Per darci ragione mettiamo anche Gesù dalla parte di satana

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 11, 18-20) dal Vangelo del giorno Lc 11, 14-23) nel Giovedì della terza settimana di quaresima

Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.

Audio della riflessione

C’è un vizio sottile … che è sempre quello di definire cattivo, nemico, poco di buono … chi non è del nostro parere, chi non riusciamo a inquadrare nei nostri schemi, chi si comporta diversamente da noi: è la voglia di “azzerare”, di non farsi mettere in discussione, alla fine di non voler confrontarsi per crescere, per cercare la verità … riteniamo sempre di avere la verità in tasca!

Gesù opera prodigiosi miracoli, riesce perfino a liberare le persone dal demonio e che dicono i suoi connazionali? “E’ d’accordo coi demoni, sta dalla loro parte, non sta dalla parte del bene, ma ha connivenza col male: se è riuscito a ottenere quel che ha ottenuto chissà che cosa ha pagato, a quali compromessi ha dovuto scendere.”

Non sono disposti a riconoscere in Gesù la bontà, l’originalità di un mondo nuovo che sta nascendo, di un Dio che si mette tra gli uomini a dialogare, a convincere, a liberare … e Gesù invece sta ingaggiando una lotta senza quartiere con il male: non è sceso a compromessi fino dal primo giorno, fin dalle tentazioni del deserto! Satana aveva tentato di accalappiarlo come ben riesce con tutti noi, quando nella nostra debolezza cediamo alle sue lusinghe, a impostare una vita sul potere, sul danaro, sulla superbia, sulla apparenza e non sulla Parola di Dio, sulla debolezza delle nostre stesse esistenze che in Dio diventano risorse.

“Chi non è con me è contro di me.”: occorre decidersi, non possiamo stare sempre a giocare a dadi, quasi ci fosse una decisione casuale o a vedere chi vincerà per collocarci al momento giusto dalla parte del vincitore!

Gesù non è un vincitore di questo tipo: siamo sicuri che vince il male, ma non secondo i nostri schemi di successo. Il suo, quello della croce, forse per la nostra leggerezza e superficialità – perché non lo abbiamo ancora vissuto nella nostra carne – lo riteniamo scontato.

Metterci dalla sua parte significa che siamo disposti a fare tutta la strada di ricerca della verità, di dedizione alla sua causa, di solidarietà con i fratelli, anche soffrendo per camminare totalmente sulle vie del vangelo.

Stare con lui è stare con la speranza fatta persona, è sapere che c’è una meta difficile, ma sicura, impossibile se guardiamo alle nostre forze, ma garantita se gli stiamo col fiato sul collo con la preghiera, e non lo molliamo mai!

11 Marzo 2021
+Domenico

I segni della vita vera sono già tra noi

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 11, 29) dal Vangelo del Giorno (Lc 11,29-32) nel Mercoledì della prima settimana di quaresima

In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire:
«Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona …

Audio della riflessione

Più uno si guarda allo specchio, meno vede gli altri; più si è autocentrati, meno ci accorgiamo delle belle cose che abbiamo attorno … delle persone, della natura, delle occasioni, dei fatti decisivi per la vita …

Più stringiamo l’orizzonte su di noi, meno ci accorgiamo di quello che di importante capita proprio tra di noi: “Sicumera” la si chiama … questo atteggiamento di sentirci l’ombelico della terra, di aver risolto tanto perché noi siamo bravi, di aver risolto anche “tutto”, di sentirci autosufficienti e autoreferenziali: tutto ci è dovuto, tutto è scontato, tutto è scolorito … quindi.

