Viviamo sempre con dignità la nostra esistenza

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 17, 26-37)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti.
Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma, nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti. Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà.
In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza e avrà lasciato le sue cose in casa, non scenda a prenderle; così, chi si troverà nel campo, non torni indietro. Ricordatevi della moglie di Lot.
Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva.
Io vi dico: in quella notte, due si troveranno nello stesso letto: l’uno verrà portato via e l’altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l’una verrà portata via e l’altra lasciata».
Allora gli chiesero: «Dove, Signore?». Ed egli disse loro: «Dove sarà il cadavere, lì si raduneranno insieme anche gli avvoltoi».

Audio della riflessione.

I tempi della vita sembra scorrano spesso lenti, tediosi, tutti uguali. C’è sempre molto tempo per tutto e non ci si decide mai. Si direbbe che è la legge d’inerzia che comanda, non la dinamica della forza di un colpo di reni, di uno scatto. Eppure nella vita siamo spesso messi davanti a fatti improvvisi che ci cambiano radicalmente il modo di vivere, siamo spettatori di tragedie impensabili, di scomparse improvvise di amici, di parenti, di persone carissime. Sappiamo che tutto questo è vero, ma per una sorta di istinto di sopravvivenza dimentichiamo tutto e conduciamo la vita quasi che fosse sempre programmabile a nostro piacere. Soprattutto c’è da mettere in conto la morte, che non siamo noi a decidere. Dice Gesù: quella notte due saranno in un letto: uno verrà preso e l’altro lasciato. 

Allora dobbiamo avere paura? Neanche per sogno, dobbiamo solo vivere sempre con dignità la nostra esistenza sapendo di essere fotografati nella nostra coscienza in ogni istante. Ricordo che mio padre, una persona di una grande serenità, aveva appeso alle spalle del comodino un teschio ben disegnato a china, da lui stesso. Io all’inizio ero molto impressionato, ma poi lentamente capivo che doveva essere un elemento naturale che diceva una verità sacrosanta. Da bambino andavamo a portare la comunione col prete ai moribondi. Entravamo con le candele vicino al letto del morente, ma entro una atmosfera di grande serenità. Chi ha detto che i bambini hanno paura della morte? Certo se continuiamo a esorcizzarla, a nasconderla, a vederla come la disgrazia massima della vita e non come un fatto da mettere in conto su cui elaborare un atteggiamento profondamente umano, saremo sempre nella falsità e nell’inganno. 

Noi cristiani sappiamo che alla fine della vita saremo messi di fronte alla sua dignità, conquistata facendo di essa un dono a chi abbiamo incontrato. Un giudizio verrà manifestato; non sarà mai una sorpresa, ma il punto di arrivo di tutta la nostra voglia di bene. Noi abbiamo veramente la speranza nell’aldilà, sappiamo che finiremo nelle braccia di Dio. Questa è più di una speranza. E’ la certezza della vita.

17 Novembre
+Domenico

Il regno di Dio è già tra noi

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 17, 20-25)

In quel tempo, i farisei domandarono a Gesù: «Quando verrà il regno di Dio?». Egli rispose loro: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure: “Eccolo là”. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!».
Disse poi ai discepoli: «Verranno giorni in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell’uomo, ma non lo vedrete. Vi diranno: “Eccolo là”, oppure: “Eccolo qui”; non andateci, non seguiteli. Perché come la folgore, guizzando, brilla da un capo all’altro del cielo, così sarà il Figlio dell’uomo nel suo giorno. Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga rifiutato da questa generazione».

Audio della riflessione.

