Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 9, 45-50)
In quel tempo, nacque una discussione tra i discepoli, chi di loro fosse più grande. Allora Gesù, conoscendo il pensiero del loro cuore, prese un bambino, se lo mise vicino e disse loro: «Chi accoglierà questo bambino nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato. Chi infatti è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande». Giovanni prese la parola dicendo: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito, perché non ti segue insieme con noi». Ma Gesù gli rispose: «Non lo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi».
Ogni persona desidera realizzarsi, desidera costruirsi una propria identità di cui essere orgogliosi, desidera di avere un minimo di successo nella vita, primeggiare magari: lo si fa con lo sport e sembra una bella, impegnativa e soddisfacente conquista, lo si fa con lo studio e l’impegno nel riuscire ad avere un buon lavoro, una buona qualificazione e specializzazione, per essere più utili alla società, alla famiglia, alla sicurezza della propria esistenza …
La parola primeggiare forse è un poco impietosa, perché nasconde dentro qualche traccia di superbia … i discepoli di Gesù, stanno proprio interpretando così il loro essere il più grande.
Dice il vangelo “entrò in loro una discussione: chi di loro fosse il più grande“.
Tra di loro c’è già una competitività che rasenta il peccato: l’uomo che non si conosce nella propria verità come amato da Dio, perde la sua identità, è niente, ha paura del vuoto e della morte e cerca quindi di salvarsi e questo diventa il suo unico desiderio, questa tensione è la sua salvezza, il suo fine fondamentale, il fine del suo sapere e del suo agire a tutti i livelli.
Lui deve essere egregio, cioè fuori dal gregge dei comuni mortali che guarda dall’alto in basso … è il peccato del fariseo, del fratello maggiore che disprezza il più giovane, magari anche con qualche ragione, perché lui è fuggito a divertirsi, è il peccato dell’uomo in piedi davanti a Dio che si ritiene giusto e non quel peccatore che sta in fondo alla sinagoga a battersi il petto.
Ma Gesù spera di tirar su una compagnia di discepoli, che non abbia lo stile dei farisei: il loro peccato insidia anche gli apostoli, in maniera ancora più sottile perché per primeggiare non usano cose sbagliate o cattive, ma la fedeltà, il servizio, l’amore, la povertà, l’umiltà, l’essere intimi di Gesù, il seguirlo ogni giorno … questi sono strumenti per primeggiare.
Anche all’interno delle nostre comunità, nella stessa chiesa siamo tentati di costruirci gerarchie di merito, di superiorità, di distacco – Dio non voglia – di disprezzo … e Gesù sa leggere nel loro cuore e non fa molta fatica a capirlo e prende un bambino, che allora, ma anche adesso, rappresentava il senza diritti, il dipendente, una appendice della donna, che a sua volta era una appendice del maschio.
Non conta, non può nulla da sé, è ciò che gli altri ne fanno: Lui è oggettivamente ultimo anche in campo religioso, non merita e non può meritare nulla … e pone il bambino accanto a sé e davanti a loro: è come se lo identificasse con se stesso, gli faccia da specchio e si identifica con Lui in modo originale, come Lui si identifica con Dio Padre che lo ha mandato … e lancia il suo modello di esistenza che è accogliere il bambino, che è come accogliere Gesù e il Signore che lo ha mandato.
Gesù fa del più piccolo fra tutti il grande per eccellenza: accogliere vuol dire dare ospitalità, fare posto in sé stessi, restringere il proprio io e fare di sé la casa accogliente dell’altro.
L’accoglienza è la qualità fondamentale di Dio, che ama e lascia spazio a tutti nel suo grande cuore: per questo il vero essere migliori, essere grande, quella grandezza propria di Dio consiste nella piccolezza, nell’umiltà, nella povertà di uno che ama tutti e tutto e si pone al servizio di tutto e di tutti.
Per questo Dio è apparso in Gesù, si è fatto ultimo e servo di tutti per accogliere tutti, fino a morirne in croce.
27 Settembre 2021
+Domenico