Non solo previsioni o emergenze, ma nuove speranze

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 12, 54-59

In quel tempo, Gesù diceva alle folle:
«Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: “Arriva la pioggia”, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: “Farà caldo”, e così accade. Ipocriti! Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo? E perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto?
Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada cerca di trovare un accordo con lui, per evitare che ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all’esattore dei debiti e costui ti getti in prigione. Io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo».

Audio della riflessione.

Dove stiamo andando, che direzione prende la nostra vita, i giovani che futuro potranno godere, che cosa capiterà nei prossimi anni al nostro modo di vivere? Sono domande che ogni tanto mettono ansia a un papà e a una mamma di famiglia che pensa ai suoi figli, o a qualsiasi persona che vuol sentirsi responsabile della sua vita.  

Se guardiamo indietro agli anni che ci hanno preceduto e li confrontiamo con l’oggi registriamo cambiamenti impensabili del nostro modo di vivere. Penso alla rivoluzione nelle comunicazioni, nel lavoro, nella vita di famiglia, nella immigrazione. E siamo spesso impreparati ad affrontare i problemi. Gesù nel vangelo ci dice che dobbiamo scrutare con più attenzione i segni dei tempi. Purtroppo, dice,  tutta la vostra intelligenza la mettete nel fare previsioni. Utili anche quelle. Avessimo potuto prevenire lo tsunami! Potessimo prevedere i terremoti!  

C’è anche da avere una capacità di cogliere la presenza di Dio nella storia e i segnali di conversione che ci manda. Il futuro non sta nelle previsione, ma nella speranza e occorre soprattutto in questi tempi leggere i segni di speranza che nascono nel mondo per accoglierli, svilupparli, orientare il mondo alla sua naturale direzione che è il Regno di Dio. Il Concilio Ecumenico vaticano II ci aveva aiutati a questo esercizio di lettura dei segni dei tempi, dei luoghi, cioè, in cui si manifesta maggiormente la presenza di Dio, la sua storia di salvezza. Sono indicazioni di apertura a nuovi fatti che caratterizzano il cammino della nostra storia e in essi il cristiano deve seminare la Parola di Dio, li deve orientare nella direzione giusta. 

 

Esistono oggi tanti segni di speranza che vanno sviluppati: la valorizzazione della persona concreta, l’apprezzare le differenze, l’originalità, il pluralismo, la tolleranza, il crescente e diffuso interesse per la creatività, il simbolo, i riti, la dimensione estetica della vita; la particolare e generalizzata sensibilità alla festa e alla componente ludica del vivere umano; l’attenzione alla vita quotidiana, intesa come spazio minimo vitale che consente alle persone di costruire concretamente la propria esistenza; la nuova sensibilità verso la pace, la provocazione della migrazione dei popoli che non è più una emergenza, ma una situazione certa quotidiana, da affrontare assieme come mondo e, io dico, come chiesa universale, una certa nostalgia del sacro…  Non c’è che da farsi prendere da questa speranza che sale dalla vita. 

27 Ottobre
+Domenico

 

La fede in Gesù non è un galateo

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 12,49-53

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!
Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».

Audio della riflessione.

Eccettuato qualche fanatico, in genere chi imposta la vita secondo una religione è un tipo calmo, tranquillo, è uno che sta dalla parte dell’ordine, non offende nessuno, è trattabile, fa parte del sistema.  

Non doveva essere proprio così Gesù. Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; come vorrei che fosse già acceso. E tutti ricordiamo, noi adulti, come proprio nella GMG del 2000 il Papa congedava i giovani di Tor Vergata con le parole di S. Caterina da Siena: Se sarete quello che dovete essere metterete fuoco in tutto il mondo. Allora il cristianesimo non è un tranquillante, non è la codificazione del politicante corretto, non è un galateo, non è buonismo.  

Non sono venuto a portare la pace, ma la spada… Allora è tutta rivoluzione, trasgressione, ribaltamento dell’ordine costituito? Anche nel mondo degli affetti, che è per eccellenza il luogo della pace, Gesù entra con forza e porta scompiglio.  