Erano così anche gli abitanti della Palestina al tempo di Cristo, i suoi stessi compaesani, gli uomini del potere e della religione: nel loro tessuto di relazioni c’era Gesù, ma non se ne accorgevano … Lui diceva di sé e del Regno di Dio, ma non gli credevano … molta gente veniva da ogni parte per ascoltarlo e loro lo davano per scontato, anzi volevano una prova ogni giorno: non bastavano le sue parole, i segni della sua forza e della sua bontà, i ciechi che tornavano a vedere, i disperati che tornavano ad avere fiducia nella vita … loro volevano segni straordinari, eclatanti, inequivocabili. Il giorno dopo ne avrebbero voluto un altro ancora più strepitoso.

La verità era che non volevano cambiare: stavano troppo comodi nella loro routine quotidiana. Se avessero creduto a Gesù avrebbero dovuto “cambiare alla grande”, il loro potere sarebbe stato messo in difficoltà.

Molta gente ci invidia la nostra fede cristiana, molti cercano la verità, vorrebbero poter dialogare con il Dio di Gesù Cristo, se avessero a disposizione il Vangelo, sarebbero pure felici! Noi invece lo buttiamo, la religione la “sopportiamo”: ci siamo abituati al Vangelo, l’abbiamo perfino sbiadito! Il nostro modo di credere ha perso nerbo … forse anche noi vorremmo dei miracoli, per essere confermati, ma il miracolo vero è sempre e solo Gesù, il risorto, colui per il quale i martiri della nostra terra hanno testimoniato con la vita.

Sono i nostri avi che hanno costruito queste nostre città, queste chiese perché erano sicuri della fiducia che avevano posto in Gesù: in lui hanno sempre trovato la speranza.

E noi dove la poniamo questa speranza?

24 Febbraio 2021
+Domenico

Sepolcri imbiancati, guide cieche. Mi carico io le vostre colpe

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 11, 47-54)

Audio della riflessione

Oggi capita molto meno che la disciplina di certi ambienti educativi sia cosparsa di innumerevoli prescrizioni, da appesantire la vita: c’è un ideale da proporre, ma chi ne è responsabile lo soffoca con  moltissime condizioni, tanto che non se ne vede più l’obiettivo, non ne risalta più il perché e si resta soffocati da leggi e leggine, obblighi e condizionamenti, prescrizioni …

I farisei in questo erano dei grandi maestri e Gesù che voleva portare serenità, libertà, gioia, non una volta sola stigmatizzò questo difetto, che nasconde non solo sete di potere, ma anche voglia di soffocare; si tratta di esperti della legge, di teologi dei farisei, detentori del potere culturale, che definiscono e programmano quanto altri devono fare per essere salvi, aggravano il giogo della legge attaccandovi a rimorchio un carro di prescrizioni supplementari: è il carico pesante di chi ha la pretesa di salvarsi.

Il giogo di Gesù invece è dolce e il suo carico leggero: la sua misericordia ci alleggerisce sempre di più, svuotandoci di ogni rapina e iniquità.

Le infinite disposizioni che questi cultori della legge escogitano tocca ai farisei portarle. Gesù critica nel – chiamiamolo – “legista” soprattutto il potere culturale: dice e non fa, esercitando il potere su chi fa quanto lui dice.

Mentre i profeti annunciano la parola di Dio, questi cultori della legge, questi legisti, la vanificano, soffocandola in infinite prescrizioni.

Se i loro padri hanno ucciso i profeti per non convertirsi, questi uccideranno la Parola stessa! La loro sapienza è di perdizione: invece di aprire all’invocazione della misericordia, chiude all’autosufficienza della presunzione.

Questi cultori della legge, invece di essere testimoni della sapienza di Dio, portano a consumazione il mistero di iniquità dei loro padri, come loro e come tutti “insensati e tardi di cuore a credere quanto dissero i profeti”.

La sapienza di Dio sa di essere perseguitata e uccisa: è la sapienza della croce, del bene che vince il male, caricandolo su di sé.

Questo capitolo di Luca pronuncia sei “ahimè”, tre per i farisei e tre per i cultori della legge, ma Gesù li ha fatti diventare non un ahimè per loro, ma  un ahimè per se stesso, per Gesù stesso, perché se li è caricati tutti sulla croce, dove ha portato su di sé tutta la maledizione della legge e ha pagato il conto per ogni nostro delitto.

