Tutti chiamati, nessuno dimenticato nel piano di Dio

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 2, 13-19)

In quel tempo, Gesù salì sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici – che chiamò apostoli –, perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni. Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro, poi Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè “figli del tuono”; e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo, figlio di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì.

Audio della riflessione

Tutti abbiamo provato la spiacevole situazione di andare a un incontro, a una manifestazione, a un appuntamento con persone nuove e di restare in un angolo, senza essere presentato, senza nome, senza collocazione: magari non hai nemmeno li un amico con cui condividere l’imbarazzo e trovarti un alibi … sei lì, solo, nessuno ti dice niente, imbarazzo assoluto. Peggio ancora quando con amici si decide di fare qualcosa di interessante, tutti hanno un ruolo da svolgere, una parte da fare, un incarico da sostenere e tu sei lasciato lì inerte: nessuno ti dice niente, nessuno ritiene di darti una qualche responsabilità … non sai che fare e vai pure in crisi.

Non trattava proprio così nessuna persona Gesù nella sua missione: ciascuno nella vita ha un posto, nessuno è a questo mondo a caso! Siamo tutti destinatari di una chiamata, di una “vocazione” diciamo noi in ecclesialese: vuol dire che tutti abbiamo un posto, non un destino! Tutti abbiamo una missione che ci viene proposta e che noi possiamo accettare o meno, dipingere con la nostra creatività o sopportare, caricare delle nostre energie e del nostro entusiasmo o lasciar cadere.

Nel suo progetto di preparare gli apostoli al futuro del suo regno, alla formazione di una comunità nuova per un popolo nuovo, la prima cosa che ha fatto quando ha iniziato la sua vita pubblica: ha chiamato dodici persone a far da gruppo stabile che vivesse con lui e li ha chiamati tutti per nome.

Era sicuramente la compagnia più impossibile che potesse esistere: lenti nel capire, incapaci di collaborare, qualcuno poi si è rivelato un traditore, qualcun altro aveva solo interessi personali. Ma Lui Gesù li ha chiamati tutti a uno a uno e ha fatto loro la proposta del regno e ciascuno ha giocato la sua libertà e la sua vita.

Sono passati attraverso entusiasmi, tradimenti, sperimentazioni, paure, ma alla fine quella chiamata personale li ha visti tutti rispondere con decisione: tutti hanno visto naturale seguire il maestro, stare dalla sua parte, ciascuno evidentemente con la sua caratteristica umana che è già una strada che Dio ci indica per farci capire chi siamo e come siamo originali! Non siamo fatti con lo stampino, ma ogni uomo è un capolavoro originale e a questo capolavoro partecipiamo con la nostra risposta.

E’ così per tutti: all’esistenza siamo chiamati, non ci siamo a caso, ma tutti chiamati a una speranza viva e Gesù ci chiama a formare un popolo nuovo, che è la sua Chiesa.

21 Gennaio 2022
+Domenico

Inizia la grande proposta di Gesù di formare un polo nuovo

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 3, 7-12)

In quel tempo, Gesù, con i suoi discepoli si ritirò presso il mare e lo seguì molta folla dalla Galilea. Dalla Giudea e da Gerusalemme, dall’Idumea e da oltre il Giordano e dalle parti di Tiro e Sidòne, una grande folla, sentendo quanto faceva, andò da lui.
Allora egli disse ai suoi discepoli di tenergli pronta una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero. Infatti aveva guarito molti, cosicché quanti avevano qualche male si gettavano su di lui per toccarlo. Gli spiriti impuri, quando lo vedevano, cadevano ai suoi piedi e gridavano: “Tu sei il Figlio di Dio!”. Ma egli imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse.

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Inizia per noi spesso, dopo aver faticato in qualche opera, il tempo di fare il punto della situazione, di collocare la nostra vita in qualche prospettiva più chiara, perché si sono fatte più evidenti alcune nostre prospettive: è il passare dal fidanzamento al matrimonio, dagli studi al lavoro, dal lavoro alla professione, dalla bella vita di coppia alla procreazione di figli …

… così è per Gesù: ora la gente lo conosce meglio per quello che è, lo ha seguito nei suoi pellegrinaggi per la Palestina e ora punta al culmine della sua missione. Il verbo che usa il Vangelo è “si ritira”, per dire che evita le banali contestazioni dei nemici, ma vuole andare ancora più in profondità nel suo annuncio di salvezza.