Come sempre Gesù non lo si comprende con le nostre semplificazioni ideologiche, stringendolo nei nostri schemi di destra o di sinistra, di restaurazione o di rivoluzione. 

Quando Lui c’è, la sua presenza non si somma, non si confonde, ma determina, cambia, porta a verità, colora, dà sapore, crea anche crisi perché la pace che Lui dona non è frutto di accomodamenti o di falsità. Per accogliere la sua pace, perché questa è il grande dono di Gesù agli uomini, è necessario a volte prendere delle decisioni dolorose. 

Spesso sotto la copertura degli affetti anche all’interno della vita di coppia, della vita di famiglia si instaurano rapporti falsi, opprimenti, ingiusti. 

Gesù porta alla verità di te stesso, alla verità delle relazioni, per questo porta scompiglio, fuoco che brucia il male, l’ingiustizia, i soprusi. Gli uomini e le donne con lui acquistano dignità. E’ un acquisto sempre a caro prezzo. Chi paga e ha pagato per primo è Lui e il cristiano è un “trasgressivo” che porta su di sé la croce e non la impone agli altri. 

26 Ottobre
+Domenico

Nel nostro cuore è inscritta un’attesa impagabile  

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 12,39-48)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?».
Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi.
Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.
Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».

Audio della riflessione.

Attendere un compimento, una completezza è la caratteristica più comune della nostra vita umana. Siamo crepacci assetati di infinito, inquietudini in attesa di appagamento, terre assetate in attesa di una sorgente, notti che attendono l’alba, nebbie che invocano il sole.  

Siamo proiettati verso qualcosa che ci viene incontro e non siamo felici finché non è avvenuto il contatto. Salvo a vedere che non c’è niente che ci appaga definitivamente. Ogni attesa ne ha in grembo un’altra, ogni desiderio è stato fatto per scavarne un altro; ogni aspettativa ne nasconde una successiva. E la nostra vita si snoda di attesa in attesa. Quando sarà compiuta l’attesa? E’ il supplizio senza fine di Tantalo, assetato e affamato, che vede giungere alla sua bocca l’acqua e il cibo e allontanarsene appena prima di toccargli le labbra in un eterno continuo inganno oppure c’è qualcuno che appaga i nostri desideri? Perché nel nostro cuore è inscritta una attesa inappagabile, perché arrivati a un orizzonte, se ne aprono davanti sempre di nuovi, raggiunti i quali se ne aprono ancora? “Siamo fatti per te e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te!”  

L’attesa non sarà mai una delusione o un inganno se saprà veramente orientarsi al nuovo, al sorprendente;  il compimento non è turare un tombino con una botola, metterci sopra una pietra per non pensarci più, ma una nuova apertura della vita, una sfida, una impensabile prospettiva. Chi attende veramente è pronto a lasciarsi sorprendere, a predisporsi a una nuova configurazione di sé. Se il papà o la mamma aspettassero il loro figlio come un ingranaggio di una loro ruota già predeterminata e finita, lo soffocherebbero. Ma se lo aspettano come una sorpresa, come un dono, ribalta loro l’esistenza. Questo è il significato dell’essere vigilanti. Noi subito pensiamo che bisogna star svegli altrimenti ti fregano, ti sorprendono. Abbiamo il senso della vigilanza ridotto allo stare attenti per evitare l’autovelox. Essere vigilanti significa invece essere sentinelle del mattino e non becchini di un cimitero. Quando non c’è vigilanza viene a mancare una dimensione importante della fede: la capacità costante di passare da uno stato di provvisorietà a un altro. Immaginate quanto è necessario questo atteggiamento nelle precarietà cui siamo costretti a vivere oggi, soprattutto se giovani. 