Esistono almeno tre modi di guardare la realtà dal nostro punto di vista umano: fare delle fotografie che noi crediamo oggettive, ma ciò non è vero perché scegliamo noi l’angolatura, il colore, il lato, lo sfondo.. oppure farne una sorta di radiografia spirituale, cioè coglierne i vari significati, le emozioni, le riflessioni spontanee, studiarne le cause, le origini, farne insomma una storia. In questo secondo caso si esprime di più la nostra soggettività, ci possiamo ingannare, ma cerchiamo di sviscerare la realtà in molti dei suoi aspetti. Qui l’educazione, la formazione, la competenza hanno molto influsso, ma soprattutto lo ha un atteggiamento spirituale che sa forare la realtà per vederne il senso ultimo. Un terzo modo è quello che impone alla realtà un punto di vista esteriore ad essa, intenzionale, che risponde a logiche che la stessa realtà non ha, è quello di presentarla in forma esasperata, uno scoop, qualcosa di sensazionale, eclatante, meraviglioso, rivestito pure da forme colossali. Il regno di Dio invece è una realtà che sfugge a questi tre metodi, è già dentro tutto il reale che sperimentiamo, vi è nascosto. C’è un fiume sotterraneo che scorre e irriga tutta la realtà: è l’azione di Dio, il bene, che non ha bisogno di televisioni, non attira l’attenzione, scava, matura, si propaga in silenzio, si attesta nelle coscienze e non nei rotocalchi o nelle pagine web, non teme fake news. 

Tutti i discepoli erano curiosi di conoscere questo regno, questa nuova realtà e Gesù candidamente dice: guardate che il regno è già in mezzo a voi; diceva prima di tutto di sé, diceva dell’amore fatto persona che era Lui, e che loro non si accorgevano di avere. Avevano già cominciato ad adattarsi alla sua persona e non ne intuivano la novità. Lo ritenevano un buon maestro, un buon predicatore, un discreto taumaturgo, ma non certo il Regno di Dio fatto persona. 

E’ forse così anche oggi, quando non abbiamo occhi per vedere il bene che si diffonde silenzioso nelle coscienze, nelle vite dedicate di mamme e papà che lavorano in silenzio per il bene dei figli, nelle esistenze semplici e buone di giovani che vanno tutti i giorni a scuola e si preparano con coscienza a dare il loro contributo all’umanità, di ammalati che soffrono terribilmente nel loro letto ogni giorno in unione con la croce di Cristo e continuano così la sua opera di bonifica del mondo e a seminare energie di bene per tutti. 

E’ regno di Dio che sta in mezzo a noi la tenacia degli operatori di pace, dei missionari che sollevano i poveri dalla disperazione morale e dalla fame. E’ Regno di Dio in mezzo a noi il servizio quotidiano alla crescita dei ragazzi di tanti educatori che ricostruiscono vite distrutte dalla droga e dal vizio, lo è l’impegno onesto di chi crea lavoro per i giovani. E’ regno di Dio in mezzo a noi chi non si stanca di proclamare la verità andando controcorrente e paga duramente per quel che professa, di chi macina chilometri per portare speranza, di chi viene messo ancora in croce solo perché fa del bene agli altri. E’ regno di Dio chi fa ponti e non muri. Ci sarà un giorno in cui tutto verrà alla luce come un lampo, come capita a noi quando ci scoppia dentro una verità a lungo cercata e finalmente intuita. Prima però dice Gesù, occorre salire su una croce, 

occorre cioè farsi purificare fino in fondo dall’amore. E Dio, che non ci abbandona mai ce ne darà la forza.

16 Novembre
+Domenico

Ne abbiamo di lebbre addosso, Signore liberacene

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 17, 11-19)

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

Audio della riflessione.