Qualcuno stava già decidendo di ucciderlo e allora Gesù prepara nella mente dei discepoli e di coloro che lo ascoltano sempre in maggior numero, il sorgere iniziale di una vita nuova; occorre partire dal seme – e lo vedremo nelle prossime parabole – capire che il seme per essere vita ha da morire.

Questo popolo che lo cerca dovunque sarà il suo popolo nuovo: è già una immagine, un primo embrione di Chiesa.

Molto bella l’immagine che si staglia sul lago quando Gesù si fa dare una barca da coloro che avevano rinunciato alle loro per seguirlo e da essa, anche per difendersi dalla pressione della gente che lo vuol ascoltare, predica, annuncia sempre qualche nuova immagine del suo regno, dell’unico  pane, che è Lui, che sta sulla barca e che sarà nutrimento per tutti.

Questa barca dovrà affrontare la tempesta,  e sarà in pericolo quando la fede dei discepoli sarà stanca … insomma la barca diventa una bella immagine della Chiesa.

Noi guardiamo con supponenza a questa folla che si stringe attorno a Gesù, perché crediamo di essere autosufficienti, di non aver bisogno di un salvatore, perché crediamo che ci salvi la scienza, o il progresso, l’avere denaro e amici … per le malattie abbiamo gli ospedali, per le depressioni le medicine, per la solitudine le città e le piazze, per i problemi tecnici il progresso, per i contenziosi i tribunali, per gli imprevisti le assicurazioni … eppure ci riduciamo ancora miseramente a fare la fila dai maghi o dagli spacciatori, ci facciamo incantare dagli imbonitori, abbocchiamo all’ultima moda che ci promette la felicità e l’eternità …

Ma alla fine sentiamo che tutto quanto è in nostro potere non basta! Abbiamo bisogno di un salvatore: anche noi uomini e donne del terzo millennio abbiamo bisogno di Dio, cerchiamo anche inconsciamente, un contatto con Lui.

E Dio in Gesù si lascia toccare: già da allora, ma anche oggi, Dio si presenta all’uomo e si fa incontrare in Gesù. Lui si fa incontrare nella quotidianità della nostra vita, nel rapporto tra di noi, nel volto del povero, nella vita sacramentale, nella sua Parola.

Le chiese possono essere vuote, ma la sua presenza non si contrae: viene Lui a cercarci, perché Dio non ci abbandona mai.

20 Gennaio 2022
+Domenico

Con il formalismo a tutti i costi passa anche la durezza di cuore

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 3, 1-6)

In quel tempo, Gesù entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, e stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato, per accusarlo. Egli disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: “Àlzati, vieni qui in mezzo!”. Poi domandò loro: “È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?”. Ma essi tacevano. E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse all’uomo: “Tendi la mano!”. Egli la tese e la sua mano fu guarita. E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire.

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E’ interessante per la nostra fede – che ad ogni brano di Vangelo viene rinnovata – puntare lo sguardo sulla crescita in qualità della proposta di sé che Gesù fa di se stesso alla gente. Infatti  sta delineando agli occhi di chi lo segue il suo mistero: è il figlio dell’uomo che ha sulla terra il potere di rimettere i peccati – questo l’ha fatto con il paralitico per esempio – va ad offrire il banchetto del perdono, della riconciliazione al collaborazionista banchiere Matteo coi suoi amici pubblicani, li invita a gustare il vino delle nozze, perché non si deve digiunare quando c’è lo sposo e lo sposo è Lui, si dichiara signore del sabato e proprio per sottolineare che non è un  disobbediente alla legge, ma un rivelatore profondo del significato del sabato, dove l’uomo apre una finestra della sua vita su Dio e con Dio, compie questi gesti.

Ora, con un nuovo miracolo, fatto di sabato, dà un altro colpo alla legge, ultima barricata dell’uomo contro Dio: i farisei stanno lì pronti ad accusarlo, perché loro vogliono la legge e l’osservanza del sabato a costo di ricacciare Dio fuori dall’umanità, perché non sono disposti a riconoscere Dio nell’uomo.

In questo miracolo della guarigione della mano inaridita non si tratta di una semplice guarigione, ma di una sfida … difatti domanda prima di agire: “è permesso di sabato salvare una vita o toglierla?”. Dice, in pratica, che la guarigione in giorno di sabato è segno del dono della vita e della risurrezione dai morti.

Difatti nel vangelo di Giovanni Gesù risponde a chi gli impedisce di guarire in giorno di sabato: “Mio Padre opera senza interruzione e così faccio anch’io”.

