La presenza dello Spirito va cercata sempre nella vita, ne è la verità

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 8,14-21

In quel tempo, i discepoli avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un solo pane. Allora Gesù li ammoniva dicendo: «Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!». Ma quelli discutevano fra loro perché non avevano pane.
Si accorse di questo e disse loro: «Perché discutete che non avete pane? Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate, quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Dodici». «E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Sette». E disse loro: «Non comprendete ancora?».

Audio della riflessione.

Ci sono tanti modi di affrontare la vita, i suoi problemi, soprattutto i significati di ciò che accade, le persone che sono sempre un messaggio per la vita di tutti. Certi fatti ricorrenti non sono solo ripetizione o mancanza di fantasia, ma segnali che ci vogliono parlare, se siamo capaci di farci provocare. In ogni fatto c’è la presenza dello Spirito che va decifrata e riconosciuta. Non ci deve mai essere niente e soprattutto nessuno che può essere dato per scontato.  

Dentro ogni vita umana c’è una presenza, una attesa, una necessità di compimento, di espressione che occorre saper leggere e da essa farsi stimolare. Sono eventi, fatti, aggregazioni di persone, che si portano dentro i disegni di Dio sulla nostra storia; godono di una diretta presenza di Dio, ci dicono che lì Dio ci sta, è a casa sua, vi sta lavorando perché ne nasca un progetto sempre più accessibile di regno di Dio.  

Il Concilio ci ha aiutato a chiamarli e a leggerli come segni dei tempi, come fatti, cioè dove Dio opera e si lascia trovare. E lì si costruisce la nostra storia, sotto la sua regia che diventa chiamata, vocazione per ogni persona per la sua felicità piena e la vita del mondo. Noi spesso siamo molto tardi a capire, pensiamo sempre che un brano di vangelo sia come un articolo di cronaca di quotidiano, che non ha niente da svelare, ma ha solo da informare. La nostra vita non è frutto solo di informazioni, pure molto utili, ma di capacità di lettura profonda che vuol dire lasciarsi attrarre da Gesù che sotto quei fatti ha collocato la sua azione, il suo sogno, il suo Spirito.  

Queste continue emigrazioni, per esempio non sono assolutamente casuali, ma nascono da un progetto più grande di Dio, che tocca a noi scoprire tra un naufragio e l’altro, una serrata di porti ufficiale e tanti approdi senza chiedere permesso a nessuno, se non alla propria voglia di vivere, di lottare, di cambiare, di dare amore e non solo difendersi da cattiverie e sfruttamenti inauditi.  

Di fatto tutti ci stiamo misurando con queste persone, con i morti in mare, con i torturati dei campi di schiavisti, con mani di sfruttatori travestite da compagni di viaggio. In questa grande migrazione di uomini, donne, bambini, giovani e nonni, Dio è presente e ci provoca a cercarvelo, ad ascoltarlo attraverso le loro voci. Noi magari ci stiamo continuamente solo a lamentare o a incuriosirci, o a provare compassione.  

La migrazione è un segno dei tempi, papa Francesco ce la presenta sempre così, perché lì ci sta Gesù e lì lo dobbiamo incontrare. Non diciamo come gli apostoli in barca che dicono che qui non abbiamo pane abbastanza, c’è un solo pane. E sì che avevano potuto vedere come Gesù sa moltiplicare i pani, uscire dalla strettoia, ma vuole sempre più il nostro appoggio, la nostra fattiva concentrazione, purtroppo non sempre vicina alla realtà. Non solo ma voleva far capire che dire che in barca c’era solo un pane, con una sorta di amarezza e di fame non soddisfatta, significava non capire che il vero pane della vita è Gesù e noi questo ce lo vogliamo dire, ripetere annunciare e vivere. 

13 Febbraio
+Domenico

La fede è un dono non la certezza di una prova  

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 8,11-13)

In quel tempo, vennero i farisei e si misero a discutere con Gesù, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova.
Ma egli sospirò profondamente e disse: «Perché questa generazione chiede un segno? In verità dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno».
Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l’altra riva.

Audio della riflessione.

