La vigna del Signore è molto più di una coltivazione per avere vini

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 12, 1-12)

In quel tempo, Gesù si mise a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti, agli scribi e agli anziani]:
«Un uomo piantò una vigna, la circondò con una siepe, scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Al momento opportuno mandò un servo dai contadini a ritirare da loro la sua parte del raccolto della vigna. Ma essi lo presero, lo bastonarono e lo mandarono via a mani vuote. Mandò loro di nuovo un altro servo: anche quello lo picchiarono sulla testa e lo insultarono. Ne mandò un altro, e questo lo uccisero; poi molti altri: alcuni li bastonarono, altri li uccisero.
Ne aveva ancora uno, un figlio amato; lo inviò loro per ultimo, dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma quei contadini dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e l’eredità sarà nostra!”. Lo presero, lo uccisero e lo gettarono fuori del- la vigna.
Che cosa farà dunque il padrone della vigna? Verrà e farà morire i contadini e darà la vigna ad altri. Non avete letto questa Scrittura: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”?».
E cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla; aveva- no capito infatti che aveva detto quella parabola contro di loro. Lo lasciarono e se ne andarono.

Audio della riflessione

Se c’è un paesaggio che caratterizza la nostra Italia è proprio quello delle vigne. Non sapremmo vivere senza questa immagine collinare, di questi filari ordinati, che seguono la curva delle conche e degli avvallamenti, delle cime smorzate e degli incroci delle valli, talora approssimati, talora in linea perfetta, ben sarchiati, puliti, ordinati, curati.

Al tempo di Gesù era una fortuna avere una vigna, era segno di terra cui abbarbicarsi, da cui avere dignità di appartenenza a un territorio, radicamento in un paese, una sorta di radice antropologica e culturale necessaria per definirsi. E Gesù nel vangelo paragona tutta la sua vicenda alla storia di una vigna, alla descrizione di questo bene primario che caratterizzava il popolo Israele. Lui alla fine per questa vigna viene ammazzato; perché altri se ne possano impadronire lui viene sacrificato. È l’erede! Ammazziamolo così sarà nostra.

Nell’Antico Testamento la regina Gezabele aveva fatto ammazzare un povero piccolo padrone perché il re che aveva tutto quello che voleva si potesse impadronire della sua vigna. Il re gliela aveva chiesta, ma per lui la vigna era un segno e un diritto di vivere da buon ebreo nella sua terra, di far parte del popolo di Israele Sembrava tutto a posto, ma Dio è custode del povero e manda in malora il prepotente e il ricco operatore di soprusi.

Gli ingiusti hanno ammazzato il figlio del padrone per avere una vigna, ma Dio è più grande di loro. Proprio per la morte del figlio quella vigna sarà di tutti, quella identità, quella appartenenza al nuovo popolo di Dio, al suo regno, quella nuova vigna sarà ereditata da tutti quelli che accoglieranno il figlio non più solo come padrone della vigna, ma come Signore del cielo e della terra. Sarà data a chi si affiderà a Dio, a chi avrà il coraggio di accogliere Gesù come il vero vignaiolo.

È stato scartato dal male questo figlio, questa pietra scomoda, ma Dio lo ha fatto diventare la pietra su cui tutto, lo stesso regno di Dio, il futuro avrebbe poggiato. C’è una pietra che non deve cedere a nessun peso, che dà stabilità alla intera costruzione; occorre un riferimento sicuro che permette ad ogni vita di costruirsi nella certezza dell’oggi e nella speranza di un futuro di bene: questa pietra è Gesù.

3 Giugno 2024
+Domenico

Il Corpo e il sangue di Cristo, cibo e bevanda di vita

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 14,12-16.22-26)

Lettura del Vangelo secondo Marco

Il primo giorno degli àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?».
Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi».
I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».
Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.