Tutto ciò che Gesù fa è sempre e solo per salvare la vita e come tutta l’umanità questo paralizzato nella mano stende il braccio ad aprire la mano per accogliere questo dono del sabato.

Insomma, il sabato non è una legge, la Messa di domenica non è un precetto, è sempre soprattutto la presenza salvante, che salva, del Signore e quindi non ci vado per mettere a posto la coscienza adempiendo una legge, ma per incontrare e accogliere sempre la salvezza di Dio, la sua bontà, la sua misericordia, il suo delicatissimo amore.

E noi invece ci rifugiamo nella legalità, preferiamo la sicurezza di un passato, dell’avere tutto in ordine,  anziché il rischio di un futuro, del futuro di Dio che è vita. Per questo Gesù, detto alla mia maniera, si arrabbia e si fa pure triste, come dice il Vangelo, non è che si impietosisca perché quella mano continuerà a restare inservibile per quell’uomo, ma  perché quel pugno chiuso – letteralmente sarebbe la parola “calcificato” –  è l’immagine del cuore di pietra arido dei farisei che restano sempre fossilizzati nel loro passato.

Il nostro cuore continuerebbe a restare indurito se ragioniamo come quei farisei o se continuiamo a pensare la domenica come un misero precetto che possiamo sempre mettere dopo il nostro jogging, dopo il tempo delle spese, il nostro pensare la Messa come una tassa da pagare. 

Gesù è proprio il Signore del sabato, per noi della domenica.

19 Gennaio 2022
+Domenico

Gesù dice: io sono signore anche del sabato

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 2,23-28)

In quel tempo, di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe. I farisei gli dicevano: “Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?”. Ed egli rispose loro: “Non avete mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame? Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell’offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni!”. E diceva loro: “Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato”.

Audio della riflessione

Stiamo accorgendosi che la frequenza alla Messa domenicale ha un continuo calo di presenze: i primi ad assentarsi sono i giovani, maschi e femmine, i bambini, ragazzi e ragazze e anche molti genitori. Alcuni adulti non partecipano per paura altri sono anche più fedeli.

Ci possiamo fare alcune domande? Non c’è più fede? Questi preti non sono più ascoltabili? Noi vescovi magari ancora meno? Alcuni potrebbero dirmi: non è il precetto della Messa ogni domenica che decide se c’è fede o no …

La fede non consiste nell’assolvere un precetto: di fatti nel vangelo che oggi ascoltiamo alla messa, Gesù interviene sulla questione del sabato che per gli ebrei era un giorno sacro da dedicare tutto a Dio, senza osare alcun lavoro. I farisei infatti lo rimproveravano perché i suoi discepoli passando per un campo avevano strappato qualche spiga di grano per nutrirsi … e Gesù conclude dicendo “Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato, perciò il figlio dell’uomo è padrone anche del sabato”. Come a dire: il precetto per la messa alla domenica è stato fatto per il cristiano, non il cristiano per il precetto della Messa.

Che cosa sta in gioco da parte di Gesù con questa contrapposizione? Gesù vuol colpire nel cuore ogni formalismo e dogmatismo dove il rito, nel nostro caso, e l’espressione della fede  o la norma morale e  giuridica, sono validi per se stessi indipendentemente dalla persona che vi partecipa. chi vi si riferisce.

La religiosità non si risolve in un insieme di riti, di osservanze, di obblighi per le persone, che verrebbero tenute in pugno e magari strumentalizzate come singole o come comunità.E’ il contatto, il dialogo con Gesù che è importante e salvezza per la persona, è il contatto con il Signore.

Si potrebbe infatti far consistere tutto nel compiere il gesto, il rito, per tanti altri motivi: magari uno farsi vedere, far contenta la ragazza o il ragazzo, risparmiarsi osservazioni insopportabili dei genitori, poter dire “sono a posto”  così non ho più da pensarci… e Lui Gesù, il Signore, non essere nemmeno calcolato, magari sopportato o – Dio non voglia – maledetto. 

A noi preti magari farebbero piacere le statistiche confortanti di partecipazione, i numeri in crescita e, per colpa nostra non essere capaci  o addirittura impedire l’incontro con Gesù, con il Signore, offrire un rito vuoto, una Messa sopportata e incapace di rendere sperimentabile l’azione di Gesù.

Per questo dice Gesù che è Lui il Signore del sabato: non perché ne faccia un possesso che strumentalizza le persone, ma perché ci mette la sua vita ancora e sempre per l’umanità, ci mette il suo corpo e il suo sangue, il suo Spirito, non una fredda legge o un incomprensibile rito.

