Ne manca una all’appello: Lui cerca e non ci molla

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 18, 12-24)

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Il gioco della libertà degli uomini è sempre una gran bella realtà, ma anche un grande mistero: ci stanno fratelli o figli, tutti educati nella stessa maniera, nelle stesse condizioni, da genitori onesti e laboriosi … uno diventa un buon cittadino e un buon cristiano, l’altro non ha fede e non è capace di stare alla larga dal male; uno si fa un sacco di amici che lo stimolano a diventare migliore, l’altro si crea una banda e ogni tanto devi andare dai carabinieri a riparare qualche danno; uno si fa in quattro e costruisce una azienda, l’altro ti si attacca come una sanguisuga e ti manda in malora.

Ma non sono stati tutti educati alla stessa maniera? Non hanno avuto tutti le stesse opportunità? Non siamo stati bravi genitori con tutti? Qualcuno può dire che gli sono mancate le carezze della mamma? Eppure ciascuno si sceglie la sua vita, ciascuno ha il compito di affrontare in libertà il rischioso mestiere di vivere.

La pecora, che quella sera non torna all’ovile, è cresciuta come tutte le altre: ha sempre fatto la fila, ha sempre giocato e scherzato con le altre, ma un giorno non torna più … ha voluto giocare la sua libertà o qualcuno gliel’ha tolta con inganno.

L’importante è che qualcuno si accorga di lei: purtroppo non si accorgono gli amici, i fratelli, i colleghi, i compagni di squadra, si accorge solo Lui, il pastore buono, che ogni sera stanco, fa la conta e gli viene un tonfo al cuore quando ne vede mancare una all’appello.

E’ come la mamma che al mattino non trova nel letto il figlio che stanotte non è tornato; si gira nel letto, tende l’orecchio a tutti i suoni, lancia sms, chiama, ormai non dorme più, si mette a rassettare la casa, ma non riesce a concentrarsi. Se sente in lontananza una sirena, le viene un terrore freddo; Aspetta, cerca col cuore.

Ecco, Gesù fa così: si mette a cercare e esce di nuovo nella notte a cercare la pecora sbadata, sfortunata, magari sbagliata e discola, cattiva e strafottente, ma sempre in pericolo, soprattutto sempre lontana dalla sorgente, dalla gioia, dalla bellezza.

Gesù rincorre così tutti noi senza se e senza ma: non si lascia intimorire dalle nostre bestemmie. Il suo amore non calcola le volte che ci ha perdonato, i tempi di attesa che ha vissuto, mentre noi lo insultavamo e parlavamo male di lui, lo rinnegavamo.

Pietro ne sa qualcosa: Giuda l’aveva intuito, ma è fuggito di nuovo, Paolo s’è fatto buttare a terra perché ancora non riusciva a capire quanto male stava facendo e si stava facendo.

Aspetta, cerca, non ci molla … e finalmente trova la pecora smarrita: non ne deve mancare mai nessuna.

Santa Chiara – che oggi noi ricordiamo – seguendo san Francesco ha imparato a mettersi sempre in ricerca di Dio; a Lui ha donato la sua vita perché tutte le pecore disperse potessero incontrarlo di nuovo e smettessero di fuggire da Lui.

La sua preghiera costante e la sua contemplazione  ha attirato a Dio tante persone sia nella vita contemplativa che nella vita di annunciatori del Vangelo.

11 Agosto 2020
+Domenico

Il perdono non è la quantità di una concessione, ma la qualità della vita di Dio

Una Riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 18,27-27) dal Vangelo secondo Marco (Mt 18, 21-35)

<<Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito>>.  

Pietro è in crisi: si sente sempre umiliato e deve solo perdonare.

Fa una ipotesi: Perdono 7 volte, che è già il numero della pienezza.

Gesù rilancia con una moltiplicazione esagerata 70 volte 7, invece!

 Ci rappresenta un po’ tutti questa parabola … che narra di quel servitore perdonato alla grande dal suo creditore, che fa lo strozzino con un suo debitore che in confronto gli deve solo quattro miseri spiccioli: vagonate di oro era il suo debito, pochi soldi il suo credito.

Questa è la nostra fotografia di fronte a Dio: il nostro debito verso di Lui è senza misura e Lui se lo carica tutto sulle spalle e ce lo cancella.

Siamo stati perdonati, ma non abbiamo ancora capito che cosa è il perdono, non lo abbiamo ancora accolto, ci è rimasta dentro una mentalità da schiavo, calchiamo sempre con i nostri passi il perimetro della prigione che ci siamo fatti allontanandoci da Dio.

Siamo abituati a vivere in una pozzanghera e non sappiamo renderci conto del mare aperto: giochiamo ancora con le barchette di carta.   

Chi ci permette di accettare la pienezza del perdono è lo Spirito Santo.

Dio ci fa liberi, noi a mala pena ci sentiamo liberati: abbiamo ancora addosso tutta la fasciatura del male, tutta la nostra mentalità da galeotti, da gente che deve sfruttare le occasioni, deve calcolare, deve farsi rincrescere la bontà.

Siamo ancora ammalati di delirio di onnipotenza: il modello di ragionamento non è affatto cambiato.

Quello che lo strozzino descritto nel Vangelo fa al suo debitore è ancora legato al suo infame “ti restituirò tutto”, pur sapendo che non poteva muovere niente.

Il suo comportamento è evidentemente crudele, ma è più sottile e infido di quanto pensiamo: crede di essere già un salvatore, ma non ha ancora capito di essere un salvato; crede di essere un comprensivo e non ha capito di essere un perdonato … uno che accoglie e non ha capito di essere stato accolto; crede di essere giusto e non ha capito di essere stato giustificato; credere … uno che può esprimere amore, ma non ha capito che è stato tanto amato!

Ma salvatore, comprensivo, accogliente, giusto, amabile è Dio, non Lui: non ci passa nemmeno per la testa che queste qualità devono essere d’ora in avanti le nostre, che il dono più grande del perdono è il cambiamento del cuore

Proprio per questo il perdono di Dio è legato al nostro perdonare, è quel gesto di Dio che è legato indissolubilmente alla nostra libertà.

Dio non riesce a perdonare se nella nostra libertà non ci lasciamo cambiare dal suo perdono.

Il perdono, “torna indietro” … e toccherà ancora a Dio riprenderci perché Lui non ci abbandona mai. 

17 Marzo 2020
+Domenico