Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 10,16-23)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli:
«Ecco: io vi mando come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe.
Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.
Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato.
Quando sarete perseguitati in una città, fuggite in un’altra; in verità io vi dico: non avrete finito di percorrere le città d’Israele, prima che venga il Figlio dell’uomo».
La figura di Santo Stefano oggi ci permette di ritrovare la forza della nostra fede e motivi profondi, veri, rinnovati per vivere da cristiani. C’è una differenza tra la vita e la morte di un cristiano e la vita e la morte di un non credente? Un vecchio testo dei primi secoli della chiesa dice: “I cristiani non si differenziano dagli altri uomini né per territorio né per lingua o abiti. Essi non abitano in città proprie né parlano un linguaggio inusitato; la vita che conducono non ha nulla di strano… Abitano nelle città greche o barbare, come a ciascuno è toccato, e uniformandosi alle usanze locali per quanto concerne l’abbigliamento, il vitto e il resto della vita quotidiana, mostrano il carattere mirabile e straordinario, a detta di tutti, del loro sistema di vita… Abitano nella propria patria, ma come stranieri… Ogni terra straniera è loro patria e ogni patria è terra straniera… Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. Dimorano sulla terra, ma sono cittadini del cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi…”.
Abbiamo allora un nostro sistema di vita. È quello che ha incarnato Santo Stefano. Era in atto durante la sua breve vita un grande cambiamento nella sua società. Si stava facendo chiaro nella coscienza di tutti che bisognava cambiare modo di credere in Dio e modo di viverne la legge. Non era più il tempio dove si sacrificavano animali il centro della fede, ma la dolcissima figura di Gesù, il suo modo di vivere, i suoi insegnamenti. E Stefano si decide per questa scelta e fa di tutto per trascinarvi la gente, gli amici, il popolo. Vi si mette al servizio. Un servizio per la vita quotidiana, ma soprattutto un servizio per la vita piena, eterna, fatta di fede in Gesù di Nazareth.
È una scelta che destabilizza le sicurezze a buon mercato del: “abbiamo sempre fatto così”; mette in campo sentimenti di bontà che sembrano codardia: se uno ti percuote su una guancia, porgi l’altra. È troppo facile perdonarsi tra amici che fanno uno sgarbo, occorre perdonare i nemici… Insomma, un nuovo stile di vita. Il vostro tesoro è nei cieli. Chi ama la propria vita la perde. Chi vuol venire dietro a me prenda ogni giorno la sua croce e mi segua…
E Stefano si pone in questa nuova mentalità. L’averlo scelto come primo santo dopo il Natale significa che la Chiesa, i fedeli i nostri avi, hanno visto in questo santo una indicazione di vita, una freccia che indica come costruire i nostri stili di vita. Noi vogliamo essere gente decisa per la fede come lo è stato S. Stefano, gente che è capace di pagare con la vita ciò in cui crede, gente che sa perdonare le offese, gente che crede fermamente nella vita futura, nella risurrezione, gente che vede i cieli aperti, e che ha coraggio di professare la sua fede.
Noi siamo convinti che c’è una vita futura, che Dio ci attende nel suo amore, che la nostra vita non va verso il niente, ma verso la pienezza, la morte non è l’ultima parola sui nostri affetti e sui nostri sogni, sui nostri dolori e sulle nostre fatiche; siamo convinti che c’è un cielo, un paradiso, un giudizio sulla nostra vita. Non siamo buttati a caso in questo mondo, ma siamo oggetti di un grande amore.
Questo noi ci vogliamo dire anche oggi e questo vogliamo ottenere pregando da Santo Stefano. Certo i tempi sono difficili. I nostri figli non ci seguono più, il mondo è imbarbarito, chi vive da cristiano è disprezzato, i nostri ragazzi hanno vergogna ad andare in chiesa… Che adulti hanno alle spalle? Siamo gente che dice, ma che non crede o gente che sa pregare e affidarsi all’amore di Dio? Crediamo di essere autosufficienti nella vita o abbiamo fiducia di stare a cuore a un Dio che ci accoglie sempre nelle sue braccia? Sappiamo mettere davanti a tutto la coscienza retta o i risultati a qualsiasi costo?
Questi nostri figli vedono dei genitori che credono o adulti stanchi che fanno della religione una vecchia abitudine? Ai genitori costa essere cristiani sempre e dovunque o comanda la legge del mercato, prendo quello che mi serve?
La festa di Santo Stefano deve assolutamente richiamarci le nostre radici, deve aiutarci ad andare in profondità nella nostra coscienza per rigenerare la nostra fede. Certo per fare questo occorre tornare a Dio, occorre tornare a scuola della sua parola, occorre prendere in mano il vangelo e farlo diventare scuola di vita, occorre che ogni laico, ogni papà e mamma non aspetti solo dal prete qualche raro invito ad andare in chiesa.
È finita la religione che consiste solo nell’andare in chiesa, quando suona la campana. Ogni cristiano è chiamato a vivere nel mondo la sua fede e deve aiutarsi con gli altri cristiani a vivere e approfondire le ragioni del suo credere.
Non siamo in tempo di persecuzioni come paventa il vangelo per i primi cristiani e come lo è poi stato, ma siamo in una persecuzione più strisciante, fatta coi guanti bianchi, ma che ottiene lo stesso effetto, ci toglie dal cuore la fede.
Santo Stefano ci dia la forza di un colpo di reni, di una impennata di grinta per noi e per le generazioni future.
26 Dicembre
+Domenico