Tutte le nostre più belle attese non ci hanno appagato, ma ci hanno ribaltato, ci hanno aiutato a dare alla nostra vita un’altra prospettiva, proprio perché le abbiamo accolte come un dono, come una vita. Anche i cimiteri sono pieni di loculi che attendono di essere colmati. Ma lì ci metteranno cadaveri. Noi spesso nella vita attendiamo come i loculi. Incaselliamo le persone, le vicende, le professioni, le speranze per cambiare tutto in delusioni, oggetti, scheletri. Ci sarà nella vita qualche altro modo di attendere? Come si può attendere Dio? Come Erode con la spada per ucciderlo? Come il potere per combatterlo, come il miscredente per metterlo alla prova o come Maria che ha messo a disposizione tutto: vita, pensieri, affetti, progetti, sogni, amore? 

25 Ottobre
+Domenico

La vita non è un sonnifero

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 12, 35-38

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito.
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli.
E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!».

Audio della riflessione.

C’è un’arte pervasiva nel mondo di oggi, di cui sono cultori soprattutto i mezzi di comunicazione sociale, che è quella del far addormentare le coscienze, imbonire le persone, orientare senza far pensare, influenzare, togliere grinta alla vita. La televisione ne è maestra; il resto lo fa la pubblicità, la carta stampata, i call center, le radio commerciali, i cellulari. Il vangelo invece ci dice che bisogna stare sempre svegli. La vita non è un sonnifero, la fede ancor meno; la vita cristiana è una continua accoglienza di uno che viene, in mezzo alla notte della vita o prima dell’alba di un futuro sicuro. Dio verrà, il Signore ha promesso di non lasciarci soli.  

Essere svegli significa saper attendere, guardare continuamente oltre, non accontentarsi degli equilibri raggiunti, non sedersi tranquilli pensando che la vita te la facciano gli altri, avere grinta in ogni difficoltà, essere consapevoli di un compito affidato, puntare sul futuro sempre. Quanto invece è diversa la vita di chi è sfiduciato, di chi non spera più niente, di chi vive come un pacco sballottato da ogni parte, senza meta, navigando a vista! Qualcuno sembra vivo, ma solo perché si fa di cocaina, ha l’impressione di essere potente, di dominare gli eventi, di tenere tutto sotto controllo, poi si affloscia miseramente e diventa un pericolo pubblico per la vita degli altri, per esempio quando guida una automobile in questo stato. Da schiavo vive soggiogato e non decide più di niente. Non è più sveglio se non per continuare ad essere usato. Non hai le manette ai polsi, ma hai la mente spenta e la vita privata di ideali. 

Essere svegli è accorgersi degli altri, è tendere l’orecchio per percepire il sussurro dell’umanità che ci circonda e che chiede aiuto, solidarietà, offerta di ideali.. Essere svegli è sapere che la vita non dipende da noi, che ne dobbiamo rispondere a chi ce l’ha donata, è sapere che la nostra esistenza è nelle mani di Dio e che è continuamente guardata con amore. Essere svegli allora è rispondere a questo amore, offrire la propria vita perché se ne realizzi quella parte che il Signore ha affidato a noi di comunicare. Essere svegli è non temere la morte, perché abbiamo sempre il cuore aperto all’attesa e niente ci fa paura perché Dio non ci abbandona mai.  

24 Ottobre
+Domenico

Ce l’abbiamo fatta e possiamo vivere di rendita  

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 12, 13-21)

In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?».
E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».
Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

Audio della riflessione.

C’è nel Vangelo la descrizione dell’insana soddisfazione di un uomo che ha lottato tutta la vita per farsi un nome, per costruire una azienda, per alzare il fatturato, per imporsi sul mercato. Un uomo riuscito che si è allargato sempre di più e che ha il dono di sedersi a contemplare e a sentirsi soddisfatto. Fermarsi a guardare ciò che si è raggiunto è già un fatto positivo rispetto a quell’affanno dell’avere che a molti avvelena tutta la vita per conquistare sempre di più.  