Il ringraziare nella vita di ogni persona è gesto nobile, non solo rispettoso del galateo, ma anche capace di costruire relazioni positive tra le persone e soprattutto far crescere dentro ciascuno il senso della non autosufficienza, il riconoscere di avere avuto doni immeritati, gesti fuori dal tritacarne del do ut des, del commercio anche di sentimenti. Papa Francesco mette la parola grazie tra le tre più importanti di una vita familiare: per favore, grazie e scusa. Nella vita di Gesù, come ci riferisce il vangelo, capita che Gesù si incontri un giorno con 10 lebbrosi. Erano gente isolata da tutti, viveva in ghetti ben separati dalla comunità civile, condannati a morire oltre che di dolore, di solitudine e disprezzo. Qualche preoccupazione di igiene, di evitare contagi con il resto della comunità, ne era la causa. Così è stato fino a non molti anni fa. C’era un’isola, Molokai, che nel pacifico era il luogo in cui venivano relegati tutti i lebbrosi dell’arcipelago delle Hawaii e che fu il luogo privilegiato dell’apostolo dei lebbrosi san Damiano de Veuster. 

Ebbene Gesù li ode nelle loro grida da lontano, li avvicina e li guarisce; li invia, come recitava la legge, dai sacerdoti del tempio, autorizzati a dichiararli guariti e non più quindi reclusi e reietti. Immaginiamo la felicità dei dieci, sarebbe anche la nostra. Hanno una gioia incontenibile e riprendono la loro vita sociale insperata e tanto attesa, in cui non speravano più. Uno di loro però, oltre alla gioia e la felicità, fa alcune riflessioni e aiuta anche noi a farne. Questo Gesù mi ha guarito da un terribile malattia, ma io sento di essere stato guarito ancora di più nel mio intimo, sento di aver trovato un’anima libera, dei sentimenti mai provati, sento di essere stato liberato da rabbia, egoismo, desiderio di vendetta, disprezzo. 

Solo Dio mi può dare questo, Gesù non è solo o soprattutto un medico del corpo, ma soprattutto dell’anima e questo lo può fare chi è imparentato con Dio. E torna da Gesù a ringraziare, a riconoscere e a lodare Dio “a gran voce”; la sua guarigione si è arricchita di un atto grande di fede. Infatti Gesù gliela riconosce: la tua fede ti ha salvato, non solo guarito nel corpo, ma nella interezza della tua persona. 

Fossimo anche noi tutti guariti da tante nostre lebbre, che ci mutilano la vita, ce la segregano dal mondo dei buoni, ce la scrivono nei nostri pensieri e nei nostri comportamenti. Non abbiamo solo bisogno di far diventare i nostri moncherini delle mani che ancora stringono quelle degli altri, ma anche braccia levate a Dio nella lode e nella preghiera.

15 Novembre
+Domenico

Soltanto e soprattutto veri servi

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 17, 7-10)

In quel tempo, Gesù disse:
«Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, strìngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

Audio della riflessione.

Si sentono spesso dire molti spropositi sul rapporto tra uomo e Dio. Lo mettiamo alla sbarra come se avesse commesso sopraffazioni nei nostri confronti, lo bestemmiamo senza ritegno e talvolta con cattiveria perché pensiamo di aver subito da lui dei torti. Ci permettiamo di insegnare a Lui come deve governare il mondo. Lo trattiamo da datore di lavoro e il nostro rapporto con lui è di tipo commerciale. Io faccio tanto e tu mi devi tanto, come se stessimo barattando con lui la nostra esistenza. 

Crediamo poi di aver acquisito diritti nei suoi confronti perché siamo finalmente riusciti a comportarci bene. Qualcuno crede di aver assicurato anche il paradiso perché ha bazzicato tanto tempo negli ambienti clericali. Dio invece si serve soltanto. Siamo servi e basta, siamo soltanto servi, soprattutto servi veri, nei suoi confronti. Acquisire una mentalità umile e serena nei confronti di Dio e un assoluto distacco dal rivendicare qualcosa perché ci sentiamo di accampare dei meriti, è segno di grande fede. 

