La casa di Dio scambiata per un mercato  

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 2,13-25)

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». 
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. 
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. 
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.

Audio della riflessione.

Noi abbiamo la triste possibilità di cambiare anche le cose più belle in una bottega. Abbiamo un istinto indomabile di mercificare ogni cosa, ogni sentimento più bello, ogni realtà anche profonda: il primo ad essere messo in vendita dicono è stato l’amore, o meglio il corpo distribuito a brandelli per denaro. Siamo stati fatti per essere un dono l’uno per l’altra, invece diventiamo una merce. Poi abbiamo mercificato la paternità e la maternità, la nascita: possiamo prendere in affitto un utero per far fare un figlio, andiamo alla banca del seme a comperare un padre; poi abbiamo fatto bottega della vita affettiva: oggi si può comperare una zia o una nonna per riempire il vuoto di affetti di una casa o dei figli; e di conseguenza abbiamo mercificato anche il rapporto con Dio.  

Che cosa mi dai se ti prego Dio per farti avere una grazia? Signori avete avuto fortuna quest’anno con i vostri greggi, con i vostri affari? Guardate che dovete pagare, altrimenti l’anno prossimo la grandine è assicurata, le locuste vi mangeranno tutto, dall’aviaria non avrete scampo. Guardate che bel capretto vi potete acquistare per placare Dio di tutte le malefatte che avete combinato. Era la scena che apparve davanti a Gesù quel giorno vicino alla Pasqua in cui era salito al tempio. La casa di Dio scambiata per un mercato. È l’immagine di ogni dimora di Dio, che è la nostra vita, scambiata in oggetto di mercificazione.  

E Gesù butta all’aria tutto, attirandosi le ire non solo dei commercianti, ma soprattutto di coloro che ricavavano guadagno dai loro affari. Ogni posto vendita del tempio è come ogni posto vendita delle nostre fiere; il suolo pubblico lo chiedi e lo paghi se vuoi vendere. La mia casa è la casa della preghiera, è il luogo in cui puoi ascoltare la Parola di Dio e non comperare benedizioni; è lo spazio della lode e della gratitudine, non del contrattare le tue pigrizie. Il tuo corpo è tempio dello Spirito Santo, non lo puoi vendere, la vita è dono gratuito di Dio, non la puoi barattare né vendere, né comperare; la terra è di tutti, l’aria e l’acqua sono beni indispensabili per la vita, sono di Dio e da Dio regalati alla vita degli uomini. No! voi li vendete. 

Il gesto di Gesù che tocca gli interessi concreti sarà decisivo per la sua morte, ma è proprio qui che abbiamo bisogno di far nascere speranza; se perdiamo speranza in Dio in chi la troviamo? 

03 Marzo
+Domenico

Nessun santuario o chiesa è un mercato, ma sempre e solo l’incontro con Dio

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 2,13-22)

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete.
Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!».
I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere».
Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

Audio della riflessione.

Bancarelle a non finire, voci, grida, bisogna attirare l’attenzione. Questi pellegrini che finalmente hanno lasciato i loro posti di fame e vengono a lucidarsi gli occhi al tempio vorranno fare un’offerta al Dio Altissimo, non saranno così tirchi e pidocchiosi. 

Per sciogliere i tuoi voti, per dare corpo alle tue promesse non comperi questo agnello? perché non baratti con me quella bella collana che hai al collo? Fate attenzione che se non fate offerte a Dio vi capiterà qualche disgrazia! Non avete il denaro giusto? Non c’è problema: qui si cambia tutto! È la scena che appare a Gesù. Non è l’agitazione parossistica di una borsa valori dove tutti con il computer davanti, il telefono all’orecchio, le mani alzate a percuotere l’aria e la voce a urlare sembrano non pensare che a vendere e comprare. 

Ma è la stessa cosa: un mercato. Al centro ci sta il denaro. Avete scambiato la mia casa per una borsa valori, il mio tempio per una spelonca di ladri, il mio santuario è il luogo dei vostri affari. 

Ma siete venuti a Gerusalemme per ridirvi che Dio è il centro della vostra vita, a raccogliervi in preghiera o a farvi i fatti vostri? 

E Gesù non ne può più. Butta all’aria tutto. Non è rabbia, non è l’ingenuità di colui che crede di risolvere i problemi con i gesti di piazza. 

È solo un segno! 

La povera vedova che non ha niente, che butterà i suoi ultimi spiccioli per le opere di Dio, è venuta a incontrare il Signore. Non insultatela. 

