La persona umana è il centro di una unità tra cristiani sempre da invocare

Riflessione sul Vangelo del giorno (Mc 2, 23-28)

In quel tempo, di sabato Gesù passava tra i campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe.
I farisei gli dicevano: «Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?». Ed egli rispose loro: 
«Non avete mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame? Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell’offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni!».
E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l’uomo  e non l’uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato».

Audio della riflessione

Nel formarci una nostra personalità e nell’edificazione di sè come soggetto umano maturo ed adulto, la legge, le norme, le regole hanno un ruolo ineliminabile: insegnano a non rimanere prigionieri delle proprie pulsioni e dei bisogni immediati e danno, così, l’accesso alla vera libertà.

Se però la legge diventa un idolo, fine a se stessa si trasforma in una gabbia, toglie la verità ai fatti, fa prevalere una visione ideologica, non vera della vita, dà la stura a partiti presi, a incapacità di ragionare sulla verità. Era diventato così l’attaccamento al sabato da parte di molti ebrei al tempo di Gesù. Il sabato per loro, come per noi la domenica, è un giorno grande, bello, rappresentativo. Era l’irruzione del tempo sacro nel tempo profano, il giorno della pace donata da Dio, della pienezza della visione della gioia del suo volto, segno del tempo finale.

Invece un po’ alla volta divenne una legge, come la nostra domenica che è diventata un precetto anziché essere un regalo di Dio, una finestra aperta sull’eternità. Gesù riporta invece tutto alla centralità della persona umana. La religione non è un insieme di riti, di osservanze, di precetti, di obblighi, ma è un aiuto alla verità piena dell’uomo, che è amore

L’uomo non è per la legge, non è per il rito, non è per l’autorità o le istituzioni. Tutte queste realtà sono dei valori, ma sempre relativi all’uomo. Al sistema di osservanze esteriori Gesù oppone una religione fondata sull’amore e sulla libertà della propria vita. L’equilibro non è facile, va sempre cercato nel massimo della verità di se stessi.

Se questo principio salta si diventa fanatici, si fa della religione un motivo di guerra, si creano talebani disposti anche a uccidere per salvare le strutture. Noi cristiani fondiamo la religione sull’amore e per amore siamo capaci anche di morire, mai di far morire. Abbiamo l’esempio in Dio, che ci ha amato fino al dono supremo della vita di Gesù Cristo, per non abbandonarci mai.

Questa centralità della persona ci permette anche di accogliere un altro grande insegnamento per essere veri cristiani: l’unità. La persona è un esempio di questa unità, della distinzione dello scopo di ogni parte di essa e della necessità che ci sia un’armonia. La mano, fa la mano, il piede fa il piede e così ciascuna parte. San Paolo ce lo indica con grande sicurezza e capacità di convinzione. E noi continuiamo a richiamarci a questo dono che dobbiamo implorare da Dio: lo chiamiamo unità, lo fondiamo sulla comunione, lo viviamo nella nostra faticosa dispersione.

E’ un dono osteggiatissimo dal demonio che fa man bassa dei cristiani senza che se ne accorgano anche con le migliori intenzioni. Ma se non siete uniti che missione intendete fare? Avete sempre in voi il principio del divisore e lui trionfa non il Signore Nostro Gesù Cristo. La divisione il demonio ce la fa chiamare rispetto dell’identità, autorealizzazione, vocazione specifica, ruolo indispensabile,  bellezza della varietà; solo che ha altri nomi più banali invece: superbia, egoismo, autosufficienza, interesse personale, culto di sè se non addirittura fame di danaro e di potere. L’unità invece è luce, pace e gioia nello Spirito, che sono assolutamente doni di Dio da invocare. Per questo siamo stati preceduti da Gesù che prima di morire pregò appassionatamente per la nostra unità. E noi siamo ancora ben lontani dal goderla e farla godere all’umanità

16 Gennaio
+Domenico

Una vita fatta di pezze non è più sopportabile

Riflessione sul Vangelo del giorno (Mc 2,18-22)

In quel tempo, i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».
Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno.
Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!».