Il cristianesimo non è una meritocrazia, non c’è una scalata nella fede data dai meriti acquisiti, dalle opere buone fatte. Non ci sono lapidi in paradiso, ci sono solo i gesti di amore gratuiti di Dio, il suo abbraccio, la sua intimissima compagnia. Verrebbe da dire: giù le mani da Dio, non crediamo di potercelo tirare dalla nostra, di poterlo fasciare per alcuni servizi che facciamo in parrocchia. La vita cristiana non è da far pesare a Dio per la restituzione di meriti, ma solo ed esclusivamente per aiutarci tutti ad essere buoni. Del resto se abbiamo il coraggio di guardarci dentro, troveremmo tante nostre incongruenze o tante approssimazioni. 

Il vangelo ci dice che quando fai del bene al tuo prossimo, quando eserciti una servizio anche importante sei tu che deve ringraziare le persone beneficiate, perché ti hanno dato la possibilità di realizzare la tua vocazione, ciò per cui ti senti chiamato. Non sei stato in giro a partecipare a una ennesima festa, ma lavorando per gli altri hai realizzato lo statuto della tua umanità, quello che veramente ti rende felice. 

A Dio non si va mai con le pretese, ma sempre con la certezza che Lui ci riempie di tutto quello che veramente ci serve e che noi nemmeno sappiamo chiamare per nome. Per questo siamo servi soltanto, servi di un Dio che non ci abbandona mai.

14 Novembre
+Domenico

I bambini devono trovare sostegno per ogni tempesta della vita

Una riflessione sul vangelo secondo Luca (Lc 17, 1-6)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono. È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi!
Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo; ma se si pentirà, perdonagli. E se commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te e sette volte ritornerà a te dicendo: “Sono pentito”, tu gli perdonerai».
Gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe».

Audio della riflessione.

Nella mentalità contadina da cui proveniamo c’era una grande attenzione allo scandalo nei confronti dei piccoli e in genere della gente. Se uno avesse combinato qualche guaio, avrebbe avuto il pudore di non mettersi in mostra e soprattutto di non essere di inciampo nella vita degli altri, di non trascinarli sulla sua stessa strada sbagliata. Contadini di mentalità ancora lo siamo, ma siamo diventati spavaldi nel mettere in mostra i nostri comportamenti devianti. 

Probabilmente è colpa della informazione che ci mette davanti la spudoratezza di una madre che si contende l’amante con la stessa sua figlia, solo per farsi quattro soldi o un po’ di notorietà; altre volte è il maschio latino che si vanta di avere rovinato tante ragazzine per apparire un conquistatore; spesso è chi ruba che si vanta di essere stato furbo e tutto questo di fronte a chi deve imparare a vivere, chi deve essere aiutato da valori a dare speranza alla sua esistenza fragile. 

Non ti permettere di fare osservazioni agli spettacoli che ti senti dire che sei un bacchettone, che oggi non si può censurare niente, che siamo liberi. Liberi certo di ingannare, di far soffrire, di deviare le vite innocenti di chi crede nella bontà. 

Le parole di Gesù al riguardo sono molto dure. “E’ meglio per lui che gli sia appesa al collo una grossa pietra e sia gettato in mare, piuttosto che scandalizzi uno di questi piccoli”. Se stessimo alla lettera di questa affermazione, non ci sarebbero pietre sufficienti per tenere a bada i pedofili, gli spettacoli senza il minimo senso morale, le leggerezze di tanti genitori con i loro figli, i violentatori domestici. Non si tratta di applicare nessuna shaarìa, ma di ricuperare un minimo senso di responsabilità soprattutto nei confronti delle giovani generazioni che non hanno bisogno di crescere sotto campane di vetro, ma di essere aiutati a superare le sfide della vita con proposte alte di bontà, con ideali di bellezza. 

Un adulto come Erodiade con sua figlia che le domanda: che devo chiedere ad Erode che mi ha promesso un futuro radioso anche la metà del suo regno? Lei l’adulta, la persona tutta casa e figli le dice con il massimo di malvagità: la testa di Giovanni il Battista qui su un piatto. Il suo rancore , la sua cattiveria, la sua vendetta invece del futuro di sua figlia. Siamo spesso così noi adulti con le giovani generazioni. 