Il giovane frastornato da tutto che ha ancora qualche ideale e spera ci sia un mondo diverso ha diritto a nutrire la sua speranza nel tempio, e oggi ai nostri tempi, a incontrare nella Chiesa la Parola che gli apre gli orizzonti della vita, la persona stessa di Gesù. Tutti si dovranno abituare a incontrare Dio ovunque. 

Da quando Dio si è fatto uomo però onorare Dio è possibile solo adorando Cristo crocifisso e risorto, amando Dio sopra ogni cosa e il prossimo come sé stesso. Il pensiero va a tutti i santuari: quante persone si mettono in viaggio per i luoghi cari alla nostra fede, circondati di cura, abbelliti. Gesù ricorda a tutti che l’adorazione in Spirito o verità è anche purificazione che la Chiesa fa di sé stessa, spinta dal fuoco divorante di uno zelo che non ammette compromessi o ambiguità. Per questo motivo ad ogni santuario si va per una purificazione della propria vita e per imparare una solidarietà con tutti coloro che soffrono e sperano.

09 Novembre
+Domenico

La casa di preghiera di Roma: la cattedrale del Papa

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 2, 13-22)

Lettura del Vangelo secondo Giovanni

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!».
I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

Audio della riflessione

Noi abbiamo la triste possibilità di cambiare anche le cose più belle in una bottega. Abbiamo un istinto indomabile di mercificare ogni cosa, ogni sentimento più bello, ogni realtà anche profonda: il primo ad essere messo in vendita dicono è stato l’amore, o meglio il corpo distribuito a brandelli per denaro. Siamo stati fatti per essere un dono l’uno per l’altra, invece diventiamo una merce. Poi abbiamo mercificato la paternità e la maternità, la nascita: possiamo prendere in affitto un utero per far fare un figlio, andiamo alla banca del seme a comperare un padre; poi abbiamo fatto bottega della vita affettiva: oggi si può comperare una zia o una nonna per riempire il vuoto di affetti di una casa o dei figli; e di conseguenza abbiamo mercificato anche il rapporto con Dio.

Che cosa mi dai se ti prego Dio per farti avere una grazia? Signori avete avuto fortuna quest’anno con i vostri greggi, con i vostri affari? Guardate che dovete pagare, altrimenti l’anno prossimo la grandine è assicurata, le locuste vi mangeranno tutto, dall’aviaria non avrete scampo. Guardate che bel capretto vi potete acquistare per placare Dio di tutte le malefatte che avete combinato. Era la scena che apparve davanti a Gesù quel giorno vicino alla pasqua in cui era salito al tempio. La casa di Dio scambiata per un mercato. E’ l’immagine di ogni dimora di Dio, che è la nostra vita, scambiata in oggetto di mercificazione.

E Gesù butta all’aria tutto, attirandosi le ire non solo dei commercianti, ma soprattutto di coloro che ricavavano guadagno dai loro affari. Ogni posto vendita del tempio è come ogni posto vendita delle nostre fiere; il suolo pubblico lo chiedi e lo paghi se vuoi vendere. La mia casa è la casa della preghiera, è il luogo in cui puoi ascoltare la Parola di Dio e non comperare benedizioni; è lo spazio della lode e della gratitudine, non del contrattare le tue pigrizie Il tuo corpo è tempio dello Spirito Santo, non lo puoi vendere, la vita è dono gratuito di Dio, non la puoi barattare né vendere, né comperare; la terra è di tutti, l’aria e l’acqua sono beni indispensabili per la vita, sono di Dio e da Dio regalati alla vita degli uomini. No! voi li vendete.

Mio padre non è quello che voi dite, non sta dietro l’altare a vedere se gli animali che gli offrite sono zoppi, ma vi guarda il cuore. E gli scoppiò dentro questa certezza. Il Regno è qui, è dietro l’angolo. E’ proprio qui, un investimento unico di tutte le forze del creato che mio Padre ha pensato da sempre. Il Padre è disposto a tutto pur di inaugurarlo e io mi ci metto dentro, costi quel che costi. Se volete stare con me dovete lasciare i vostri loculi, e buttarvi nella vita. Vi sembrerà di fare poco, di essere solo una goccia nell’oceano. Mio Padre fa il Regno con le gocce.

Ogni goccia di preghiera viene accolta nella cattedrale del papa, San Giovanni in Laterano, di cui oggi celebriamo la festa;  è la sua chiesa e per questo è anche papa e da qui governa, serve, accoglie ogni credente per mandato del Signore. Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa.

