L’ esame da superare per la salvezza: ecco le domande decisive

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 25, 31-46

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra.
Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.
Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”.
Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”.
E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

Audio della riflessione.

Se ci fossero stati dubbi che il periodo della quaresima potesse sembrare una sorta di fiction in cui i cristiani possono giocare a mettersi la maschera del digiuno o della finta preghiera per dare l’idea che c’è ancora un po’ di attaccamento alle tradizioni (infatti le ceneri, il colore viola dei paramenti in chiesa, il digiuno, il mangiare di magro al venerdì e altre tradizioni ne potrebbero dare l’idea), il vangelo di Matteo che oggi si legge in tutte le chiese ce ne toglie ogni copertura. Alla fine del mondo, l’esame di licenza o di laurea per il paradiso sarà di tutt’altro tipo.  

Le domande risolutive saranno molto semplici. Che avete fatto al povero che petulante bussa alla vostra porta? all’handicappato che non può salire nessuna scala? al carcerato che aspetta che gli si venga data una pena certa e una possibilità di riabilitazione? all’immigrato che è venuto a chiederti alloggio o un lavoro? al demente che viene accollato solo sulle spalle dei suoi vecchi genitori? 

Abbiamo mandato assegni alla Caritas, abbiamo fatto petizioni in comune, abbiamo fatto manifestazioni in piazza, abbiamo dato quattro soldi per levarceli di torno, abbiamo fatto lavare i vetri ai semafori… 

Ero io in quel povero, in quel demente, in quell’immigrato, in quel carcerato…  Mi hai guardato negli occhi? mi hai degnato di un sentimento di amore o hai provato solo pietà e magari distacco? 

La quaresima è avere il coraggio di guardarsi in faccia e riconoscere in ciascuno il volto di Gesù. Fare la carità oggi, ma è sempre stato così, non è facile, occorre farsi carico della vita dell’altro, anche negando il denaro che non risolve nessun problema, offrendo la canna per imparare a pescare e non il pesce, aiutando a trovare lavoro perché ciascuno si costruisca il suo futuro, offrendo un microcredito che possa ridare fiato al momento sfavorevole. Molta povertà è solo frutto di inedia, di forze inoccupate e orientate all’ozio e quindi al vizio.  

Come fanno questi poveri a capire che Dio non li abbandona? Solo se troveranno persone che vedranno in loro il volto di suo figlio e lo metteranno al centro della loro vita. Avevo fame e mi avete dato da mangiare, facevo la fila alla Caritas, ma mi sono trovato accolto nel caldo di una famiglia. 

19 Febbraio
+Domenico

Festa di Cristo re, ma di che regno si tratta ?

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 25,31-46)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra.
Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.
Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”.
E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”.
Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”.
E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

Audio della riflessione.

Nel sentire parlare di re, come oggi che è la festa di Cristo re, ci viene un soprassalto di democrazia e pensiamo che ormai sia finita anche per la religione di proporre dei re o dei regni, soprattutto di metterci davanti un potere assoluto. Invece per noi Gesù è proprio un re, così per deriderlo c’era scritto sulla sua croce, per tirarlo in giro, così si è meravigliato Ponzio Pilato. Non hanno saputo entrare nella propria coscienza e vedere che proprio lì ha radice il regno di Dio. Questa coscienza nostra verrà messa a nudo prima o poi? 

Credo che tutti abbiano passato qualche notte insonne in attesa di un esame. Come sempre l’abbiamo fatto più difficile di quanto non lo fosse, i nostri genitori magari ci ridevano sopra, ma per noi era una prova. 

Che cosa mi domanderà? Non ci bastava l’aver raccattato tutte le domande possibili: ci immaginavamo sempre qualcosa di inaspettato, di nuovo, di non previsto. 

Non sarà così invece per l’esame finale della nostra vita. Che cosa ci chiederà il buon Dio quando gli staremo davanti alla fine della vita? Che imprevisti inventerà per metterci al muro? Ci sarà qualcosa cui nella vita non ho fatto caso che non potevo nemmeno immaginare e che invece sarà decisivo? Niente affatto di tutto questo. Gesù nel Vangelo ci anticipa tutte le domande, tutto il programma. Non si tiene nessuna sorpresa, non trama nessun inganno. 