E non si tratta di problemi legati solo alla sessualità, quasi che fossimo bacchettoni, ma a tutte le forme di degrado dell’umanità, al disprezzo del povero, dell’handicappato, del debole. I cristiani hanno un volto da far contemplare, il volto del Crocifisso risorto. Quella è la speranza di andare oltre gli scandali.

13 Novembre
+Domenico

Portare sempre con dignità la nostra vita

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 17, 26-37)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti. Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma, nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti. Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà. In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza e avrà lasciato le sue cose in casa, non scenda a prenderle; così, chi si troverà nel campo, non torni indietro. Ricordatevi della moglie di Lot. Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva. Io vi dico: in quella notte, due si troveranno nello stesso letto: l’uno verrà portato via e l’altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l’una verrà portata via e l’altra lasciata». Allora gli chiesero: «Dove, Signore?». Ed egli disse loro: «Dove sarà il cadavere, lì si raduneranno insieme anche gli avvoltoi».

Audio della riflessione

I tempi della vita sembra scorrano spesso lenti, tediosi, tutti uguali … c’è sempre molto tempo per tutto e non ci si decide mai …. si direbbe che  è la legge d’inerzia che comanda, non la dinamica della forza di un colpo di reni, di uno scatto! Eppure nella vita siamo spesso messi davanti a fatti improvvisi che ci cambiano radicalmente il modo di vivere: siamo spettatori di tragedie impensabili, di scomparse improvvise di amici, di parenti, di persone carissime.

Sappiamo che tutto questo è vero, ma per una sorta di istinto di sopravvivenza dimentichiamo tutto e conduciamo la vita quasi che fosse sempre programmabile a nostro piacere.

Soprattutto c’è da mettere in conto la morte, che non siamo noi a decidere! Dice Gesù: “quella notte due saranno in un letto: uno verrà preso e l’altro lasciato”.

Allora dobbiamo avere paura?

Neanche per sogno: dobbiamo solo portare sempre con dignità la nostra vita sapendo di essere fotografati nella nostra coscienza in ogni istante.

Io ricordo che mio padre, una persona di una grande serenità, aveva appeso alle spalle del comodino un teschio ben disegnato a china, da lui stesso: io all’inizio ero molto impressionato, ma poi lentamente capivo che doveva essere un elemento naturale che diceva una verità sacrosanta.

Da bambino andavamo a portare la comunione col prete ai moribondi: entravamo con le candele vicino al letto del morente, ma entro una atmosfera di grande serenità.

Chi ha detto che i bambini hanno paura della morte? Certo se continuiamo a esorcizzarla, a nasconderla, a vederla come la disgrazia massima della vita e non come un fatto da mettere in conto su cui elaborare un atteggiamento profondamente umano, saremo sempre nella falsità e nell’inganno.

Noi cristiani sappiamo che alla fine della vita saremo messi di fronte alla sua dignità, che abbiamo conquistata facendo di essa un dono a chi abbiamo incontrato.

Un giudizio verrà manifestato: non sarà mai una sorpresa, ma il punto di arrivo di tutta la nostra voglia di bene.

Noi abbiamo veramente la speranza nell’aldilà: sappiamo che finiremo nelle braccia di Dio, e questa è più di una speranza: è la certezza della vita.

11 Novembre 2022
+Domenico

Trasmissione Radiofonica
Trasmissione televisiva

Il regno di Dio è già in mezzo a noi

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 17, 20-21) dal Vangelo del giorno (Lc 17, 20-25)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo, i farisei domandarono a Gesù: «Quando verrà il regno di Dio?». Egli rispose loro: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure: “Eccolo là”. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!».