Audio della riflessione

Le strade in ogni scorcio di inverno ogni tanto devono venir rattoppate; piove, nevica, ghiaccia, si apre una buca, se ne apre un’altra, ripiove…. le elezioni sono ancora distanti… si passa allora a riempire le buche, a mettere pezze all’asfalto. Sono fatte ad arte, sono anche decorative, ma sempre pezze sono. In casa piove ogni volta che fa cattivo tempo e si sale sui tetti a spostare tegole, a mettere pezze. La prossima volta pioverà da qualche altra parte e si tornerà a metterne un’altra. Ieri ogni casalinga andava a scuola da qualche sarta per imparare a mettere le pezze nei pantaloni: era un’arte molto apprezzata. Nelle nostre vite spesso sregolate ogni tanto abbiamo il coraggio di mettere qualche pezza per non far vedere i buchi che hanno. E’ l’arte dell’adattamento, del non decidersi mai a cambiare, a progettare, a prendersi con coraggio in mano una situazione e impostare tutto secondo un piano, a cambiare radicalmente.

Gesù ha in mente questo continuo mettere pezze alla vita e dice: non si mettono pezze nuove su un vestito vecchio o vino nuovo in otri vecchi: occorre un vestito nuovo, una botte nuova; altrimenti il poco di nuovo che siamo riusciti a mettere assieme nella vita andrà a male.

Noi siamo specializzati nell’arte di mettere le pezze, di continuare a turare i buchi, di stendere veline su voragini di umanità, su ogni buca una botola, pur sapendo che le buche si spostano come quelle delle talpe nei prati. Mettiamo pezze dappertutto per poter vivere una vita decente. Non si tratta di restauro, ma di adattamento al ribasso.

Certo quando si fa una casa nuova o la si rimette a nuovo bisogna affrontare spese, preoccupazioni, fastidi. Occorre entrare in una nuova mentalità, distaccarsi dalla assoluta necessità dei tuoi angolini in cui hai ammassato tutti i tuoi ricordi che sono diventati una zavorra da cui non ti vuoi staccare, osare qualche soluzione diversa… è sempre più facile rabberciare. Nella vita spirituale Gesù ci dice che occorre avere il coraggio di cambiare, di fare un salto di qualità. Può essere la vita di famiglia, la vita affettiva, l’atteggiamento di rapporto con i compagni di scuola o di lavoro. Novità di vita è la parola d’ordine. Gesù questa speranza la dava ai suoi ascoltatori.

E io oggi questa speranza la trovo nella Parola di Dio incarnata nella vita quotidiana, la percepisco in chi soffre con coraggio per gli altri e ne attende la salvezza, in chi ha il coraggio del perdono dopo offese brucianti, in chi accetta di perdere, per conquistare il dono della misericordia e del saper perdonare sempre.

15 Gennaio
+Domenico

Ciascuno di noi è chiamato da Dio a fare una scelta di fondo per la nostra vita e per la vita del mondo.

Riflessione sul Vangelo del giorno (Mc 2,13-17)

In quel tempo, Gesù uscì di nuovo lungo il mare; tutta la folla veniva a lui ed egli insegnava loro. Passando, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre stava a tavola in casa di lui, anche molti pubblicani e peccatori erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo seguivano. Allora gli scribi dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, Gesù disse loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori».

Audio della riflessione

Qual è la vera strada della mia vita? C’è qualcuno che mi aiuta a trovare la strada giusta? C’è un satellitare infallibile?

Spesso, forse, stiamo in attesa che sia qualcun altro a decidere per noi per non caricarci della responsabilità della scelta e così scaricare su altri i nostri fallimenti… Qualcun altro, invece, non si pone tanti problemi di scelta: ha trovato due o tre occasioni, le ha seguite; una gli sembra buona e se ne sta tranquillo a vivere di rendita. E’ una vita “senza infamia e senza lode”, come tutte del resto: “non faccio niente di male, niente di speciale, ma io sto bene: ho amici, ho fascino, ho soldi, che vuoi di più?”

A un certo punto però si accorge che c’é qualcosa che non quadra nella sua esistenza, oppure viene posto con evidenza di fronte a una “luce”, a un’intuizione, a una verità, che gli fa cambiare radicalmente strada. Gli si aprono gli occhi, percepisce dentro una voce, una spinta, che non lo lascia tranquillo. Levi, era uno di questi: pacifico, stava a contare i suoi soldi in banca, a spostare denaro, a fare bonifici, aveva un lavoro fisso, disprezzato da tutti perché se la intendeva – per forza di cose – con i Romani che occupavano la Palestina; un avvenire sicuro, una cerchia di amici della stessa risma che gli faceva da cortina di fumo per non vedere i problemi, qualche bella cena, qualche buona avventura e guadagno sicuro. Della rispettabilità non gli importa, tanto per soldi tutti si creano una maschera e fatto tacere a pagamento – se fosse possibile – anche la coscienza.