Ho avuto fame e tu mi hai dato da mangiare? Ho avuto sete e mi hai dato da bere? Ero straniero mi hai accolto? Stavo senza niente mi hai coperto con qualcosa? Ero senza salute e senza ospedale mi sei venuto a trovare? Mi hanno sbattuto in galera, sei venuto a farmi passare il tempo impossibile della prigionia, dell’attesa infinita di un giudizio equo, con una tua visita? 

Solo che quando saremo davanti alla commissione d’esame le nostre risposte già saranno là. 

Ma come? Ma quando ti sei mostrato a me in questo condizioni? Io non ti ho mai visto. Ho visto barboni, ho visto prostitute, ho visto delinquenti, ho visto immigrati, ho incontrato drogati, ma non avevano certo la tua faccia! 

E sì che ti ho cercato tante volte! E’ inutile che ti dica quanti santuari ho visitato, perché lo sai anche tu. E tutte le riunioni che ho fatto in parrocchia e le offerte per la parrocchia che ho e gli assegni spediti alla caritas non contano niente? 

Quello che non hai fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli è a me che non l’hai fatto. Sono questi, che stanno seduti sul trono del re. Questo sarebbe il vangelo della festa del Cristo Re?! Ma che religione è questa? Che Dio è questo? Che regno ha inventato? Qui invece abbiamo la massima democrazia e la massima libertà di comportamento e di deciderci da che parte stare. Buon per noi se Dio ci rimanderà a settembre come si faceva una volta a scuola e ci siamo meritati la promozione, un po’ di purgatorio non mi guasterebbe. Ricordate quelle 10 ragazze che aspettavano il padrone per le nozze e che ha ritardato troppo così le loro 

lampade si sono consumate ed esaurite e son dovute andare a comprarsi altro olio? Il padrone è arrivato proprio mentre stavano in giro e la porta fu chiusa; rumore di quelle serrature, di quei catenacci li hanno pure sentiti, ma è risuonato per loro non solo come il suono di una superficialità, ma come l’esclusione dalla festa della vita. Vedrai che all’italiana, troveremo sempre qualche scusa o qualche raccomandazione. Ma la porta fu chiusa. La nostra vita di uomini e donne si decide sempre nella nostra libertà. Gesù stesso ci dà addirittura la chiave per entrare e la porta si apre se c’è amore in noi verso Dio e per il prossimo.

26 Novembre
+Domenico

Abbiamo sempre doni da Dio per rendere il mondo migliore

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 25, 14-30)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni.
A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro.
Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.
Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”»

Audio della riflessione.

Non era sicuramente un giovane quel personaggio della parabola dei talenti che ricevutone uno lo è andato a seppellire perché lo voleva conservare e restituire a un padrone che si immagina esigente, ma ingenuo! 

E’ difficile che un giovane seppellisca i suoi talenti; lui scatta, lavora, briga, è furbo, ha fantasia, creatività, non sta mai fermo, si entusiasma. Chi si tiene il suo talento stretto e lo va a sotterrare, proprio non lo capisco: è un poveraccio. E’ vero; tu hai sempre moltiplicato le doti che ti trovi in corpo: la bellezza, la giovinezza, l’intelligenza, l’affetto, la vivacità. Quando eri in compagnia era una gioia averti dei nostri. Spontaneità è la parola giusta. Un giovane è spontaneo, gli viene facile esserci simpaticamente. Non ha bisogno di sforzi e ascesi faticosa per lanciarsi. 

Ma possiamo farci una domanda? Per chi ha moltiplicato tutte le sue qualità questo giovane, che possiamo essere stati anche noi, quando avevamo la sua età? Quale era il motore di questa spontaneità? Quando si è trovato con la catena della vita a terra che ha fatto? Ha cambiato compagnia. Allora non moltiplicava che per sè, si faceva i fatti suoi, aveva le sue mire; secondi fini no, ma incoscienza molta, autocentratura massima e specchi a non finire. Era sempre lui il centro di tutto. Ha continuamente spostato il tempo delle sue decisioni, perché gli sembrava di andarsi a seppellire se decideva di sposarsi o di prendere un impegno serio nella vita. Forse non aveva sepolto i suoi talenti, ma li andava tutte le mattine a lucidare, a vedere se ancora c’erano, a calcolare che non si svalutassero, a mostrarli in vetrina per convincersi che il loro valore non diminuisse. 