Ebbene quest’uomo si siede, contempla e pone la sua fiducia in quello che ha. Anima mia godi, hai fatto tutto quello che potevi per star bene, oggi hai il premio delle tue fatiche. E’ stata dura, abbiamo dovuto far fuori tante altre persone che ci facevano concorrenza, non siamo sempre stati del tutto leali, ma il mondo è così: se non mangi tu gli altri, sono loro che mangiano te.   

I suoi sogni si sono realizzati, ma stanno diventando un incubo. Infatti sente sullo sfondo un mormorio: stolto stanotte dopo il consiglio di amministrazione in cui hai spostato capitali, hai investito in nuovi mondi, hai contrattato compere fortunate, hai comperato appoggi politici… questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. Dovrai rendere conto di tutto e resterai nudo come quando sei nato, le uniche cose che ti porterai con te sono il tuo cuore e la tua capacità di amare. Devi lasciare tutto, resti nudo con te stesso, con la tua anima, senza portafoglio, senza libretto degli assegni. Ogni bancomat è scaduto, le carte di credito annullate. Cento sono già pronti ad occupare il tuo posto, a recitare la commedia dell’immenso dolore, ad affrettare un nuovo assetto, a criticare quel che sei stato. Dice papa Francesco: non ho mai visto dietro un funerale un camion dei traslochi. 

Anche se uno è nell’abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni. E’ più che una constatazione, è l’insegnamento di Gesù che ci mette in guardia dall’attaccamento al denaro, ai soldi, agli euro, alle operazioni finanziarie, ai giochi d’azzardo, all’accumulo. E’ sempre alle porte la tentazione di affidare il nostro futuro alle cose: il drogato lo affida alle sostanze, la star al successo, il giocatore agli ingaggi, l’uomo televisivo all’audience. E purtroppo spesso diventiamo mezze persone, fantocci in balia delle situazioni, buttiamo l’anima credendo di salvarci al vita. E’ quello che capita a quasi tutti coloro che vincono somme favolose alle lotterie: non hanno finito di soffrire, ma di vivere. 

E’ a Dio che occorre affidarsi,  è questa speranza che è Lui che deve sempre stare davanti a tutti i nostri pensieri. Una parola stiamo dimenticando: Provvidenza. Eppure i santi hanno costruito le loro opere più grandi fidandosi solo proprio di Dio    

Avere in mano la vita non significa poter conquistare benessere. Le cose, i soldi, gli affetti, le ideologie, gli amici, la casa non sono una assicurazione. 

E’ solo Dio che ha in mano la vita.  

La tua vita riprende il senso definitivo che ha cercato di costruire, se l’ha costruito, altrimenti resta vuota. Resta la tua coscienza ricca di quei momenti di forza che si è data in quel dialogo personalissimo con Dio, lontano da ogni telecamera che giorno per giorno ti sei mantenuto. Quel Dio della cui presenza ogni giorno vivevi e a cui facevi posto nella tua vita, te lo ritrovi in pienezza. A Lui ti accompagneranno solo le persone cui avrai fatto del bene e il bene che a loro avrai fatto. 

Maria ha sempre messo tutta la sua fiducia in Dio; per questo non l’ha spaventata nemmeno la profezia di Simeone: una spada trafiggerà la tua anima… 

Per questo la invochiamo regina della pace, perché Lei si è sempre affidata a Dio e a nessun altro possibile potere. 

Noi ch siamo pieni di preoccupazioni, certo dobbiamo soffrire soprattutto per quelli che dobbiamo mantenere, servire, cui dobbiamo garantire un futuro. Ma siamo sicuri che ci guadagniamo di più se li affidiamo e li aiutiamo ad affidarsi a Dio piuttosto che affidarli alla fortuna o al possesso di cose, all’amore piuttosto che all’interesse personale. 