Fa parte della nostra esistenza di tutti i giorni nei rapporti con le persone, con il mondo delle informazioni, con la spesa che facciamo al supermercato, le visite mediche di cui abbiamo bisogno, nel rapporto genitori – figli, marito – moglie, datore di lavoro – operaio di dover mettere in atto un atteggiamento di fondo che è la fiducia, fidarsi, ritenere che la merce sia buona, l’amico non ti inganni, l’amore sia vero e non una finta, le notizie non siano fake news, il datore di lavoro ti versi i contributi, il lavoratore sia competente e coscienzioso…  

Insomma, sempre dobbiamo tenere l’occhio aperto, abbiamo intelligenza e forse anche esperienza, ma una buona dose di fiducia è necessaria. Non puoi chiedere di tutto la prova, la verifica… Coloro che ascoltavano Gesù erano molto perplessi su quanto diceva, sulla sua figura, sul suo vangelo e chiedevano continuamente dei segni, delle prove, volevano fare continuamente delle verifiche.  

Certo, se ci si fosse dovuti decidere di credere in Gesù, si sarebbe trattato sempre di un cambiamento radicale di stile di vita, di fede, di preghiera. C’era di mezzo non solo la salute come per i cibi, ma soprattutto il delicatissimo rapporto con Dio. Per un mondo religiosissimo come il popolo di Israele non era un fatto secondario.  

Gesù si scontra dunque con la incredulità che però viene da accecamenti, da partito preso soprattutto nei farisei, da disattenzione o faciloneria da parte degli apostoli. Il messaggio di Gesù non è accolto in profondità. I farisei gli fanno tranelli, lo vogliono mettere alla prova, rifiutano con leggerezza ciò che è loro donato da Dio, pretendono di essere loro stessi di dettare a Dio come deve agire. Manca l’apertura, l’umiltà, la fiducia, la libera adesione, che sono le disposizioni interiori per accogliere Gesù come Messia.  

Sono la nostra immagine di razionalisti impertinenti. Il vangelo mette a nudo un sentimento di Gesù disturbato da questa richiesta e scrive: “sospira profondamente”. Gesù sta vedendo come spesso è difficile che accettino i suoi principi, rispetta sempre la libertà degli interlocutori, della decisione umana, perché è proprio da essa che deve nascere fiducia, accettazione, dialogo serrato, ma aperto. Ci dobbiamo domandare anche stiamo costringendo Gesù a fare questo sospiro profondo anche per noi, per le nostre pretese, la nostra sfiducia, la nostra immobilità a stare sempre sulle nostre, la nostra cocciutaggine o altezzosità nei confronti della sua proposta di bontà paziente, la nostra vergogna di fronte ad amici increduli per cui passeremmo per stupidi o arretrati. Ci interessa di più una sorta di stima comperata che una convinzione accettata 

 Ci nasce l’invito ad aprire i nostri cuori e quelli di tutta la gente alla ricerca umile e disinteressata del bene, della verità e della salvezza. E sappiamo che Gesù in questo caso non concede prove; ci donerà qualche volta un segno, ma non sarà mai la rispostina che chiude il problema, che mette una botola sulla domanda, ma una grande provocazione: il segno che concederà sarà quello della risurrezione, che è ancora tutta da accettare e non da dimostrare. La fede è bella proprio per questa libertà che innesca nella vita del cristiano: è libertà che ci permette di scoprire e seguire la verità. 

12 Febbraio
+Domenico

Cammino lungo, compassione viscerale, pane abbondante

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 8,1-10

In quei giorni, poiché vi era di nuovo molta folla e non avevano da mangiare, Gesù chiamò a sé i discepoli e disse loro: «Sento compassione per la folla; ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Se li rimando digiuni alle loro case, verranno meno lungo il cammino; e alcuni di loro sono venuti da lontano». 
Gli risposero i suoi discepoli: «Come riuscire a sfamarli di pane qui, in un deserto?». Domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette».
Ordinò alla folla di sedersi per terra. Prese i sette pani, rese grazie, li spezzò e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla. Avevano anche pochi pesciolini; recitò la benedizione su di essi e fece distribuire anche quelli.
Mangiarono a sazietà e portarono via i pezzi avanzati: sette sporte. Erano circa quattromila. E li congedò.
Poi salì sulla barca con i suoi discepoli e subito andò dalle parti di Dalmanutà.

Audio della riflessione.