Se abbiamo fatto così anche noi è come se li avessimo sepolti; quando Dio ci chiamerà non potremo dire: eccone altri cinque o altri due o altri dieci, perché ce li siamo usati e moltiplicati solo per noi e saranno ancora gli stessi. Ci sembrerà di averli moltiplicati, ma li abbiamo solo guardati con una lente di ingrandimento, sono sempre e solo quelli di partenza. 

Potevamo e possiamo tenere per noi l’amore? Potevamo e possiamo tenere per noi gli affetti, l’intelligenza, il sorriso, la gioia, la stessa giovinezza? Potevamo far girare attorno a noi tutto il mondo? Potevamo vivere continuamente di rendita, senza mai metterci a disposizione di tutti? Come abbiamo fatto a pensare che il mondo potesse diventare migliore senza il nostro semplice, ma necessario contributo? Donare non è seppellire, ma moltiplicare. Scegliere di donare la vita non è bruciarsi, ma ritrovarla sempre piena. 

Duro alla fine il padrone: li abbiamo sprecati e quindi ce li siamo giocati. E’ meglio che li passi a qualcun altro che li metta a disposizione. Spesso ci sentiamo vuoti anche per questo, per un nostro passato poco generoso. Dio non smette mai di volerci bene, ci accoglie ancora e ogni giorno di vita che ci dà è per rendere il mondo più buono e aiutare i giovani a vivere generosi sempre.

19 Novembre
+Domenico

Attendere Gesù non è un mestiere ma tutta una vita

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 25, 1-13)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono.
A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”.
Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”.
Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”.
Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa.
Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose:
“In verità io vi dico: non vi conosco”.
Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».

Audio della riflessione.

La tendenza culturale del nostro tempo, caratterizzato dal pervasivo modello televisivo, dalla facilità con cui riusciamo a fare e spedire fotografie, dalla molteplicità di immagini senza di cui quasi non possiamo vivere, è quella della facciata, del farsi vedere, dell’apparire. Se vai in televisione allora esisti, altrimenti nessuno sa di te e se nessuno ti ha visto non ci sei. Le immagini hanno raccorciato le distanze, permettono di vivere in diretta fatti lontani, prendere coscienza di quello che avviene in ogni parte del mondo, aiuta la fantasia a galoppare, rende tutti capaci di immaginazione oltre le strettezze del luogo in cui si vive. Il pericolo però, non troppo calcolato è quello di dare importanza all’apparire e non all’essere, all’esteriorità e non all’interiorità. 

Il vangelo parla di 10 vergini, dieci ragazze, dedicate a fare corona a una festa di nozze. Tutte belle, tutte preparate, tutte ben vestite, ma solo cinque di esse vivono l’attesa come una molla della loro vita, le altre cinque invece si accontentano di esserci, di apparire, di fare coreografia, non pensano a vivere l’attesa dello sposo con intensità, con partecipazione, con occhio vigile. Non si preparano, danno tutto per contato, è un mestiere come un altro. E’ fin troppo facile cogliere l’insegnamento di Gesù. 

Capita così della nostra fede. E’ terribile pensare che sovente la facciata è salva, diciamo di essere credenti, cattolici pure, ma dentro, l’amore è finito e con esso la speranza. Si continua a vivere la vita per abitudine, con stanchezza, per quieto vivere o per puntiglio, per tradizione o per contrapposizione, ma manca dall’interno l’attesa vigilante e operosa dell’incontro con lo sposo, dell’incontro con Cristo. La vita di fede è un invito a nozze, ma non ci interessa più niente dello sposo. Siamo come una coppia che non trova più motivi per stupirsi l’uno dell’altra. La religione è diventata una abitudine di facciata. Le parole di Gesù a queste cinque ragazze sono tremende: “non vi conosco”, non mi interessa la facciata. Dio guarda il cuore e al posto del cuore c’è un sasso. 

Occorre riattivare la vita, il sentimento, occorre tornare a sperare e Dio la forza ce la dà sempre.

12 Novembre
+Domenico

Sempre a contatto con Dio con tutte le nostre forze

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 25, 14-30)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 
«Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. 
Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 
Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 
Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 
Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.
Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».

Audio della riflessione.