Audio della riflessione

Molta gente spesso seguiva Gesù  e un giorno Lui si preoccupa della loro fame di cibo e provoca gli apostoli perché si debba provvedere e dar loro da mangiare. L’idea degli apostoli era press’appoco questa: Smettila di predicare perchè se ne vadano a comperare qualcosa da mangiare. Della serie: Ognuno si deve arrangiare, si prenda le sue responsabilità, non devo mantenerli tutti io questi accattoni. Ognuno deve tirar fuori la sua grinta per vivere, anch’io sono partito da niente e ho creato tutto quello che vedete, datevi una mossa. Non ti avremo per caso seguito per dar da mangiare a questa manica di fannulloni che non sono capaci nemmeno di pensare a se stessi?  Nel deserto Mosè quando non ne poteva più degli sforzi per rendere gli ebrei usciti dall’Egitto un popolo e loro continuamente a lamentarsi diceva: E’ forse mio questo popolo?

La tradizione secolare che oggi ancora vogliamo rivivere si rapporta al momento più drammatico della vita di Gesù; quella cena d’addio consumata nell’atmosfera di un tradimento e nell’anticipo della crocifissione. “Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue. Io sono il pane vivo. Hai fame? Ti senti in corpo un insaziabile desiderio di vita? Non c’è nessuna carne che ti può saziare, tornerai sempre a cercare e ad avere fame. Se vuoi avere la vita, ebbene è qui. Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”.

Nel clima teso e intenso della sua ultima cena tra la constatazione del tradimento di Giuda e la profezia dell’abbandono dei discepoli, Gesù prende un pane lo spezza e un calice di vino e dice: questo è il mio corpo, questo è il mio sangue. Il corpo e il sangue stanno per tutta la persona, nella sua identità e nella sua azione! È il dono della sua persona e della sua intera esistenza.

Gesù non sta facendo un bel discorso metaforico edificante, magari in una piazza, utilizzando tutti gli accorgimenti della retorica, ma sta anticipando nel clima di una cena l’estremo dono di sé fino alla morte. Noi cristiani chiamiamo tutto questo Eucaristia. Eucaristia è questa certezza di aver una presenza, un nutrimento, un centro che ci aiuta a condividere ogni giorno la sorte di Gesù per avere vita. Mangiare e bere quel pane e quel vino, quel corpo e quel sangue, ci costringe a riconoscere Dio nella concretezza della umanità di Gesù, una vita donata, come tutte le vite, a partire da quelle dei nostri genitori, che hanno costruito le nostre esistenze.

D’ora in avanti il cristiano guardando la croce e facendone memoria nel gesto del pane e del vino, scorge la verità di Dio che è amore, la verità di Gesù che è dono, ma anche la verità di se stesso, la vita che deve a sua volta percorrere: prendere, mangiare, bere, fare memoria esprimono la profonda condivisione dello stesso destino di Gesù.

Ricordiamoci sempre che noi andiamo a messa almeno ogni domenica per ritrovare la strada della vita, per scoprire dove sta la felicità, per capire il segreto di chi vuol vivere per gli altri, per rivedere e incontrare di nuovo il Risorto.

2 Giugno 2024
+Domenico

Giudichiamo chi non sta con noi e noi stiamo da nessuna parte

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 11, 27-33)

Lettura del Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli andarono di nuovo a Gerusalemme. E, mentre egli camminava nel tempio, vennero da lui i capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani e gli dissero: «Con quale autorità fai queste cose? O chi ti ha dato l’autorità di farle?».
Ma Gesù disse loro: «Vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, vi dirò con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni veniva dal cielo o dagli uomini? Rispondetemi».
Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. Diciamo dunque: “Dagli uomini”?». Ma temevano la folla, perché tutti ritenevano che Giovanni fosse veramente un profeta. Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo».
E Gesù disse loro: «Neanche io vi dico con quale autorità faccio queste cose».

Audio della riflessione

La ricerca della verità nella vita è sempre urgente e sempre faticosa. In una mentalità molto caratterizzata da sequenze numeriche, sequenze razionali, ricerca di prove irrefutabili e inoppugnabili è evidente che esistono esperienze o fatti che non possono rispondere solo alla razionalità. Noi credenti per dimostrare la verità della nostra fede spesso ci prepariamo a rispondere con il massimo di razionalità e onestà, ma ci accorgiamo che in questo modo riduciamo la fede a una somma di verità umane

Gesù un giorno si è trovato di fronte a una domanda impertinente dei suoi soliti avversari, che avevano la vocazione a giudicare piuttosto che a ricercare la verità. E Gesù che legge nel cuore di questi uomini, come legge nel cuore di ciascuno di noi smaschera la comodità dello stare a giudicare senza mai sentirsi coinvolti e li provoca a prendere una decisione.

