Che paura hai? ti vengo prendere

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 18,13) dal Vangelo del giorno (Mt 18,12-14)

«… se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite …».

Audio della riflessione

Abbiamo tutti nell’immaginario un gruppo di pecore con qualche cane a seguito, un pastore piuttosto trascurato … vita dura è la sua, si sposta con loro, le tiene assieme, le blocca, le aiuta ad attraversare la strada, le porta a pascolare ovunque … si vede subito se è il padrone o se è stato solo pagato per contenere i danni.

Ma forse abbiamo anche nella memoria un’immagine un po’ strana a dire il vero, ma dolcissima: un pastore robusto, vestito di pelli di pecora, con calzari alti, tunica stile romano, bisaccia a tracolla, con una pecora o un agnello mansueto sulle spalle a far da corona al suo collo. La pecora è tranquilla, il pastore è fiero: è un’immagine antichissima che risale ai primi secoli del Cristianesimo.

Con questa immagine viene fissata nella vita, nell’immaginario collettivo un dramma d’amore: una pecora smaliziata che si stanca di stare sempre in coda, che perde il richiamo delle altre, che si avventura da sola negli anfratti del pascolo e si smarrisce. Ha provato il gusto di una libertà ingannatrice? È stata sfortunata … le hanno fatto un tranello? Ci sono tanti modi di perdersi nella vita:lLe cronache ti fanno vedere come accade l’impossibile.

“Era qui due secondi fa, mi sono girato, non c’è più …”

La vita umana è popolata di fughe, di smarrimenti. La nostra stessa vita si accorge troppo tardi di aver perso la saggezza, il senso, il senno, la strada giusta … e spesso non interessa a nessuno dove sei finito, anzi qualcuno te lo rinfaccia solo, con un gusto sadico. Hai visto? L’hai voluto, te l’ho detto, ora arrangiati e non farti più vedere.

Lui invece, il nostro pastore – chi è se non Gesù?! – a sera fa la conta e gliene manca una. Si accorge di te, di me, di ogni sconosciuto e riparte a cercare.

È bello sentirsi cercati, è bello quando ti appare un sms che ti dice: dove sei? Smettila di scappare!

“Quando ti troverò, non avrò altro da fare che abbracciarti, coccolarti, ridarti casa: le novantanove che stanno qui, stanno bene e si sono dimenticate di te, ma non io! Ti vengo a prendere!” E dall’altra parte, può esserci ancora una fuga, quasi il dispetto di essere stati trovati, la superbia di non ammettere solitudine ed errore … e lui sempre a cercare fino a coinvolgerti nella festa: non è più un dramma, è una gioia! Questa è un’altra grande speranza che abita la nostra vita. Noi siamo questa prima speranza per gli altri?

Sant’Ambrogio che oggi veneriamo, e Milano lo celebra da sempre con una grande festa, è stato questa speranza per la sua gente che amministrava, ma che lo voleva vescovo: lo divenne e ne fu una originale e grande figura di credente, di apostolo, di padre e un appassionato pastore e guida.

7 Dicembre 2021
+Domenico

Il mondo meraviglioso di angeli che ci custodisce

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 18,1-5.10)

Audio della riflessione

Proprio nella chiamata di uno degli apostoli, la più strana, appare l’affermazione che indica la presenza degli angeli nella nostra vita: il soggetto è Natanaele, che si era tenuto sulle sue perché diceva francamente che non s’aspettava niente da uno che veniva da un paesetto sperduto, Nazareth, vicino al suo, Cana, e crolla di fronte a un Gesù che lo guarda dentro e, alla sua meraviglia, gli allarga ancora di più gli orizzonti e dice proprio «In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo»: non è la scala di Giacobbe, frequentata dagli angeli, ma lo stesso Gesù che ora apre la comunicazione con Dio Padre per tutti gli uomini, e ci dice che c’è un mondo meraviglioso che sta a custodirci, che fa da corona a Gesù e agli uomini: gli angeli.

Chi sono gli angeli? La parola stessa ne dà un significato ben preciso: sono “portatori di notizie”, di annuncio, sono quindi intermediari tra Dio e gli uomini nella nostra storia di salvezza, sono legati strettamente a Dio e ne realizzano i progetti, coinvolgono gli uomini in questa avventura del Regno di Dio; hanno svegliato nella notte profonda i pastori per annunciare la nascita di Gesù, ne hanno subito cantato la lode; uno di loro aveva annunciato a Maria e chiesto la sua collaborazione per la venuta di Gesù su questa nostra terra.

