Gesù è travolgente, ma lascia liberi  

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 21, 33-43.45-46)

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
“La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi”?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».
Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.

Audio della riflessione.

Ti viene spesso la domanda: ma io che sono qui a fare in questo mondo? Ho un compito o sono dentro un progetto? C’è una prospettiva, una traiettoria in cui sono collocato oppure mi devo inventare tutto? Il cristiano sa che ogni uomo è chiamato a un compito nel mondo. Nessuno è a caso, siamo entro un grande progetto che tocca a noi sviluppare con libertà e creatività. Così si è sentito il popolo di Israele nella storia. Dio si è fatto uomo proprio in questo popolo, Gesù ha assunto una cultura, un ambiente, una famiglia, una nazione e dentro questa ha portato il suo messaggio.  

Ma con la sua morte e risurrezione ha offerto a tutti il suo grande sogno, o meglio, la sua missione. Ha superato i confini e ha inviato gli apostoli in tutto il mondo per formare un nuovo popolo, il popolo di Dio, non più legato a un solo luogo, a una tradizione culturale, ma capace di vestirsi di ogni cultura. Su questa missione si gioca la libertà di ogni uomo. La sua proposta viene fatta liberamente a tutti e a noi compete rispondere. La sua proposta non può costituire privilegio o possesso, ma solo risposta generosa e accoglienza.  

Molti uomini che vivevano al tempo di Gesù lo hanno rifiutato, altri lo hanno accettato e lungo i secoli avverrà sempre così: la sua parola corre veloce e va a stanare ogni uomo dal suo letargo, dalla sua chiusura e se trova chi lo accoglie vi rimane e offre la sua gioia altrimenti passa ad altri. La storia è piena di accoglienze e rifiuti, di periodi in cui in un certo popolo si è sviluppato molto profondamente il cristianesimo, tanto da caratterizzare con i contenuti della fede e le verità del vangelo tutta la vita della gente: le tradizioni, la cultura, gli stili di vita, i principi basilari della convivenza. La parola di Dio è una forza che travolge, ma lascia liberi. Se vi si oppone rifiuto Dio fa giungere ad altri la sua salvezza. 

Così capita che regioni cristianissime si sono imbarbarite e regioni pagane hanno accolto Cristo. La domanda che ci dobbiamo fare è: noi, cristiani di queste nostre terre stiamo vivendo o rifiutando la fede cristiana? La quaresima è un tempo anche per queste domande grosse, ma che alla fine stabiliscono lo stile di ogni nostra vita.  È bello cercare una risposta sapendo che Dio non ci abbandona mai. 

01 Marzo
+Domenico

Il Regno di Dio sicuramente si realizza, forse non più da noi?

Una riflessione sul vangelo secondo Matteo (Mt 21,33-43)

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: Avranno rispetto per mio figlio!. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
“La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi”?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».

Audio della riflessione.

Chi si immaginava che la sua vita e la vita del mondo in cui vive sarebbe stata una lenta costante graduale evoluzione verso un mondo sempre migliore, ordinato, tranquillo o per lo meno verso una completezza e armonia più pervasiva si deve ricredere. Gli sconvolgimenti che i fatti impongono, le lotte e le guerre fatte in nome di Dio, la dannazione dei popoli sfruttati e torturati, la scomparsa di confini per le informazioni, le finanze, i popoli rimettono sempre in dubbio ogni buona meta o aspirazione. Le migrazioni di popoli interi, lo sconvolgimento degli equilibri mondiali, il ricorso alle armi sempre, sapendo che non risolvono nessun problema, ma ne creano di insolubili… La tua stessa identità che hai cercato di costruirti a fatica quando vedi che non è più spendibile o nel lavoro o nel campo dei tuoi affetti, ti sta addosso come un peso e vorresti avere agilità per cambiarla. In questo gioco entra sicuramente anche il tuo mondo interiore. 