Chi era per voi Giovanni il Battista? L’avete seguito o l’avete snobbato? Che posizione avete preso di fronte alla sua predicazione? È stato un esercizio di retorica o vi siete lasciati cambiare la vita? Vi siete mescolati alla gente che lo seguiva per farvi vedere e riuscire a stare a galla sempre e comunque per posa oppure condividete con il popolo questo slancio di purificazione, questa voglia di ridare vita all’esperienza religiosa?

Siccome non mi date risposta, nemmeno io vi do la mia. Nella vita spesso non siamo coerenti, di difetti ne abbiamo tanti, di cose sbagliate per debolezza ne facciamo anche di più. È peggio però non prendere mai una decisione, lasciarsi trascinare dall’opinione corrente. La vita ha bisogno di essere affrontata prendendo posizione. Navigare a vista aguzza la capacità di adattamento, ma sempre al ribasso.

La fede è sempre un rischio, un salto nel buio, un abbandonarsi; l’appoggiarsi all’amore di Dio fedele, nell’oscurità dell’intelligenza e nel vuoto di ogni sicurezza umana. I segni che portano alla fede pure ci sono. La realtà è tutta un segno. Ma questo segno può essere letto alla luce della fede. Ci si abbandona all’azione trasformante di Dio e si sperimenta di essere nella vita, nella verità e nell’amore e si ha l’esperienza della verità di Gesù Cristo. Cosa che gli interlocutori di Gesù non hanno mai voluto fare. Noi invece ci decidiamo e ci abbandoniamo in Lui, come ha fatto il beato Scalabrini che ha costantemente sentita e vissuta in prima persona. L’universale vocazione alla santità. Amava ripetere spesso: “Potessi santificarmi e santificare tutte le anime affidatemi!”. Anelare alla santità e proporla a quanti incontrava fu sempre la prima sua preoccupazione.

Profondamente innamorato di Dio e straordinariamente devoto dell’Eucaristia, egli seppe tradurre la contemplazione di Dio e del suo mistero in una intensa azione apostolica e missionaria, facendosi tutto a tutti per annunciare il Vangelo. Questa sua ardente passione per il Regno di Dio lo rese zelante nella catechesi, nelle attività pastorali e nell’azione caritativa specialmente verso i più bisognosi. Il Papa Pio IX lo definì l’Apostolo del catechismo per l’impegno con cui promosse in tutte le parrocchie l’insegnamento metodico della dottrina della Chiesa sia ai fanciulli che agli adulti.

Per il suo amore verso i poveri, e in particolar modo verso gli emigranti, si fece apostolo dei numerosi connazionali costretti ad espatriare, spesso in condizioni difficili e col concreto pericolo di perdere la fede: per essi fu padre e guida sicura. Possiamo dire che il beato Giovanni Battista Scalabrini visse intensamente il Mistero pasquale non attraverso il martirio, ma servendo Cristo povero e crocifisso nei tanti bisognosi e sofferenti che predilesse con cuore di autentico Pastore solidale con il proprio gregge.

1 Giugno 2024
+Domenico

Vista lunga, cuore attento, manca sempre una luce vera

Riflessione sul Vangelo del giorno (Mc 10,41-52)

In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».
Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.

Audio della riflessione

Il vangelo ci presenta un povero cieco, figlio di Timeo i cui giorni passano lunghi e tristi, la vita si piega a intercettare i passi buoni, i rumori della gente di speranza. Come tanti nostri giorni che passano su orizzonti chiusi senza mai capire dove siamo, verso che cosa andiamo, adattati al ribasso, ripiegati su noi stessi, in un vicolo chiuso, ciechi noi stessi perché non vogliamo o non possiamo vedere al di là del nostro interesse, della nostra passione, del nostro calcolo. Non è neanche una vita in bianco e nero, è solo tutto grigio. Un giorno passa Gesù s’accorge e lo chiama. Un balzo contro ogni prudenza, non gli interessa di sbattere contro un muro o un palo; butta là il mantello: Signore che io torni a vedere. E Gesù: la tua fede ti ha salvato e quello comincia a vedere. Ha voluto con tutto sé stesso quel dono e Gesù non glielo può negare. È balzato prepotentemente in una vita piena. 