C’è stato un tempo non molto lontano dai nostri giorni in cui si pensava che tutti gli uomini erano uguali, tutti con gli stessi diritti, tutti con gli stessi doveri, tutti alla pari. Venivamo da un mondo in cui tanti diritti fondamentali erano conculcati per molte persone: per esempio la vita, la cura della salute, il lavoro, lo studio, la giustizia… Era giusto che si lottasse perchè tutti potessero avere le stesse possibilità di fronte alla vita. 

Non è però vero che tutti rispondono alle proprie risorse con lo stesso impegno, non solo, ma Dio ci ha creati diversi, con gusti e desideri, carattere e qualità diverse, e ci ha chiesto di far fruttare quello che ciascuno ha. Talenti chiama il vangelo tutte le risorse che l’uomo ha a disposizione. Chi ha dieci deve lavorare per dieci altrimenti non è fedele alla sua vita e a Dio che gliel’ha data, chi ha cinque deve lavorare per i suoi cinque, non si deve sentire inferiore se non ha tutte le qualità che hanno altri; purtroppo c’è chi ne ha solo uno e si crede furbo a non farlo fruttare, a star comodo a vivere di rendita. 

La parabola del vangelo non è un testo di economia, ma un invito a sentirsi nella vita sempre a contatto con Dio con tutte le nostre forze. Dio ha dato a tutti la possibilità di rispondere al suo amore, anche se abbiamo avuto genitori cattivi, disgrazie impensabili, malattie, ingiustizie… Dio sa andare sempre al cuore, all’interiorità e lì ci siamo solo noi con la nostra coscienza che diciamo a Dio la nostra voglia di vivere, la nostra decisione di fare della nostra vita un dono, di scavare tutte le possibilità che Lui ci ha dato. Dio è esigente come è generoso, non vuole che noi ci adattiamo al ribasso, che il fuoco della sua vita divenga un fumo evanescente. 

Molti di noi anziché far fruttare la propria vita per la felicità di tutti la buttano, la sperperano, stanno comodi, vivono alle spalle degli altri, si scoraggiano. E’ bello invece pensare che anche se ci sembra di avere poco quello che Dio ci ha dato può fare miracoli e salvare anche altri dalla disperazione e dall’infelicità 

Occorre gente che aiuta sempre tutti ad alzare lo sguardo al cielo per vedervi la gioia di Dio che ci ha dato la possibilità di raggiungerlo per sempre

02 Settembre
+Domenico

Non ci lasciamo vivere nel fatalismo, ma osiamo sempre sperare

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 25,1-13)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 
«Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono.
A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”.
Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. 
Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».

Audio della riflessione.

O la vita è una accozzaglia di eventi che si succedono a caso e noi cerchiamo di navigare a vista per cogliere le occasioni e sfruttarle al massimo per il nostro interesse oppure la vita è una storia con un centro, un inizio, una fine, una direzione e noi ci aspettiamo di dover rendere conto a qualcuno di come l’abbiamo vissuta. 

Gesù ci ha insegnato che il mondo è nelle mani di Dio, che da Lui ha avuto inizio e in Lui si compirà. La vita che viviamo sulla terra è incerta, provvisoria, destinata ad essere superata in una situazione definitiva e certa in cui tutto verrà trasformato nei cieli nuovi e mondi nuovi verso cui siamo incamminati. Lui ci ha promesso che tornerà. 

La nostra vita è meglio rappresentata da una attesa vigile piuttosto che da un annoiato torpore fatalistico. Non fare il fanatico papà, lasciami vivere, non crearmi stati ansiosi, vedrai che un colpo di fortuna ci sarà anche per me. Un allenatore ti avrebbe già buttato fuori di squadra. È segno di grande dignità per l’uomo sapere che deve rispondere a un giudizio, a una valutazione globale della sua vita, in una coscienza che permane come nucleo decisivo nell’evolversi degli eventi. Tutto passa, tu rimani e ogni fatto della tua vita lascia sulla tua spiaggia un segno, viene infilato come un grano di una lunga collana. Ma te la guardi ogni tanto questa collana? Riesci a legare i tuoi gesti in una storia? C’è una lampada nella tua esistenza che ti dissolve le ombre dell’insignificanza? 