La stessa comunità cristiana ha le sue responsabilità: se si autodistrugge ogni giorno di più nell’egoismo, nell’insignificanza, se non si organizza per rendere bello l’incontrarsi, il pregare assieme, il reciproco aiuto nella vita, verso tutti, soprattutto chi soffre, chi non può partecipare, chi si è autoisolato e che attende un invito, una mano, un sorriso, una accoglienza sincera … come volete che conti questo rito per la persona?

La messa della Domenica allora è tutto, e molto di più che un precetto.

18 Gennaio 2022
+Domenico

La vita va rinnovata, non continuamente riempita di pezze

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 2, 18-22)

In quel tempo, i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da Gesù e gli dissero: “Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?”. Gesù disse loro: “Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno.
Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!”.

Audio della riflessione

Le strade ad ogni cambio di stagione, soprattutto da quella delle piogge a quella della siccitá, devono venir rattoppate: piove, si apre una buca, la si copre, se ne apre un’altra, ripiove…. le elezioni sono ancora purtroppo molto distanti… si passa allora a riempire le buche, a mettere pezze all’asfalto … sono fatte ad arte, sono anche decorative, ma sempre pezze sono.

In casa piove ogni volta che fa cattivo tempo e si sale sui tetti a spostare tegole, a mettere pezze: la prossima volta pioverà da qualche altra parte e si tornerà a metterne un’altra. Ieri ogni casalinga andava a scuola da qualche sarta per imparare a mettere le pezze nei pantaloni: era un’arte molto apprezzata.

Nelle nostre vite spesso sregolate ogni tanto abbiamo il coraggio di mettere qualche pezza per non far vedere i buchi che hanno: è l’arte dell’adattamento, del non decidersi mai a cambiare, a progettare, a prendersi con coraggio in mano una situazione e impostare tutto secondo un piano, a cambiare radicalmente.

Gesù ha in mente questo continuo mettere pezze alla vita e dice “non si mettono pezze nuove su un vestito vecchio o vino nuovo in otri vecchi!”; occorre un vestito nuovo, una botte nuova; altrimenti il poco di nuovo che siamo riusciti a mettere assieme nella vita andrà a male.

Noi siamo specializzati nell’arte di “mettere le pezze”, di continuare a turare i buchi, di stendere veline su voragini di umanità, su ogni buca una botola, pur sapendo che le buche si spostano come quelle delle talpe nei prati: mettiamo pezze dappertutto per poter vivere una vita decente; non si tratta di restauro, ma di adattamento al ribasso!

Certo quando si fa una casa nuova o la si rimette a nuovo bisogna affrontare spese, preoccupazioni, fastidi: occorre entrare in una nuova mentalità, distaccarsi dalla assoluta necessità dei tuoi angolini in cui hai ammassato tutti i tuoi ricordi che sono diventati una zavorra da cui non ti vuoi staccare, osare qualche soluzione diversa… è sempre più facile rabberciare! Adesso poi che c’è il 110 % è ancora meglio …

Ci vuole un 110% anche per la nostra vita spirituale: Gesù ci dice che in essa occorre avere il coraggio di cambiare, di fare un salto di qualità. Può essere la vita di famiglia, la vita affettiva, l’atteggiamento di rapporto con i compagni di scuola o di lavoro … novità di vita è la parola d’ordine.

Gesù questa speranza la dava ai suoi ascoltatori e oggi la da anche a noi: anche a noi da la forza di farci nuovi, non mette le pezze su nessuna nostra vita, ma con i suoi sacramenti ci fa sempre nuovi. E’ la storia della nostra quotidiana celebrazione liturgica, del nostro essere presbiteri, noi preti del tempio, della chiamata alla santità. E’ la domanda che sale ogni giorno dalla gente, dalle sue innumerevoli sofferenze che si accumulano quasi fossero una condanna e la loro capacità di reggere la croce con tenacia.

Siamo spesso come smarriti rispetto a quanta fede hanno tanti cristiani nelle loro vicende familiari.

Sant’Antonio abate, che oggi ricordiamo, aveva deciso così nella sua giovinezza: lasciare tutto e dedicarsi solo a Dio e al prossimo.