Potremmo paragonare la nostra vita a quella di questo povero cieco. Per vedere occorrono almeno tre cose: gli occhi buoni, le cose da vedere e la luce. Al cieco ne mancava una, importante: gli occhi. A noi invece che cosa manca? Gli occhi ci sono; belli da morire, collirio, trucco, occhiali, lenti a contatto, sopracciglia finte, piercing, brillantini lì vicino così almeno uno se non mi guarda negli occhi, guarda lì vicino. Le cose da vedere ci sono: bei ragazzi, belle ragazze, opere d’arte, una natura bella, un autunno da favola. La luce c’è. Sempre troppa. Quindi non ci manca niente. Non ho bisogno di Gesù. Grazie non sono cieco non mi interessi. Ma siamo proprio sicuri di vedere bene tutto? Siamo sicuri che abbiamo un orizzonte largo abbastanza da vedere le cose vere della vita? Riusciamo a vedere la strada da fare per diventare persone buone, affidabili, generose?  

Vediamo il bene che c’è nelle persone o vediamo solo il male? Abbiamo occhi che ci permettono di capire il cuore dell’amico, di colui che giura sul vangelo che mi ama e vuole le prove per ingannarmi, per vedere se mi imbroglia o no? Sappiamo vedere se c’è amore in chi mi sta accanto?  

Spesso purtroppo manca tutto e occhi e cose e luce. Lo Spirito Santo è questa luce, che mi permette di guardare a fondo nella vita, di non stare sulla superficie. Siamo ciechi su queste cose perché ci accecano tutte le stupidate che vogliamo vedere spesso in Internet. Ci è mai capitato di entrare in una stanza dopo che siamo stati al sole? Oppure di parlare da un palco dove ti puntano contro tutti i fari possibili? Non ci si vede niente almeno per un po’.  

Ecco di fronte alla vita siamo così. Abbagliati dal niente e non riusciamo a vedere il vero, il bello, quello che conta. Lo Spirito Santo che ci è stato regalato anche in quest’ultima Pentecoste è questa luce, nuova. 

Come si fa a ingaggiare questa luce, dove è l’attacco a questo contatore?  È il tabernacolo dove c’è sempre il corpo e il sangue di Gesù e l’innesto è la comunione con l’Eucarestia. 

30 Maggio
+Domenico

Aiutaci Signore a fare sempre della nostra vita un dono

Riflessione sul Vangelo del giorno (Mc 10,32-45)

In quel tempo, mentre erano sulla strada per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti ai discepoli ed essi erano sgomenti; coloro che lo seguivano erano impauriti.
Presi di nuovo in disparte i Dodici, si mise a dire loro quello che stava per accadergli: «Ecco, noi saliamo e Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno, e dopo tre giorni risorgerà».
Gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».
Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Audio della riflessione

La pretesa di occupare posti di onore e di dominio, di rilevanza sociale e di controllo sugli altri è una malattia molto comune. Ci sono persone che vivono sempre e solo alla ribalta, che in un mondo che dà importanza alle immagini, vivono solo di esposizione ai media, che soprattutto hanno un desiderio costante di primeggiare e di comandare, di imporre le proprie idee sugli altri, di definirne la vita. Oggi i modi per far questo sono tanti: alcuni pacchiani e ben visibili, altri un po’ più defilati, ma non meno efficaci. C’è da decidere se la vita si realizza al massimo nel farne dono a qualcuno o se invece è una battaglia per vedere chi comanda di più, chi si fa maggiormente i suoi interessi, a danno degli altri.  