Ti sembrava di aver trovato qualche certezza, di aver sistemato anche questa zona religiosa della tua vita con qualche buona lezione di catechismo e qualche buona abitudine, invece vedi che tutto questo non regge più. La fede si porta dentro istanze di rinnovamento, deve continuamente ridescriversi viva per ogni tempo e ogni luogo, ma tu la lasci andare alla deriva, nella insignificanza. Così accade nella coscienza dei singoli, così accade nella stessa comunità. Ci si abitua come al calore delle pareti, si tiene in piedi qualche vecchia tradizione e si soffoca o annega in una sorta di modernità liquida ogni slancio profetico, ogni invito al rinnovamento, ogni tentativo di colpo di reni risolutivo. 

“Perciò io vi dico: vi sarà tolto il Regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare”. Mi pare di vedermi davanti Gesù, che dopo tutti i tentativi possibili di far svegliare l’elefante, di far scattare la corsa, ci saluta e va altrove. È il padrone della vigna che s’aspettava uva pregiata e invece deve fare i conti con qualcosa di insipido. Certo Dio è fedele al suo popolo, a ciascuno di noi, alla sua Chiesa, ma non al punto di annullare il suo disegno di amore per l’umanità o di mettere da parte le sue esigenze di verità e giustizia. Se noi cristiani europei rifiutiamo, se l’occidente gli volta le spalle, se la cosiddetta civiltà cristiana lo rinnega o lo rifiuta, troverà altri che l’ascolteranno,  farà vivere la sua Chiesa, la sposa inseparabile, altrove, dove la gente lo aspetta, lo invoca e viene uccisa per la fede forte e tenace che ha in Lui.

08 Ottobre
+Domenico

Siamo chiamati tutti a guardare a Dio come un Padre che ci ama

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 21, 28-32

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo».
E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».

Audio della riflessione.

Non è facile riconoscere i nostri sbagli ed essere sinceri con gli altri e spesso purtroppo anche con se stessi. Siamo facili costruttori di maschere, che facciamo fatica a toglierci e spesso la maschera la teniamo anche per noi stessi, ci convinciamo un po’ alla volta di essere giusti, di essere bravi, di poter guardare Dio dritto negli occhi. Queste maschere che portiamo non ci permettono allora di convertirci. Non ci sono esperienze, consigli, prediche che ti facciano cambiare idea, quando non hai il coraggio di guardare dentro di te.  

Il vangelo ci pone davanti a un confronto paradossale,  scandaloso. Alla fine ci dice che le persone palesemente ingiuste, peccatrici sono da preferire a quelle ritenute giuste. Noi che siamo giusti e buoni, ovviamente benpensanti perché siamo tutto sommato anche benestanti, davanti a Dio siamo molto più indietro dei furfanti e delle prostitute. Gesù usa ancora la storia di due figli: chi dice si e non fa e chi dice no e fa. Sono in realtà una sola persona, siamo noi stessi che ascoltiamo. Io sono quello che dice sì a parole e non con i fatti, quello che dice no perché non vuole fare la volontà di Dio e poi riesce a cambiare perché si pente. 

Il padre è sempre al centro; è il nostro amatissimo Dio creatore, il padre buono, abitato solo da amore infinito, che, oggi, chiama ad operare nella vigna. E’ l’oggi di tutti noi che siamo chiamati a deciderci per questa vigna, dove lavorare significa amare Dio e servirlo nei fratelli. E’ un oggi di un mondo che tende ad allontanarsi da Dio e a credersi autosufficiente, un oggi fatto di paure del futuro, di depressioni, di confusione, ma anche di desideri di cambiamento. Siamo tentati di dire no, ma nessuno di noi deve dire un si forzato, nessuno guarda il padre come un padrone al quale non può dire di no. Nessuno si deve sentire in obbligo di compiacere a Dio, non è un dovere. Nessuno mai saprà amare solo per dovere. 

Il paragone con le prostitute è duro; ma non è difficile riconoscere che spesso il nostro amore a Dio è commerciale. Veniamo in chiesa, ci affidiamo a Dio solo se ne possiamo ottenere favori, miracoli, benefici e non ci accorgiamo che stiamo continuamente rifiutando di lavorare per il bene. Scambiamo i sacramenti per affari, li facciamo diventare solo facciata e non decisione di conversione, li celebriamo per farci vedere e non per guardarci dentro e scoprire il grande amore di Dio. Spendiamo una barca di soldi per il matrimonio e mascheriamo già il tradimento o lo scioglimento. 