17 Gennaio 2022
+Domenico

Gesù va a nozze per cominciare da una famiglia l’annuncio della buona notizia

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 2, 1-12)

In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: “Non hanno vino”. E Gesù le rispose: “Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora”. Sua madre disse ai servitori: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: “Riempite d’acqua le anfore”; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: “Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto”. Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: “Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora”. Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

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Poteva cominciare in tanti modi a fare miracoli, cioè a proporre i segni di un mondo nuovo che stava nascendo, ma la sua predicazione è assimilabile a una nuova creazione e l’inizio si è modellato su quella settimana: sette giorni ci ha messo Dio a creare il mondo e al settimo fece festa, sette giorni ci ha messo Gesù a iniziare il suo pellegrinaggio di annuncio sulle rive del lago e al settimo andò alla festa di nozze di Cana … e la sua prima benedizione l’ha data a una famiglia, alla gioia di due ragazzi che si sono dichiarati amore davanti a una comunità, che non hanno pensato che fossero fatti loro sposarsi, ma che fosse un gesto che doveva essere collocato dentro una comunità concreta per il suo futuro.

Quanto è distante la mentalità di oggi che ritiene che due, quando vogliono, possono andare a vivere assieme perché il loro amore è un fatto assolutamente privato: la comunità non c’entra, il paese non c’entra, gli amici ancor meno.

E’ il colpo più subdolo che si dà a una famiglia: prima delle leggi ci sono le abitudini dei singoli che distruggono il concetto di famiglia, che confondono esperienze approssimate di amore con l’impianto solido di una vita di comunione pubblica in cui viene progettata, creata e fatta crescere la vita dei figli.

Ma la natura ha le sue esigenze: entra dalla finestra ciò che è stato buttato dalla porta, tant’è vero che paradossalmente da un po’ di anni ci si accorge che non ci si può più mettere assieme così privatamente e si vuole che le convivenze così costruite abbiamo dei diritti.

Non si fa la battaglia per le famiglie di fatto? Che cosa dicono coloro che vogliono le famiglie di fatto? Fanno questo semplice ragionamento: “non è possibile che noi che conviviamo non abbiamo nessun diritto! Ci vogliamo bene, facciamo figli, viviamo assieme. Perché non dobbiamo essere tutelati per le pensioni, per l’eredità, per le tasse?”.

La chiesa allora dice: “vedete che avevamo ragione quando vi dicevamo che non è bello che due si mettano a vivere assieme a qualche maniera come due isolati, a farsi i fatti loro … ci avete messi fuori tutti dicendo che il vostro amore interessava solo voi e adesso ci chiedete di tutelarvi?”.

Il matrimonio è questa decisione di assunzione di responsabilità, di dignità da dare al vostro amore di fronte a tutti: non solo, ma per chi crede è una decisione di fronte a Dio, è farlo diventare la forza, la bellezza, la gioia del vostro amore che d’ora in avanti sarà accolto da Dio come la più bella immagine del suo amore per gli uomini, dell’amore di Cristo per la Chiesa.

Ci sono altre famiglie però che non possono vivere assieme per tanti motivi: ci sono altre persone, altri papà e mamme che vorrebbero fare famiglia, vivere con i propri figli o i propri genitori e non possono perché devono emigrare per motivi di lavoro … sono i nostri italiani che vanno all’estero per lavorare, sono i nostri immigrati che sono venuti in Italia per lo stesso motivo.

Siamo ormai un popolo di migranti: la vita oggi ha una grande mobilità e il papa chiede oggi a tutti i cristiani di fare attenzione alla vita di famiglia entro questo grande muoversi di popoli.

Quante persone immigrate qui da noi fanno tanti sacrifici per mantenere nel proprio paese la loro famiglia, per far crescere i loro figli!

16 Gennaio 2022
+Domenico

Mangia con i peccatori

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 2,13-17)

In quel tempo, Gesù uscì di nuovo lungo il mare; tutta la folla veniva a lui ed egli insegnava loro. Passando, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: “Seguimi”. Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre stava a tavola in casa di lui, anche molti pubblicani e peccatori erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo seguivano. Allora gli scribi dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: “Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?”. Udito questo, Gesù disse loro: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”.

Audio della riflessione

Abbiamo tutti bisogno di un soffio rigeneratore di vita, che ci rinnova dentro fin dalla radice: abbiamo bisogno di sentirci addosso, dentro la grazia, la misericordia, l’amore di Dio, perché siamo abitati da un non essere, da una prigionia impossibile da vincere senza l’aiuto di Dio.

Sappiamo che solo Dio dà libertà ai prigionieri, salute agli ammalati, speranza si disperati, gioia agli afflitti, e perdono ai peccatori: questo nostro Dio ha un volto umano, non si nasconde nei cieli, ha il volto di Gesù.