Ma un giorno, al banco dove sta contando euro a non finire, gli capita Gesù che punta su di lui il suo sguardo, il dito, la sua Persona, la sua voce perentoria, tutto il suo fascino, e gli dice: “Seguimi!”.

E’ un fascio di Luce, un dito puntato, uno stupore, una sorpresa… “Ti serve qualche donazione per i quattro straccioni che ti seguono dovunque vai? Hai progetti ambiziosi che ti posso finanziare?”

Ma Gesù non è venuto a chiedere le sue cose, ma la sua stessa vita! L’ardore del suo lavoro, l’intelligenza dei suoi pensieri da applicare al suo Regno, non a quello di “Mammona”, o dei soldi…

E Levi, capisce: “proprio me chiami? E’ me che vuoi? Con tutti i banchieri che ci sono, ti rivolgi proprio a me?” E alzatosi, messosi diritto davanti a Gesù, davanti alla Vita, davanti ad un nuovo futuro, nella dignità di tutta la sua umanità provocata a risorgere da questo invito, lo seguì.

Gli è andato dietro: lo ha messo davanti a sé come una mèta, una forza irresistibile, una luce abbagliante, un calore confortante, ed è diventato Apostolo mandato ad annunciare, non più seduto a contare. Continua ancora la sua vita di relazione, ha ancora i suoi amici e sicuramente deve giustificare con loro perché abbandona la sua ricca posizione sociale per correre dietro ad un predicatore che non si sa quanto sia raccomandabile… sta di fatto che vuole che Gesù incontri questa sua potente fasciatura, tutto il mondo di pubblicani che lo accerchia. E Gesù va’, con grande scandalo dei ben-pensanti, a sradicare certezze e a portare la sua speranza.

Gesù non disdegna nessuna delle nostre mense, si fa compagno di tutti e non ha paura! Vuole solo la nostra felicità: vi vede spaesati, ma Lui vi aiuta ad alzare lo sguardo al Cielo. E’ venuto per loro, non per stare nelle sacrestie del tempio a morire di fumo di animali bruciati.
Questo Gesù passa ancora per banche e agenzie, per fabbriche e uffici, per borse-valori e università, e punta il dito e ci dice “Seguimi!”

Se lo ascolti, avrai trovato la strada della felicità!

13 Gennaio
+Domenico

Solidarietà, convinzione, fratellanza.

Riflessione sul Vangelo del giorno (Mc 2,1-12)

Gesù entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola.
Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati». 
Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?». E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire al paralitico “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati, prendi la tua barella e cammina”? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te – disse al paralitico -: àlzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua».
Quello si alzò e subito prese la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».

Audio della riflessione

Lui era ammalato ed immobilizzato: la malattia, da un po’ di tempo, lo teneva incollato al letto, paralizzato. Lo chiamavano “il paralitico”. Era disperato, la sua vita era segnata per sempre, ma aveva quattro amici, otto gambe, otto braccia e quattro cuori che facevano il tifo per lui!

“Fatti coraggio, ci siamo noi ad aiutarti; per quel che ti serve, conta pure su di noi. Abbiamo lavorato insieme, ci siamo divertiti, e ci si è spezzato il cuore quando abbiamo dovuto recuperarti, senza più forze per sempre, ma non ti possiamo abbandonare”.

Ed è questa amicizia che scatena il miracolo, la fede, la salvezza.

“Ti abbiamo sempre aiutato, vuoi che ora non ti portiamo da Gesù? Di lui tutti dicono che ha un cuore tenerissimo, ha guarito dalla lebbra e ti ricordi poi quel cieco che ogni tanto urlava la sua rabbia e la sua fame? Ebbene, oggi ci vede e non sta nella pelle dalla gioia! E tu, da Gesù, ti portiamo noi”

Ve l’immaginate questi amici, con la solidarietà che hanno in corpo, se stanno a far la fila, a ritirare lo scontrino che fissa la precedenza, a recedere perché l’ambulatorio è chiuso o non ha più spazio?