Gesù ha iniziato quel “Padre perdona loro perchè non sanno quello che fanno”, che poi ha ripetuto Stefano e tutti i martiri che sono morti per la causa di Gesù Cristo.

15 Ottobre 2020
+Domenico

Comportamento esterno ineccepibile, e l’interno?

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 11,42-46)

In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, farisei, che pagate la decima sulla menta, sulla ruta e su tutte le erbe, e lasciate da parte la giustizia e l’amore di Dio. Queste invece erano le cose da fare, senza trascurare quelle. Guai a voi, farisei, che amate i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze. Guai a voi, perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo».
Intervenne uno dei dottori della Legge e gli disse: «Maestro, dicendo questo, tu offendi anche noi». Egli rispose: «Guai anche a voi, dottori della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!».

Audio della riflessione

Si fa sempre un gran dire riguardo alle cariche istituzionali, che non devono essere destabilizzate da critiche e quindi delegittimate: capita ogni giorno in politica che si rinfaccino l’un l’altro critiche ai corpi dello stato … ora è la magistratura, ora il governo, ora il presidente stesso …

E’ giusto avere sempre il massimo rispetto, ma non a scapito della verità e del dovere di ciascuno di essere fedele al mandato e scrupoloso nella giustizia.

Gesù vede tutto il marciume che si sta diffondendo a macchia d’olio nel mondo intellettuale e dirigenziale del popolo d’Israele e non può tacere: gli hanno ridotto il tempio a borsa di valori, la religione a prigione dei buoni sentimenti e strumento comodo per schiacciare il povero e togliere la speranza alla gente, l’autorità ridotta ad un asservimento al potere del più forte.

Contro i farisei e i cultori della legge non ha mezze misure: li richiama al loro dovere ed è talmente forte che gli stessi si lamentano … “Maestro, dicendo questo delegittimi anche noi”.

Gesù non demorde, mette anche loro davanti alle responsabilità precise di ogni autorità, che deve essere sempre al servizio della verità: ogni persona che ha una qualche autorità nella chiesa o nel governo della cosa pubblica deve sapere che ha grandi responsabilità nei confronti della gente, non può usare la sua posizione per fare ingiustizie, per portare avanti i suoi interessi, per arricchirsi, per dare sfogo alle sue passioni.

Diceva La Pira, un santo sindaco di Firenze, che ogni politico alla fine del mandato si deve trovare in tasca gli stessi soldi di quando ha iniziato, meglio se con alcuni di meno: non si tratta solo di soldi, ma anche di coscienza pulita, di debolezze riconosciute e riparate, di onestà intellettuale che sa distaccarsi dal potere per essere sempre al servizio.

Allora l’autorità nella Chiesa e nello stato è un vero servizio, allora si può vedere nel loro compito l’abbraccio di Dio a questa umanità che alza gli occhi al cielo per vederne la sicura presenza di Dio, per dare salvezza a questa terra che si attorciglia sempre di più su se stessa.

Noi non abbiamo bisogno di gente che mostra un comportamento esterno ineccepibile, se poi dentro non sa vivere per se e per gli altri la vera giustizia di Dio che è misericordia.

Possiamo fare anche i conti con gli sbagli delle nostre autorità, di quelli che ci governano, ma siamo anche capaci di perdono, purchè però questo sbaglio sia riconosciuto e si cambi comportamento.

14 Ottobre 2020
+Domenico

La coscienza prima dell’immagine

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 11, 37-41)

In quel tempo, mentre Gesù stava parlando, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli andò e si mise a tavola. Il fariseo vide e si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo.
Allora il Signore gli disse: «Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro».

Audio della riflessione

Al nostro aspetto esteriore teniamo tutti, è anche segno di buona educazione e di rispetto per gli altri essere minimamente presentabili, ordinati, gradevoli disponibili al dialogo.

