La vita del cristiano è sempre attesa e vigilanza

Una riflessione su Vangelo secondo Luca (Lc 21, 34-36)

Audio della riflessione

La vita non è un parcheggio … pieno di distrazioni, non è un deposito di pacchi con scritta da sempre la destinazione, ma una tensione verso qualcosa di definitivo: la interpreta al meglio non l’adattamento, ma l’attesa, la vigilanza, il sapere che c’è qualcosa di bello, di vero che la compie.

Non è un risultato scontato già previsto, ma la sorpresa di un incontro: le si addice di più l’immagine di una sentinella che continua a scrutare l’orizzonte, che vive di attesa, che non sa darsi pace nella certezza di un compimento che di una guardia preoccupata che nessuno scippi niente di quello che si ha.

Ciò che si ha non dà nessuna certezza, quello che si è ci costringe ad alzare lo sguardo all’orizzonte: vegliate e pregate.

La dimensione vera della vigilanza del cristiano è quella della preghiera: la sentinella dialoga con chi deve venire, se lo immagina accanto, lo chiama, lo sente già a portata di mano, gli si affida. E l’affidamento è sapere che ci sono braccia pronte ad accogliere, desideri destinati ad essere esauditi, amicizia che riempie di gioia.

Il cristiano attende Dio: non attende un giudice, ma un Padre!

Gesù aveva consumato tutta la vita a cambiare quella falsa idea di Dio che stava nel cuore dei venditori del tempio: Dio si coccola i suoi figli, Dio manda suo Figlio a togliere dal male l’umanità, Dio sa che deve giocare la partita della libertà e dell’amore dentro la vita degli uomini.

Questo Dio che ha sognato sempre per noi il massimo del bene è colui che vogliamo vedere apparire all’orizzonte di ogni vita, della mia, della tua, della vita dei poveri, dei perseguitati, dei buoni e dei cattivi, degli abbandonati e dei sazi di cattiveria.

Quanti nostri educatori, preti, amici, papà e mamme di famiglia hanno avuto a cuore il Vangelo: lo facevano diventare non solo legge interiore, ma anche buona notizia da annunciare a tutti, piano di azione da sviluppare nella società e nella professione, servizio all’umanità fragile che popolava le campagne e le valli di sempre, le grandi periferie delle città, gli agglomerati di operai e operaie poco rispettati nella loro dignità; non avevano ideologie da proporre, ma un Vangelo che sapeva ridare forza e coraggio, una fede che permeava la vita e tutte le sue relazioni. Ancora oggi tengono desta la speranza e la solidarietà, la gioia di un apostolato corresponsabile nella Chiesa per il mondo.

Dio ci doni sempre laici cristiani che sappiano unire profonda interiorità a coraggiosa attività!

Mentre ti attendiamo o Dio noi ci abbandoniamo alla tua volontà, osiamo attenderti oranti, con le braccia allargate come tuo figlio sulla croce, sicuri che il tuo giudizio sarà nell’amore e la nostra vita non dovrà temere se non il nostro egoismo che ancora tu hai il potere di distruggere.

Ti aspettiamo con ansia, siamo già stati per troppo tempo in fuga: apri il tuo cielo e discendi! La nostra attesa è fragile, ma con la preghiera diventa la dimensione più bella della nostra vita e della vita del mondo.

28 Novembre 2020
+Domenico

L’occhio e l’intelligenza della fede aiutano il cristiano a capire i segni che Dio non fa mai mancare per la salvezza dell’uomo

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 21, 29-33)

Audio della riflessione

La nostra vita è affidata ai segni: ne hai bisogno quando giri per le strade per sapere la direzione giusta, ti occorrono per intenderti con qualcuno sul da farsi, sono necessari per tradurre i pensieri in uno scritto e comunicarli agli altri, diventano utili a un imprenditore per capire come orientare i suoi capitali, stai ad ascoltare le previsioni del tempo prima di metterti in viaggio … qualcuno ti manda segni sbagliati per imbrogliarti e devi imparare a difenderti e a farti da solo una tua lettura: aguzzi l’intelligenza, fai confronti, metti in sequenza vari indizi e poi … rischi una decisione.

Avessimo conoscenza di alcuni segni inequivocabili per prevenire un terremoto! Potessimo leggere in tempo i segni premonitori di tutte le malattie! Fosse possibile sapere sempre quando la morte è alle porte! Riuscissimo a intercettare i virus che mettono in ginocchio l’umanità con pandemie devastanti di cui siamo sempre succubi!