La conversione, il capire che dobbiamo ritornare a Dio, è la strada da compiere ed è la nostra speranza.  

01 Ottobre
+Domenico

Domenica delle Palme: Gesù, solenne, inizia gli ultimi passi verso la meta

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 21,1-11)

Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due discepoli, dicendo loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito troverete un’asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me. E se qualcuno vi dirà qualcosa, rispondete: Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito». Ora questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Dite alla figlia di Sion: Ecco, a te viene il tuo re, mite, seduto su un’asina e su un puledro, figlio di una bestia da soma». I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: condussero l’asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada. La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava: «Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!».Mentre egli entrava in Gerusalemme, tutta la città fu presa da agitazione e diceva: «Chi è costui?». E la folla rispondeva: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea».

Audio della riflessione

Ho visitato tante volte i luoghi che la lettura della passione ci presenta e che tutti oggi è giusto ascoltare di nuovo. Ho rivisto quell’orto tragico, quei luoghi di tortura di Gesù, i tragitti che ha fatto, ho rivissuto quella sua struggente cena nel Cenacolo. Siamo oggi introdotti direttamente in quella settimana che chiamiamo santa, attorno a cui si condensano tutte le accorate e compassionevoli capacità dell’uomo di rivivere la morte e la risurrezione di Gesù.  

In Gerusalemme, alla chiesa di san Pietro in Gallicantu, che ricorda il canto del gallo che ha fissato Pietro nel suo tradimento e Gesù nella sua solitudine, ma anche il suo perdono al futuro papa, c’è un mosaico che fa vedere Gesù imbragato come se stesse per essere calato in una cisterna. All’interno si può visitare la cisterna che fu la sua prigione in attesa del giudizio di quella notte del Getsemani. Qui i primi cristiani hanno firmato con tante croci la loro partecipazione al dolore di Gesù, degli apostoli, che in seguito, vi furono imprigionati perché non smettevano di parlare di Gesù. Sono i dolori di tutti i cristiani che in questa settimana vogliamo avere davanti agli occhi e soprattutto nel cuore. 

Come i discepoli entriamo un po’ alla volta nella consapevolezza del momento culminante della vita di Gesù. Anche noi nel simbolo abbiamo fatto salire Gesù sull’asinello, abbiamo steso se non i nostri mantelli le nostre vite, abbiamo tagliato i rami dagli alberi d’ulivo che caratterizzano tanti nostri paesaggi, abbiamo cantato quel famoso osanna che rimarrà per sempre nella liturgia della chiesa. Il vangelo di Luca usa le stesse parole del canto degli angeli sulla grotta di Betlemme. 

Lo canteremo anche oggi al sanctus e avrà ancora di più il suo significato. Signore che vieni sull’altare nell’Eucaristia, nel corpo e sangue di tuo figlio Gesù, noi ti adoriamo, ti scongiuriamo, salvaci. Ti stiamo attendendo ogni giorno e siamo felici che tu venga tra noi. Osanna nell’alto dei cieli. Come pellegrini andiamo verso di Lui e lui pellegrino con noi ci viene incontro e ci coinvolge nella sua ascesa verso la croce e la salvezza e ci fa compagnia e ci dà forza nel suo corpo e nel suo sangue, ogni giorno, perché ogni giorno è una lotta tra il bene e il male.  

Gesù ti vogliamo fare compagnia in questa settimana con i nostri familiari, i nostri amici, le nostre pene e le nostre gioie. Non stiamo allestendo spettacoli, ma rinnovando la nostra fiducia in te; la nostra solidarietà con i fratelli e vedere te in ciascuno di loro. Oggi decidiamo di stare con te, Gesù, fino alla tua risurrezione che è speranza, certezza, punto finale della nostra vita.  