9 Novembre 2022
+Domenico

Trasmissione Radiofonica
Trasmissione Televisiva

Gesù va a nozze per cominciare da una famiglia l’annuncio della buona notizia

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 2, 1-12)

In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: “Non hanno vino”. E Gesù le rispose: “Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora”. Sua madre disse ai servitori: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: “Riempite d’acqua le anfore”; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: “Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto”. Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: “Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora”. Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

Audio della riflessione

Poteva cominciare in tanti modi a fare miracoli, cioè a proporre i segni di un mondo nuovo che stava nascendo, ma la sua predicazione è assimilabile a una nuova creazione e l’inizio si è modellato su quella settimana: sette giorni ci ha messo Dio a creare il mondo e al settimo fece festa, sette giorni ci ha messo Gesù a iniziare il suo pellegrinaggio di annuncio sulle rive del lago e al settimo andò alla festa di nozze di Cana … e la sua prima benedizione l’ha data a una famiglia, alla gioia di due ragazzi che si sono dichiarati amore davanti a una comunità, che non hanno pensato che fossero fatti loro sposarsi, ma che fosse un gesto che doveva essere collocato dentro una comunità concreta per il suo futuro.

Quanto è distante la mentalità di oggi che ritiene che due, quando vogliono, possono andare a vivere assieme perché il loro amore è un fatto assolutamente privato: la comunità non c’entra, il paese non c’entra, gli amici ancor meno.

E’ il colpo più subdolo che si dà a una famiglia: prima delle leggi ci sono le abitudini dei singoli che distruggono il concetto di famiglia, che confondono esperienze approssimate di amore con l’impianto solido di una vita di comunione pubblica in cui viene progettata, creata e fatta crescere la vita dei figli.

Ma la natura ha le sue esigenze: entra dalla finestra ciò che è stato buttato dalla porta, tant’è vero che paradossalmente da un po’ di anni ci si accorge che non ci si può più mettere assieme così privatamente e si vuole che le convivenze così costruite abbiamo dei diritti.

Non si fa la battaglia per le famiglie di fatto? Che cosa dicono coloro che vogliono le famiglie di fatto? Fanno questo semplice ragionamento: “non è possibile che noi che conviviamo non abbiamo nessun diritto! Ci vogliamo bene, facciamo figli, viviamo assieme. Perché non dobbiamo essere tutelati per le pensioni, per l’eredità, per le tasse?”.

La chiesa allora dice: “vedete che avevamo ragione quando vi dicevamo che non è bello che due si mettano a vivere assieme a qualche maniera come due isolati, a farsi i fatti loro … ci avete messi fuori tutti dicendo che il vostro amore interessava solo voi e adesso ci chiedete di tutelarvi?”.

Il matrimonio è questa decisione di assunzione di responsabilità, di dignità da dare al vostro amore di fronte a tutti: non solo, ma per chi crede è una decisione di fronte a Dio, è farlo diventare la forza, la bellezza, la gioia del vostro amore che d’ora in avanti sarà accolto da Dio come la più bella immagine del suo amore per gli uomini, dell’amore di Cristo per la Chiesa.

Ci sono altre famiglie però che non possono vivere assieme per tanti motivi: ci sono altre persone, altri papà e mamme che vorrebbero fare famiglia, vivere con i propri figli o i propri genitori e non possono perché devono emigrare per motivi di lavoro … sono i nostri italiani che vanno all’estero per lavorare, sono i nostri immigrati che sono venuti in Italia per lo stesso motivo.

Siamo ormai un popolo di migranti: la vita oggi ha una grande mobilità e il papa chiede oggi a tutti i cristiani di fare attenzione alla vita di famiglia entro questo grande muoversi di popoli.

Quante persone immigrate qui da noi fanno tanti sacrifici per mantenere nel proprio paese la loro famiglia, per far crescere i loro figli!

16 Gennaio 2022
+Domenico

Costruita una basilica la si dedica a Dio e non ai nostri affari

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 2,13-25)

Audio della riflessione

A guardare le nostre televisioni o a sentire le nostre radio si direbbe che la vita, il mondo è fatto tutto di compratori e venditori: si fanno talmente intelligenti le pubblicità che ti diverti pure mentre ti spremono e ti alleggeriscono il portafoglio.

Se poi vai in un paese del terzo mondo vedi che tutti vendono e comprano di tutto, in tutti gli spazi possibili delle strade: non c’è catapecchia che non esponga il suo banchetto vendita. La più nobile ci ha pure una vetrinetta per il posteggio delle mosche.