“Ti caliamo dal tetto, proprio davanti a Gesù! Tanto a Pietro glie lo rifaremo nuovo e per fortuna che è un poveraccio come noi e non ha fatto la soletta, né il soffitto, né il controsoffitto”.

Scoperchiarono il tetto nel punto dove Egli si trovava, dice il Vangelo.

Gesù si vede calare davanti agli occhi il dolore fatto persona, un corpo paralizzato, una vita imprigionata che gli taglia la Parola che stava annunciando – gli interrompe l’omelia, diremmo noi – gli nasconde l’uditorio e stizzisce gli Scribi che erano riusciti a segregarlo per un seminario di studi sulla Torah o su qualche iota o apice della Legge.

Coma fa Gesù a non rispondere alla provocazione di questa fede, di questa solidarietà; alla pressione incontenibile di questa domanda e all’invocazione di questa vita?

“Ma voi pensate che io sia un guaritore da quattro soldi? Che sia uno sciamano che a Nazaret ha ereditato un po’ di magia?”

“Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati”. E’ questo male profondo che io sono venuto a sradicare dal cuore; non sono specializzato in neurologia o traumatologia; non mi scambiate per un ipnotizzatore. “Prendi il tuo letto e cammina: la tua vita è diversa!”. E per significarti che sei cambiato dentro, ti riconsegno ai tuoi quattro amici con una vita piena, una salvezza che non potrà non contagiare quelli che incontrerai.

E il tam-tam della salvezza ha cominciato a diffondersi attraverso questo paralizzato con il letto a traino, con una vita nuova fuori e soprattutto dentro.

Il male più grande è il peccato, è aver reciso la vita dalla fede. Per noi adulti di oggi è aver ridotto Gesù Cristo a un nome, a una religione come le altre, a una pia tradizione.

12 Gennaio
+Domenico

La domenica è un dono che si fa diritto di un cristiano

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 2,23-28)

In quel tempo, di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe. 
I farisei gli dicevano: « Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?». Ed egli rispose loro: «Non avete mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame? Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell’offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni?».
E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato»
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Audio della riflessione

Certo modo di concepire le cose anche di Insegnarle ha potuto far apparire la religione cattolica un complesso di verità da credere e di precetti da osservare. E’ un concetto non molto dissimile da quello che avevano gli scribi e i Farisei nei riguardi della propria religione: l’esempio più classico è quello  dell’osservanza di un riposo assoluto il giorno di sabato.

 Ma Gesù che pure ha affermato di essere venuto non “ad abolire la legge ma a darle compimento” a riguardo delle prescrizioni tradizionali manifesta per sè ed esige dai suoi uno spirito libero, che trova nelle prescrizioni non un inciampo ma un aiuto per il libero esercizio dei propri diritti.

Noi oggi conosciamo l’importanza e il valore dell’assemblea liturgica, festiva, e anziché esimercene con leggerezza per affermare la propria libertà, affermiamo invece con forza il nostro diritto come cristiani a ritrovarsi con i propri fratelli di fede per attuare con gioia il sacrificio di lode al Padre. Se viviamo la festa da cattolici come un diritto, saremo anche più decisi a richiedere che la domenica  sia un giorno di riposo, proprio perché abbiamo il diritto tutti di festeggiare il Signore.

 Purtroppo anche noi cristiani siamo quelli che non praticano più la domenica: accampiamo tutte le scuse possibili e immaginabili e di conseguenza non facciamo valere il nostro diritto di riposo o di assemblea con tutti gli altri fratelli che sono cristiani come noi. Certo, come sempre un diritto se lo si vuole rispettare costa. Ce ne vuole di convinzione e di comune disponibilità a vivere una giornata con tutti gli altri nel sacrificio di lode a Dio Padre!

Oggi sta a fatica emergendo una mentalità più rispettosa di questo diritto, più attenta al riposo di tutti in uno stesso giorno. Così si può anche ridare corpo alla vita di famiglia, dove il trovarsi tutti: genitori e figli, adulti e ragazzi, papà e mamma  a vivere un tempo di vita assieme permette il ricomporsi di una unità concreta, purtroppo sempre  frantumata ogni giorno con orari diversi di lavoro, di studio, di impegno sociale.