23 Ottobre
+Domenico

Non riconoscere che Gesù è la misericordia di Dio è un peccato imperdonabile  

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 12,8-12)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Io vi dico: chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio; ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini, sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio.
Chiunque parlerà contro il Figlio dell’uomo, gli sarà perdonato; ma a chi bestemmierà lo Spirito Santo, non sarà perdonato.
Quando vi porteranno davanti alle sinagoghe, ai magistrati e alle autorità, non preoccupatevi di come o di che cosa discolparvi, o di che cosa dire, perché lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire».

Audio della riflessione.

Ci capita spesso, quando siamo messi di fronte a qualche nostra immagine che non è del tutto gradita alle altre persone, di nasconderci, di fare finta di niente. Non siamo ai livelli del rinnegamento di Pietro quando alcune donne gli chiedono se è del giro di Gesù e lui spergiura di non averlo mai neanche visto, ma ne siamo sulla strada. Non tradiamo, ma ci camuffiamo. Questo spesso capita nella nostra società secolarizzata o troppo positivista di fronte alla affermazione di essere credenti, praticanti pure. In Tv al massimo si ammette di credere, ma sicuramente di non essere praticante, perché sarebbe un’altra squalifica sociale.  

Occorre invece vivere sempre un impegno coraggioso a riconoscere pubblicamente non solo di credere, ma di essere pure amici di Gesù. E Gesù non ci mollerà mai soprattutto nell’eternità. Ancor di più è determinante al fine della nostra comunione con Gesù in eterno, un eventuale rinnegamento. Infatti, dice Gesù nel vangelo: «chi mi rinnegherà», colui che ha paura di confessare Gesù, si condanna da solo. È di una portata cruciale avere il coraggio di decidersi per Gesù, per la sua Parola, per la sua storia della salvezza; da questa decisione, riconoscere o rinnegare Gesù, dipende la nostra salvezza.  

Questa comunione che Luca evidenzia e che Gesù ci conferma nel tempo presente verrà confermata e diventerà perfetta al momento della sua venuta nella gloria. Questo è vero per ogni singola persona ma ancora di più per le comunità cristiane che non devono venir meno alla testimonianza coraggiosa, anche se si è esposti al dileggio e alle vere e proprie ostilità del mondo. Lui ci dà la forza di non vergognarci di essere e di mostrarci cristiani. 

Delicato il discorso anche della “bestemmia contro lo Spirito Santo”, che è il parlare offensivo che nega la grande misericordia di Dio, il suo amore, la sua tenerezza anche con i peccatori più incalliti. Gesù ha speso una vita per dirci l’amore del Padre; ha usato molte parabole per dirne la grande disponibilità al perdono, nel presentare il comportamento di Dio che va in cerca del peccatore, che è esigente ma che sa attendere il momento del ritorno a Lui o la maturazione del peccatore.  

Il non riconoscere questo, il deliberato e consapevole rifiuto dello Spirito profetico che è all’opera nelle azioni e nell’insegnamento di Gesù, vale a dire, un rifiuto all’incontro con l’agire misericordioso e salvifico col Padre è la bestemmia contro lo Spirito  e questa non può essere perdonata, proprio perché si ritiene che Dio non voglia perdonare mai, una immagine falsa di Gesù e di Dio Padre, è il mancato riconoscimento della volontà di perdono di Dio in Gesù e quindi un condannarsi da soli.

21 Ottobre
+Domenico

Difendere la privacy, non è esaltare l’ipocrisia  

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 12,1-7)

In quel tempo, si erano radunate migliaia di persone, al punto che si calpestavano a vicenda, e Gesù cominciò a dire anzitutto ai suoi discepoli:
«Guardatevi bene dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia. Non c’è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto. Quindi ciò che avrete detto nelle tenebre sarà udito in piena luce, e ciò che avrete detto all’orecchio nelle stanze più interne sarà annunciato dalle terrazze.
Dico a voi, amici miei: non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo e dopo questo non possono fare più nulla. Vi mostrerò invece di chi dovete aver paura: temete colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geènna. Sì, ve lo dico, temete costui.
Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate paura: valete più di molti passeri!».