Qualcuno invece spesso fa di tutto per creare distacco, fastidio, imbarazzo o spesso anche ostilità: si guarda solo le scarpe quando cammina e mai la gente che incrocia.

Purtroppo molti invece esagerano nell’opposto: sono tutta e solo immagine, apparenza, castelli di carta, se non maschere per far capire il contrario di quello che si è.

Proviamo almeno una volta a descrivere chi sono i farisei di cui spesso parla il Vangelo: il fariseo è un separato dal resto del mondo e questa separazione è per costruirsi il suo mondo a parte. Sono persone che presumono di essere giusti e annullano le altre persone, amano il danaro, senza il quale nessuna presunzione è in grado di farsi valere. Si vantano davanti a Dio e agli uomini, rubando la gloria a Dio e disprezzando i fratelli: hanno sostituito la misericordia di Dio con la propria impeccabilità. Invece di porre Dio e il suo amore al proprio centro, ci pongono se stessi e l’amore della propria figura, e pure Dio è funzionale alla loro bontà.

Purtroppo talvolta è la stessa celebrazione della Messa che dà questa impressione: la religione è vista come un insieme di riti vuoti, di immagini da posa, di recite, lontana dai veri drammi della vita. Niente di più errato!

Ricordo la rabbia dei giovani quando per delle riprese televisive, dovevano dare addio alla loro spontaneità e fingere di assumere posizioni, facce, gesti e azioni non immediate. L’effetto sarà pure bello, ma loro quando venivano ripresi non erano se stessi.

La vita così rischia di essere un fiction! Fiction rischia di esserlo spesso anche la vita religiosa, anche il rapporto di fede, quando si riduce tutto a riti esteriori, a parate, a processioni, a farsi vedere, a recitare una parte.

Il richiamo alla coscienza è fondamentale per il rapporto con Dio: esiste uno spazio interiore non disponibile a manipolazioni in cui si realizza il vero e profondo rapporto con Dio. Lì nessuno viene a manipolare, lì nessuno ti può giocare, sei sempre e solo con Lui, con Dio. E’ a questo strato di interiorità che nasce il dialogo con Dio e la fiducia in Lui. E’ nell’intimo della radice di ogni libertà e di adesione alla verità che si gioca la vita dell’uomo. Sicuramente le scelte interiori si intuiranno anche da comportamenti conseguenti esterni e visibili, ma la radice è nella profondità della nostra coscienza.

Non si tratta di vivere un cristianesimo anonimo, ma di radicare nella verità e nella coscienza la propria fede, che da sola spingerà il cristiano a testimoniare con verità ciò che si porta dentro. I cristiani non si curano della facciata, perché il Dio della luce, della verità, rende la nostra vita trasparente della sua presenza in noi.

13 Ottobre 2020
+Domenico

Anziché vivere di speranza vogliamo sempre certezze

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 11, 29-32)

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Più uno si guarda allo specchio, meno vede gli altri; più si è autocentrati, meno ci accorgiamo delle belle cose che abbiamo attorno: delle persone, delle natura, delle occasioni, dei fatti decisivi per la vita. Più stringiamo l’orizzonte su di noi, meno ci accorgiamo di quello che di importante capita proprio tra di noi. Sicumera, la si chiama questo atteggiamento di sentirci l’ombelico della terra, di aver risolto tutto perché noi siamo bravi, di sentirci autosufficienti e autoreferenziali: tutto ci è dovuto, tutto è scontato, tutto è scolorito.