C’erano, dice Gesù, dieci ragazze in attesa dello sposo: cinque avevano fatto scorta di olio per le lampade, sapevano che l’attesa sarebbe stata indecifrabile, che la vita era in salita, che non si è mai preparati abbastanza per affrontare la notte. Altre cinque invece avevano preso l’invito a nozze con leggerezza. Troveremo sempre qualche rimedio. Non vale la pena di preoccuparsi tanto della vita, qualche furbizia, qualche terno al lotto, le debolezze di qualcuno possiamo sempre sfruttarle. Una vita lasciata continuamente al caso. Vivi alla giornata, vedrai che ci si potrà sempre arrangiare. Siamo in Italia, non siamo in Germania. Una leggina ci farà entrare per la porta giusta anche se ce ne siamo lasciate scappare tante. C’è sempre tempo per prendere la decisione giusta. 

Ma non è vero. Esiste un momento in cui la vita decide per te e ti trova impreparato. Si sente un grido nella notte: è qui, la vita è al suo culmine, la pienezza è giunta, la festa senza fine comincia, la tua lampada accesa ti fa trovare la strada, mentre il buio in cui ti sei adattato ti toglie ogni prospettiva. I rimedi dell’ultima ora sono pezze che si sfilacciano. E la porta fu chiusa. Il rumore di quei catenacci non sono solo quelli di un inammissibile ritardo, impossibilità, ma hanno il rumore di una perdita di futuro. Vigilate perché non sapete né il giorno, né l’ora. C’erano dei segni e non li abbiamo visti. I segni della venuta di Gesù nella vita di ogni persona ci sono, bisogna farsi aiutare a leggerli, porre attenzione, forare il quotidiano per carpire il segreto dell’esistenza che si porta.

01 Settembre
+Domenico

Una attesa stanca, sopportata e per alcuni inevasa

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 25, 1-13)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono.
A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”.
Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”.
Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».

Audio della riflessione.

La tendenza culturale del nostro tempo, caratterizzato dal pervasivo modello televisivo, dalla facilità con cui riusciamo a fare e spedire fotografie, dalla molteplicità di immagini senza di cui quasi non possiamo vivere, è quella della facciata, del farsi vedere, dell’apparire. Se vai in televisione allora esisti, altrimenti nessuno sa di te e se nessuno ti ha visto non ci sei. Le immagini hanno raccorciato le distanze, permettono di vivere in diretta fatti lontani, prendere coscienza di quello che avviene in ogni parte del mondo, aiuta la fantasia a galoppare, rende tutti capaci di immaginazione oltre le strettezze del luogo in cui si vive. Il pericolo però, non troppo calcolato è quello di dare importanza all’apparire e non all’essere, all’esteriorità e non all’interiorità.  

Il vangelo parla di 10 vergini, dieci ragazze, dedicate a fare corona a una festa di nozze. Tutte belle, tutte preparate, tutte ben vestite, ma solo cinque di esse vivono l’attesa come una molla della loro vita, le altre cinque invece si accontentano di esserci, di apparire, di fare coreografia, non pensano a vivere l’attesa dello sposo con intensità, con partecipazione, con occhio vigile. Non si preparano, danno tutto per contato, è un mestiere come un altro. E’ fin troppo facile cogliere l’insegnamento di Gesù.  

Capita così della nostra fede. E’ terribile pensare che sovente la facciata è salva, diciamo di essere credenti, cattolici pure, ma dentro l’amore è finito e con esso la speranza. Si continua a vivere la vita per abitudine, con stanchezza, per quieto vivere o per puntiglio, per tradizione o per contrapposizione, ma manca dall’interno l’attesa vigilante e operosa dell’incontro con lo sposo, dell’incontro con Cristo. La vita di fede è un invito a nozze, ma non ci interessa più niente dello sposo. Siamo come una coppia che non trova più motivi per stupirsi l’uno dell’altra. La religione è diventata una abitudine di facciata. Le parole di Gesù a queste cinque vergini sono tremende: “non vi conosco”, non mi interessa la facciata. Dio guarda il cuore e al posto del cuore c’è un sasso. 

Occorre riattivare la vita, il sentimento, occorre tornare a sperare, Dio la forza ce la dà sempre. Questa forza e questo amore a Dio ha caratterizzato la vita di Santa Teresa Benedetta della Croce, ebrea convertita ( Edith Stein), patrona d’Europa, profonda conoscitrice dei misteri di Dio che morì nel campo di concentramento, perché ebrea. Oggi l’abbiamo come potente intercessione presso il Signore della vita, lo sposo sempre da lei sognato, agognato e sempre atteso.