Audio della riflessione.

Si fa tanto parlare oggi di privacy, di intercettazioni telefoniche. Ti capita di vederti scritto sui giornali quello che hai detto in confidenza agli amici, le parolacce e le volgarità a cui ti lasci andare quando sei arrabbiato o quando non hai più nessun ritegno nei confronti di qualche odio che covi nel cuore. Il cellulare svela spesso i sentimenti del cuore, le tue trame, i tuoi tradimenti, la tua vera faccia. Dietro persone che passano di essere perbene, aplomb, sempre sorridenti, emergono caratteri irascibili, egoismi inconfessati, anime malate. Non c’è più spazio per l’ipocrisia, o meglio viene fotografata e messa in piazza l’ipocrisia delle persone, la doppiezza della vita, viene tolta la maschera al benpensante che resta nudo di fronte a tutti con i suoi sentimenti veri e soprattutto è nudo di fronte a Dio, che non riconosce nemmeno come creatore e padre, perché è solo lui, l’ipocrita, il centro del mondo. 

La legge sicuramente interviene per salvare la privacy, ma la correttezza morale delle persone non cambierà perché c’è una legge che giustamente impedisce di mettere in piazza le cose personali. Le volgarità che dice, l’animo cattivo che nutre, le trame distruttrici velate da sorrisi e compiacenze, i tradimenti dell’onore camuffati da regali, le dichiarazioni di principio inflessibili e i comportamenti delinquenziali nascono dal cuore e se questo non cambia abbiamo solo riportato l’ipocrita alla sua solitudine e alla sua gabbia di menzogna 

È la coscienza sempre il grande centro cui occorre portare ogni cosa. Non c’è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto, dice il vangelo. Ogni uomo è chiamato a fare i conti con la verità e la verità abita nella coscienza. Puoi ingannare tutti, non il profondo di te stesso in cui abita Dio. Qui incontri la verità di te e qui vieni visto da Dio e illuminato dalla sua Parola.  

Oggi occorre ritornare ad essere autentici, a far corrispondere alle parole la vita, al volto l’anima. Questo dà serenità interiore e apre gli uomini alla speranza di un rapporto di pace e di collaborazione. Non passi la vita a studiare inganni, a coprire, a non far conoscere, a costruirti maschere, ma ad allargarla alla comunione nella verità per tutti. 

20 Ottobre
+Domenico

La pace è la prima condizione che ci dà futuro e che chiediamo al Signore

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 12, 54-59)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù diceva alle folle:
«Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: “Arriva la pioggia”, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: “Farà caldo”, e così accade. Ipocriti! Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo? E perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto?
Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada cerca di trovare un accordo con lui, per evitare che ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all’esattore dei debiti e costui ti getti in prigione. Io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo».

Audio della riflessione


Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada cerca di trovare un accordo con lui, per evitare che ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all’esattore dei debiti e costui ti getti in prigione. Io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo».

Dove stiamo andando, che direzione prende la nostra vita, i giovani che futuro potranno godere, che cosa capiterà nei prossimi anni al nostro modo di vivere? Sono domande che ogni tanto mettono ansia a un papà e a una mamma di famiglia che pensa ai suoi figli, o a qualsiasi persona che vuol sentirsi responsabile della sua vita.

Se guardiamo indietro agli anni che ci hanno preceduto e li confrontiamo con l’oggi registriamo cambiamenti impensabili del nostro modo di vivere. Penso alla rivoluzione nelle comunicazioni, nel lavoro, nella vita di famiglia, nella immigrazione. Oggi soprattutto ci preoccupa questa guerra tra i due mondi, non più tra due nazioni soltanto. Sta scoppiando e costruendosi un nuovo assetto della terra, delle economie, dei modelli culturali, delle visioni di vita. E siamo assolutamente impreparati ad affrontare i problemi. Gesù nel vangelo ci dice che dobbiamo scrutare con più attenzione i segni dei tempi. Purtroppo, dice,  tutta la vostra intelligenza la mettete nel fare previsioni di corto respiro, affogate in una lago, quando è l’oceano che vi travolge. Non riusciamo a prevenire gli tsunami, a  prevedere i terremoti! Oggi siamo di fronte a uno tsumani dell’umanità