Audio della riflessione

L’arte dell’abboccare è molto diffusa in una società che si lascia guidare dagli scoop, dal sensazionale, dall’esteriorità, dal meraviglioso, dal colossal. Il regno di Dio, il bene, non ha bisogno di televisioni, non attira l’attenzione, scava, matura, si propaga in silenzio, si attesta nelle coscienze e non nei rotocalchi o nelle pagine web.

Tutti i discepoli erano curiosi di conoscere questo regno, questa nuova realtà e Gesù candidamente dice: guardate che il regno è già in mezzo a voi; diceva prima di tutto di sé, diceva dell’amore fatto persona che era Lui, e che loro non si accorgevano di avere. Avevano già cominciato ad adattarsi alla sua persona e non ne intuivano la novità. Lo ritenevano un buon maestro, un buon predicatore, un discreto taumaturgo, ma non certo il Regno di Dio fatto persona.

 E’ forse così anche oggi, quando non abbiamo occhi per vedere il bene che si diffonde silenzioso nelle coscienze, nelle vite dedicate di mamme e papà che lavorano in silenzio per il bene dei figli, nelle esistenze semplici e buone di giovani che vanno tutti i giorni a scuola e si preparano con coscienza a dare il loro contributo all’umanità, di ammalati che soffrono terribilmente nel loro letto ogni giorno in unione con la croce di Cristo e continuano così la sua opera di bonifica del mondo e a seminare energie di bene per tutti.

E’ regno di Dio che sta in mezzo a noi la tenacia degli operatori di pace, dei missionari che sollevano i poveri dalla disperazione morale e dalla fame. E’ Regno di Dio in mezzo a noi il servizio quotidiano alla crescita dei ragazzi di tanti educatori che ricostruiscono vite distrutte dalla droga e dal vizio, lo è l’impegno onesto di chi si impegna ogni giorno a creare lavoro per i giovani. E’ regno di Dio in mezzo a noi chi non si stanca di proclamare la verità andando controcorrente e paga duramente per quel che professa, di chi macina chilometri per portare speranza, di chi viene messo ancora in croce solo perché fa del bene agli altri.

Il dato fondamentale, l’irruzione del vero futuro trasformante di Dio sulla terra si è già compiuto nella morte e nella Pasqua di Gesù Perciò chi cerca Dio nel nostro  mondo deve rivolgersi al Cristo; chi mira a giungere fino al futuro della storia deve cominciare a vederlo realizzato, condensato, vivo nella Pasqua

 Ci sarà un giorno in cui tutto verrà alla luce come un lampo, come capita a noi quando ci scoppia dentro una verità a lungo cercata e finalmente intuita. Prima però dice Gesù, occorre salire su una croce, occorre cioè farsi purificare fino in fondo dall’amore. E Dio, che non ci abbandona mai ce ne darà la forza.

10 Novembre 2022
+Domenico

Trasmissione Radiofonica
Trasmissione Televisiva

Non siamo  padroni della vita, del bene e del male, ma solo servitori!

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 17,7-10)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse:
«Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, strìngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

Audio della riflessione

C’è un male sottile che si insinua nelle nostre vite, colorandosi di grande attualità e necessità: l’autorealizzazione, il protagonismo, essere creatori e signori assoluti di noi stessi. Siamo noi che decidiamo quando vivere e quando morire, che volto dare a questo universo, chi ritenere degno di stare su questo pianeta e chi no, chi  ammettere alla mensa della vita e chi scartare, che senso dare ai nostri giorni e al mondo, decidere che cosa è bene e che cosa è male … e, più progrediamo nella costruzione di questo nostro castello, più l’umanità precipita ai limiti della sopravvivenza: ieri comandava l’ignoranza che veniva scambiata per divinità, oggi comanda la superbia scambiata per intelligenza e progresso.

L’equilibrio non è facile, ma un principio cui ispirarci e a cui orientare la nostra vita il Vangelo ce lo dice: siamo semplicemente servi”.” L’uomo è qualcuno e può dire una parola significativa sul mondo, sulle cose, sulla vita solo se è Dio a dargli la parola, a renderlo soggetto attivo.