Se la domenica si è sfasciata così, è anche colpa di noi cristiani che le anteponiamo tutto: lavoro, sport, commercio, affari, distrazioni obbligate. Non è più una finestra aperta sull’eternità, come veniva vissuto il sabato dagli ebrei, ma un continuo adattamento disordinato ai bisogni. Invece dobbiamo far diventare la domenica il giorno dei sogni, della gioia di vivere assieme, del riposo per ridare alla nostra vita la bellezza di una pace e serenità regalataci da Dio e da noi coltivata con gioia.

17 Gennaio
+ Domenico

Digiuno perché? Quando? Lo sposo è con noi?

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 2,18-22)

In quel tempo, i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».
Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno.
 Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!».

Audio della riflessione

Il digiuno è un atto penitenziale che la Chiesa pratica sin dalle sue origini ed è comune a molte altre espressioni religiose. Ha lo scopo di distoglierci dai beni temporali, predisporre l’animo ai valori dello spirito e renderci vigilanti nell’attesa della salvezza. Ha anche un valore di espiazione e ascetico. Oggi noi viviamo il digiuno come partecipazione alle sofferenze di Cristo.

Alcuni santi lo hanno praticato in modo eroico. Al tempo di Gesù lo praticavano anche i discepoli del Battista e i seguaci dei farisei. Da qui la domanda provocatoria rivolta a Gesù: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?» Già erano  molto sorpresi dalla predicazione piuttosto severa di Giovanni nel deserto e si trovavano più in sintonia con Gesù. La risposta di Gesù, come sempre, è ricca di significati e di insegnamenti. Egli vuole proclamare la novità che sta sbocciando per tutti con la sua presenza nel mondo e con l’opera redentrice che sta già attuando. Il regno di Dio è in mezzo a noi. Nascono tempi nuovi alimentati non più da paure e timori, ma dall’amore dello «sposo» verso l’umanità riconciliata.

È ormai in atto il tempo nuovo, il tempo delle nozze, il tempo della gioia e della festa, circostanze che non si conciliano più con il digiuno e con il lutto. «Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro?». Soltanto se privati di questa gioia, inizierà il tempo del lutto e del digiuno. La novità del Cristo è totale e sconvolgente, non è assolutamente da paragonare ad un rattoppo sul vecchio e sul passato. Il vino è un vino nuovo, è quel vino, prima sorbito da Cristo come calice amaro e poi offerto a noi come bevanda di salvezza. «Verranno tempi…» – dice però il Signore. È una velata allusione alla sua morte, alla passione sua e del mondo, al «già e non ancora», che crea la perenne ansia di una pienezza che ci sfugge.

Certo noi viviamo nella  certezza della presenza tra noi di Cristo, ma anche nella speranza del suo ritorno e il tempo che noi viviamo non è quello definitivo. Il digiuno che tanti cristiani hanno ripreso a praticare, anche seguendo la devozione a Maria nata a Medjugorie, è di penitenza per il male che continua a sopravanzare nel mondo, per la tiepidezza di tanti cristiani che lo sono solo di nome, per lo scandalo di tanti di noi cristiani che ci siamo abituati al cristianesimo come al colore delle nostre pareti. Ma anche digiuniamo per capire come vivere l’esistenza terrena con lo sguardo fisso al ritorno di Gesù. Allora ci priviamo gioiosamente di qualche cosa per andare incontro ai nostri fratelli più poveri. Siamo sempre dei risorti e quindi viviamo una nuova piena dignità che non viene da noi, ma dal Cristo. Comunque, se  di digiuno si tratta, sarà sempre molto inferiore alla gioia che dobbiamo mostrare per la presenza di Gesù tra noi.

16 Gennaio
+ Domenico

Se ti chiama … buttati!

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 2, 13-17)

In quel tempo, Gesù uscì di nuovo lungo il mare; tutta la folla veniva a lui ed egli insegnava loro. Passando, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre stava a tavola in casa di lui, anche molti pubblicani e peccatori erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo seguivano. Allora gli scribi dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, Gesù disse loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori».

Audio della riflessione

Che fatica decidersi nella vita … che faccio? Dove vado? Che studio? Ci sarà uno sbocco positivo a questa strada? Non è che mi metto a studiare per avere una laurea e poi mi ritrovo a stare in stand by tutta la vita? Mi sposo? E se dopo un anno – come è capitato ai miei amici – non riesco più a spartire vita con la persona che ho scelto? Quale è la mia vera strada? C’è qualcuno che mi aiuta a trovare la strada giusta? C’è un satellitare infallibile?