Gesù davanti a due suoi discepoli che vengono allo scoperto a chiedergli un posto d’onore nel suo famoso regno di cui parla spesso, è molto deciso. Alla ricerca di posti d’eccellenza, alla pretesa di avere conquistato ruoli rilevanti, oppone la radicalità di una vita donata al servizio. A coloro che vogliono sovrastare e asservire, imporsi e comandare dice molto esplicitamente: tra di voi non è così; il criterio del Regno è esattamente il contrario. Nel Regno di Dio il più grande è colui che serve, è colui che si sente solo servo, che sa realizzare la sua vita nell’umiltà, colui che mette la sua esistenza a servizio degli altri, colui che sa ritirarsi e far crescere, che sa vivere una vita da mediano, che offre sempre agli altri la possibilità di crescere, di realizzare i suoi sogni di bontà. 

 Aveva appena parlato loro della croce che l’aspettava, della passione che avrebbe dovuto soffrire per amore e solo per amore, che li avrebbe sconvolti e loro non riescono a capire, non vogliono aprire gli occhi su questa sconvolgente novità: un Dio che si fa debole e si fa crocifiggere per portare salvezza. Ma non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, soprattutto se si è accecati da visioni di potere non si vede più niente, quando si è autocentrati, si vive da prigionieri. L’orgoglio è una prigione, non è un cielo per volare, ma una corte per razzolare. Solo la grazia di Dio ci può aiutare a impegnare tutto noi stessi nel servizio, ad aprire gli occhi sulla verità della nostra vita.  

29 Maggio – Memoria di S.Paolo VI, papa
+Domenico

Ti abbiamo seguito perché siamo sicuri che tu ci riempi la vita

Riflessione sul Vangelo del giorno (Mc 10,28-31)

In quel tempo, Pietro prese a dire a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito».
Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi saranno primi».

Audio della riflessione

Ci nasce spesso la domanda: tutto quello che sto facendo, i sacrifici che affronto nella vita quotidiana, l’alzarsi presto al mattino, andare a lavorare, affrontare ogni giorno qualche nuovo dolore, impegno, districare vite che si ingarbugliano, mettere al mondo figli, faticare per farli crescere, non avere un minuto di tempo per me che vantaggio mi porta? ne avrò un qualche bene? Sarò prima o poi felice? C’è davvero di là un paradiso, o è un tipico inganno per non farmi riflettere e tenermi soggiogato da doveri, morale, comportamenti che farei saltare molto volentieri?  

Gesù, noi abbiamo lasciato tutto per venirti dietro. Avevamo un buon lavoro, avevamo una vita decente, anche se un po’ insoddisfacente, avevamo un mestiere, degli affetti. Sei passato tu, ci hai incantati e ti abbiamo seguito; abbiamo fatto tanta strada con te, ci hai scaldato il cuore, abbiamo capito tante cose, ma che ne sarà di noi? C’è qualcosa di più bello e di più grande che raggiungeremo? Questa gioia, che promana dal tuo volto, sarà anche la nostra? 

Che cosa ci si guadagna a essere cristiani? È una domanda giusta? Certo tutti vogliamo sapere che se quello che facciamo ha un valore, porta a dei risultati per i quali vale la pena di sacrificarsi, vogliamo avere certezza di non aver speso la vita invano. 

E Gesù non si tira indietro. Non c’è nessuno che abbia lasciato padre, madre… abbia impostato la sua vita sulla mia parola, abbia fatto della fede l’investimento più grande della vita che non abbia ricevuto in dono la felicità. Incontrerà anche persecuzioni, come le ho dovute affrontare io, ma non vi rendete conto di quanto grande sia la pienezza di vita che vi spetta.  

E, se siamo sinceri, vediamo che i nostri stessi sacrifici, già ora diventano gioie e soddisfazioni. L’aver la coscienza pulita, proprio perché l’onestà ci è costata, è già in se una felicità. Poter alzarsi tutte le mattine, anche presto per andare a lavorare, ma con la coscienza che non ti rimprovera niente, con la sensazione vera che stai nella bontà di Dio e che non hai mai fatto male a nessuno, è una forza di vita incalcolabile. Amare la pace e non la guerra, aiutare chi sta peggio di te, vedere gente che riesci a rendere contenta, salvare da fallimento chi ne sta affogando, avere figli che ti sono costati, ma che hanno imparato a vivere e se soffrono hanno forza di andare avanti… non ti rende felice?! 