Erano così anche gli abitanti della Palestina al tempo di Cristo, i suoi stessi compaesani, gli uomini del potere e della religione: nel loro tessuto di relazioni c’era Gesù, ma non si accorgevano; Lui diceva di sé e del Regno di Dio, ma non gli credevano. Molta gente veniva da ogni parte per ascoltarlo e loro lo davano per scontato … anzi, volevano una prova ogni giorno. Non bastavano le sue parole, i segni della sua forza e della sua bontà, i ciechi che tornavano a vedere, i disperati cui rinasceva la fiducia nella vita, gli indemoniati che provavano la gioia insperata della liberazione dallo spossessamento; volevano segni straordinari, eclatanti, inequivocabili. Il giorno dopo ne avrebbero voluto un altro ancora più strepitoso.

Non è forse questa una fotografia della nostra vita?

Nel nostro tessuto di relazioni c’è Gesù, ma non ci accorgiamo; viene a bussare alle porte delle nostre case, ma non lo identifichiamo; lo accogliamo nelle nostre opere di carità, ma non lo riconosciamo. Facciamo tante opere di bene, ma senza anima. E’ un dovere, forse solo una specializzazione, spesso una abitudine.

Lui ci continua a dire di sé e del regno di Dio, ce ne fa vedere i segni, si sbilancia dalla parte della debolezza, come certezza della sua presenza, ma noi non gli crediamo, non siamo disposti a scommettere: abbiamo perso l’occhio limpido di chi lo intuisce e indica a tutti la strada per incontrarlo.

Molti vorrebbero che noi glielo facessimo incontrare, ma noi continuiamo a nasconderlo sotto un cumulo di preoccupazioni morali: invece di essere “sentinelle del regno di Dio”, siamo registratori di comportamenti.

Noi vogliamo un segno ogni giorno, noi chiediamo sempre conferme, noi non sappiamo accettare l’invito al cambiamento radicale, perché anziché vivere si, di speranza, vogliamo certezze.

Il segno di sua natura è un rimando a un’altra realtà, come il fumo al fuoco, il cartello stradale al paese o alla città che indica. Giunti là dove indica cessa la sua funzione questo segnale, ci ha messo nella realtà che cercavamo. E noi che facciamo? Siamo proprio come quelli che cercano la luna: un dito gliela indica e noi ci fermiamo a guardare il dito. Ci ammaliamo di segni perché non vogliamo aprire gli occhi, il cuore, la mente sulla realtà.

I contemporanei di Gesù, e lo siamo sempre anche noi da quando Gesù è risorto, non volevano cambiare: stavano troppo comodi nella loro routine quotidiana. Se avessero creduto a Gesù avrebbero dovuto cambiare alla grande, il loro potere sarebbe stato messo in difficoltà.

Molta gente ci invidia la nostra fede cristiana, molti cercano la verità, vorrebbero poter dialogare con il Dio di Gesù Cristo, se avessero a disposizione il Vangelo sarebbero felici. Il mondo nel quale viviamo lo butta, la religione la si sopporta, ci siamo abituati al Vangelo, come al colore delle pareti e le abbiamo perfino scolorite; il nostro modo di credere ha perso nerbo. Forse anche noi vorremmo dei miracoli, per essere confermati, ma il miracolo vero è sempre e solo Gesù, il risorto, colui per il quale i martiri di ieri e di oggi hanno testimoniato con la vita. Desiderare il miracolo significa non aver fiducia, non essere disposti a cambiare, non aver capito che il segno di Dio sono i poveri di cui riempie le nostre case, i nostri colloqui.

Siamo sempre attorniati da questi segni, finché le nostre case, gli episcopi, le canoniche, sono piene di poveracci, di schizofrenici che nessuno vuole, significa che il Signore ci sta dando privilegi per il Regno di Dio, sono i nostri tesori, sono la miglior preparazione all’esame della vita, che tutti faremo davanti a Gesù: avevo fame, non mi guardava nessuno, ho bussato a tutte le porte, ma non mi avete mai riconosciuto e io vi avevo dato occhi grandi per vedermi, e li tenete sempre dietro occhiali impenetrabili per voi e per gli altri.

