Giuseppe il sognatore lavoratore

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 13,54-58)

In quel tempo Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi.

Audio della riflessione

San Giuseppe, nei suoi sogni, ha incrociato i pensieri di Dio.

Giuseppe fidati! Hai ragione a non dubitare minimamente di Maria. È lo Spirito Santo, sono io che ho voluto cominciare a vivere da uomo in Cristo Gesù. Sì, così devi chiamare questo bambino: assumiti tu il compito di padre.

E Giuseppe accettò di entrare in questo percorso, assolutamente sconosciuto e difficile: aveva espresso il massimo di docilità al piano esigente di Dio, sapeva che la strada imboccata era in salita! Questa, infatti, gli chiede una decisione drammatica di pensare a una sua famiglia in maniera del tutto inaspettata. 

La nascita del figlio poi avverrà in un mare di difficoltà, scardinato dal suo paese in una concentrazione di povertà in quell’anfratto per pastori, che a casa sua sarebbe stata meno ossessiva: povertà ancora, ma più vivibile.

Ma non è ancora finita: Un altro sogno!

Ma non è forse meglio adattarsi che sognare? E dal sogno la fuga: indesiderato, ricercato, scomodo, fragile, indifeso e pericoloso.

È la prima pagina di diario che Giuseppe deve scrivere di Gesù: è l’atmosfera che caratterizza la festa per il suo figlio primogenito al ritorno della madre dalla clinica. Si deve fuggire. E Giuseppe, il capofamiglia, il sognatore, docile, forte si assume le sue responsabilità, fa l’immigrato; non prende una carretta del mare, ma affronta un mare di sabbia.

Ormai sono una famiglia, in Gesù resteranno indelebili la sua dedizione, la sua cura, il suo cuore in tumulto, la sua obbedienza al piano di Dio; lo preparano al suo deserto, al suo orto del Getsemani, al suo abbandono nelle braccia del Padre. Anche Gesù ha avuto una famiglia che gli ha segnato la vita e gli ha dato la forza di spendersi fino alla morte. Giuseppe sicuramente ha raccontato i suoi sogni a Gesù se ne è uscito un figlio più sognatore di lui.

Oggi però ricordando e pregando san Giuseppe non possiamo non fare una riflessione sul lavoro che il Signore stesso ci invita a fare. Intanto è lavoro non solo quello manuale, sempre prezioso e nobilissimo, tanto che Gesù era noto come il figlio del carpentiere, carpentiere anche lui con la bellissima figura di un uomo giusto e generoso come san Giuseppe. Per questo la chiesa si è quasi allineata dando al primo maggio la sua adesione di fede oltre che di civile partecipazione ponendo davanti questa figura di padre, di lavoratore, di uomo onesto.

Lavoro, quindi per noi è qualsiasi attività rivolta a trasformare il mondo in cui viviamo per metterlo in condizione di servire l’uomo sempre più e sempre meglio, aiutandolo a conseguire i suoi fini inalienabili, secondo l’alto disegno del Creatore. Perché, come dice il Concilio Vaticano II, “tutto quanto esiste sulla terra deve essere riferito all’uomo come a suo centro e a suo vertice” (Gaudium et Spes, 12). Anzi, non è solo il mondo a essere trasformato e migliorato dal lavoro, ma anche il lavoratore. È ancora lo stesso documento conciliare a ricordarcelo: “L’uomo, quando lavora, non soltanto modifica le cose e la società, ma anche perfeziona sé stesso. Apprende molte cose, sviluppa le sue facoltà, è portato a uscire da sé e a superarsi. Ma soprattutto il lavoro deve essere più sicuro per la stessa vita. In Italia sono ancora troppi i morti per incidenti sul lavoro. Basterebbe anche solo un ferito per ridirci che occorre più sicurezza sul lavoro. È una necessità che deve avere il contributo e la partecipazione di tutti, lavoratori compresi. Non bastano le leggi, non bastano le multe, non bastano le denunce: occorre cambiare mentalità. Il lavoratore è più importante di tutta l’impresa, dei suoi fini, della sua utilità, della sua urgenza. Bisogna che tutti: datori di lavoro, ditte di appalto o coadiuvanti di carico e scarico, di progettazione e revisione…. ispettori, autorità locali se ne facciano carico appassionatamente e intelligentemente. Con gli strumenti di oggi deve essere impossibile che una persona si faccia anche solo male, non solo che perda la vita. In una convergenza di forze necessarie e obbligatorie noi cristiani possiamo affidare tutti i lavoratori alle cure e alla custodia di san Giuseppe, che ha fatto il carpentiere assieme a Gesù.

1 Maggio 2024
+Domenico

Autore: +Domenico

Domenico Sigalini (Dello, 7 giugno 1942) è un vescovo e giornalista italiano, Vescovo emerito della sede suburbicaria di Palestrina. Una Biografia più esaustiva è disponibile su Cathopedia all'indirizzo https://it.cathopedia.org/wiki/Domenico_Sigalini

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