Gesù ci dice che esiste una serie di segni anche spirituali per orientare la nostra esistenza alla pienezza che Lui sogna per noi: ci invita a leggere i segni dei tempi della salvezza, cioè a guardare che cosa nel mondo viene alla luce come segno della sua presenza salvatrice, a vedere la direzione da prendere dentro le complicazioni della vita umana per sviluppare e contribuire alla venuta di un mondo più giusto: cambiano le stagioni della natura; si avverte l’avvicinarsi della primavera o dell’autunno, ci si attrezza di conseguenza.

La vita degli uomini esprime una sete di salvezza e in quella sete il cristiano deve collocare le sue energie: ciò che l’uomo vede come male, dal credente è visto come principio di speranza.

La croce di Gesù è il legno in cui germina il frutto della storia; è la vicinanza del Figlio dell’uomo ad ogni persona: lì la nostra terra dà il suo frutto, il fico sterile diventa fecondo, le sue foglie invece di coprire la sua nudità servono a guarire tutte le nazioni.

Oggi più di ieri si è sensibili alla libertà, oggi più di ieri si ha bisogno di speranza: il cristiano allora lavora per la libertà vera, offre la speranza viva che gli mette a disposizione il Vangelo.

I segni dei tempi sono una sorta di chiamata di Dio a orientare tutte le nostre energie nella direzione dello sviluppo del suo regno che soltanto Lui determina e orienta.

La pandemia è un segno continuo della nostra inconsistenza, del nostro egoismo, del nostro bisogno di un Dio che ci obbliga a liberarci tutti insieme nel massimo della solidarietà.

Anche in ogni vita Dio distribuisce dei segni per far capire la direzione giusta della felicità di ciascuno: ogni uomo ed ogni donna deve intercettare questi segni per decidere come orientare la sua vita, come rispondere a questa chiamata personale.

Essere capaci di leggere i segni giusti e non farsi incantare da quelli sbagliati è una virtù da acquistare … e da chiedere con insistenza … e da perseguire con speranza.

27 Novembre 2020
+Domenico

Il Vangelo ci parla del fine, non “la fine” della storia umana

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 21, 20-28)

Audio della riflessione

Ci stiamo appassionando, come fa Luca prima di raccontare la passione di Gesù, a vedere quale è il fine della vicenda umana: noi, insoddisfatti di tutto, siamo sempre in ricerca e in attesa di qualcosa di nuovo.

All’attesa dell’uomo corrisponde l’avvento di Dio: la storia umana è un tendere inquieto a Lui e si placa solo nell’incontro con Lui … ma … quando avverrà  questo incontro?

Ce ne è stato un primo con Gesù per i suoi contemporanei, ce n’è un altro che si snoda nel mistero della Chiesa, che ci unisce ogni giorno al mistero di Cristo, ma ce n’è anche uno futuro che noi chiamiamo “fine del mondo”.

Il Signore ci dice che quello finale si realizza al presente, vivendo oggi qui e ora la sua stessa storia: il suo destino di Figlio dell’Uomo è quello di ogni uomo e dell’umanità intera, che in lui si ricapitola.

Ogni tempo ha un suo valore definitivo, perché è legato strettamente al mistero di Gesù: La sua venuta passata determina la nostra fede, quella futura la nostra speranza e quella presente la nostra carità.

Per l’intelligenza è più importante il passato, per la volontà il futuro: ambedue però si congiungono nel presente e danno significato e senso ad ogni nostra azione umana.

La venuta del Figlio dell’uomo non è qualcosa di tremendo: è il compimento di ogni desiderio, l’incontro con il Signore!

Gli sconvolgimenti cosmici, la nostra stessa morte, sono eventi naturali, il loro carattere tragico è dovuto al nostro peccato. In realtà noi andiamo incontro a colui che viene a darci il Regno ed è il fine stesso della creazione: ci aiuterà a scoprire e stimare  “il malfattore che muore in croce”.

Il male che subiamo e non facciamo ci associa alla passione del Signore: la sua croce è seme di risurrezione. Il malfattore vedrà il re vicino a se sul patibolo; Stefano mentre viene giustiziato, vedrà il Figlio dell’uomo: il discepolo sa che nella morte gli si è fatto vicino il Signore della vita, per questo conduce una vita che non è più schiava della paura della morte. Allora il credente, libero dalla paura di chi può uccidere il corpo, ma non l’anima vive con serenità seguendo il Signore passo, passo.