2 Aprile
+Domenico

Siamo noi i lavoratori della vigna che stritolano nel torchio il figlio del padrone

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 21,33-43.45)

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
“La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi”?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».
Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.

Audio della riflessione

I lavoratori della vigna non solo se ne credono padroni ma stritolano nel torchio anche il figlio del padrone. 
Nella vita è normale che siamo chiamati a scegliere tra due traiettorie: tra la traiettoria del dono e quella del possesso, tra la traiettoria dell’amore e quella dell’odio; dello stupore e della gratitudine e quella del calcolo. Queste due traiettorie alla fine si incrociano nel cuore di Dio e lasciano segni nella carne di Gesù.  
Ti capita questo quando guardi la natura o la apprezzi e ti esalta o la sfrutti e ti abbruttisce; quando hai relazione con le persone: o le ami e le fai felici oppure le usi e ti rendi infelice. Quando ti elevi a Dio: o lo canti e benedici e ti si aprono nuovi orizzonti oppure credi di fartene oggetto di inganno e distruggi la tua stessa dignità umana. Il teatro di queste scelte è la vita, è la vigna del Signore. 
La vita è sua, non nostra: ce l’ha affidata, l’ha curata, ne ha fatto capolavoro, l’ha architettata entro questo grande e meraviglioso universo; l’ha incastonata come un gioiello in un cielo che ci pare infinito da cui oggi dopo 14 miliardi di anni ancora arrivano segnali di nuove stelle. 
In questo grande ordine ha messo noi e ci ha dato capacità di sogno, di stupore, di iniziativa, soprattutto di libertà. 
Abbiamo cominciato a sognare, ma invece di sognare un dono, una gratitudine un regalo, abbiamo concepito una morte. Si sono incrociate due grandi sogni su questa stessa vigna:  
manderò mio figlio, è tutta la mia vita, io vivo per lui; è lui l’amato sopra ogni cosa, è la pienezza della vita, lui è la bellezza, la bontà, la santità, il sapore di ogni cosa. Mi ha detto lui di poter entrare in questa vigna, ho capito quanto ci tenesse all’uomo, alla perla del creato, a questa storia di libertà. Quando alla mensa della trinità è risuonata la mia domanda: chi manderò? Chi andrà per me? Gesù mi ha detto subito senza esitazione: Eccomi manda me. 
Gesù viene da questo oceano di amore, da questa sconfinata vastità di bellezza e di bontà; invece dai filari della vite, già resi tortuosi e imbrattati di sangue si formula un altro sogno 
Ecco il sognatore uccidiamolo. Questa vita è nostra e la vogliamo distillare e torchiare fino a spremerne l’ultima goccia. Dio aveva creato nei vignaioli l’abilità del torchio, una capacità innata di chiedere alla vite tutto e, illusi di poter possedere la vita come una cosa hanno mescolato il mosto con il sangue del figlio; hanno scatenato sul corpo del figlio il livore degli sforzi adirati, ma frustrati, di poter possedere la vita. E la vigna si è inaridita, ha incominciato a produrre veleno e non più vino. È la nostra storia, è il punto di arrivo della nostra mancanza di dono, della nostra miopia. È il mistero della nostra libertà, è il rischio in cui Dio ogni giorno gioca il suo amore. È una storia personale, che sta nel diario della nostra anima e diventa la storia di una comunità, di una società, di un mondo. Quando Dio dice le mie vie non sono le tue vie si rifà anche a questi due sogni contrastanti. 
Gesù si è messo di mezzo per svelare la contraddizione di questi sogni, la traiettoria sbagliata della nostra vita. 
È lui che svela le nostre intenzioni che ci spinge a prendere posizione. È interessante vedere la figura di Giuda col suo tentativo debole di non adattarsi; gli era venuto in mente che Gesù poteva essere barattato, ma ha esitato e alla fine compirà il baratto per soldi e svelerà quanto sia sempre inutile e pericoloso seguire Dio a metà. 
Nella vigna del Signore c’è sempre qualcuno che si lascia prendere da buoni sentimenti, dal buon senso, ma alla fine non decide. Pilato ne è un esempio: ragiona bene, vuole salvare Gesù, ma alla fine non ha coraggio e lo consegna. È così Erode che voleva bene a Giovanni, gli fa tagliare la testa per un ballo; così il re Agrippa davanti a Festo: solidarizzava e ascoltava volentieri Paolo e ha dichiarato in pubblico dibattito che Paolo era innocente, ma lo fece lo stesso tradurre a Roma.  
Oggi il nostro passo quaresimale verso Pasqua esige che facciamo incrociare i nostri sogni con quelli di Dio, che mettiamo al centro questa vita, questa vigna e confermiamo la traiettoria dell’amore, dello stupore, della gratitudine. 
È possibile: Gesù ha già pagato per noi, la sua eredità è già nostra, perché lui stesso ce l’ha donata; il vero mosto della nostra vita è il suo corpo e il suo sangue che ancora oggi possiamo accogliere come pegno sicuro dell’amore di Dio per noi. Basta che riconosciamo di ricevere nell’ Eucarestia Gesù il vero nutrimento. 