Di fronte al bisogno c’è gente che si mette in moto subito per rispondervi e altra che o non si accorge delle domande, o non vuole nemmeno interessarsi. Gesù invece è sempre il primo che quando intuisce una sofferenza, una necessità, un bisogno anche materiale, come la fame, si lascia sempre coinvolgere, prende posizione, fa suo il problema (la parola compassione “sento compassione di questa folla”, si commosse, talvolta dice il vangelo, significa che si mette a disposizione visceralmente, non solo pensando a un bisogno, ma vivendone la tensione, la provocazione) e ha la capacità di rispondervi allargando e aiutando ad approfondire la domanda, sviscerando che cosa di più profondo deve portarsi dentro.  

Ha di fronte gente che lo segue da tre giorni, affascinata dalle sue parole e dalla sua capacità di coinvolgere e far parlare la vita e si preoccupa della loro fame. È Lui che prende l’iniziativa, che sottolinea la necessità del pane per la lunghezza del cammino che la gente deve compiere; nello stesso tempo però vuole aiutarli a pensare a un’altra fame: quella che li ha portati a seguire Gesù, la Parola fatta carne. 

Vuol quindi far alzare lo sguardo di tutti a Lui, perché lui stesso è questo pane. Quando rileggeranno o si racconteranno nelle loro case o nelle loro chiese domestiche questi fatti lo ritroveranno nel pane donato a tutti nell’eucaristia per la vita del mondo. La chiesa verrà percepita sempre più non solo come una scuola di sapienza fondata da un maestro, in cui si possono abolire i riti conservando solo l’insegnamento di fratellanza. Diventerà chiaro che essa è il corpo di Cristo, che si nutre di Lui, morto e risorto.  

E noi oggi a più di 2000 anni di distanza, sappiamo che ci mettiamo in una unità profonda, nello stesso corpo di Lui attraverso la parola e i sacramenti. Questo miracolo Gesù lo ha fatto in terra pagana, con molti che vengono da lontano, dice il vangelo. Questo pane misterioso è destinato ai molti che devono ancora venire e che tocca a noi invitare al banchetto. Impariamo a dividere i beni della terra con tutti e nello stesso tempo ad offrire a tutti il pane che è Gesù. Questo servizio nei confronti della gente sia per sfamarsi di pane che per offrire loro il mistico Corpo di Cristo sarà il compito principale della chiesa che si nutre alla mensa della sua Parola e distribuisce il pane che sostiene nelle prove e nelle tentazioni. 

10 Febbraio
+Domenico

“Se qualcuno vuol venire dietro a me prenda ogni giorno la sua croce e mi segua”

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 8,349,1)

In quel tempo, convocata la folla insieme ai suoi discepoli, Gesù disse loro:
«Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà.
Infatti quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita? Che cosa potrebbe dare un uomo in cambio della propria vita?
Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi».
Diceva loro: «In verità io vi dico: vi sono alcuni, qui presenti, che non morranno prima di aver visto giungere il regno di Dio nella sua potenza».

Audio della riflessione

Poco tempo fa si è fatto tanto parlare in giro di un romanzo che tutti dovevano leggere pena il sentirsi tagliati fuori dalla cultura. La tecnica persuasiva del commercio è tale oggi che bisogna assolutamente far parte del coro, altrimenti non ci sentiamo umani. Ebbene in questo romanzo si parlava tanto di un segreto della vita di Gesù, che sarebbe risolutivo di tanti dubbi. In un mondo sessista come il nostro in che cosa volete che consista il segreto? in una relazione d’amore con la Maddalena. E tutti a crederci dopo anni di catechismo, di ascolto dei vangeli, tutti a credere a un romanzo che proprio perché tale è fatto da fiction, da finzioni, da fantasie.  

Invece sapete quale è il grande segreto di Gesù e che anche gli apostoli stentavano a capire perché era duro da vivere e da seguire? È un segreto cui si sono opposti con tutte le loro forze, compreso il tradimento e la fuga. È il segreto della croce. “Se qualcuno vuol venire dietro a me prenda ogni giorno la sua croce e mi segua”. Noi oggi lo leggiamo tranquillamente nel vangelo, ma ci sono state non poche contrapposizioni anche dure tra Gesù e i suoi intimi. Non è possibile che tu che sei così potente debba soffrire. Noi ti seguiamo perché tu hai il potere di guarire, di alleviare e distruggere la sofferenza, tu ci tiri fuori dai guai, ci moltiplichi i pani, ci dai potere sui demoni, ci fai trovare le reti piene di pesci dopo notti di lavoro frustrante e inutile.  