Il Figlio dell’uomo che viene  è il Signore che mi ha amato e ha dato se stesso per me, che mi ha amato quando ero ancora peccatore … e Gesù davanti al Sinedrio – se ricordate – dirà proprio che il Figlio dell’uomo starà seduto alla destra della potenza di Dio: chi condannerà questo figlio dell’uomo proclamerà la potenza e gloria grande del suo amore per noi.

Noi aspettiamo che l’amore rivelato sulla croce tolga definitivamente il suo velo e conquisti tutti gli uomini sino agli estremi confini della terra; e noi, se saremo veri testimoni, aiuteremo questo svelamento per noi e per ogni uomo: allora la storia avrà raggiunto il suo compimento.

Il fine del mondo, non la sua fine, è l’attesa della manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo.

26 Novembre 2020
+Domenico

Sarete odiati tutti a causa del mio nome

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 21, 12-19)

Audio della riflessione

Abbiamo tutti letto fin dai primi anni di catechismo di martiri, di gente che ha dato la sua vita per testimoniare la fede in Dio, l’amore di Gesù Cristo per tutti gli uomini, la conduzione di una vita integra nei suoi valori … i primi tempi della Chiesa furono tempi di testimonianze fino al sangue!

 Oggi però non è cambiato molto … siamo costretti a vedere ancora il dilagare di una cattiveria senza confini: Cristiani vengono uccisi solo perché sono cristiani, solo perchè “vanno in Chiesa”; Esistono piani di sterminio calcolati a tavolino e attuati senza pietà: vengono rase al suolo chiese, cancellati tutti i segni di una fede anche millenaria, per far scomparire ogni traccia di ricerca di Dio, per avere una piazza su cui fare i propri affari senza nessuno che metta un seme di dubbio nella cattiveria e nell’ingiustizia che copre gli interessi di una dominazione assoluta.

E assistiamo però anche a un coraggio indomabile: a persone che sanno perdere tutto, per salvare la propria fede in Dio, che non è un fatto intimistico, ma deve essere conosciuto da tutti e provocare cambiamenti di vita, avviare cammini di bontà.

E’ il mistero della grandezza di Dio: “Vi perseguiteranno, metteranno le mani su di voi, vi trascineranno in tribunale, vi giudicheranno, non sapranno guardarvi negli occhi, crederanno di farvi paura…”

L’odio contro il credente deve essere solo a causa del suo nome, non per altri motivi, come, per esempio, quando ci stiamo occupando solo per una nostra fetta di potere, di sopruso o di supremazia.

Ma Io – dice Gesù sarò sempre lì con voi: quel Gesù che hanno messo in croce duemila anni fa è sempre di nuovo portato al supplizio nelle vite dei cristiani … e questi hanno una forza indomabile: “Vi metto io in bocca le parole, vi do io la forza di sopportare l’esilio, il nascondimento, la perdita dei vostri diritti, la lacerazione dei vostri legami di affetto”.

E’ un mistero di dolore che noi cristiani benestanti e benpensanti facciamo fatica a capire. A noi l’essere cristiani non costa niente, ci stiamo adattando a tutto, viviamo di compromessi, abbiamo addomesticato il Vangelo e forse lo usiamo per coprire la nostra ignavia e infedeltà.

Il nostro è sempre il tempo in cui il Vangelo ci porta a riflettere sulle realtà ultime, sul giudizio, sulla tenuta della nostra fede; ci è chiesto oggi un minimo: la solidarietà, il sentirci con questi nuovi martiri che rinforzano la nostra fede, un corpo solo, il corpo martoriato di Cristo, destinato sempre alla risurrezione, unito nella preghiera e nella speranza. 

Si può essere martiri espliciti per la nostra fede, ma anche perché paghiamo con la vita la nostra dedizione al prossimo, la difesa del debole, la possibilità di una vita più umana per tutti … ma non temiamo quelli che possono uccidere il nostro corpo, la nostra vita è presso il Signore: chi ci fa del male invece di separarci da Lui, ci mette più vicini a Lui … e così possiamo contemplare il suo volto come santo Stefano, lapidato e fatto testimone imbattibile.