Ecco perché Gesù, dopo aver chiamato dalla sua poltrona di banchiere, dove sta facendo soldi a palate, non sempre onesto e pulito, dopo averlo raddrizzato in piedi di fronte alla vita vera che gli propone, dopo averlo tolto dalla alienazione non solo nel suo avere, ma specialmente nel suo essere, non solo nel suo aspetto esteriore, ma soprattutto nel suo intimo e cioè nel suo essere persona e nella sua libertà, è felice di poter partecipare al banchetto che Matteo Levi imbandisce con tutti gli amici della sua risma, con tutte quelle persone che con lui hanno goduto dell’ingiustizia e si sono affogati l’anima nei soldi sottratti alla povera gente.

“Pubblicani” li chiama la gente e Gesù rischia di passare, per la povera gente, ma prima ancora per i farisei che ci tengono a difendere il volto di Dio nella sua rispettabilità, addirittura – teme di passare, rischia di passare – addirittura come complice e sostenitore di queste prevaricazioni, di queste facce di disprezzo dei poveri che si guadagnano la vita col sudore della fronte e ne sono privati dall’astuzia e dalla protervia dei potenti.

Ma Gesù è il volto di Dio e si mette a tavola coi peccatori: è Dio stesso il medico che risana, è lo sposo del suo popolo che ammette alla sua intimità l’uomo. Mangiare assieme è un atto di intimità, di pace, e di letizia, è come stare in famiglia. A ragione la gente  lo chiama amico dei pubblicani e dei peccatori, ma Gesù è proprio così che mostra l’amore e la pazienza con cui Dio cerca la pecorella smarrita, spazza la casa per trovare la moneta perduta, strappa dalle spine l’uomo aggrovigliato nel peccato.

Il suo comportamento traduce l’amore di Dio per i peccatori, quali che essi siano … e i peccatori come Levi Matteo, abbandonano tutto e lo seguono all’istante … anzi riconoscono il loro peccato e restituiscono il quadruplo, cioè cambiano i loro strumenti di arricchimento in carità abbondante e  riparatrice.

Questo è anche un invito per le nostre comunità cristiane: siamo tutti membri peccatori che sediamo spesso a mensa con Dio  e lo seguiamo zoppicando. Non possiamo affrettare nessun giudizio o condanna: è tra di noi anche che si nasconde e trova fiato, tra di noi, il pubblicano della vita, e possiamo anche ammettere che ciò che non si può raggiungere volando, lo si raggiunge zoppicando, basta che teniamo sempre presente su di noi lo sguardo misericordioso di Dio e con la nostra vita lo facciamo vedere a tutti.

15 Gennaio 2022
+Domenico

Immobile, ma rialzato nella sua dignità e riempito di vita nuova

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 2, 1-12)

Gesù entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola. Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: “Figlio, ti sono perdonati i peccati”. Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: “Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?”. E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: “Perché pensate queste cose nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire al paralitico “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati, prendi la tua barella e cammina”? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te – disse al paralitico –: àlzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua”.
Quello si alzò e subito prese la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: “Non abbiamo mai visto nulla di simile!”.

Audio della riflessione

Lui era ammalato e immobilizzato; la malattia da un po’ di tempo lo teneva incollato al letto paralizzato: lo chiamavano “il paralitico”. Era disperato, la sua vita era segnata per sempre, ma aveva quattro amici: aveva otto gambe, otto braccia, quattro cuori che facevano il tifo per lui …”Fatti coraggio, ci siamo noi ad aiutarti; per quel che ti serve conta su di noi. Abbiamo sempre lavorato assieme, ci siamo divertiti, ci si è spezzato il cuore quando ti abbiamo dovuto ricuperare senza più forze per sempre, ma non ti possiamo abbandonare!”.

Ed è questa amicizia che scatena il miracolo, la fede, la salvezza: “Ti abbiamo sempre aiutato, vuoi che ora non ti portiamo da Gesù? Di Lui dicono tutti che ha un cuore tenerissimo. Lui ha guarito dalla lebbra; ti ricordi quel cieco che ogni tanto urlava la sua rabbia e la sua fame? Ebbene oggi ci vede e non sta nella pelle dalla gioia. E tu? Da Gesù ti portiamo noi!”.