Quando lo vedranno in croce non capiranno più. Ma come è potuto accadere questo? Certo è un incidente che non aveva previsto, è stato troppo ingenuo, doveva aprire di più gli occhi. E sì che glielo avevamo detto. 

Invece la strada della croce è la strada obbligata del cristiano. La risurrezione è il punto culminante e finale, ma la risurrezione avviene dopo una morte. Allora le nostre sofferenze sono importanti, non sono belle in sé stesse, ma sono importanti perché possiamo attraverso di esse vedere oltre. Il cristiano non è contento della croce, ma è attratto dall’amore che c’è su quella croce, da quella speranza che esplode, a partire da quel dolore affidato a Dio. 

E tutti nella vita l’abbiamo provata, vissuta sulla nostra pelle, perché tutti siamo stati chiamati ad esprimere amore e non ribellione, accoglienza e non rifiuto. La vita cristiana è da questa parte e Dio ci ha dimostrato che questa è la vera strada della felicità, le altre scorciatoie portano fuori.

17 Febbraio
+Domenico

Tu sei la pienezza di vita di Dio con un amore che porta alla croce

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 8,27-33)

In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti».
Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
 E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.
Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».

Audio della riflessione

Quando ci si incontra, ci si saluta e, se non ci si conosce, ci si fa una presentazione sommaria: nome e cognome, relazione con qualcun altro di conoscenza vicendevole, professione, luogo in si abita, motivo per il quale ci si trova in quella occasione, se non è evidente dalla situazione, e qualche altra nota. Una sorta di carta di identità che dice qualcosa, ma che copre ancora molto. Occorrerà parlare a lungo, fare qualcosa assieme, uscire dalla ufficialità e superficialità dei saluti per sapere chi è la persona con cui stiamo parlando. Molte volte può anche capitare che si frequentano dei compagni di gioco, di scuola o di lavoro, ma non ci si conosce: si sanno solo le informazioni da carta di identità e si scopre solo dopo anni di frequentazione chi veramente si è: quali affetti, quali risorse e problemi, quale fede, quale impegno sociale, quali sentimenti, quali sogni e attese si nutrono nella vita. 

Gesù aveva con sé da un po’ di tempo gli apostoli; con loro condivideva il cammino, la missione, le idee, le attese, il progetto di Regno di Dio, ma vedeva che i discepoli facevano fatica a entrare nel suo ordine di idee e un giorno domanda che dice la gente di me? Come mi pensa? Lui vuol però sapere chi pensavano loro stessi che egli fosse.  

È una domanda che tutti ci facciamo su Gesù. Chi è Gesù per me? Anche noi abbiamo tante risposte, ma molte delle nostre non vanno al centro della verità che è Gesù, come quelle degli apostoli. Gesù è un predicatore sicuramente, un uomo buono e attento alle persone, un taumaturgo, un uomo socievole, affabile, deciso, abile nel trascinare verso il bene, coraggioso nei confronti di tutti, capace di tener testa a dotti e sapienti, a scribi e farisei, un uomo religioso, di preghiera, sobrio. Così si potrebbe desumere da quanto Gesù faceva da tempo nel suo pellegrinare continuo per le strade della Palestina. Ma questo non era sufficiente. Come avrebbero potuto sostenere da lì a poco la vicenda della croce? Come avrebbero potuto capire lo scandalo della passione se non si ponevano su quell’altro piano che spesso tentava di far balenare davanti alle loro coscienze?  

Solo Pietro che riesce ad avere alcune idee chiare: Tu sei il Cristo. Aveva intuito in Lui la sua vocazione più profonda. Tu sei il mandato, sei colui che Dio ci ha promesso da secoli, sei l’atteso da tutto il popolo, sei la ragione che tiene in vita la speranza di Israele, sei la presenza di Dio che non ci abbandona mai, sei l’amore senza riserve di Dio per l’umanità. Aiutaci però a capire che questo amore ti porta alla croce, perché questa non la capisco proprio. E Gesù lo gela con quel: va dietro me, satana; anche tu pensi come tutti, non come Dio.

16 Febbraio
+Domenico

Lasciamoci prendere per mano da Gesù

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 8,22-26)

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero a Betsàida, e gli condussero un cieco, pregandolo di toccarlo.
Allora prese il cieco per mano, lo condusse fuori dal villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: «Vedi qualcosa?». Quello, alzando gli occhi, diceva: «Vedo la gente, perché vedo come degli alberi che camminano».
Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente, fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa. E lo rimandò a casa sua dicendo: «Non entrare nemmeno nel villaggio».