12 Ottobre 2020
+Domenico

Che mamma fortunata hai avuto Gesù! Si’ perché ascolta e fa sempre quel che Dio Le dice

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 11, 27-28)

In quel tempo, mentre Gesù parlava, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!».
Ma egli disse: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!».

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I grandi personaggi hanno sempre un fascino particolare: quando li incontriamo restiamo ammirati … ci siamo fatti di loro un’idea di grandezza, bellezza, desiderabilità e vogliamo toccarli, avere qualcosa di loro. Così fanno i ragazzi quando vanno a chiedere l’autografo, un ricordo, un contatto, un selfie di uno sportivo o di un eroe del cinema o un grande cantautore che interpreta i loro gusti e la loro vita.

Gesù stava spopolando da questo punto di vista, cominciava a diventare una persona desiderabile, un riferimento, un desiderio di tanti. E’ naturale che una donna si alzi a gridare: “che mamma fortunata hai avuto, che figlio prodigioso ha allattato al suo seno, che grande soddisfazione devi essere per lei.”

E Gesù riporta sempre tutto al suo vero significato: Quale è la vera beatitudine? Certo avere dei figli che riescono nella vita, potersi identificare con una riuscita bella dell’educazione e della dedizione vissuta quotidianamente senza sosta, ma la vera beatitudine è mettersi in ascolto della Parola di Dio, mettersi in comunicazione con la sua volontà, attuarla, farla diventare stile di vita, spazio di dedizione di sé per il bene di tutti, luogo di dialogo ininterrotto con Dio.

Questa era la figura di mamma che Gesù voleva mostrare di Maria, una donna di grande fede, talmente attenta alla Parola di Dio da averla portata in grembo per generarla alla vita.

Questo intervento di Gesù che sembra a prima impressione un po’ distaccato, scostante nei confronti di sua madre, in realtà è la definizione più bella di Maria: non è importante per un legame di affetto o di sangue, è grande parchè questo legame pur intenso è solo il segno di una adesione definitiva, totale, generosa a Dio della propria vita, un mettersi a disposizione del piano di Dio senza riserve, un abbandonarsi alla sua volontà coscientemente per tutta la sua vita.

Gli affetti sono importanti, ma sono solo l’inizio della strada della fede: Gesù vuole sempre portare l’umanità nell’abbandono a Dio, nella fiducia in Lui, il padre di tutti, nel gettarsi con tutta la vita, il cuore, i sentimenti in colui che, se abita un cielo, è perché il suo amore faccia alzare lo sguardo di tutti gli uomini dalla miseria in cui si sono cacciati e dia alla terra la gioia di sentirlo Padre.

E’ bello che questo brano di Luca sia letto nelle chiese proprio oggi che è sabato, il giorno della settimana che dedichiamo a Maria e che oggi diventa anche una decisione di ascoltare sempre e custodire la Parola di Dio … e realizzarla.

10 Ottobre 2020
+Domenico

Il demonio esiste e va combattuto come ha fatto Gesù

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 11, 15-26)

Audio della riflessione

Non siamo molto abituati nella nostra mentalità occidentale a pensare all’esistenza del demonio, dello spirito del male, eppure il Vangelo, Gesù stesso ne parla spesso, inaugura con lui una stagione di lotta all’ultimo sangue.

Vi appare nel momento in cui deve prendere le decisioni importanti per la sua vita, all’inizio della predicazione itinerante. Lì nel deserto dice il vangelo lo tenta.

Ma che è questo demonio? E’ il principio del male opposto al principio del bene che è Dio? E’ una fantasia che ci creiamo per dare la colpa del nostro malessere a qualcuno che sta fuori di noi? Il nostro mondo è di fronte a una lotta tra due principi che si contendono la nostra vita e noi ne siamo in balia nell’incertezza?

Niente assolutamente di tutto questo: il demonio è tentatore, divisore, soprattutto, perché semina discordia, ma non è potente come Dio, è un angelo decaduto, è nell’ordine delle creature, non sta mai al livello del Creatore.