Spesso … forse siamo in attesa che sia qualcun altro che decide per noi, per non caricarci della responsabilità della scelta, e così scaricare su altri i nostri fallimenti.  

Qualcuno invece non si pone tanti problemi di scelta: ha trovato due o tre occasioni, le ha seguite, una gli sembra buona e se ne sta tranquillo a vivere di rendita … è una vita senza lode e senza infamia, come tutte del resto: “Non faccio niente di speciale, ma sto bene; ho amici, ho fascino, ho soldi, che vuoi di più?”.

A un certo punto però si accorge che c’è qualcosa che non quadra nella sua esistenza … oppure viene posto di fronte con evidenza a una luce, a una intuizione, a una verità che gli fa cambiare radicalmente strada: gli si aprono gli occhi, percepisce dentro una voce, una spinta che non lo lascia tranquillo.  

Levi era uno di questi: pacifico … stava a contare i suoi soldi in banca, a spostare danaro, a fare bonifici … aveva un lavoro fisso, disprezzato da tutti perché se la intendeva per forza di cose con i romani, che occupavano la Palestina; un avvenire sicuro, una cerchia di amici della stessa risma che gli faceva da cortina di fumo per non vedere i problemi … qualche bella cena, qualche buona avventura e guadagno sicuro; della rispettabilità non gli interessa, tanto per i soldi tutti si creano una maschera e fanno tacere a pagamento, se fosse possibile anche la coscienza. 

Ma un giorno gli capita al banco – dove sta contando euro a non finire – Gesù … e Gesù punta su di lui lo sguardo, il dito, la sua persona, la sua voce perentoria, tutto il suo fascino e gli dice: “Seguimi!“. E’ un fascio di luce, un dito puntato, uno stupore, una sorpresa: “Ti serve qualche donazione per i quattro straccioni che ti seguono dovunque vai? Hai progetti ambiziosi che ti posso finanziare?”  …. ma Gesù non è venuto a chiedere le sue cose, ma la sua stessa vita: l’ardore del suo lavoro, l’intelligenza dei suoi pensieri da applicare al suo Regno, non a quello di Mammona … e Levi capisce: “Proprio me chiami? È me che vuoi? Con tutti banchieri che ci sono ti rivolgi proprio a me? E alzatosi, messosi dritto davanti a Gesù, davanti alla Vita, davanti a un nuovo futuro, nella dignità di tutta la sua umanità, provocata a risorgere da questo invito, lo seguì: gli è andato dietro, lo ha messo davanti a se come una meta, una forza irresistibile, una luce abbagliante, un calore confortante ed è diventato apostolo: mandato ad annunciare, non più seduto a contare. 

Continua ancora la sua vita di relazione: ha ancora i suoi amici, sicuramente deve giustificare loro perché abbandona la sua ricca posizione sociale per correre dietro a un predicatore che non si sa quanto raccomandabile sia; sta di fatto che vuole che Gesù incontri questa sua potente fasciatura, tutto il mondo di pubblicani che lo accerchia … 

… e Gesù va con grande scandalo dei benpensanti a sradicare certezze e a portare la sua speranza.

Gesù non disdegna nessuna delle nostre mense: si fa compagno di tutti, non ha paura, vuole solo la nostra felicità! Li vede spaesati, ma lui li aiuta a alzare lo sguardo al cielo: è venuto per loro, non per stare nelle sacrestie del tempio a morire di fumo di animali bruciati.

Questo Gesù passa ancora per banche e agenzie, per fabbriche e uffici, per borse valori e università e punta il dito e dice “seguimi!”. Se lo ascolti avrai trovato la strada della felicità. 

14 Gennaio
+ Domenico

Siamo tutti paralitici del male

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 2, 1-12)

Gesù entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola.
Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati». Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?». E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire al paralitico “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati, prendi la tua barella e cammina”? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te – disse al paralitico -: àlzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua».
Quello si alzò e subito prese la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».

Audio della riflessione

È sempre triste l’esperienza di vederti impossibilitato a muovere le gambe o le braccia come hai sempre fatto e come vuoi tu: comandi al braccio di levarsi in alto e non risponde, decidi di mettere avanti la gamba e resta ferma.