10 Marzo
+Domenico

Di fronte a Dio con amore e mai autocentrati o orgogliosi

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 21, 28-32)

Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo».
E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».

Audio della riflessione

È possibile impostare tutta una vita in una direzione, costruirsi una personalità forte, una identità ben definita … ed accorgersi di aver sbagliato tutto? Non si tratta di essere incerti sul chi diventare, o lasciarsi ingannare da ogni frusciar di vento, ma di percepire che la bontà sta da tutt’altra parte, che i nostri sogni di altruismo sono sempre stati un egoismo truccato.

Ti dicevano: “devi essere tutto d’un pezzo, non devi ondeggiare come una canna, ti devi fare delle convinzioni…”; hai lavorato per una vita in questa direzione, ma oggi sei di fronte a qualcosa di nuovo, che non avevi mai calcolato: scopri un lato oscuro di te che ti ha sempre dominato e ti ha chiuso nelle tue abitudini.

È quello che capitava a molta gente che incontrava Gesù: erano sicuri di sé … “noi non siamo mai stati schiavi di niente e di nessuno!”; sapevano distinguere tra una persona per bene e un ladro, tra una donna di strada e una buona moglie, tra chi osserva la legge e chi fa l’irregolare a vita … anzi andavano da lui per avere conferma: “Se lapidiamo questa donna notoriamente  adultera non è forse un’opera buona che aiuta i nostri figli a crescere bene? Se facciamo rispettare il sabato non è meritorio di fronte a questo lassismo e utilitarismo imperante? Se stiamo qui davanti all’altare facendo offerte e guardandoti negli occhi non è sempre meglio che nascondersi dietro le colonne come è giusto che facciano quelli che si devono vergognare della loro mala esistenza?”. Insomma, non siamo proprio da buttare: non siamo perfetti, ma c’è una bella differenza tra noi e le prostitute e i pubblicani che fanno i soldi sulla povera gente e disprezzano il nostro popolo d’Israele, facendo gli interessi degli occupanti romani

Ma Gesù va più in profondità: “Sì, avete dato alla vostra vita qualche bella regola, ma l’amore è qualcosa di più; vi fate paladini dell’ordine, ma vi si è seccato il cuore; sembra che mi diciate di sì, ma alla fine il centro siete voi. I peccatori e le prostitute vi precederanno nel regno dei cieli: questi almeno capiscono di sbagliare e si pentono, voi annegate nel vostro orgoglio, non sapete dire: “ho proprio sbagliato tutto! mi affido a te”. A mala pena lasciate cadere le pietre dalle vostre mani, perché non è politicamente corretto lapidare, ma non avete il coraggio di ammettere che avete bisogno di cambiare”.

Vivere l’avvento … è prepararsi ad adorare quel gracile bambino che sta con la madre in una stalla, e significa capovolgere le nostre impostazioni di vita che troppo spesso poggiano sul nostro io, e nello stesso tempo metterci sempre davanti a Lui, a Gesù, in preghiera, uscendo dalle nostre fragili sicurezze.