Essere servi non significa essere schiavi, significa sapere che non siamo i padroni dell’universo: non siamo padroni degli altri uomini, della vita, del bene e del male, della giustizia e della verità, ma soltanto semplicemente servitori, servitori e figli che hanno un riferimento assoluto in Dio, che si fanno misurare dalla sua parola, che lavorano e respirano nell’aria del suo amore.

E’ la riconoscenza, la gratuità, la dignità riconosciuta di ogni uomo e di ogni donna, il rispetto la collaborazione, la solidarietà, il perdono vicendevole, il sentirsi in debito gli uni verso gli altri e tutti nei confronti di Dio: questi sono i veri sentimenti dell’uomo e della donna, non certo il potere, la sopraffazione, il disprezzo, la tirannia, l’ubriacatura dell’onnipotenza, la manipolazione della vita.

L’intelligenza delle cose belle, le intuizioni dello sviluppo umano, la ricerca del progresso e le scoperte scientifiche, la crescita in umanità, le soluzioni dell’economia, gli approfondimenti dei misteri della natura e della vita nascono e si sviluppano nella direzione giusta solo se ci sentiamo semplicemente servi come dice il Vangelo.

8 Novembre 2022
+Domenico

            .

Trasmissione Radiofonica
Trasmissione Televisiva

La fede non si compera, né si vende: la si chiede e la si vive

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 17, 1- 6)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono. È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi!
Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo; ma se si pentirà, perdonagli. E se commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te e sette volte ritornerà a te dicendo: “Sono pentito”, tu gli perdonerai».
Gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe».

Audio della riflessione

Viviamo in un mondo che ci strega con dosi massicce di beni, con consumi senza freno. Oggi ancora più proprio perché siamo in crisi di euro siamo obbligati alla quantità e non alla qualità. Il sogno è il grande magazzino: più merce prendi, più sconti hai. Ottimo! Con i tempi che corrono una amministrazione saggia è quella che ti permette di risparmiare. Un pò alla volta però trasponiamo nella vita il criterio della quantità.

Nell’amore è la quantità di prestazioni che conta, senza badare ai sentimenti e alla delicatezza; negli affari è la quantità di soldi che guadagni senza preoccuparti se sei di parola, se esprimi solidarietà, se vivi l’amicizia; nello studio è il numero di esami senza preoccuparti se ti fanno crescere come persona, se ti lasciano spazio per vivere relazioni umane; nel  lavoro è la quantità di ore o di guadagno, senza fare attenzione alla sicurezza per la tua vita e quella degli altri, ai rapporti in famiglia e alla qualità della vita; nello sport è la quantità di risultati, facendo magari doping, senza pensare alla salute e al futuro. Insomma bisogna valutare tutto a quintalate.

Gesù questo pericolo lo ha visto anche nella fede, quando gli sono andati a chiedere: Signore aumenta la nostra fede. Aumenta? Che vuol di’? Che anche l’anima si vende e si compera a chili? Che le preghiere valgono se sono tante? Che la vita di un cristiano è bella se aumenta il numero di santini da incollare sul cruscotto? Che la fede dipende dal numero di santuari che hai visitato? Gesù risponde: se aveste una fede grande come un chicco di senapa, potreste dire a questo monte spostati di qua e quello si sposterebbe.

Mi sembra di sentire la rivalsa del miscredente che si lascia commuovere solo a Natale e forse a Pasqua. Sono i suoi due chicchi all’anno! Lo ho sempre detto io che basta poco per credere, che non occorre stare tanto a pregare come certe donne che conosco io e che vanno tutti i giorni in chiesa e tu dici “a mangiare il Signore inutilmente”. Ma tu hai provato con la tua fede a spostare le montagne? A dare forza di coesione al tuo matrimonio che sta andando a pezzi, a riconquistarti i tuoi figli che ti ignorano, a convincere tuo padre e tua madre a non separarsi, a far visita ai tuoi vecchi ammalati, ad accorgerti che molti hanno bisogno di te, a mettere pace dopo aver seminato discordie facili?