A Brescia oggi si ricorda, e se ne rivive il dolore, la strage di una bomba assurda e assassina di 50 anni fa, di cui io ho sentito da vicino il boato e l’eco di ritorno … tu non avresti fatto di tutto per fermare quelle mani e quelle teste impazzite?! 

E Dio, che non ci abbandona mai, non mancherà di essere tutta la nostra felicità. 

28 Maggio
+Domenico

Voglio avere una vita piena, alla grande

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 10,17-27)

Lettura del Vangelo secondo Marco

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».

Audio della riflessione

Voglio avere vita piena, voglio una vita alla grande, non mi interessano le mezze misure, non mi adatto al galateo con cui mi state ingessando la vita. Vivo una vita sola e la voglio vivere al massimo. Non mi dire che bisogna tenere i piedi per terra, che devo cominciare a mettere la testa a posto, che è finito il tempo delle pazzie. Non voglio limiti, non m’interessa se è una vita spericolata o piena di guai, io voglio vivere una vita piena.  

Queste parole o simili, ma sicuramente questa decisione e questa radicalità ha espresso quel giovane a quel Gesù che passava in uno dei tanti viaggi in giro per la Palestina. La frase del vangelo: Maestro che devo fare per avere la vita eterna non traduce per noi oggi questo bisogno di vita piena, anzi la parola vita eterna siamo abituati a sentircela dire solo ai funerali, proprio quando la vita non c’è più e la fede nel futuro vacilla. Gesù dopo aver scandagliato nel cuore di questo giovane, dopo aver chiarito che si tratta di una domanda grossa che si può misurare solo con risposte altrettanto decise lo guarda. Uno sguardo che ti denuda, che ti mette di fronte a te stesso. Uno sguardo che fa nascere in Gesù amore tenerissimo. Come si fa a non voler bene a un giovane così deciso, che vede così chiaro nella sua vita, che va al nocciolo della questione? Come si fa a rispondere in maniera accomodante o addirittura a ingannare? Come si può trattare da pollo una aquila, mettere occhiali neri a chi vuole e può guardare il sole.  

E Gesù allora gli spara una raffica di verbi: Va’, vendi, regala, vieni e seguimi E lui? non va, ma se ne torna indietro, gira i tacchi, non vende, ma si attacca ancora di più, non regala, ma si seppellisce nella tristezza, non ritorna, ma s’allontana, non lo segue si gira, ma resta tremendamente triste. Perché aveva il cuore fasciato da se stesso prima di tutto prima di tutti e dai soldi.  

La ricchezza ti inchioda sempre, ti toglie gli ideali, è comoda, ma toglie sapore alla vita. Impossibile avere vita piena da ricchi. Solo Dio la può fare compiendo un miracolo. Gesù fammi ‘sto miracolo! 

27 Maggio 2024
+Domenico

Una società fatta a misura di bambini

Riflessione sul Vangelo del giorno (Mc 10,13-16)

In quel tempo, presentavano a Gesù dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono.
Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso».
E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, ponendo le mani su di loro.

Audio della riflessione

I bambini sono delicati, i bambini sono indifesi, i bambini sono innocenti e hanno diritto ad essere messi al centro della vita dell’umanità. Purtroppo, in questi tempi molti di loro vengono sfruttati, fatti soffrire, maltrattati, arruolati per uccidere e per fare i kamikaze, non rispettati nel loro corpo. Ricordiamo tutti la netta condanna del papa nei confronti degli ecclesiastici pedofili. È una condanna che dovrebbero avere nel cuore tutti. Molti bambini vengono venduti o fatti schiavi, uccisi sotto le rappresaglie dei bombardamenti indiscriminati, fatti morire di fame. La grande emergenza alimentare che si sta verificando in questi tempi, gli aumenti vertiginosi di riso e cereali sta colpendo soprattutto i bambini.  