Noi cristiani siamo invitati ad avere una capacità di cogliere la presenza di Dio nella storia e i segnali di conversione che ci manda. Il futuro non sta nelle previsioni ma nella speranza e occorre soprattutto in questi tempi leggere i segni di speranza che nascono nel mondo per accoglierli, svilupparli, orientare il mondo alla sua naturale direzione che è il Regno di Dio. Il Concilio Ecumenico vaticano II ci aveva aiutati a questo esercizio di lettura dei segni dei tempi, dei luoghi, cioè, in cui si manifesta maggiormente la presenza di Dio, la sua storia di salvezza. Sono indicazioni di apertura a nuovi fatti che caratterizzano il cammino della nostra storia e in essi il cristiano deve seminare la Parola di Dio, li deve orientare nella direzione giusta.

Esistono anche oggi tanti segni di speranza che vanno sviluppati. Il primo è la lungimiranza di papa Francesco che ha da sempre intuito che questa guerra non è un fatto isolato e componibile con le armi, ma con la buona volontà di parlarsi, di condividere, di fare tutti un passo indietro, di dialogare. Le religioni si stanno mettendo tutte a convergere alla pace, l’umanità non è più governabile da qualche potente, ma deve mettersi in una grande collaborazione, rispetto reciproco, bilanciamento di possibilità, consapevolezza che o si vive tutti bene o si muore tutti.

Non c’è che da farsi prendere da questa speranza che sale dalla vita.

21 Ottobre 2022
+Domenico

Trasmissione Radiofonica

La fede è fuoco che brucia

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 12, 49-50) dal Vangelo del giorno (Lc 12, 49-53)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!».

Audio della riflessione

Non vi sembra che oggi il modello di vita imperante sia quello di accontentarsi dell’acqua tiepida: né calda, né fredda. Ha il sopravvento la mediocrità, l’adattamento al ribasso, la comodità del proprio status, il non muovere niente perché si è sempre fatto così?

La vita in questo modo viene a mancare di grinta, di nerbo, di appello alla generosità, al dono, alla radicalità. Gesù conosce queste tentazioni dell’umanità, ma non vuole così i suoi discepoli. Sono venuto a portare un fuoco sulla terra. E’ stato il grido del vecchio papa Giovanni Paolo II, mutuato da una donna fragile nel corpo, ma ardente nello spirito, Caterina da Siena,  davanti ai due milioni di giovani nel 2000.  Prima di congedarli dopo una intensissima Giornata mondiale della gioventù gridò convinto, forte anche nella sua vecchiaia: Se metterete fuoco sulla terra…. Essere cristiani deve avere l’ardore del fuoco. Nel petto dei due discepoli di Emmaus il giorno di Pasqua, di fronte alle parole appassionate del finto pellegrino, sotto le cui sembianze si era fatto vedere Gesù, ardeva il cuore, era incontenibile la gioia e la passione. A San Filippo Neri si erano deformate le costole per l’ardore d’amore verso Gesù Cristo che spingeva il suo cuore a dilatarsi.

Un fuoco che brucia il male, che toglie di mezzo le sterpaglie della vita, che purifica come in un crogiolo i nostri pensieri, che dà calore alla vita contro il freddo calcolo dell’egoismo, deve diventare la vita cristiana. Certo non è questa l’immagine più normale delle nostre comunità cristiane, di tanti fedeli che mal sopportano di dover partecipare alla messa domenicale, di noi tutti che prima di compiere un passo decisivo nella conversione moriamo di calcoli, di se e di ma.