Se non hai mai tentato niente, la tua fede non è mai neanche iniziata. Non è neanche questione di quantità, ma non c’è  o almeno non ne sei convinto. C’è ancora una cosa che puoi fare per la tua fede: sperare!

7 Novembre 2022
+Domenico

Trasmissione Radiofonica
Trasmissione Televisiva

C’è una lebbra ancor più grave di quella del corpo: il peccato

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 17, 11-19)

Lettura del Vangelo secondo Luca

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: “Gesù, maestro, abbi pietà di noi!”. Appena li vide, Gesù disse loro: “Andate a presentarvi ai sacerdoti”. E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: “Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?”. E gli disse: “Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!”.

Audio della riflessione

Il ringraziare nella vita di ogni persona è gesto nobile, non solo rispettoso del galateo, ma anche capace di costruire relazioni positive tra le persone e soprattutto far crescere dentro ciascuno il senso della non autosufficienza, il riconoscere di avere avuto doni immeritati, gesti fuori dal tritacarne del do ut des, del commercio anche di sentimenti. Papa Francesco mette la parola grazie tra le tre più importanti di una vita familiare: per favore, grazie e scusa. Nella vita di Gesù, come ci riferisce il vangelo, capita che Gesù si incontri un giorno con 10 lebbrosi. Erano gente isolata da tutti, viveva in ghetti ben separati dalla comunità civile, condannati a morire oltre che di dolore, di solitudine e disprezzo. Qualche preoccupazione di igiene, di evitare contagi con il resto della comunità, ne era la causa. Così è stato fino a non molti anni fa. C’era un’isola, Molokai, che  nel bel mezzo dell’Oceano Pacifico  era il luogo in cui venivano relegati tutti i lebbrosi delle Hawai e che fu il luogo privilegiato di padre Damiano, apostolo dei lebbrosi che poi divenne santo san Damiano de Veuster.

Ebbene Gesù li ode nelle loro grida da lontano, li avvicina e li guarisce; li invia, come recitava la legge, dai sacerdoti del tempio, autorizzati a dichiararli guariti e non più quindi reclusi e reietti. Immaginiamo la felicità dei dieci, sarebbe anche la nostra. Hanno una gioia incontenibile e riprendono la loro vita sociale insperata e tanto attesa, senza speranza. Uno di loro però, oltre alla gioia e la felicità, fa alcune riflessioni e aiuta anche noi a farne. Questo Gesù mi ha guarito da un terribile malattia, ma io sento di essere stato guarito ancora di più nel mio intimo, sento di aver trovato un’anima libera, dei sentimenti mai provati, sento di essere stato liberato da rabbia, egoismo, desiderio di vendetta, disprezzo.

Solo Dio mi può dare questo, Gesù non è solo o soprattutto un medico del corpo, ma soprattutto dell’anima e questo lo può fare chi è imparentato con Dio. E torna da Gesù a ringraziare, a riconoscere e a lodare Dio “a gran voce”; la sua guarigione si è arricchita di un atto grande di fede. Infatti Gesù gliela riconosce: la tua fede ti ha salvato, non solo guarito nel corpo, ma nella interezza della tua persona.

Fossimo anche noi tutti guariti da tante nostre lebbre, che ci mutilano la vita, ce la segregano dal mondo dei buoni, ce la scrivono nei nostri pensieri e nei nostri comportamenti. Non abbiamo solo bisogno di far diventare i nostri moncherini delle mani che ancora stringono quelle degli altri, ma braccia levate a Dio nella lode e nella preghiera.

9 Ottobre 2022
+Domenico

Trasmissione radiofonica
Trasmissione televisiva