Gesù sta dalla loro parte, li accoglie, li accarezza, li mette al centro del suo regno. Dice molto chiaramente che non si va in cielo se non si vive, non si pensa, non si guarda alla vita come i bambini. Se non prendiamo da loro esempio, non diamo alla nostra vita la bellezza necessaria per far parte del suo Regno. Chi è il più grande nel regno dei cieli? Si domanderà in un’altra occasione. La risposta è: il bambino. Non è un discorso romantico o sentimentale, ma è andare al cuore della vita cristiana. Il bambino è il centro e l’esempio del regno, perché non possiede nulla, non conta niente, ogni bambino si affida solo al Padre. Il Regno di Dio è fatto da gente che si mette con tutta la fiducia possibile nelle mani del Padre, si abbandona a lui, fa la sua volontà, si sente a casa solo tra le sue braccia, sa di avere in lui la forza della vita e ne sperimenta la consolazione. 

Gesù stava con i bambini, li prendeva in braccio e li benediceva. Il bambino al tempo di Gesù era ritenuto poco più di niente, non entrava nei pensieri della gente che conta, era secondario alla concezione dello stato e della cosa pubblica, per Gesù invece è il prototipo degli appartenenti al suo Regno. Ancora, Gesù capovolge il modo di pensare comune. Anche oggi le città non sono fatte a misura di bambini, le trasmissioni televisive ancor meno. Possiamo far nascere maggior rispetto se tutti imitiamo Gesù, se alziamo lo sguardo a quel cielo da cui Dio Padre non fa mancare il suo sguardo paterno per tutti. 

25 Maggio
+Domenico

L’amore tra uomo e donna è per sempre.

Riflessione sul Vangelo del giorno (Mc 10,1-12)

In quel tempo, Gesù, partito da Cafàrnao, venne nella regione della Giudea e al di là del fiume Giordano. La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli insegnava loro, come era solito fare.
Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, gli domandavano se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla».
Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».
A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».

Audio della riflessione

È sotto gli occhi di tutti il cumulo di sofferenze che molti vivono nella loro vita affettiva. Avevi sognato da giovane di poter trovare l’anima gemella, metterti assieme, formare una bella famiglia, sono bastati alcuni anni, tante volte alcuni mesi e tutto si è sfasciato. Qualcuno ha cominciato ancora durante il viaggio di nozze. Eppure, sembrava vero amore, almeno secondo le indicazioni dei talk show, delle televisioni, degli stessi amici. Ma tutti ancora ci si ritrova da soli a dover ricominciare, calcolando di più, certo forse non sempre amando di più. Ci stiamo adattando al fatto che chi si sposa oggi deve mettere in conto il fallimento. Per molti non si tratta di fallimento, ma di un inevitabile cambiamento.  

Gesù nel vangelo è molto preciso. Lui che di solito di fronte alla legge è abbastanza capace di leggervi lo spirito profondo anche oltre la lettera, riguardo al matrimonio, proprio per questa profondità di penetrazione nella legge di Dio, ne mette in evidenza l’assolutezza. Di fronte a chi riteneva, come noi oggi, che il matrimonio deve durare fin che è possibile, fino a quando uno dei due decide che l’esperienza si può concludere, dice chiaramente: “ci stiamo sbagliando alla grande, all’inizio non era così: i due saranno una carne sola. Sicché non sono più due, ma una sola carne. Dunque, ciò che Dio ha unito, l’uomo non separi”.  

Come? con tutti i torti che mi ha fatto, con tutta l’incompatibilità di carattere, con i soprusi, con i dispetti, con la cattiveria… Potremmo continuare a censire i motivi per dire che abbiamo ragione. Ma quando ci si sposa è Dio che entra in azione, quasi per una nuova creazione, è lui l’autore di quel dono e se lo custodisce come un bene prezioso. Forse non l’abbiamo capito fino in fondo, quando ci si stava preparando a sposarsi ci si preoccupava di tutto fuorché del vero amore, si stava giocando, non si immaginava che occorresse partire dal grande amore di Dio, prima che dai nostri balbettii per capirne la portata, per trovarne l’ispirazione e la forza.  