Audio della riflessione

Non gli ha regalato un bel cane lupo, addestrato, con un pelo, liscio e striato, affettuoso, intelligente che lo conduce dove vuole, lo difende, gli fa intuire il pericolo, lo segue con fedeltà; non gli ha regalato un bel bastone bianco che lo segnala a tutti i passanti, così che lo schivano o lo aiutano ad attraversare la strada; nemmeno gli ha fatto una campagna di sensibilizzazione per far costruire percorsi segnaletici sui marciapiedi o alfabeto braille sui tasti degli ascensori.  

Lui è un cieco, piuttosto rassegnato, non sbraita, non maledice nessuno, non importuna, nemmeno sta sulla strada a stendere il cappello e a impietosire i passanti. Si sente forse sfortunato, sicuramente demotivato. Ma ha degli amici che non lo mollano e che lo hanno portato affettuosamente da Gesù. Tu Gesù che sei la luce, che ci hai aperto gli occhi con le tue parole, che ci hai disciolto le nebbie della vita, che ci trascini fuori da tutte le nostre idiozie tocca questo nostro amico, fa quello che sai fare solo tu, ridagli la gioia dei colori, la possibilità di leggere il sorriso dei bimbi e di guardarci negli occhi. 

E lui, Gesù, lo prende per mano. La sua mano si stringe alla mano del cieco, stabilisce con lui un contatto tenerissimo. Il cieco non lo vede, non immagina chi sia, ma sente la mano di Gesù nella sua. È la mano che benedice, che accarezza, che tocca il lebbroso e lo guarisce, che impone ai malati e ai peccatori e li libera.  

È la mano piccola del bambino che stringe quella poderosa del padre. Il bambino ne va fiero, sente crescergli la forza, regge il confronto con tutti i suoi amici. È la mano dell’innamorato che stringe la mano dell’innamorata; passano sentimenti tenui, dubbi, certezze, domande di sincerità, attesa d’amore, solidarietà, apprensione, gioia. Non è la mano che ti stringe alla gola o che ti trascina nel baratro, è la mano dell’amico che se è necessario, muore con te, ma non ti lascia. 

È la mano di Gesù nella mano del cieco. È la dolce intimità di Gesù per la penosa solitudine di un uomo, assetato di amore, di salvezza. È la mano di Dio che solleva l’umanità dal peccato, è ancora una volta il tocco del creatore, come ce lo presenta Michelangelo nella cappella Sistina, all’inizio della vita dell’uomo. È una mano che toglie dal torpore, che infonde coraggio, che inspira vita e forza. È la mano di Gesù che presto sarà bucata dai chiodi, perché lui può avere solo mani bucate per il bene di tutti. 

Gesù prendimi per mano, perché io ho bisogno di sentire il calore della tua amicizia, di provare la dolcezza della tua intimità, ho bisogno di un amore fisico, creato dalla tua stretta, dalla tua calda affettività. Ho bisogno di essere preso per mano perché mi vado a infoiare in percorsi sbagliati; la mia solitudine è continuare a guardarmi addosso, incapace di dono e di accoglienza. Prendimi per mano per tirarmi fuori dagli automatismi della noia, dai cammini di perdizione dietro mete allettanti, ma devastanti. Prendimi per mano che facciamo una catena anche per i miei amici e ti veniamo dietro nel tuo mondo di pace e di serenità, di amore e di perdono. Signore prendimi per mano. 

15 Febbraio
+Domenico

Credere esige un salto per la nostra razionalità: occorre cuore e fiducia

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 8,11-13)

In quel tempo, vennero i farisei e si misero a discutere con Gesù, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova.
Ma egli sospirò profondamente e disse: «Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno».
Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l’altra riva.