Ve li  immaginate questi amici con la solidarietà che hanno in corpo se stanno a far la fila, a ritirare lo scontrino che fissa la precedenza, a recedere perché l’ambulatorio è chiuso o perché non c’è più spazio? “Ti caliamo dal tetto, proprio davanti a Gesù. Tanto a Pietro glielo rifaremo nuovo e per fortuna che è un poveraccio come noi e non ha fatto né soletta, né soffitto né controsoffitto”.

“Scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava”, dice il Vangelo.

Gesù si vede calare davanti agli occhi il dolore fatto persona, un corpo paralizzato, una vita imprigionata … gli taglia la parola che stava annunziando, gli interrompe l’omelia, gli nasconde l’uditorio, gli stizzisce gli scribi che erano riusciti a segregarlo per un seminario di studi sulla Torah, o su qualche iota o apice della legge.

Come fa Gesù a non rispondere alla provocazione di questa fede, di questa solidarietà, alla pressione incontenibile di questa domanda, all’invocazione di questa vita?

“Ma Voi pensate che io sia un guaritore da 4 soldi, che sia uno sciamano che ha ereditato a Nazareth un po’ di magia? Figlio ti sono rimessi i tuoi peccati: è questo male profondo che io sono venuto a sradicare dal cuore, non sono specializzato in neurologia o in traumatologia, nemmeno mi scambiate per un ipnotizzatore. Prendi il tuo letto e cammina, la tua vita è diversa, e per significarti che sei cambiato dentro ti riconsegno ai tuoi quattro amici, con una vita piena, una salvezza che non potrà non contagiare quelli che incontrerai, ti tolgo il male più profondo che si porta dentro l’uomo, a cui non bada nemmeno più: il peccato”.

Gli è arrivata la salvezza vera, non solo un corpo sano, ma anche un’anima nella gioia del Signore … e noi non abbiamo forse bisogno di una guarigione più profonda della nostra irriducibile pandemia? Abbiamo bisogno solo di vaccini, che ci siamo fatti puntualmente o ci serve una vita interiore nuova senza peccato, senza odio verso nessuno, senza violenza, piena dell’amore di Dio?

Che Dio, con la salute, ce la conceda.

14 Gennaio 2022
+Domenico

Ci salveranno quelli che noi disprezziamo e condanniamo

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 1, 40-45)

In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: “Se vuoi, puoi purificarmi!”. Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: “Lo voglio, sii purificato!”. E subito, la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: “Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro”. Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

Audio della riflessione

Ci sono sempre state malattie che oltre a provocare sommo dolore, pretendevano di essere interpretate come maledizione di Dio, come opera punitiva del Signore.

Questa guarigione del lebbroso è il primo miracolo che l’evangelista Marco descrive per esteso: il lebbroso era l’emarginato per eccellenza, escluso dal popolo di Dio; davanti a sé doveva gridare “impuro, impuro” da lontano, così che nessuno lo accostasse … e Gesù si arrabbia di fronte a queste situazioni contrarie alla sua buona novella e, andando contro la legge, toccò il lebbroso.

Inaudito …e li manda subito dai sacerdoti, per ottenere un attestato di socialità, ma anche per testimoniare contro di loro, che purtroppo sono custodi di una legge che distingue il puro dall’impuro, il santo dal profano, il santo dal peccatore … ma  con la venuta di Gesù cadono queste separazioni, questo muro tra il peccatore e il suo Dio; con Gesù cade il muro della legge.

Solo la fede di questo emarginato può farsi incontro a Gesù e solo in questo morto civile si può manifestare la gloria di Dio … come avverrà che la morte di Gesù si cambierà per noi in vita.

Il lebbroso è nella situazione ottimale per capire questo, e difatti diventerà il primo apostolo: comincerà subito a predicare e a divulgare la Parola.

Il Vangelo nella chiesa allora come oggi viene proclamato da chi non conta, da chi è escluso perché “Dio ha proprio scelto le cose ignobili e disprezzate dal mondo per ridurre a nulla quelle che sono”. Il Vangelo ci è sempre proclamato dai poveri e dagli emarginati, e ciò significa che anche noi potremo testimoniare quando saremo in quella condizione, sia ciascuno personalmente, sia come comunità. Un’altra grande verità viene alla coscienza, il posto della croce di Gesù che è l’unica nostra salvezza.

Gesù ci porta alla identificazione con tutti quei disgraziati che soprattutto nella prima parte del vangelo, sono toccati dalla grazia di Dio, ne capiscono il dono straordinario in ogni momento della vita ordinaria e sperimentano in sè la gloria della Risurrezione.