Due che si preparano al matrimonio sono palpiti del cuore di Dio che tentano di battere assieme e occorre stare cuore a cuore a Dio per imparare. Dice papa Francesco: L’alleanza d’amore tra l’uomo e la donna, alleanza per la vita, non si improvvisa, non si fa da un giorno all’altro. Non c’è il matrimonio express: bisogna lavorare sull’amore, bisogna camminare. L’alleanza dell’amore dell’uomo e della donna si impara e si affina. Mi permetto di dire che è un’alleanza artigianale. Fare di due vite una vita sola, è anche quasi un miracolo, un miracolo della libertà e del cuore, affidato alla fede. Dovremo forse impegnarci di più su questo punto, perché le nostre “coordinate sentimentali” sono andate un po’ in confusione. Chi pretende di volere tutto e subito, poi cede anche su tutto – e subito – alla prima difficoltà (o alla prima occasione). Non c’è speranza per la fiducia e la fedeltà del dono di sé, se prevale l’abitudine a consumare l’amore come una specie di “integratore” del benessere psico-fisico. L’amore non è questo! Il fidanzamento mette a fuoco la volontà di custodire insieme qualcosa che mai dovrà essere comprato o venduto, tradito o abbandonato, per quanto allettante possa essere l’offerta. “C’è ancora qualche speranza che questo amore si riprenda?  

24 Maggio
+Domenico

Il Regno di Dio è decisione controcorrente, non buon senso

Riflessione sul Vangelo del giorno (Mc 9,41-50)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.
Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare.
Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue.
Ognuno infatti sarà salato con il fuoco. Buona cosa è il sale; ma se il sale diventa insipido, con che cosa gli darete sapore? Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri».

Audio della riflessione

Molte volte nella vita occorre essere decisi e non lasciarsi trasportare dalla faciloneria che ci caratterizza. Tergiversare non è sicuramente soppesare, valutare, fare discernimento, ma rimandare continuamente, non decidere, stare a guardare, aspettare l’occasione che ti risolve da sola il problema, tenere il piede in due scarpe, mettersi con tutti e non servire nessuno, far mancare l’energia necessaria al bene e esternare comportamenti sbagliati. A questo riguardo Gesù è molto duro. Se il tuo piede ti è di scandalo taglialo… Taglia, recidi, cava, getta via. Il regno di Dio non è il risultato di strategie accomodanti, non è in continuità con il nostro buon senso, non è aggiustamento di vite a un equilibrio comodo, ma è un ribaltamento della vita egoista, un taglio netto dal male e da tutto quello che lo produce. È così perché è così la vita stessa. È la vita che esige di collocarsi dalla parte di principi irrinunciabili, che non può essere continuamente cambiata e impostata sui casi pietosi, sulle esasperazioni di alcune situazioni che fanno perdere il radicamento nei principi di verità e di giustizia.  

La nostra mentalità odierna ha trovato un metodo facile per distruggere i principi: esasperare un caso pietoso. E’ così per l’aborto per il quale si tende a commuovere con nascite di figli che saranno infelici per tutta la vita e quindi in questo caso secondo una mentalità indotta  resa quasi indolore si può sopprimere la creatura per evitargli l’infelicità, è così oggi rispetto all’eutanasia, quando si esasperano i casi limite e si induce nella mentalità una falsa pietà per far passare nelle coscienze il suicidio o l’omicidio per pietà, lo è per la vita di coppia, per l’abbandono dei figli, per le biotecnologie.  

Ritornano invece severe le frasi di Gesù: se il tuo occhio ti dà scandalo, non ti permette di seguire Gesù, cavalo. È chiaramente non un disprezzo per le parti del nostro corpo, ma l’indicazione che ogni decisione deve essere presa per la pienezza della vita. Il Signore non è crudele, non spezza la canna debole, non spegne il lucignolo che fa fatica a stare acceso, anzi gli dà nuova linfa, lo proietta su orizzonti nuovi, gli offre una boccata di ossigeno: la prospettiva del suo regno di bontà e di giustizia, di pace e di verità che è garantito non come risultato di un benessere, ma come salto di qualità nella vita nel dono di sé agli altri. Lui così ci dimostra che non ci abbandona mai.  

23 Maggio
+Domenico