13 Dicembre 2022
+Domenico

Viene presto il momento di  deciderci che fare della nostra vita

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 21, 23-27)

Lettura del Vangelo secondo Matteo

 
In quel tempo, Gesù entrò nel tempio e, mentre insegnava, gli si avvicinarono i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo e dissero: «Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?».
Gesù rispose loro: «Anch’io vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, anch’io vi dirò con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?».
Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, ci risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. Se diciamo: “Dagli uomini”, abbiamo paura della folla, perché tutti considerano Giovanni un profeta».
Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo». Allora anch’egli disse loro: «Neanch’io vi dico con quale autorità faccio queste cose».

Audio della riflessione

Siamo stati abituati a riflettere, a non essere impulsivi, a pensare bene che cosa dire e fare, farci dei piani concreti di azione, di studio, di applicazione delle nostre qualità e, prima o poi, ci si deve decidere sempre con fatica, ma anche con risolutezza.

Anche Gesù decide un giorno di uscire allo scoperto nella sua azione di annuncio del regno di Dio: parla come uno che ha autorità, mentre i dottori della legge non tralasciavano mai di trovare il fondamento del loro dire nella legge, o nei profeti e nella tradizione.

Gesù non cerca appoggi di nessun genere: la sua parola aveva l’autorità in se stessa… “Avete inteso che fu detto agli antichi, ma io vi dico”… non solo diceva, ma la sua stessa condotta era decisamente decisa e autorevole.

Lo era stato nell’ingresso a Gerusalemme, lo aveva dimostrato mandando all’aria le bancarelle del tempio e la struttura di valore delle offerte … insomma le sue pretese messianiche non erano un modo di dire, ma una azione decisa. Escono allo scoperto allora anche gli scribi e i farisei e gli impongono di giustificare i suoi comportamenti.

Gesù, che non è l’ultimo arrivato, incosciente e velleitario, nello stile rabbinico delle discussioni fa una domanda per arrivare a una risposta vera e impegnativa: non li interroga sulla loro  dottrina, chiede solo che cosa pensano di Giovanni il Battista, che pure non era tenero sui limiti e i tradimenti della pietà ufficiale del tempio. Li vuol provocare su Giovanni per riuscire a far loro capire che se non sono capaci di cogliere chi è Giovanni, uscendo dalle loro certezze indiscusse e comode, non sapranno nemmeno dare un giudizio secondo verità su Gesù.

Giovanni era un profeta, e più che profeta, e se questo fu Giovanni, Gesù chi doveva essere? Il suo silenzio è stato più eloquente che un discorso brillante! Gesù non rivela il mistero della sua persona a chi lo ha già incasellato in anticipo nella sua sicumera ipocrita e super intelligente, come dirà in seguito: egli si farà conoscere solo ai piccoli.

A noi, in questo avvento, l’impegno di rivedere i nostri giudizi su tutti coloro che vivono con noi, i nostri collaboratori, gli stessi che ci contraddicono, per radicarci in una apertura a tutto campo sulle ispirazioni dello Spirito Santo che lavora in noi e nel mondo ed è l’unico che ci può predisporre a ricevere Gesù nella sua liberante e confortante verità; ci aiuta aprire la strada nella nostra vita e nella vita della società alla verità e la giustizia di Gesù; ci aiuta a leggere nella nostra storia i segni della sua novità e ci predispone a servirla e incarnarla.

La Madonna di Guadalupe – che oggi ricordiamo – ce ne dia la forza e la generosità dell’impegno.

12 Dicembre 2022
+Domenico

E’ sempre e solo Dio che ci fa buoni e santi

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 21,31-32) dal Vangelo del giorno (Mt 21,28-32)

E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».

Audio della riflessione

C’è una assuefazione alle cose belle della vita da cui dobbiamo sempre salvarci: ti verrebbe quasi da dire che occorre vivere di più nel desiderio piuttosto che nel pacifico possesso per poter dare alla vita maggiore verità e felicità.