A molti di noi questo è capitato soltanto in sogno: abbiamo provato l’impotenza di raggiungere una meta, di fuggire un pericolo, dovevamo correre, ma restavamo inspiegabilmente sempre fermi … una sofferenza enorme, tant’è che quando ci siamo svegliati siamo mai stati così felici di poter cancellare un incubo.

Per molte persone invece questa è la vita: è la situazione di infermità, è il risultato tragico di un incidente, di una malattia, di una decadenza della propria salute; È una vita in carrozzella, in un letto, in una immobilità che si supera solo se si ha grinta interiore e solidarietà di chi ci vuole bene. 

Ebbene il Vangelo presenta un fatto che è tanto simile a questa realtà: c’è un uomo paralizzato, incapace di muoversi. È un uomo fortunato pur nella sua sofferenza, perché ha quattro amici disposti a tutto. Si sono sempre divertiti assieme, scorrazzavano in lungo e in largo; un giorno sono usciti di strada e lui è rimasto paralizzato. Non se lo potevano più perdonare quel giorno, quell’incubo … e ogni tanto si ritrovavano a fargli coraggio. Un giorno sentono parlare di Gesù, dicono tante cose di lui, che può anche ridarti la mobilità, la gioia di metterti in piedi. Detto fatto. Lo prendono così come è col suo lettino e non badano a sottigliezze. Non ci si può avvicinare a Gesù perché non ci lasciano passare? Dove è il problema: salgono sul tetto, lo scoperchiano e calano l’amico proprio davanti a Gesù, gli interrompono la predica. 

E Gesù lo guarisce, ma prima lo guarisce nel cuore, guarisce le menti di tutti quelli che lo stanno ad ascoltare. Tutta gente che crede che sia il male fisico la cosa più brutta, mentre invece lo è il peccato, il cuore di pietra, la crudeltà dello spirito, quel puzzo di carogna che nessuno sente, ma che ci infetta la vita interiore. Gesù dice a tutti che lui non è un ortopedico o un medico, ma un salvatore, rimette in piedi diritto il paralizzato, ma gli dà soprattutto un cuore nuovo e la speranza vera. Proprio quella di cui abbiamo bisogno tutti noi. 

13 Gennaio
+ Domenico

Tutti chiamati, nessuno dimenticato nel piano di Dio

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 2, 13-19)

In quel tempo, Gesù salì sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici – che chiamò apostoli –, perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni. Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro, poi Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè “figli del tuono”; e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo, figlio di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì.

Audio della riflessione

Tutti abbiamo provato la spiacevole situazione di andare a un incontro, a una manifestazione, a un appuntamento con persone nuove e di restare in un angolo, senza essere presentato, senza nome, senza collocazione: magari non hai nemmeno li un amico con cui condividere l’imbarazzo e trovarti un alibi … sei lì, solo, nessuno ti dice niente, imbarazzo assoluto. Peggio ancora quando con amici si decide di fare qualcosa di interessante, tutti hanno un ruolo da svolgere, una parte da fare, un incarico da sostenere e tu sei lasciato lì inerte: nessuno ti dice niente, nessuno ritiene di darti una qualche responsabilità … non sai che fare e vai pure in crisi.

Non trattava proprio così nessuna persona Gesù nella sua missione: ciascuno nella vita ha un posto, nessuno è a questo mondo a caso! Siamo tutti destinatari di una chiamata, di una “vocazione” diciamo noi in ecclesialese: vuol dire che tutti abbiamo un posto, non un destino! Tutti abbiamo una missione che ci viene proposta e che noi possiamo accettare o meno, dipingere con la nostra creatività o sopportare, caricare delle nostre energie e del nostro entusiasmo o lasciar cadere.

Nel suo progetto di preparare gli apostoli al futuro del suo regno, alla formazione di una comunità nuova per un popolo nuovo, la prima cosa che ha fatto quando ha iniziato la sua vita pubblica: ha chiamato dodici persone a far da gruppo stabile che vivesse con lui e li ha chiamati tutti per nome.

Era sicuramente la compagnia più impossibile che potesse esistere: lenti nel capire, incapaci di collaborare, qualcuno poi si è rivelato un traditore, qualcun altro aveva solo interessi personali. Ma Lui Gesù li ha chiamati tutti a uno a uno e ha fatto loro la proposta del regno e ciascuno ha giocato la sua libertà e la sua vita.