09 Agosto
+Domenico

Signore, ho sbagliato sempre a non riconoscerti

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 25,31-46)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra.
Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.
Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”.
Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”.
E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

Audio della riflessione

Credo che tutti abbiano passato qualche notte insonne in attesa di un esame. Come sempre l’abbiamo fatto più difficile di quanto non lo fosse, i nostri genitori magari ci ridevano sopra, ma per noi era una prova. Che cosa mi domanderà? Non ci bastava l’aver raccattato tutte le domande possibili: ci immaginavamo sempre qualcosa di inaspettato, di nuovo, di non previsto. Non sarà così invece per l’esame definitivo non dei nostri studi, ma della nostra vita. Che cosa ci chiederà il buon Dio quando gli staremo davanti alla fine della vita? Che imprevisti inventerà per metterci al muro? Ci sarà qualcosa cui nella vita non ho fatto caso che non potevo nemmeno immaginare e che invece sarà decisivo?  

Pensiamo sempre irrimediabilmente che Dio stia col fucile spianato a punirci; della sua misericordia, della sua tenerezza mai teniamo memoria; ce ne dimentichiamo perché siamo orgogliosi, crediamo di non aver bisogno di lui, pretendiamo di giudicare anche Dio. Niente affatto di tutto questo. Gesù nel Vangelo ci anticipa tutte le domande, tutto il programma. Non si tiene nessuna sorpresa, non trama nessun inganno. 

Ho avuto fame e tu mi hai dato da mangiare? Ho avuto sete e mi hai dato da bere? Ero straniero mi hai accolto? Stavo senza niente mi hai coperto con qualcosa? Ero senza salute e senza ospedale mi sei venuto a trovare? Mi hanno sbattuto in galera, sei venuto a farmi passare il tempo impossibile della prigionia con una tua visita? Solo che quando saremo davanti alla commissione d’esame le nostre risposte già saranno là.  

Ma come? Quando è che ti sei mostrato a me in queste condizioni? Io non ti ho mai visto. Ho visto barboni, ho visto prostitute, ho visto delinquenti, ho visto immigrati, ho incontrato drogati, ho visto carceri piene, ma non mai abbastanza per chiuderci dentro i delinquenti, ma non avevano certo la tua faccia! E sì che ti ho cercato tante volte! 

Quello che non hai fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli è a me che non l’hai fatto. Sono questi, che ti ho messo vicino, il mio volto, perché diventassi talmente umano da non disprezzare nessuna delle persone, perché in esse, se sei onesto, hai trovato le tue stesse debolezze, cadute, sfortune, ma soprattutto invocazioni di aiuto, sussurri di domande, aneliti di solidarietà. 

27 Febbraio
+Domenico

L’esame di laurea  per il paradiso

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 25, 37-40) dal Vangelo della seconda Messa nella commemorazione di tutti i fedeli defunti (Mt 25,31-46)

Lettura del Vangelo secondo Matteo

Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.

Audio della riflessione

La vita cristiana di fronte a Dio esige sempre consapevolezza del bisogno del suo perdono: questo bisogno non è una “fiction” in cui i cristiani possono giocare a mettersi la maschera della contrizione, del digiuno … la visione del giudizio finale di Matteo, che ben si colloca nel ricordo dei defunti, ci toglie ogni illusione di recitare commedie.

Alla fine del mondo, l’esame di licenza o di laurea per il paradiso sarà di tutt’altro tipo! Le domande risolutive saranno molto semplici: “Che avete fatto al povero che petulante bussava alla vostra porta? All’handicappato che non può salire nessuna scala? Al carcerato che aspetta che gli si venga data una pena certa e una possibilità di riabilitazione? All’immigrato che è venuto a chiederti alloggio o un lavoro? Al demente che viene accollato solo sulle spalle dei suoi vecchi genitori?”.

“Abbiamo mandato assegni alla caritas, abbiamo fatto petizioni in comune, abbiamo fatto manifestazioni in piazza, abbiamo dato quattro soldi per levarceli di torno, abbiamo fatto lavare … i vetri ai semafori …”

“Ero Io quel povero, ero Io in quel demente, in quell’immigrato, in quel carcerato…  mi hai guardato negli occhi? Mi hai degnato di un sentimento di amore o hai provato solo pietà e magari distacco?”.