Vendere e comprare è sentirsi vivi, è sperare, e avere relazioni è riempire la vita! Non si costruiscono forse così anche le chiese? Perché  non lo dovrebbe essere anche l’esperienza  religiosa, questo bisogno profondo dell’uomo, questo lato misterioso della vita umana?

Per mettere le mani avanti e per non osare di fare della Chiesa una spelonca di ladri, ad ogni festa che ricorda la dedicazione di una Chiesa al rapporto vero con Dio si legge sempre questo brano di Vangelo dove Gesù con la sua forza ci richiama in maniera inequivocabile alla chiesa come luogo di preghiera.

Oggi celebriamo il giorno anniversario della dedicazione della basilica lateranense, la cattedrale di Roma, il cui vescovo è sempre il papa.

Presso il tempio di Gerusalemme, punto di convergenza di tutto un popolo, crocevia di attese, sofferenze, speranze, illusioni, tensioni, rivoluzioni, vendere e comperare era diventato connotazione determinante.

Non andrai davanti a Dio a mani vuote?! Come puoi pensare che Dio ti benedica se sei così spilorcio? La vuoi pagare quella grandine che hai evitato o ti vuoi proprio rovinare senza evitare la prossima? Sarai un poveraccio, ma due spiccioli per un paio di tortore li puoi scucire anche tu.

Non erano preghiere, non erano dialoghi con Dio, non era abbandonarsi nelle sue mani: era commerciare con lui, era ridurre Dio a mercante.

Arriva Gesù … non è la prima volta che va al tempio – anche Giuseppe e Maria  un giorno si erano comperati un paio di colombi con in braccio lui – ma questa volta non riesce più a sopportare questo ritratto che fanno del Suo Padre amatissimo: Il Regno di Dio non è fatto così, il povero non ha pedaggio da pagare per farsi ascoltare da Dio; la religione di Dio, suo Padre, è la religione del cuore non della borsa, Dio non si compera, ma si ama.

“Avete fatto della casa di mio Padre un mercato” E butta all’aria tutto.

Questo è ancora niente, nel giro di poco tempo tutti quei sacerdoti dovranno cambiare lavoro!

Un rapporto di un procuratore romano degli inizi del II secolo dopo Cristo riferirà a Roma che sono in crisi le macellerie: perchè non si sacrificherà più nessun tipo di bestiame.

“Voglio misericordia non sacrifici”, il cuore contrito non un portafoglio più appiattito!

Anche questo cambiamento di modo di mettersi in relazione con Dio verrà “caricato sul conto” di Gesù: non tocchi mai impunemente i soldi di nessuno … ma ne esce ripulito, più vero, autentico il volto di Dio Padre.

9 Novembre 2021
+Domenico

Non usiamo mai la tenera paternità di Dio per fare i nostri affari

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 2, 15-16) dal Vangelo del giorno (Gv 2, 13-25) nella terza Domenica di quaresima (Anno B)

Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!».

Audio della riflessione

Noi abbiamo la triste possibilità di cambiare anche le cose più belle in una bottega: abbiamo un istinto indomabile di mercificare ogni cosa, ogni sentimento più bello, ogni realtà anche profonda … il primo ad essere messo in vendita – dicono – è stato l’amore, o meglio il corpo distribuito a brandelli per denaro.

Siamo stati fatti per essere un dono l’uno per l’altra, invece diventiamo una merce.

Poi abbiamo mercificato la paternità e la maternità, la nascita: possiamo prendere in affitto un utero per far fare un figlio, andiamo alla banca del seme a comperare un padre …. poi abbiamo fatto bottega della vita affettiva: oggi si può comperare una zia o una nonna per riempire il vuoto di affetti di una casa o dei figli … e di conseguenza abbiamo mercificato anche il rapporto con Dio.

Che cosa mi dai, se ti prego Dio per farti avere una grazia? Signori avete avuto “fortuna” quest’anno con i vostri greggi, con i vostri affari? Guardate che dovete pagare, altrimenti l’anno prossimo la grandine è assicurata, le locuste vi mangeranno tutto, dall’aviaria non avrete scampo … Guardate che bel capretto vi potete acquistare per placare Dio di tutte le malefatte che avete combinato …

Insomma, questa era la scena che apparve davanti a Gesù quel giorno, poco prima della solenne Pasqua, in cui era salito al tempio: la casa di Dio scambiata per un mercato! E’ l’immagine di ogni dimora di Dio, che è la nostra vita, scambiata in oggetto di mercificazione.

E Gesù … butta all’aria tutto, attirandosi le ire non solo dei commercianti, ma soprattutto di coloro che ricavavano guadagno dai loro affari. Ogni posto vendita del tempio è come ogni posto vendita delle nostre fiere: il suolo pubblico lo chiedi e lo paghi se vuoi vendere.