25 Novembre 2020
+Domenico

Finisce un mondo, ma non è la fine del mondo

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 21, 5-11)

Audio della riflessione

Spesso si legge nei Vangeli una serie di descrizioni che noi diciamo “apocalittiche”, dando alla parola apocalisse il senso di un disastro (così per esempio diciamo che la pandemia è apocalittica) … Apocalisse invece significa “rivelazione di una cosa ignota”.

Le parole riferite da Luca che dice Gesù rivelano non qualcosa di arcano e occulto, ma il senso profondo della nostra realtà presente, e ci tolgono il velo che le nostre paure e i nostri errori ci hanno messo davanti agli occhi … e ci permettono di vedere quella verità che è la parola definitiva di Dio sul mondo.

Facciamo pace allora con un’altra parola, un’altro termine, “escatologico”, che significa la parola ultima definitiva.

Il linguaggio apocalittico è molto colorito a tinte forti, paradossale … del resto la nostra vita, se guardiamo anche la nostra pandemia non è fatta di cose paradossali?

L’intento del Vangelo è quello di mostrare che si sta andando non verso la fine del mondo, ma il fine della vita: si dissolve il mondo vecchio e se ne instaura uno nuovo.

Gesù vuole togliere le ansie e gli allarmismi sulla fine del mondo che fanno solo danno alla vita dell’uomo: se ne inventano di tutti i colori, si profetizzano date che poi puntualmente non si avverano, si crea paura tra la gente …

Gesù offre l’alternativa di una vita che si lascia guidare dalla fiducia in Dio Padre, in un atteggiamento di dono e di amore che ha già vinto la morte.

Il capitolo 21 di Luca, che proclameremo nelle celebrazioni eucaristiche di questa settimana, ci aiuta a non fare confusione e a metterci in sereno e fiducioso ascolto della volontà di Dio sulla vita del mondo.

Il primo passo di una fine del mondo vecchio è la distruzione del Tempio di Gerusalemme e quindi la nascita di un nuovo modo di incontrare Dio, è l’inizio – se possiamo dire così – del “tempo dei pagani”: una nuova pagina della storia della salvezza aperta ora a tutti, che però è preceduta da segni di grande dolore e distruzione, che Luca mentre scrive il Vangelo ha già potuto vedere.

Quel non resterà pietra su pietra, che ha detto Gesù in maniera precisa, non è un modo di dire, ma la fotografia di una vera distruzione.

Facciamo memoria di alcuni elementi concreti: il Tempio, costruito da Erode che ha impiegato 100.000 operai e 1000 sacerdoti come muratori per le parti più sacre, è iniziato nel 20 a.C. e finirà solo nel 64 d.C. – pensate – sei anni prima della sua distruzione, avvenuta nel 70 dopo Cristo, dopo una rivolta sanguinosissima dei giudei iniziata nel 66 .

Giuseppe Flavio, secondo un calcolo un po’ gonfiato, scrive di 1.100.000 giudei uccisi e 97.000 fatti schiavi.

Le guerre e le rivolte sono come le pietre miliari della storia: non sono volute da Dio, ma dall’uomo, sono il più grande male, continuano il peccato di Caino! Per questo sono segno della fine già presente nel quotidiano. Il discepolo le deve vivere come appello urgente alla conversione e luogo in cui esercitare misericordia, come il suo Signore.

Sia la morte di Gesù, come la distruzione del tempio, sono sì la “fine del mondo”, ma non come lo pensiamo noi: sono il giudizio definitivo di Dio che offre salvezza a tutti. Allora il presente è allora il tempo della pazienza, della conversione; per gli apostoli è il tempo dello sradicamento da Israele e l’apertura a un nuovo mondo, non legato al Tempio, ma a Gesù ucciso, annientato, morto, ma risorto.

E’ finito quel tempo e comincia definitivamente il nuovo con tutti i dolori di una fine, ma anche con tutte le speranze di una vita nuova.

Quante “fini” fanno parte delle nostre esistenze: pensiamo alla pandemia che si inscrive nelle nostre carni, nei nostri affetti, nelle nostre opere e mette la parola fine a tante nostre esistenze, ma anche a modelli di vita sbagliati.

Sta finendo un mondo – continua a ricordarci papa Francesco – ne deve nascere uno nuovo e ogni uomo è chiamato a conversione come lo furono i cristiani di quei tempi, gli stessi giudei e romani.