Dice il noto fra Betto in Dai sotterranei della storia in una sua lettera: “Buttato in una cella stretta e maleodorante…mi vedo accanto a delinquenti comuni, banditi, assassini, ladri, violentatori di minorenni… allora penso nel mio orgoglio piccolo borghese … devo portare Cristo a queste persone, devo farle diventare migliori … invece scopro che sono essi che mi rivelano la vera immagine di Cristo. Essi stanno accanto a Lui sulla croce e realizzano con Lui la nostra redenzione. Essi sono poveri, umili, rigettati e condannati come Cristo.”

Sono l’immagine del Signore…

13 Gennaio 2022
+Domenico

La preghiera al Padre è il segreto di Gesù

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 1, 29-39)

In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva. Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano. Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui, si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: “Tutti ti cercano!”. Egli disse loro: “Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!”.
E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

Audio della riflessione

Siamo abituati a leggere di miracoli, di gesti belli di Gesù con la gente … ma come è una sua giornata-tipo? Oggi ne vediamo una descrizione: sono già stati in sinagoga, dove Gesù si era messo a insegnare e a cacciare un demonio con grande autorevolezza e autorità … sicuramente è osteggiato subito da scribi e farisei perché è sabato … si reca da Simone, presso cui prende casa quando si porta sul lago, e qui ne guarisce la suocera, che si mette subito a servire – dice il Vangelo – segno che è guarita subito e  bene, ma qui si intende anche che è guarita totalmente da qualcosa che la teneva soggiogata.

La guarigione di Gesù è più che da una febbre: è anche una liberazione interiore, e il servizio che si mette a compiere la suocera non è la prerogativa femminile, ma è la vera sequela di tutti, perché lui è venuto per servire … liberazione e servizio si danno la mano!

E … verso sera, finito il riposo sabbatico, i malati sono liberi di essere portati da Lui e comincia le sue guarigioni e il suo annuncio a tutta la città, che era “riunita davanti alla porta”, come dice il Vangelo.

Al mattino presto quando era ancora buio si alza e si porta in un luogo deserto a pregare: è misteriosa questa sortita notturna di Gesù per andare a pregare, che per Gesù è esperienza di lode, di ringraziamento, ma anche un sincero interrogarsi davanti a Dio, suo Padre, per capire la sua volontà e superare le resistenze che poteva sentire dentro di sé, preparare nella sua carne la disposizione di donarsi senza risparmio.

Infatti dopo una giornata faticosa, da vero operaio del regno,  mettendosi a pregare supera la prima tentazione posta sulle labbra di Pietro: tutti ti cercano. Era già presente nei discepoli questa tentazione ovvia per l’uomo di mietere gloria e vantaggi dai miracoli compiuti … ma già Matteo e Luca avevano presentato questa tentazione quando Gesù era nel deserto, prima di cominciare la vita pubblica.

C’è sempre un pensiero dell’uomo contro il pensiero di Dio: Gesù supera questa tentazione anche dopo la prima moltiplicazione dei pani e la supererà definitivamente nell’impotenza di fronte alla morte di croce.

La preghiera di Gesù deve essere stata un silenzio o ascolto di Dio, un dialogo talora drammatico, come la lotta di Giacobbe.

La preghiera è una lotta per non fermarsi sul cammino della libertà, avviene dopo una giornata di fatica ed esige un saper emergere e uscire dalla fatica stessa … ed è una uscita  continua alla luce di Dio, che illumina la notte, che impedisce di cadere nella trappola del  pensiero dell’uomo, cioè nella tentazione … e in forza di questa preghiera Gesù dirà a se stesso e a Pietro “andiamo altrove”.

Così seguendo Gesù il cristiano deve annunciare la Parola, confermandola con opere di liberazione, ma questo fare ha bisogno di una carica di speranza indomabile, altrimenti cede di fronte agli ostacoli e si dispera, ha bisogno di una forza superiore che renda possibile l’impossibile.

E Dove attinge il cristiano questa luce? Nel dialogo con Dio, nella preghiera. Il rapporto di Gesù come Figlio al Padre è il cuore e l’anima di tutta la sua vita. Per questo “quando ancora era buio” si alzò e uscì e si recò in un luogo deserto e là pregava: il contatto diretto con il Padre è il sole che illumina il suo cammino!

La principale difficoltà della preghiera è purtroppo la nostra autosufficienza, che da soli, autoesaltati, diventiamo aridi e freddi.

12 Gennaio 2022
+Domenico