La Bibbia, insomma, è popolata da queste presenze spirituali, vere, decisive, collaboratrici del Signore … poi la nostra filosofia si sbizzarrisce a vedere che tipo di creature sono: non sono forse visioni … solo, non possono essere stati usati da scrittori di cronache per semplificare la comprensione di alcuni fatti inspiegabili? Si possono fare tutte le congetture.

Noi, come ci ha detto Gesù, e per come hanno servito il piano di salvezza di Dio, crediamo a questa loro presenza e soprattutto e soprattutto vogliamo vedere in loro la vicinanza di Dio alla nostra vita, la sua compagnia quotidiana, personalizzata, i messaggeri della sua parola, coloro che ci aiutano a prendere posizione per Gesù.

Se c’è un principio del male, come Satana, che sta sotto Dio, ma che nuoce non poco agli uomini, è giusto che ci siano delle creature di Dio, come lo sono gli angeli, che invece lavorano nella vita dell’uomo per aiutarlo a convertirsi sempre di più a lui, per proteggerne il cammino.

Sono forza imbattibile come Michele e speranza per una vita buona, bella e felice per ogni persona … e ciascuno di noi ne ha uno che lo custodisce, l’angelo custode, “personalizzato”, che ha cura di noi.

Essere custoditi è una gran bella cosa, sapere che qualcuno veglia su di noi, che concretizza la cura che Dio ha di me e di tutti gli uomini, ci fa sentire concretamente e sempre di qualcuno.

Non siamo abbandonati nel mondo, nel cosmo, ma siamo sempre a contatto con Dio e gli angeli ci fanno sentire Dio vicino a noi.

2 Ottobre 2021
+Domenico

Il Perdono sempre contro ogni disperazione

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 18, 21-22) dal Vangelo del giorno (Mt 18, 21-19,1)

Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: «Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.

Audio della riflessione

Pietro domanda un giorno a Gesù quante volte deve perdonare. Si perdona sempre, perché abbiamo sempre bisogno noi di perdono. Avere bisogno di perdono significa essere consapevoli di aver tradito un amore smisurato e sentirsi addosso insistente una continua proposta d’amore che ogni giorno rimette in discussione la nostra vita. Bisogno di perdono è constatazione di tradimento, dopo insistite promesse di fedeltà e patti di amicizia. Bisogno di perdono è percezione di una inconsistenza esistenziale, dovuta alla sperimentazione di una assurda autosufficienza che ha disarticolato il  nostro senso del limite, il sentirsi creature, e aprirsi a Dio che solo può riempire la nostra vita vuota. Bisogno di perdono è consapevolezza che il male profondo che è il peccato non possiamo guarirlo da noi, non abbiamo la capacità di ricucire le nostre ferite. E’ solo Dio che lo può fare.

L’accoglienza del perdono è un atto di contemplazione, prima che la constatazione di un rimorso o di un pentimento. E’ incrociare lo sguardo di Gesù sulla nostra vita. E’ immergersi nel suo stato d’animo, nella sua innocenza assoluta, nella sua tenerezza. Non è guardarsi addosso per dire quanto siamo sbagliati, per aver vergogna di quello che siamo, per disprezzarci e registrare un altro smacco, un altro venir meno ai nostri impegni, un altro: non son capace di fare niente. Il bisogno del perdono cristiano non è “godere” di essere indegni, non è nemmeno dispiacersi di non aver avuto coerenza, ma è prima di tutto contemplazione di un amore, è capacità di lasciarci guardare con amore, è avere negli occhi lo sguardo di Gesù, risentire nel cuore il calore della sua amicizia, scomparire per far brillare la sua grazia. Il centro è Lui, non il nostro smacco o la nostra umiliazione. Spesso siamo più dispiaciuti di non essere stati all’altezza del nostro compito che di aver offeso Gesù. E’ Lui che dobbiamo mettere al centro. E’ Lui che dobbiamo contemplare in tutti i suoi gesti umanissimi di amore.

Abbiamo bisogno di trovare Grazia presso Dio, come l’ha trovata Maria, di essere immersi in un mare di gratuità, in una pienezza del tempo, in quel vortice della storia della salvezza che Dio ha sempre pensato per l’uomo, da quando ha deciso di rischiare sulla nostra libertà. Abbiamo usato la libertà per vivere da schiavi; diventare figli non è opera nostra; è solo per la pienezza del perdono di Dio, che non ci abbandona mai.

12 Agosto 2021
+Domenico

Se stiamo con gli altri, nel suo nome, lì c’è Dio

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 18, 19-20) dal Vangelo del giorno (Mt 18, 15-20)

In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro.