Noi pensiamo sempre che possiamo tornare come prima, ma un mondo vecchio sta morendo e noi ci dobbiamo convertire a un nuovo modo di vivere, da Fratelli, tutti – direbbe Papa Francesco.

Invece quindi di farci la domanda quando sarà la fine, iniziamo a comportarci per un vero cambiamento dei modelli del nostro vivere, altrimenti non solo non resterà pietra su pietra, ma la nostra casa comune, la terra, produrrà solo veleni e morte.

24 Novembre 2020
+Domenico

Due donne inquadrano l’insegnamento e il testamento di Gesù

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 21, 1-4)

Audio della riflessione

Abbiamo sempre bisogno di sintesi … delle nostre conoscenze, delle nostre esperienze, sia solo umane e concrete, ma soprattutto spirituali e determinanti la nostra esistenza.

I Vangeli sono sempre una  miniera di doni che Dio ci fa se lo vogliamo contemplare e dare alla nostra vita un respiro sempre più ampio e più veramente umano.

Se volessimo fare una sintesi del messaggio di Gesù, Luca,ci aiuta a farla così: pone all’inizio della sua vita pubblica la figura di una donna ammalata – la suocera di Pietro – che viene guarita e si mette a servire, e alla fine prima di affrontare la Croce, prima di fare discorsi che preludono al futuro del mondo e della storia, ci presenta un’altra donna: una povera vedova che getta nel tesoro del tempio due monetine, che sono il tutto della sua vita.

Il maestro se ne va, ma non ci abbandona ci lascia questa povera donna che continua a tenerci la lezione fondamentale del Figlio dell’uomo: la sapienza del Vangelo è diversa da quella degli scribi, appena fotografati prima nel loro gettare monete risuonanti nel tesoro del tempio, magari anche con un codazzo di ammiratori: il loro sapere è funzionale all’avere e al farsi notare, al ritenersi primi davanti alla gente e al Signore e quindi affermano la loro potenza; la vedova invece afferma la grandezza e la signoria di Dio sulla sua vita e sulla vita del suo popolo: rende a Dio quello che è di Dio, perché quelle monete sono tutta la sua vita e la rimette nelle mani del Signore.

In questa figura di donna  si manifesta il vangelo vivo, il buon profumo di Cristo che diffonde nella storia la tenerezza di Gesù: queste due donne che non contano, rappresentano il principio e il fine del suo servizio fatto all’umanità, riconoscono con il servizio e il dono della vita, il loro Signore che per primo ha dato la vita e l’ha posta al servizio dell’umanità. La potenza del verbo di Dio si sposa con la povertà della vedova e non ha  nulla a che fare con la sapienza dei ricchi.

I discepoli di fronte a questi fatti concreti sono chiamati a scegliere: interesserà a loro ciò che prende valore agli occhi degli uomini o ciò che vale agli occhi di Dio? Diventeranno padroni della fede delle persone cui annunceranno il Vangelo o collaboratori della loro gioia?

Non posso qui non ricordare che il mio motto episcopale è proprio “collaboratori della vostra gioia”, scritto in italiano, anche se non è secondo il linguaggio araldico. In latino però avrebbe tradito il vero senso del Vangelo, sarebbe stato “adiutores gaudii vestri”, aiuto della vostra gioia e non collaboratori come dice il testo greco.

Mi serve spesso ricordarlo per esaminarmi e chiedere perdono a Dio se non ho sempre realizzato il mio motto.

Insomma Luca ci vuol dire che alla scuola dei poveri e degli ultimi, frequentati con assiduità e devozione da veri discepoli, la chiesa impara come conoscere e riconoscere il maestro buono: l’unico Signore della vita di ciascuno.

Al posto del sacerdote del tempio che doveva annunciare a tutti la quantità dell’offerta e l’intenzione, Gesù stesso guarda, valuta, stima e dichiara il valore, la consistenza e l’intenzione di quanto essa – questa donna – in silenzio ha gettato nell’ultima delle cassette schierate per raccogliere le offerte.

Questa donna è la personificazione della sapienza del Vangelo, opposta alla stoltezza mondana: è l’amore che vince l’arraffare egoista degli scribi e dei farisei e, Dio non voglia, del nostro arraffare.

23 Novembre 2020
+Domenico