Audio della riflessione

Fa parte della nostra esistenza di tutti i giorni nei rapporti con le persone, con il mondo delle informazioni, con la spesa che facciamo al supermercato, le visite mediche di cui abbiamo bisogno, nel rapporto genitori – figli, marito – moglie, datore di lavoro – operaio, di dover mettere in atto un atteggiamento di fondo che è la fiducia, fidarsi, ritenere che la merce sia buona, l’amico non ti inganni, l’amore sia vero e non una finta, le notizie non siano fake news, il datore di lavoro ti versi i contributi, il lavoratore sia competente e coscienzioso…  

Insomma, sempre dobbiamo tenere l’occhio aperto, abbiamo intelligenza e forse anche esperienza, ma una buona dose di fiducia è necessaria. Non puoi chiedere di tutto la prova, la verifica… Coloro che ascoltavano Gesù erano molto perplessi su quanto diceva, sulla sua figura, sul suo vangelo e chiedevano continuamente dei segni, delle prove, volevano fare continuamente delle verifiche.  

Certo, se ci si doveva decidere a credere in Gesù, si trattava sempre di un cambiamento radicale di stile di vita, di fede, di preghiera. C’era di mezzo non solo la salute come per i cibi, ma soprattutto il delicatissimo rapporto con Dio. Per un mondo religiosissimo come il popolo di Israele non era un fatto secondario.  

Gesù si scontra dunque con la incredulità che però viene da accecamenti, da partito preso soprattutto nei farisei, da disattenzione o faciloneria da parte degli apostoli. Il messaggio di Gesù non è accolto in profondità. I farisei gli fanno tranelli, lo vogliono mettere alla prova, rifiutano con leggerezza ciò che è loro donato da Dio, pretendono di essere loro stessi di dettare a Dio come deve agire. Manca l’apertura, l’umiltà, la fiducia, la libera adesione, che sono le disposizioni interiori per accogliere Gesù come Messia.  

Sono la nostra immagine di razionalisti impertinenti. Il vangelo mette a nudo un sentimento di Gesù disturbato da questa richiesta e scrive: “sospira profondamente”. Gesù sta vedendo come spesso è difficile che accettino i suoi principi, rispetta sempre la libertà degli interlocutori, della decisione umana, perché è proprio da essa che deve nascere fiducia, accettazione, dialogo serrato, ma aperto. Ci dobbiamo domandare anche noi se Gesù sarebbe costretto a fare questo sospiro profondo anche per noi, per le nostre pretese, la nostra sfiducia, la nostra immobilità a stare sempre sulle nostre, la nostra cocciutaggine o altezzosità nei confronti della sua proposta di bontà paziente. 

 Ci nasce l’invito ad aprire i nostri cuori e quelli di tutta la gente alla ricerca umile e disinteressata del bene, della verità e della salvezza. E sappiamo che Gesù in questo caso non concede il segno; ci sarà qualche altra volta in cui lo donerà, ma non sarà mai la rispostina che chiude il problema, che mette una botola sulla domanda, ma una grande provocazione: il segno che concederà sarà quello della risurrezione, che è ancora tutta da accettare e non da dimostrare. La fede è bella proprio per questa libertà che innesca nella vita del cristiano: è libertà che ci permette di scoprire e seguire la verità. 

13 Febbraio
+Domenico

Il pane necessario per il cammino della vita

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 8,1-10)

In quei giorni, poiché vi era di nuovo molta folla e non avevano da mangiare, Gesù chiamò a sé i discepoli e disse loro: «Sento compassione per la folla; ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Se li rimando digiuni alle loro case, verranno meno lungo il cammino; e alcuni di loro sono venuti da lontano». 
Gli risposero i suoi discepoli: «Come riuscire a sfamarli di pane qui, in un deserto?». Domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette».
Ordinò alla folla di sedersi per terra. Prese i sette pani, rese grazie, li spezzò e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla. Avevano anche pochi pesciolini; recitò la benedizione su di essi e fece distribuire anche quelli.
Mangiarono a sazietà e portarono via i pezzi avanzati: sette sporte. Erano circa quattromila. E li congedò.
Poi salì sulla barca con i suoi discepoli e subito andò dalle parti di Dalmanutà.

Audio della riflessione

Di fronte al bisogno c’è gente che si mette in moto subito per rispondervi e altra che o non si accorge delle domande, o non vuole nemmeno interessarsi. Gesù invece è sempre il primo che quando intuisce una sofferenza, una necessità, un bisogno anche materiale, come la fame, si lascia sempre coinvolgere, prende posizione, fa suo il problema (la parola compassione “sento compassione di questa folla”, si commosse, talvolta dice il vangelo, significa che si mette a disposizione visceralmente, non solo pensando a un bisogno, ma vivendone la tensione, la provocazione) e ha la capacità di rispondervi allargando e aiutando ad approfondire la domanda, sviscerando che cosa di più profondo deve portarsi dentro.  