Lo dicono molti: ho incontrato ragazzi senza niente, allo stato brado … li ho aiutati a capire qualcosa di bello, e si sono lanciati in un percorso di conquista che non ferma più nessuno.

Ho invece fatto le stesse proposte ai nostri, non li ho smossi di un centimetro. Anche questo è un altro tormentone quotidiano: chi non ha niente viene acceso da un ideale, chi ha tutto si siede e si spegne …. è così il giovane, è così l’adulto, è così l’anziano: non c’è età che tenga.

Forse allora è ancora lo stile di base dell’esistenza che conta: è importante vedere se la vita la pensi come un possesso o come una continua accoglienza di un dono.

L’esperienza più tragica è quella dell’amore: due si cercano, si chiamano, si desiderano, costruiscono ideali comuni, si orientano a una meta, fanno pure anni di convivenza per “far le prove”, si sposano e dopo pochissimo tempo si sentono seduti, ciascuno dei due, sui sentimenti e sulla vita dell’altro, si schiacciano a vicenda. Hanno smesso di cercarsi, di sentirsi bisognosi l’uno dall’altra, di conquistarsi … si sono dati subito per scontati.

La vita non è così: non è dubbio metodico, ansia continua, incertezza programmata, ma è offerta di sé incondizionata da colorare ogni giorno di dono e di attesa, di rischio e di sorpresa.

È così anche per la vita di fede: la fede non è mai un possesso, ma un dono da invocare e da accogliere; non è un piedistallo per giudicare gli altri, ma dono da accogliere e offrire umilmente; non è uno Stato sociale, ma una tensione ideale.

I pubblicani, cioè i delinquenti, i profittatori, la feccia dell’umanità, le prostitute, vi precedono nel regno dei cieli, dice Gesù ai benpensanti. Non è che lo dirà anche a noi nella notte di Natale in chiesa o davanti a qualche presepio?

Abbiamo la speranza di poterci convertire e tornare alla saggezza di una fede umile, di una accoglienza senza pretese e con il cuore largo.

San Giovanni della Croce, che oggi festeggiamo, consigliava di ricordare che tutte le cose che ci accadono, di bene o di male, vengono da Dio, affinché nel primo caso non ci insuperbiamo, nel bene, e nel secondo, nel male, non ci scoraggiamo.

14 Dicembre 2021
+Domenico

Oggi credere è una scelta, una risposta non una tradizione

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 21,25-26) dal Vangelo del giorno (Mt 21,23-27)

«… Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?».
Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, ci risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. Se diciamo: “Dagli uomini”, abbiamo paura della folla, perché tutti considerano Giovanni un profeta».

Audio della riflessione

Una delle cose più difficili da fare, oggi, è quella di decidersi, di scegliere, di capire da che parte stare: si può passare tempo a valutare, a vedere i pro e i contro, ma poi occorre decidere.

Fanno fatica i giovani che si trovano davanti alla vita come davanti alla tivù con il telecomando … molti programmi, uno sguardo di qua, uno di là … ci si ferma un poco su un programma, se ne tenta un altro, si torna indietro e alla fine si è affogati nel mare delle possibilità, senza aver fatto una minima scelta.

È così nello shopping … anche se oggi, per l’incertezza economica, per la complicazione della pandemia, lavora di più il pomo di Adamo nel deglutire l’impossibilità che l’imbarazzo della scelta.

È così nella vita affettiva, nella scelta degli studi: siamo deboli nella decisione … e Gesù un giorno si è trovato di fronte a una domanda impertinente dei suoi soliti avversari, che avevano la vocazione a giudicare piuttosto che a ricercare la verità … e Lui che legge nel cuore di questi uomini, come legge nel cuore di ciascuno di noi, smaschera la comodità dello stare a giudicare senza mai sentirsi coinvolti e li provoca a prendere una decisione: “Chi era per voi Giovanni il Battista? L’avete seguito o l’avete snobbato? Che posizione avete preso di fronte alla sua predicazione? È stato un esercizio di retorica o vi siete lasciati cambiare la vita? Vi siete mescolati alla gente che lo seguiva per farvi vedere e riuscire a stare a galla sempre e comunque per posa, oppure condividete con il popolo questo slancio di purificazione, questa voglia di ridare vita alla vostra esperienza religiosa, che sembra ammuffita?”.