Audio della riflessione

Essere cristiani non è mai stata una esperienza da “single”: è importante la coscienza personale, la propria libertà di decisione … sei tu che sei chiamato non il tuo gruppo o la tua famiglia … è verissimo che occorre partire sempre dalla propria libertà personale: sono finiti i tempi in cui si diventava cristiani perché lo erano tutti quelli del nostro ambiente, del nostro paese, della nostra città, della famiglia, anche se la cultura ha il suo influsso sempre, e così le tradizioni … ma quello che è assolutamente sempre vero è che la fede non è un fatto privato, non si chiude nella coscienza, non si isola dal mondo.

Non si può essere cristiani senza creare relazioni positive con gli altri, non si può amare Dio se non si ama  il prossimo.

Essere credenti in Cristo esige aprire la propria vita a una relazione di bontà con gli altri … proprio perché la fede è un atto d’amore e l’amore è vero se non termina su se stessi, ma si apre all’altro.

Ecco allora i tanti insegnamenti del Vangelo sulla necessità dell’amore a Dio e al prossimo contestualmente, del vivere uniti per chiamare nell’esistenza la presenza di Dio: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome lì ci sono Io”.

Ci si domanda spesso, dove sta Dio? Ci aiuta? È vicino a noi? Il modo più sicuro per sperimentare la sua presenza è stare assieme con le persone che incontriamo e che vivono con noi, nel suo nome … e lì c’è Lui: le nostre comunità cristiane allora diventano palestre di comunione, anche se è la comunione più impossibile perché ci stiamo tutti noi con le nostre divergenze, i nostri difetti, le visioni opposte di vita, le condizioni contrastanti … eppure Dio fa il miracolo di tenerci assieme, come ha tenuto assieme gli apostoli, i primi cristiani, popoli barbari e civili, potenti e deboli, schiavi e liberi.

Spesso la nostra testimonianza non è compresa dal mondo perché viviamo disuniti, perché non siamo capaci di mostrare il dono dell’unità: se non siamo capaci di stare uniti nel suo nome, Lui non c’è, non può starci, è contrario al suo stesso essere; siamo noi che lo buttiamo fuori.

“Come è bello che i fratelli vivano assieme” diceva il salmo: è un unguento sulle nostre ferite, un balsamo per la nostra cattiveria, una speranza per le nostre solitudini, una certezza della presenza del Signore tra noi.

11 Agosto 2021
+Domenico

… a sera, prima di chiudere il paradiso, vedo se ci sei

Una riflessione esegetica sul Vangelo secondo Matteo (Mt 18,10-14)

Lettura del Vangelo secondo Matteo (capitolo 18, versetti 10-14)

Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli. [È venuto infatti il Figlio dell’uomo a salvare ciò che era perduto].
Che ve ne pare? Se un uomo ha cento pecore e ne smarrisce una, non lascerà forse le novantanove sui monti, per andare in cerca di quella perduta? Se gli riesce di trovarla, in verità vi dico, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. Così il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli.

Audio della riflessione

Per rendere ancora più concreta la figura di Gesù buon pastore. Abbiamo fatto seguire la lettura di un testo dell’evangelista Matteo che descrive un ottimo esempio di come Gesù Risorto, vive l’essere il nostro pastore e non un mercenario, un ladro, un qualsiasi guardiano, pure pagato per portare al pascolo le pecore.

L’amore e il perdono di Dio, la sua ricerca appassionata di ciascuno di noi che si allontana, che si perde, che scappa o si nasconde, che brucia il patrimonio di bene in cui è immerso per prendersi soddisfazioni stupide, è la storia di Gesù che ha  un cuore squarciato per amore; un cuore che non si è mai più ricomposto perché la cattiveria dell’uomo è sempre grande e la sua libertà è un dono da cui Dio non si ritrae mai.

Sei libero, ti ritrovi a fare sempre quello che ti piace di più, non ti interessa più niente delle persone che ti vogliono bene, ne vuoi sfruttare tante altre, ma sappi che da me puoi sempre tornare, che io non ti mollo, io, tutte le sere prima di chiudermi in paradiso faccio la conta e mi accorgo si ci sei o no, se sei tornato dai tuoi insani percorsi, se ancora una volta ti sei fatto i tuoi giri perversi, il tuo sballo per sentirti vivo, le tue comode isole in cui seppellisci il tuo cuore. Ma il mio cuore è sempre aperto ad accoglienza, a tenerezza, a gesti d’amore. Vorrei che quando tornerai ancora da me, anche il tuo cuore resti sempre aperto perché chiunque ci possa scavare dentro e trovi quello di cui ha bisogno per vivere bene e per essere veramente felice.