Ha di fronte gente che lo segue da tre giorni, affascinata dalle sue parole e dalla sua capacità di coinvolgere e far parlare la vita e si preoccupa della loro fame. È Lui che prende l’iniziativa, che sottolinea la necessità del pane per la lunghezza del cammino che la gente deve compiere; nello stesso tempo però vuole aiutarli a pensare a un’altra fame: quella che li ha portati a seguire Gesù, la Parola fatta carne. 

Vuol quindi far alzare lo sguardo di tutti a Lui, perché lui stesso è questo pane. Quando rileggeranno o si racconteranno nelle loro case o nelle loro chiese domestiche questi fatti lo ritroveranno nel pane donato a tutti nell’eucaristia per la vita del mondo. La chiesa verrà percepita sempre più non solo come una scuola di sapienza fondata da un maestro, in cui si possono abolire i riti conservando solo l’insegnamento di fratellanza. Diventerà chiaro che essa è il corpo di Cristo, che si nutre di Lui, morto e risorto.  

E noi oggi a più di 2000 anni di distanza, sappiamo che ci mettiamo in una unità profonda, nello stesso corpo di Lui attraverso la parola e i sacramenti. Questo miracolo Gesù lo ha fatto in terra pagana, con molti che vengono da lontano, dice il vangelo. Questo pane misterioso è destinato ai molti che devono ancora venire e che tocca a noi invitare al banchetto. Impariamo a dividere i beni della terra con tutti e nello stesso tempo ad offrire a tutti il pane che è Gesù. Questo servizio nei confronti della gente sia per sfamarsi di pane che per offrire loro il mistico Corpo di Cristo sarà il compito principale della chiesa che si nutre alla mensa della sua Parola e distribuisce il pane che sostiene nelle prove e nelle tentazioni. 

Il nostro pensiero oggi va a quella grotta di Lourdes, verso cui ancora molta gente pellegrina in cerca della salute del corpo e dello spirito, cui Maria, la mamma di Gesù, orienta, solleva e conduce nella preghiera, nella solidarietà e nel sostegno vicendevole ogni infermo nel corpo e nello spirito. 

11 Febbraio
+Domenico

Questo è il mio segreto: la croce! 

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 8, 34 -39)

In quel tempo, convocata la folla insieme ai suoi discepoli, Gesù disse loro:
«Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà. Infatti quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita? Che cosa potrebbe dare un uomo in cambio della propria vita? Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi».
Diceva loro: «In verità io vi dico: vi sono alcuni, qui presenti, che non morranno prima di aver visto giungere il regno di Dio nella sua potenza».

Audio della riflessione

Tempo fa si è fatto tanto parlare in giro di un romanzo che tutti dovevano leggere pena il sentirsi tagliati fuori dalla cultura. La tecnica persuasiva del commercio è tale oggi che bisogna assolutamente far parte del coro, altrimenti non ci sentiamo umani. Ebbene in questo romanzo si parlava tanto di un segreto della vita di Gesù, che sarebbe risolutivo di tanti dubbi. In un mondo sessista come il nostro in che cosa volete che consista il segreto? in una relazione d’amore con la Maddalena. E tutti a crederci dopo anni di catechismo, di ascolto dei vangeli, tutti a credere a un romanzo che proprio perché tale è fatto da fiction , da finzioni, da fantasie. Sarebbe tanto bello invece leggere l’amore di Gesù per la Maddalena nell’incontro con Gesù risorto e lei diventare la prima annunciatrice della Risurrezione

Invece sapete quale è il grande segreto di Gesù e che anche gli apostoli stentavano a capire perché era duro da vivere e da seguire? E’ un segreto cui si sono opposti con tutte le loro forze, compreso il tradimento e la fuga. E’ il segreto della croce. “Se qualcuno vuol venire dietro a me prenda ogni giorno la sua croce e mi segua”. Noi oggi lo leggiamo tranquillamente nel vangelo, ma ci sono state non poche contrapposizioni anche dure tra Gesù e i suoi intimi. Non è possibile che tu che sei così potente debba soffrire. Noi ti seguiamo perché tu hai il potere di guarire, di alleviare e distruggere la sofferenza, tu ci tiri fuori dai guai , ci moltiplichi i pani, ci dai potere sui demoni, ci fai trovare le reti piene di pesci dopo notti di lavoro frustrante e inutile.