La fede ha la forza di un fuoco, il suo calore e la sua luce, trova nel Signore l’alimento, nella contemplazione di Lui la sorgente. Il fuoco può far male, perché costringe a concentrarsi sull’essenziale, perché ci stana dai nostri nascondigli, ci priva di inutili appoggi, ci purifica. Gesù nella sua vita è stato questo fuoco. Nella sua peregrinazione per le strade della Palestina, si accorge che non riesce a smuovere niente, ha di fronte un muro di gomma che respinge ogni desiderio di cambiamento ed esclama: come vorrei che questo fuoco fosse già acceso!

E’ la testimonianza della sua passione incontenibile per il Regno e per la salvezza degli uomini. E’ stato il progetto della SS. Trinità che Gesù è venuto a realizzare sulla terra; è il suo regno definitivo, deve essere la scelta di ogni cristiano, di ogni comunità sinodale. E’ il desiderio da esprimere e invocare in ogni preghiera e realizzare in ogni vita e in ogni comunità cristiana. E’ la pienezza, che deve esplodere da ogni  nostra vita.

20 Ottobre 2022
+Domenico

La parabola dell’amministratore fedele il Signore la dice per tutti

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 12,39-43) dal Vangelo del giorno (Lc 12,39-48)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?».
Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così.

Audio della riflessione

Essere attenti, svegli, vigili, pronti a intervenire, preparati ad ogni evenienza, sentinelle che al primo allarme sanno scattare e portare aiuto è il compito di tante professioni: vigili del fuoco, protezione civile, medici, operai, addetti ai corpi speciali, militari, guardie del corpo, vigilanze di ogni tipo. Non dipende solo da situazioni di conflitto o di movimenti rivoluzionari, ma dal tipo di organizzazione della società e dalla cura della vita che si diffonde sempre più, speriamo sempre anche di più degli interessi economici da difendere, per i quali è naturale che chi li possiede si attrezzi.

E’ così anche per la vita spirituale? per l’attenzione alla spiritualità, per la promozione dei valori evangelici, per la cura della dimensione religiosa della vita? C’è una task force che entra in azione, non certo eclatante o rumorosa, che aiuta le persona per uscire da disastri spirituali perniciosi e distruttivi di ogni bontà? Ci sono magari dei luoghi in cui ti puoi attrezzare di più per le battaglie spirituali contro il male che è sempre più proposto che il bene. I santuari mariani, per esempio, le case di esercizi spirituali. Ho trovato quest’anno  moltissima gente e giovani a Medjugorje, che è sempre di più un luogo di conversione, di ricarica spirituale; ritorna possibile fare un pellegrinaggio nelle terre sante di Gesù … Purtroppo le cose materiali ci vedono sempre più attenti di quelle spirituali. Gesù però quando parla del Regno, del suo amore e della vita credente ci invita ad essere sempre vigilanti, a vivere in profondità la tensione spirituale, a non farci sorprendere nell’inedia e nell’adattamento al ribasso. Il cristiano deve essere vigile nell’intuire i tratti della presenza di Dio e nel servirne la diffusione.

L’atteggiamento vigile e attento, la cura meticolosa della vita spirituale è un compito importante di chi annuncia il vangelo, del cristiano che ha ricevuto in dono la Parola di Dio, dei presbiteri e di chi ha responsabilità di guida della comunità cristiana. Non avrà mai un atteggiamento di sicurezza, tipica di chi si sente padrone delle cose, ma quello del fedele e saggio amministratore di beni non suoi, da rinnovare e tenere sempre vivi, perché Gesù è esigente; è comprensivo e buono, ma non si adatta al ribasso.

Il cristiano è uno che non si siede mai se non per ascoltare e contemplare la Parola, allora il suo stare è accogliere il dono di Dio che terrà poi sempre vivo nel cuore della gente, dei suoi compagni di lavoro e di vita, nella sua famiglia, nella sua passione per il regno di Dio diffuso in ogni luogo. Il Signore lo troverà allora sempre fedele a quel cielo che ci aiuta a dare alla terra il suo vero sapore.

19 Ottobre 2022
+Domenico

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