In giornate come oggi, in cui il pensiero e il passo si snoda nei viali dei nostri cimiteri, occorre avere il coraggio di guardarsi in faccia e riconoscere in ciascuno il volto di Gesù! Fare la carità oggi – ma è sempre stato così – non è facile: occorre farsi carico della vita dell’altro, anche negando il denaro che non risolve nessun problema, offrendo la canna per imparare a pescare e non il pesce, aiutando a trovare lavoro perché ciascuno si costruisca il suo futuro, offrendo un microcredito che possa ridare fiato al momento sfavorevole!

Molta povertà è solo frutto di inedia, di forze inoccupate e orientate all’ozio e quindi … al vizio!

Come fanno questi poveri a capire che Dio non li abbandona? Solo se troveranno persone che vedranno in loro il volto di suo figlio e lo metteranno al centro della loro vita: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare, facevo la fila alla caritas, ma mi sono trovato accolto nel caldo di una famiglia.

I nostri morti si aspettano questo nostro suffragio e non soprattutto fiori e candele.

2 Novembre 2022
+Domenico

Audio della riflessione
Trasmissione Televisiva

Una attesa stanca e sopportata non attende nessuno: è assenza di ideali

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 25, 1-13)

Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono.
A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».

Video della riflessione

La tendenza culturale del nostro tempo, caratterizzato dal pervasivo modello televisivo, dalla facilità con cui riusciamo a fare e spedire fotografie, dalla molteplicità di immagini senza di cui quasi non possiamo vivere, è quella della facciata, del farsi vedere, dell’apparire: se vai in televisione allora esisti, altrimenti nessuno sa di te e se nessuno ti ha visto non ci sei!

Le immagini hanno raccorciato le distanze: permettono di vivere in diretta fatti lontani, prendere coscienza di quello che avviene in ogni parte del mondo, aiuta la fantasia a galoppare, rende tutti capaci di immaginazione oltre le strettezze del luogo in cui si vive.

Il pericolo però, non troppo calcolato, è quello di dare importanza all’apparire e non all’essere, all’esteriorità e non all’interiorità.

Il Vangelo parla di dieci ragazze, dedicate a fare corona a una festa di nozze: tutte belle, tutte preparate, tutte ben vestite, ma solo cinque di esse vivono l’attesa come una molla della loro vita … si preparano, sanno che lo sposo conta su di loro, le vuol coinvolgere nella sua festa, s’aspetta da loro non sorrisi di facciata, ma coinvolgimento nella sua festa e si preparano; sanno che devono fare una coreografia di luci e provano e riprovano le fiaccole; le altre cinque invece si accontentano di esserci, di apparire, di fare coreografia … non pensano a vivere l’attesa dello sposo con intensità, con partecipazione, con occhio vigile: “a noi basta che ci siamo”, nemmeno si preoccupano di essere quella fila di fiaccola che da sole possono sopperire alla loro insensibilità .. non si preparano, danno tutto per scontato, è un mestiere come un altro … e al momento giusto neppure si accendono le loro luci, vanno in panne, cercano i rimedi dell’ultima ora, la dabbenaggine di qualche amica che abbocca … ma lo sposo le lascia fuori!

E’ fin troppo facile cogliere l’insegnamento di Gesù … non capita così della nostra fede? E’ terribile pensare che sovente la facciata è salva, diciamo di essere credenti, cattolici pure, ma dentro l’amore è finito e con esso vivere o per puntiglio, per tradizione o per contrapposizione, ma manca dall’interno l’attesa vigilante e operosa dell’incontro con lo sposo, dell’incontro con Gesù.

La vita di fede è un invito a nozze, ma non ci interessa più niente dello sposo: siamo come una coppia che non trova più motivi per stupirsi l’uno dell’altra.

La religione è diventata una abitudine di facciata.

Le parole di Gesù a queste cinque vergini sono tremende: “non vi conosco”, “non mi interessa la facciata”.

Dio guarda il cuore e al posto del cuore c’è un sasso, l’immagine tragica della loro vita, del loro affetto per lo sposo: erano solo mestieranti e tali restano!

Occorre riattivare la vita, il sentimento, occorre tornare sempre a sperare, Dio la forza ce la dà sempre.

26 Agosto 2022
+Domenico