“La mia casa è la casa della preghiera, è il luogo in cui puoi ascoltare la Parola di Dio e non comperare benedizioni; è lo spazio della lode e della gratitudine, non del contrattare le tue pigrizie! Il tuo corpo è tempio dello Spirito Santo, non lo puoi vendere! La vita è dono gratuito di Dio, non la puoi barattare né vendere, né comperare; la terra è di tutti, l’aria e l’acqua sono beni indispensabili per la vita, sono di Dio e da Dio regalati alla vita degli uomini. No! voi ve ne impossessate e li vendete!”

Il gesto di Gesù che tocca gli interessi concreti sarà decisivo anche per la sua morte, ma è proprio sull’alto significato della preghiera, della gratuità, della assoluta paternità di Dio che abbiamo bisogno di far nascere speranza!

Se perdiamo speranza in Dio, in chi la troviamo?

7 Marzo 2021
+Domenico

Il tempio non c’è più, le nostre chiese sono preghiera e abbandono in Dio

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 2,13-22)

Audio della riflessione

Anche in questa pandemia l’immagine che ci danno radio e televisioni sono sempre di gente fatta di compratori e venditori: giusto che si dia vita al commercio che permette a molte persone di vivere onestamente … si fanno talmente intelligenti le pubblicità che ti diverti pure mentre ti spremono e ti alleggeriscono il portafogli.

Se poi vai in un paese del terzo mondo vedi che tutti vendono e comprano di tutto, in tutti gli spazi possibili delle strade: non c’è catapecchia che non esponga il suo banchetto vendita. La più nobile ci ha pure una vetrinetta per il posteggio delle mosche.

Vendere e comprare è sentirsi vivi, è sperare, e avere relazioni è riempire la vita. Perché  non lo dovrebbe essere anche l’esperienza  religiosa, questo bisogno profondo dell’uomo, questo lato misterioso della vita umana?

Presso il tempio di Gerusalemme, punto di convergenza di tutto un popolo, crocevia di attese, di sofferenze, di speranze, crocevia di illusioni e di tensioni, rivoluzioni, vendere e comperare era diventato connotazione determinante.

Non andrai davanti a Dio a mani vuote?! Come puoi pensare che Dio ti benedica se sei così spilorcio? La vuoi pagare quella grandine che hai evitato o ti vuoi proprio rovinare senza evitare la prossima? Sarai un poveraccio, ma due spiccioli per un paio di tortore li puoi scucire anche tu.

Non erano preghiere, non erano dialoghi con Dio, non era abbandonarsi nelle sue mani, era “commerciare” con lui, era ridurre Dio a mercante.

Arriva Gesù, non è la prima volta che va al tempio, anche Giuseppe e Maria  un giorno si erano comperati un paio di colombi, ma questa volta non riesce più a “sopportare” questo ritratto che fanno del Suo Padre amatissimo. Il Regno di Dio non è fatto così, il povero non ha pedaggio da pagare per farsi ascoltare dal Signore; la religione di Dio, suo Padre, è la religione del cuore non della borsa.

Dio non si compera, ma si ama!

“Avete fatto della casa di mio Padre un mercato” … e butta all’aria tutto. Quando poi gli chiedono che autorità ha di fare questo rincara la dose e lancia una sfida: “distruggete questo tempio e in tre giorni lo riedificherò”. Dire questo era un reato punibile con la morte, e poco dopo gliela daranno con la crocifissione.

Dice il Vangelo che gli apostoli tennero in mente questo che Gesù aveva detto e capirono più tardi che il tempio era il suo corpo, la sua vita, risorto dopo tre giorni.

Il tempio di marmi e ori non avrà vita molto lunga: a parte la distruzione del 70 da parte dei romani nel giro di poco tempo tutti quei sacerdoti dovranno “cambiare lavoro”. Un rapporto di un procuratore romano degli inizi del II secolo dopo Cristo riferirà a Roma che sono in crisi le macellerie: perchè non si sacrificava più nessun tipo di bestiame.

“Voglio misericordia non sacrifici, il cuore contrito non un portafoglio più appiattito!” … e il tempio per incontrare Dio cambierà completamente.

Anche questo cambiamento di modo di mettersi in relazione con Dio verrà caricato sul conto di Gesù: non tocchi mai impunemente i soldi di nessuno, ma ne esce ripulito, più vero, più autentico il volto di Dio Padre.

9 Novembre 2020
+Domenico