Simone il cananeo e Giuda Taddeo, apostoli, diversi e uniti

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 6, 12-13) dal Vangelo del giorno (Lc 6, 12-19)

In quei giorni, Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli

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Come sempre quando si tratta di scegliere collaboratori, soprattutto se sono persone che debbono sostenere, condividere ideali, metterci pure la vita oltre che il proprio tempo, la propria passione, ci si pone tutta l’attenzione possibile: ecco perché quando la liturgia ci presenta la festa di qualche apostolo spesso ci fa riflettere su questo brano di Vangelo, che mette in risalto la preghiera di Gesù tutta la notte prima di scegliere e annunciare chi avrebbe composto la sua squadra di collaboratori e di continuatori della sua opera di salvezza, i 12 apostoli. In particolare oggi celebriamo i santi apostoli Simone e Giuda.

Riprendo quasi alla lettera quanto ebbe a dire papa Benedetto XVI in una sua catechesi dell’udienze del mercoledì.

Simone è chiamato sia cananeo  che zelota. In realtà, le due qualifiche si equivalgono, poiché significano la stessa cosa: il verbo qanà’ significa “essere geloso, appassionato” e può essere detto sia di Dio, in quanto è geloso del popolo da lui scelto (cfr Es 20,5), sia di uomini che ardono di zelo nel servire il Dio unico con piena dedizione, come Elia (cfr 1 Re 19,10).

Simone era sicuramente caratterizzato  da un ardente zelo per l’identità giudaica, quindi per Dio, per il suo popolo e per la Legge divina: è ben possibile, dunque, che questo Simone, se non appartenne propriamente al movimento nazionalista degli Zeloti, fosse almeno segnato da questa posizione.

Un poco il contrario di Matteo che in quanto pubblicano, proveniva da un’attività considerata del tutto impura, segno evidente che Gesù chiama i suoi discepoli e collaboratori dagli strati sociali e religiosi più diversi, senza alcuna preclusione: a Lui interessano le persone, non le categorie sociali o le etichette! E la cosa bella è che nel gruppo dei suoi seguaci, tutti, benché diversi, coesistevano insieme, superando le immaginabili difficoltà: era Gesù stesso, infatti, il motivo di coesione, nel quale tutti si ritrovavano uniti.

Questo costituisce chiaramente una lezione per noi, spesso inclini a sottolineare le differenze e magari le contrapposizioni, dimenticando che in Gesù Cristo ci è data la forza per comporre le nostre conflittualità. Nella scelta dei 12 poi Gesù dava spazio a tutti i carismi, i popoli, le razze, tutte le qualità umane, che trovano la loro composizione e la loro unità nella comunione con Gesù.

Giuda Taddeo, è così denominato dalla tradizione, per distinguerlo da Giuda Iscariota. Solo Giovanni segnala una sua richiesta fatta a Gesù durante l’Ultima Cena. Dice Taddeo al Signore: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?»”. E’ una questione di grande attualità, che anche noi poniamo al Signore: perché il Risorto non si è manifestato in tutta la sua gloria ai suoi avversari per mostrare che il vincitore è Dio? Perché si è manifestato solo ai suoi discepoli? La risposta di Gesù è misteriosa e profonda, come viene riportata da Giuda … il Signore dice: “Se uno mi ama osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,22-23).

Questo vuol dire che il Risorto dev’essere visto, percepito anche con il cuore, in modo che Dio possa prendere dimora in noi! Il Signore non appare come una cosa: vuole entrare nella nostra vita e perciò la sua manifestazione è una manifestazione che implica e presuppone il cuore aperto.

Solo così vediamo il Risorto!

A  Giuda Taddeo è stata attribuita la paternità di una delle Lettere del Nuovo Testamento che vengono dette ‘cattoliche’ in quanto indirizzate non ad una determinata chiesa locale, ma ad una cerchia molto ampia di destinatari: essa infatti è diretta “agli eletti che vivono nell’amore di Dio Padre e sono stati preservati per Gesù Cristo” (Gd 1).

Preoccupazione centrale di questo scritto è di mettere in guardia i cristiani da tutti coloro che prendono pretesto dalla grazia di Dio per scusare la propria dissolutezza e per traviare altri fratelli con insegnamenti inaccettabili, introducendo divisioni all’interno della Chiesa “sotto la spinta dei loro sogni” (Gd 8), così definisce Giuda queste loro dottrine e idee speciali.

Egli li paragona addirittura agli angeli decaduti, e con termini forti dice che “si sono incamminati per la strada di Caino” (Gd 11). Inoltre li bolla senza reticenze “come nuvole senza pioggia portate via dai venti o alberi di fine stagione senza frutti, due volte morti, sradicati; come onde selvagge del mare, che schiumano le loro brutture; come astri erranti, ai quali è riservata la caligine della tenebra in eterno” (Gd 12-13).

28 Ottobre 2021
+Domenico

Autore: +Domenico

Domenico Sigalini (Dello, 7 giugno 1942) è un vescovo e giornalista italiano, Vescovo emerito della sede suburbicaria di Palestrina. Una Biografia più esaustiva è disponibile su Cathopedia all'indirizzo https://it.cathopedia.org/wiki/Domenico_Sigalini

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