Quando lo vedranno in croce non capiranno più. Ma come è potuto accadere questo? Certo è un incidente che non aveva previsto, è stato troppo ingenuo, doveva aprire di più gli occhi. E sì che glielo avevamo detto.

Invece la strada della croce è la strada obbligata del cristiano. La risurrezione è il punto culminante e finale, ma la risurrezione avviene dopo una morte. Allora le nostre sofferenze sono importanti, non sono belle in se stesse, ma sono importanti perché possiamo attraverso di esse vedere oltre. Il cristiano non è contento della croce, ma è attratto dall’amore che c’è su quella croce, da quella speranza che esplode, a partire da quel dolore affidato a Dio.

E tutti nella vita l’abbiamo provata, vissuta sulla nostra pelle, perché tutti siamo stati chiamati ad esprimere amore e non ribellione, accoglienza e non rifiuto. La vita cristiana è da questa parte e Dio ci ha dimostrato che questa è la vera strada della felicità, le altre scorciatoie portano fuori.

18 Febbraio 2022
+Domenico

La sofferenza è da combattere, ma anche da portare con dignità

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 8, 34 – 9, 1)

In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti». Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno. E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».

Audio della riflessione

Tante cose ci sono nel Dna della nostra struttura di uomini e donne di oggi: la voglia di comunicare,  purtroppo oggi molto e troppo  virtuale, perché non ci è permesso di vivere in sicurezza l’incontro, lo stare assieme, il darsi almeno la mano, la voglia di vivere, la gioia della conquista, l’amore alla bellezza, il sorriso, il dono, l’allegria, la forza della sessualità … sono tutte cose di cui non possiamo fare a meno … ma ce n’è una sorprendente che si inscrive misteriosamente nella nostra vita, che nessuno vuole, incomprensibile ma sempre puntualmente presente: la sofferenza!

Prima o poi, piuttosto presto che tardi, ciascuno deve fare i conti con il soffrire: spesso siamo noi stessi che ce lo procuriamo col disprezzo della vita nostra e degli altri, con quell’egoismo che baratta amore per avventure, che mette al centro il denaro a tutti i costi, il sopruso … spesso è la tua fragilità dovuta a vecchiaia che te lo fa provare proprio nel luogo più familiare che è la tua casa … altre volte la sofferenza ti arriva addosso nel massimo dell’innocenza proprio perché altri te la infliggono. Molto spesso non riesci a capire il perché: sembra che ci sia un tragico destino che ti perseguita!

Alcune volte una scrollata di spalle ti riconcilia con la vita, altre metti un po’ di più la testa a posto e ti va meglio, ma altre ancora, ed è la situazione più comune, devi convivere con la sofferenza: Ti ribelli, imprechi, rasenti la bestemmia, vai in crisi, ti arrovelli la mente con mille perché, cerchi consolazione, comunanza con altri, ma la cappa di dolore è sempre lì! Ti ubriachi magari o ti droghi pure illudendoti di alleviarla, ma poi ritorna puntuale peggio di prima con un’altra catena in più

Ma è questo vivere?

Per fortuna non solo, ma il soffrire è lì in ogni spazio di conquista, in ogni sogno, in ogni esperienza d’amore … e Gesù dice “prendi la tua croce e seguimi!”: Non ti dice te la cancello, te la porto io, ti rendo talmente forte che non la sentirai più. Oppure io ti risolvo il problema.

L’unica risposta, se di risposta si tratta, vera al dolore è che Gesù, il Figlio di Dio, nella sua vita è vissuto in un mare di sofferenza: non l’ha evitata, ma ci è passato dentro alla grande. “Ha reso la sua faccia dura come la pietra” ha presentato il dorso ai flagellatori la faccia agli insulti e agli sputi.

L’ha fatta diventare un atto d’amore, uno spazio da abitare con dignità e coraggio, una promessa di risurrezione.

Da allora la croce è diventata simbolo di ogni cristiano: ce l’abbiamo dentro tutti, ma portarla in compagnia di Gesù la apre alla gioia e alla comprensione e non ci permette assolutamente di adattarci, ma ci fa pure audaci, intelligenti per trovare rimedi, pacificazioni, cura per aiutare tutti a portarla con dignità e a sconfiggerla.

17 Febbraio 2022
+Domenico