Sono passati attraverso entusiasmi, tradimenti, sperimentazioni, paure, ma alla fine quella chiamata personale li ha visti tutti rispondere con decisione: tutti hanno visto naturale seguire il maestro, stare dalla sua parte, ciascuno evidentemente con la sua caratteristica umana che è già una strada che Dio ci indica per farci capire chi siamo e come siamo originali! Non siamo fatti con lo stampino, ma ogni uomo è un capolavoro originale e a questo capolavoro partecipiamo con la nostra risposta.

E’ così per tutti: all’esistenza siamo chiamati, non ci siamo a caso, ma tutti chiamati a una speranza viva e Gesù ci chiama a formare un popolo nuovo, che è la sua Chiesa.

21 Gennaio 2022
+Domenico

Gesù dice: io sono signore anche del sabato

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 2,23-28)

In quel tempo, di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe. I farisei gli dicevano: “Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?”. Ed egli rispose loro: “Non avete mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame? Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell’offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni!”. E diceva loro: “Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato”.

Audio della riflessione

Stiamo accorgendosi che la frequenza alla Messa domenicale ha un continuo calo di presenze: i primi ad assentarsi sono i giovani, maschi e femmine, i bambini, ragazzi e ragazze e anche molti genitori. Alcuni adulti non partecipano per paura altri sono anche più fedeli.

Ci possiamo fare alcune domande? Non c’è più fede? Questi preti non sono più ascoltabili? Noi vescovi magari ancora meno? Alcuni potrebbero dirmi: non è il precetto della Messa ogni domenica che decide se c’è fede o no …

La fede non consiste nell’assolvere un precetto: di fatti nel vangelo che oggi ascoltiamo alla messa, Gesù interviene sulla questione del sabato che per gli ebrei era un giorno sacro da dedicare tutto a Dio, senza osare alcun lavoro. I farisei infatti lo rimproveravano perché i suoi discepoli passando per un campo avevano strappato qualche spiga di grano per nutrirsi … e Gesù conclude dicendo “Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato, perciò il figlio dell’uomo è padrone anche del sabato”. Come a dire: il precetto per la messa alla domenica è stato fatto per il cristiano, non il cristiano per il precetto della Messa.

Che cosa sta in gioco da parte di Gesù con questa contrapposizione? Gesù vuol colpire nel cuore ogni formalismo e dogmatismo dove il rito, nel nostro caso, e l’espressione della fede  o la norma morale e  giuridica, sono validi per se stessi indipendentemente dalla persona che vi partecipa. chi vi si riferisce.

La religiosità non si risolve in un insieme di riti, di osservanze, di obblighi per le persone, che verrebbero tenute in pugno e magari strumentalizzate come singole o come comunità.E’ il contatto, il dialogo con Gesù che è importante e salvezza per la persona, è il contatto con il Signore.

Si potrebbe infatti far consistere tutto nel compiere il gesto, il rito, per tanti altri motivi: magari uno farsi vedere, far contenta la ragazza o il ragazzo, risparmiarsi osservazioni insopportabili dei genitori, poter dire “sono a posto”  così non ho più da pensarci… e Lui Gesù, il Signore, non essere nemmeno calcolato, magari sopportato o – Dio non voglia – maledetto. 

A noi preti magari farebbero piacere le statistiche confortanti di partecipazione, i numeri in crescita e, per colpa nostra non essere capaci  o addirittura impedire l’incontro con Gesù, con il Signore, offrire un rito vuoto, una Messa sopportata e incapace di rendere sperimentabile l’azione di Gesù.

Per questo dice Gesù che è Lui il Signore del sabato: non perché ne faccia un possesso che strumentalizza le persone, ma perché ci mette la sua vita ancora e sempre per l’umanità, ci mette il suo corpo e il suo sangue, il suo Spirito, non una fredda legge o un incomprensibile rito.

La stessa comunità cristiana ha le sue responsabilità: se si autodistrugge ogni giorno di più nell’egoismo, nell’insignificanza, se non si organizza per rendere bello l’incontrarsi, il pregare assieme, il reciproco aiuto nella vita, verso tutti, soprattutto chi soffre, chi non può partecipare, chi si è autoisolato e che attende un invito, una mano, un sorriso, una accoglienza sincera … come volete che conti questo rito per la persona?

La messa della Domenica allora è tutto, e molto di più che un precetto.

18 Gennaio 2022
+Domenico