Queste parole sembrano troppo gravi; allora immaginiamo Gesù il buon Pastore così: ha lavorato e dialogato tutto il giorno con le sue pecore che siamo noi, che siete voi; ha ascoltato, ha aiutato, ha tenuto il suo sguardo buono, lieto su tutti sempre e torna a casa parlando con qualcuno, sorridendo a qualcun altro e quando passa in rassegna tutti a uno a uno e sorride, saluta, ricorda qualche cosa di importante da fare o da chiedere, si accorge che manchi proprio tu. Hai fatto la tua cavolata, ti sei voluto prendere la tua libertà, la tua strada; ti hanno fatto fastidio o qualche dispetto i tuoi amici e li hai lasciati. Oppure qualcuno senza che tu lo volessi, ti ha ingannato, ti ha teso una trappola e tu ci sei cascato.

E Gesù che fa? Con un cuore già squarciato per amore non ci pensa due volte. Ti cerca, usa tutti gli strumenti: facebook, twitter, sms,tik-tok; chiede ai tuoi amici, ma loro nemmeno si sono accorti che manchi. E ti lancia messaggi: non fare lo stupido, torna a casa che ci sono sempre io che ti voglio un bene infinito. Non crederti disprezzata o ignorata, non stare a specchiarti in una pozzanghera, qui c’è quello che cerchi. E tu magari spegni il cellulare, rivedi un altro messaggio, lo spegni ancora; poi finalmente dici: ma che sto qui a fare da solo in mezzo ai guai? Chi mi credo di essere? Che felicità mi sono trovato, che tutti mi sfruttano, mi fanno complimenti poi mi tagliano le gambe, ne approfittano, mi fanno le moine, ma solo per avermi e per farsi belli di me.

Allora lanci un sms: arrivo subito, aspettami, ti voglio abbracciare.

E Gesù ti prende, ti accarezza,  ti carica sulle spalle e ti porta a casa, convince i tuoi amici a volerti ancora bene e continui a vivere con Lui. Gesù non è una persona da internet, da twitter, da facebook, è una persona vera che abita in te. E quando ha deciso di prendere casa da te? Sappiamo che si è fatto persona, come uno di noi, che ha calcato tutte le strade della Palestina, per condividere gioie e speranze con tutti quelli che incontrava. Per questa sua tenacia nel voler bene a tutti, anzi il massimo bene che apriva le porte del cielo a tutti, anche ai più cattivi e profittatori di altre persone, lo hanno messo in croce, l’hanno fatto soffrire, ne hanno goduto tronfi di averlo fatto fuori, ma lui è fuggito anche dalla morte nella quale pensavano di aver chiuso la sua bontà. Stiamo ancora celebrando la sua risurrezione. Non saremmo però nel massimo della verità se Gesù con questa risurrezione non solo non ci avvicinasse a Dio Padre, ma non ci desse anche una presenza speciale, unica, viva, in ciascuno di noi con lo Spirito Santo. Credo che la giornata più brutta che hanno vissuto gli apostoli sia stata propria il giorno dopo il grande sabato. Gesù ammazzato brutalmente, sepolto come tutti; finita come per tutti prima o poi la vita. Lui invece si presenta vivo e fa fatica a convincerli, si ritirano ancora paurosi tra di loro, finchè non fa a tutti la sorpresa di donare lo Spirito, il coraggio, la forza, la gioia. Noi in questi giorni lo vogliamo contemplare risorto, vincente quelle brutture che gli hanno inflitto, ci siamo accostati al sacramento della penitenza, ma sentiamo ancora il peso della nostra vita che non cambia dalla mattina alla sera.

Siamo aiutati a capire che si può sbagliare, si può abbandonare qualche volta la chiesa, ma che la casa è sempre questa, che la sua presenza ci è garantita dallo Spirito Santo. Ci sarà sempre qualcuno che aspetterà il nostro ritorno. E noi stessi diventeremo dei buoni amici per tutti, racconteremo la gioia che si ha a comportarsi bene, a seguire Gesù a diventare suoi amici, a sentirsi accolti da quel cuore squarciato, ma sempre aperto per scavare gioia e felicità per tutti. Tanta nostra infelicità è dovuta all’appiattimento, alla prigione che ci siamo costruiti. Ci siamo collocati in un bicchiere d’acqua e continuiamo a sbattere contro le pareti, mentre il nostro vero habitat è il vasto mare della vita che viene dall’alto, dal misterioso mondo di Dio. C’è un vento dello Spirito che soffia su di noi e dà vita vera. La creazione lo ha atteso, Gesù lo ha inviato. Abbiamo bisogno di un’anima per tutte le cose. Quest’anima viene dall’alto. La risurrezione ha aperto i nostri confini, ha offerto gli orizzonti infiniti di quel Dio che ci ha creati