Dio lo ha vinto una volta per sempre e affidarci a Dio significa vincere ogni potenza del male. E’ importante sentircelo dire perché il demonio è ancora presente e si impossessa della vita delle persone, mai però definitivamente, perché Dio lo sconfigge.

Oggi purtroppo si sta diffondendo il satanismo, soprattutto tra i giovani, l’appellarsi cioè a questo principe del male per offendere Dio, profanare le cose sante, disprezzare la vita, distruggere la fede. Forse nasce da una ribellione alla chiesa, ma diventa un modo di pensare e un odio incontenibile nei confronti anche della vita.

Qualche cantautore gioca col fuoco, lo usa per fare cassa, ma soprattutto distrugge la serenità nella coscienza dei giovani che vengono portati a compiere delitti estremi – come ci dimostra la nostra storia – senza motivazione, in preda spesso ad autentiche possessioni.

C’è anche un modo più soft per farsi dominare dal demonio: sentire di avere malattie spirituali, vessazioni di cui non si conosce la causa, strane esperienze che capitano in casa.

Alcuni hanno la consapevolezza di essere posseduti da una volontà da cui non riescono a liberarsi. Allora che si fa? Si fa la coda dai maghi, che spillano soldi in quantità e lasciano il segno del demonio nella nostra vita. Complice spesso è anche halloween o giochi banali che fanno i ragazzi invocando il demonio.

Gli esorcismi sono preghiere che la Chiesa ha formulato per implorare da Dio la sua potenza sullo spirito del male. Gesù nel Vangelo scacciava demoni, ridava alle persone la serenità della vita interiore. Per la gente il suo perentorio “Taci! Taci! Esci da costui” è segno della sua figliolanza divina.

E’ solo Dio che può vincere lo spirito del male!

Molte persone hanno bisogno di sentirsi dire sulla propria vita questa speranza: il demonio non vince più, Dio lo ha sconfitto attraverso la morte in croce di Gesù. 

9 Ottobre 2020
+Domenico

Abbiamo un Padre, cui ci possiamo abbandonare

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 11, 5-13)

«… Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.
Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!
».

Audio della riflessione

Ti capita talvolta nella vita di aver perso la fiducia in tutti: l’amico del cuore ti ha abbandonato, anzi ha usato la tua amicizia per fare i suoi interessi, le persone con cui hai sempre collaborato ti hanno voltato le spalle nel momento del bisogno; quando ti senti colpito da dicerie, i tuoi vecchi amici ti evitano. Se chiedi qualcosa devi guardarti da quello che ti danno, non è sempre il meglio e spesso può essere un tranello … ma c’è ancora qualcuno di cui ci si può fidare ciecamente?

Avere fiducia è una sete necessaria per vivere: chi vive di sospetti si ammala e trasforma la vita in un inferno.

Gesù ci presenta suo Padre, che è anche Padre di tutti noi, come un porto sicuro: le sue braccia sono la gioia più grande che ci può capitare; ho negli occhi tante immagini di ragazzi e ragazze che si sono buttati nelle braccia di Giovanni Paolo II o di Benedetto XVI o di papa Francesco con la sete di un abbraccio definitivo e il desiderio di un cuore tutto per loro.

Dio è per noi ancora più di qualsiasi abbraccio umano: Lui è il porto sicuro della nostra vita. Se riusciamo a maturare nella preghiera questa confidenza abbiamo in noi la chiave della serenità della vita e della felicità.

Fuori dalle sua braccia non possiamo cadere: da Dio non ci aspettiamo né scorpioni, né pietre, ma pane e vita.

Nel fondo di ogni cuore di padre c’è una bontà impensata, verso i propri figli, scritta nel dna dell’esistenza: il giovane più spavaldo, il lavoratore più duro, il manager più severo, il pugile più deciso di fronte al suo bambino, si strugge e si scioglie. La sua grande mano in quella piccola del bambino sono una forza sicura e un affidamento totale.

