Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 8, 22) dal Vangelo del giorno (Mc 8, 22-26)
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero a Betsàida, e gli condussero un cieco, pregandolo di toccarlo.
Non riesco a immaginarmi tutta una vita al buio: non vedere, cancellare dalla esperienza del vivere una parte essenziale del mio essere, tutte le emozioni dei colori, i quadri macchiaioli e impressionisti di mio padre, dove ogni macchia è una persona una pianta, un fuoco.
Se sapessi che Gesù mi sta vicino, io cieco farei sicuramente il balzo urlante del cieco di Gerico, ma questo cieco di Betsaida non riesco a capirlo, sembra quasi rassegnato, se non renitente a prendere l’iniziativa: lui sta tranquillo, sono gli altri che lo presentano a Gesù … ha dei buoni amici, che forse non hanno aiutato lui cieco a immaginare i volti, i colori … ma almeno si prendono cura di lui, si fanno carico loro di portarlo da Gesù e dalle loro mani lo affidano alle mani di Gesù, nelle mani potenti di Gesù.
Ecco, fermiamoci a pensare e ad immaginare questo gesto tenerissimo: Gesù prende per mano il cieco. Lo prende per mano perché lo deve guidare, perché vuol fargli sentire il calore della sua amicizia, lo prende per mano perché un cieco ha bisogno di un contatto vivo, ha bisogno di sentire nel linguaggio di una mano la possibilità di fidarsi. Molti lo hanno spesso preso per mano per prestargli i loro occhi, poi lo hanno lasciato ancora cieco e bisognoso di un’altra mano e di un’altra ancora. Ma le mani di Gesù sono le mani del Dio vivente. Sono le mani tenerissime di chi sa accarezzare, di chi dà forza, di chi fa sentire il palpito del cuore. Voglio fantasticare a pensare quanta comunicazione è passata da quelle mani.
Voglio immaginare il cieco col cuore in gola, tutto abbandonato in Gesù, voglio pensare a Gesù che dà la mano a questa umanità ferita e sofferente, voglio pensare che in quelle mani Gesù pensasse di stringere anche le mie..
Ebbene Gesù con quelle mani comunica la compagnia necessaria per la vita del cieco e la fine dell’oscurità. Gesù si lascia andare a compiere gesti, a toccare; è un miracolo della corporeità, della fisicità di Gesù, del contatto, dell’incarnazione fino in fondo. S’è fatto uomo per darci la mano, per prenderci per mano. L’aveva deciso nella vita trinitaria questo sogno e ora lo vive ogni giorno. Gli mette la saliva sugli occhi gli impone le mani. Da quando ha toccato il lebbroso il suo tocco è salvezza.
Gesù vorrei anch’io sentirmi preso per mano da te. Sono peggio di questo cieco, mi adatto troppo al minimo, ma non per questo tu mi lasci alla mia inerzia.
Gesù vorrei anch’io sentirmi preso per mano da te. Sono senza vista, l’ho consumata tutta nell’inutilità, ho perso i colori della gioia, della solidarietà, per me gli uomini che mi stanno accanto sono alberi che camminano, senza volto, perché non sono più capace di vedere in profondità.
Gesù vorrei anch’io sentire la tua mano nella mia per dirti con la mia corporeità che ti amo. Sono stufo di dirlo con elucubrazioni astratte, ho voglia del tuo amore concreto. Voglio imparare da te anch’io a prendere per mano gli uomini per far sentire loro la tua tenerezza. Tu mi hai chiamato a vivere, fammi provare la tua dolce comunicazione di salvezza.
16 Febbraio 2022
+Domenico