È un discorso che va dritto anche al nostro essere: andare a messa a Natale, intenerirsi davanti al presepio, lasciarsi commuovere da atmosfere natalizie è partecipazione a un evento che ci cambia la vita o è adattamento alle buone maniere, uno scotto da pagare a ricordi dell’infanzia?

Nella vita spesso non siamo coerenti, di difetti ne abbiamo una barca, di cose sbagliate per debolezza ne facciamo tante … è peggio però non prendere mai una decisione, lasciarsi trascinare dall’opinione corrente.

La vita ha bisogno di essere affrontata prendendo posizione: navigare a vista aguzza la capacità di adattamento, ma sempre al ribasso. Sperare è il contrario del vivere di rimedi, è orientarsi in una direzione. Ci stiamo esercitando in questa ricerca di direzione per dare gambe alla speranza?

Santa Lucia, la vergine siracusana, che tutti oggi veneriamo, aveva una vista lunga e noi la invochiamo soprattutto per la vista della fede, che ci permette di camminare sicuri verso mete alte.

13 Dicembre 2021
+Domenico

Non scartare l’unica sicurezza della vita, che è Gesù

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 21, 42) dal Vangelo del giorno (Mt 21, 33-43.45-46) nel Venerdì della seconda settimana di quaresima

E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
La pietra che i costruttori hanno scartata
è diventata testata d’angolo;
dal Signore è stato fatto questo
ed è mirabile agli occhi nostri?

Audio della riflessione

La nostra vita è un grande campo in cui molti lavorano, arano, seminano, raccolgono: i primi sono i genitori, i nonni, i fratelli e le sorelle, gli insegnanti, i preti, le suore, i catechisti, gli amici, gli insegnanti, i professori … la gente che incontriamo; ciascuno lascia la sua traccia più o meno buona, più o meno determinante.

Abbiamo una nostra coscienza, un’anima che nessuno può rubarci, ma siamo costruiti da tante piccole e grandi forze.

Una delle più importanti è quella che ci aiuta a trovare il senso della vita, il perché, quella che ci aiuta a dare alla nostra esistenza la direzione della felicità, quella vera: si tratta di fondare la vita – allora – su una roccia sicura, su una pietra che regge tutto.

Gesù era questo per il popolo di Israele, ma la gente lo ha scalzato, lo ha scartato, anzi lo ha messo in croce credendo di averlo eliminato.

Capita così anche oggi: Abbiamo sbalzato Dio dall’orizzonte della nostra vita credendo di esserci liberati da una realtà ingombrante e ci accorgiamo che non siamo più in grado di capire chi siamo.

Quanto più Dio si allontana nel tempo e nella storia, tanto più cresce il bisogno di sorgenti, di fonti di senso: non trovandole più in Dio, queste fonti di senso, l’uomo le inventa, le costruisce, le cerca nella sfera immanente delle sue azioni e del suo mondo, delle sue cosette.

E’ proprio vero che  quando si eclissa Dio spuntano gli idoli, la religiosità diventa superstizione, l’uomo smarrisce il senso della sua dignità e del suo destino.

Perché spesso siamo annoiati, scontenti, senza ideali, infelici? Perché stiamo male? Perché nonostante tutto ci vada bene sentiamo di non essere contenti? Proviamo a vedere che posto abbiamo lasciato a Dio nella nostra vita … se lo abbiamo scartato, non ci possiamo meravigliare … siamo stati fatti a sua immagine e se non la ristabiliamo in noi e fuori di noi non avremo mai la felicità.

Ma la pietra scartata diventerà ancora la pietra angolare, quella su cui poggia tutto l’edificio della nostra vita: questa è la speranza di cui  il cristiano vive, questa è la speranza che  può dare nuova vita al mondo distratto di oggi.

5 Marzo 2021
+Domenico