienza illuminata dalla fede la decisione per il bene o per il male ci porta a vivere spesso nell’oscurità, nel non sapere bene come vivere il Vangelo in ogni situazione, nel non avere la certezza del comportamento giusto negli affetti, nel lavoro, nelle relazioni, nella visione di sé, nella costruzione di un ambiente giusto … è vivere, anche da presbiteri e da vescovi, quella laicità che si deve sempre esprimere con dignità in ogni cristiano.
Il senso di buona parte di questo capitolo sette di Marco, cui appartiene il Vangelo di oggi è nato a Nazareth, in quella casa donataci ricostruita a Loreto: Gesù sta solo aiutando i suoi discepoli a cambiare mentalità, ad assumere i criteri dell’ incarnazione.
In quella casa è iniziata per noi la nuova umanità: da quando Dio si è fatto uomo tutta la nostra vita, la nostra storia, il nostro tempo è vita, tempo, storia , che condividiamo con Dio.
Non c’è più distinzione tra sacro e profano: l’unica profanità è il peccato, che nasce nel cuore dell’uomo, non è scritto nelle cose … tutto il resto è vita di Dio, di Gesù, ed è lo Spirito Santo che delinea in noi i tratti dalla sua vita.
A Nazareth il verbo si è fatto carne e Maria, la Donna, come sempre la indica Gesù, è lo spazio, fisico e spirituale insieme, in cui è avvenuta l’Incarnazione.
Dio nel suo piano imperscrutabile ci pone Maria davanti agli occhi perché ritorniamo a contemplare in questo dono l’umanità riconsegnata alla nostra libertà, che spesso usiamo male: il simbolo di questo male sono le nostre sofferenze, che proprio per l’Incarnazione cessano di essere maledizione, ma ancora passando nel cuore dell’uomo ne possono uscire come collaborazione, se non come corresponsabilità, donataci gratuitamente e coraggiosamente, sapendo di che siamo fatti, con Gesù per la salvezza.
Ed è alleata nel nostro impegno formativo la Madonna di Loreto: l’incarnazione è lo spazio fisico e spirituale della laicità cristiana.
9 Febbraio 2021
+Domenico