Se voi che siete cattivi – dice Gesù nel Vangelo – vi intenerite così per i vostri figli, non volete che il Padre vostro celeste non sia ancor di più amorevole con voi?! Che idea di Dio vi siete fatti? Pensate ancora che vi aspetti col fucile in un’imboscata?

Nel suo silenzio ci affidiamo a Lui, senz’altra prova che la fiducia in Lui che si è consegnato proprio a noi: proprio così vinciamo la menzogna antica che ci fece vedere in Dio un nemico, sordo e ostile, e ci abbandoniamo a colui che noi abbiamo abbandonato e decidiamo di tornare ad essere suoi figli.

E’ questione di fede: la fede non è solo e soprattutto tenere per vere cose che ci paiono impossibili, ma sentirci sempre nelle braccia di Dio, avere fiducia del Signore, smettere di lagnarci ogni volta che prendiamo coscienza della vita e iniziare la giornata con Lui, con la certezza di stargli a cuore come ogni figlio al Padre, e concluderla sempre nelle Sue braccia.

8 Ottobre 2020
+Domenico

Il padre Nostro e l’Ave Maria

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 11, 1-4)

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli».
Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione».

Audio della riflessione

Sono molto rare le persone che non pregano: viene spontaneo a tutti immaginare che ci sia qualcuno che ci aiuta, che sta oltre noi, che non è invischiato nei nostri commerci e che gratuitamente si mette dalla nostra parte e ci solleva dalle miserie in cui cadiamo.

Una preghiera semplice ti affiora alle labbra nei momenti più intensi, nei bisogni e nelle situazioni più disperate: è un nome, una invocazione, un sospiro … “Dio, se ci sei, batti un colpo!”

Gli apostoli, che vivevano in un mondo religioso, pregavano: erano cresciuti nelle sinagoghe e avevano imparato a recitare salmi, a innalzare lodi a Dio; frequentavano il tempio e partecipavano alle liturgie dei sacerdoti, ma quando vedevano Gesù stare notti intere a dialogare con Dio Padre, a pregare, hanno avuto nostalgia di questa nuova forma di preghiera di Gesù, lontana dal tempio, dal chiasso, eppure così intensa e determinante per la sua missione, e gli domandano “insegnaci a pregare”.

Pregare è un’arte, non è un mestiere: ha bisogno di tensione interiore, di radicamento nella vita e di grande abbandono in Dio.

Gesù allora li aiuta a fare della preghiera non una continua lagna, o un moltiplicare le parole, ma un atto di abbandono nel Padre: insegna loro a chiamare Dio con il tenero nome di Padre.

Gesù sempre così si è rivolto a Dio, proprio perché questa paternità è venuto ad annunziare agli uomini: è questa la buona notizia che pervade tutta la vita di Gesù.Questa parola è il cuore della vita cristiana, contiene tutto l’affetto di noi figli verso il papà e di noi fratelli verso Gesù.

Questo Padre ancor prima di essermi “utile” deve essere lodato, benedetto, amato, tenuto in conto da tutti i figli … e mentre il Vangelo ci mette in comunione con questo nostro amatissimo Padre – la festa di oggi è dedicata alla Madonna del Rosario – ci mette davanti la bellezza dell’Ave Maria, quell’altra preghiera che fa parte del nostro modo semplice di pregare e che recitata come al rosario, può rischiare di essere solo ripetitiva, ma sicuramente è un insieme di parole d’amore ripetute senza stancarsi, sempre in modo confidenziale, come abbiamo fatto tutti con nostra mamma quando stavamo con lei e sapevamo che ci avrebbe sempre esauditi.

Rosario, non è una nenia, ma litania che sigilla un amore senza limiti e senza pretese, una speranza che non si spegne: questo è il nostro rosario e questo è il nostro rapporto con nostra madre Maria.

7 Ottobre 2020
+Domenico