In questo tempo pasquale possiamo addentrarci anche noi in un dialogo serio con il Signore come hanno fatto tanti con Gesù; abbiamo bisogno di ritornare a casa, di sentirci trasportati sulle spalle del buon Pastore. Dove vai? Dove scappi? Non ti accorgi che scappi da te stesso. Che vita ti stai preparando, che dolori vai a creare a tutti quelli che ti stanno vicini? Ti vengo a prendere io. Fatti trovare, le novantanove che stanno a casa si sono dimenticate di te, ma non io

Anche noi abbiamo bisogno di rigenerare la nostra fede. Il nostro è un tempo che ci chiede di uscire allo scoperto, di prendere decisioni, di stare della parte della verità, di contemplare il Signore, ascoltare la sua parola.

In quella stanza al piano superiore, imbandita a festa c’è stata l’ultima cena, Gesù ci ha dato il suo corpo e il suo sangue. Siamo stati liberati dal peccato e nutriti della vita di Gesù. Deve ancora accadere qualcosa di grande in quel cenacolo; è Gesù deve ancora raccattarci dalle nostre fughe finchè dentro di noi scoppierà un fuoco che brucerà ogni male , ci riempirà di doni e ci aprirà a un’altra presenza di Dio: lo Spirito Santo. Il buon Pastore non si accontenterà di portarci solo nell’ovile, sotto protezione, nella sua compagnia ritrovata, ci darà con lo Spirito una forza di vincere ogni paura e coraggio di portarlo in ogni parte del mondo e in ogni tratto della nostra vita.

25 Aprile 2021
+Domenico

Il perdono non ci sta in nessun contenitore

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 18, 21-35) dal Vangelo del giorno (Mt 18. 21-22) nel Martedì della terza settimana di quaresima

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.

Audio della riflessione

La vita ha tutti i suoi tempi: ci sono i tempi del riposo, dell’incontro con le persone, del lavoro, delle faccende famigliari; ci sono i tempi dell’amicizia, degli affetti, dei colloqui, della sopportazione.

Ecco quest’ ultimo si sta sempre più restringendo: aumenta il tempo dello shopping, dello stare a guardare la TV , dello smanettare in Internet, del fare notte al pub, dello stare in piazza senza dire niente (la pandemia questo ce l’ha un pò cancellato!), del talk show, che proprio è più un vedere che un comunicare, uno spettacolo più che un aiuto a pensare. Diminuisce enormemente il tempo del perdonarsi, dell’accettarsi, dell’ascolto, dell’accoglienza, della pazienza …

Forse anche l’apostolo Pietro si vedeva restringere sempre più questi tempi di gratuità: ne avvertiva la sconvenienza, ma voleva essere rassicurato … “Gesù, non ti sembra che quando è troppo, è troppo! Io perdono, sto zitto, ho imparato nella vita a non reagire troppo in fretta per non offendere, sto ad ascoltare ore e ore, non mi manca la capacità di attutire, di stemperare, ma qualche volta non se ne può proprio più! Soprattutto quando ti offendono senza motivo, diventano petulanti e ti fanno del male, ti fanno sentire uno straccio; hanno pretesa di giustificare tutte le storture che compiono nella loro vita; sono insolenti, violenti e sporchi. Vorrebbero sporcare anche me. Non ti sembra che bisogna dire basta prima o poi, anzi che forse tu con la tua bontà li stai coccolando troppo, hai sempre una parola buona da dire. Non ti sembra che ne approfittino. A sette volte io ci arrivo, vuol dire che non mi faccio rincrescere nessuna pazienza. Ma bisogna dare un taglio. Il perdono che è? Un incitamento a delinquere!?”

E Gesù, candidamente, moltiplica a Pietro il tempo della perfezione giudaica: sette è un numero che indica pienezza? Per il perdono non c’è mai pienezza che tenga: Dio è spropositato nel suo perdono, è settanta volte sette: è il numero perfetto oltre ogni paragone e limite.

“Il mio cuore è una speranza vera per tutti e per sempre: a te Pietro che avrai le chiavi del perdono nella chiesa, dico che il perdono non è cosa da contare come i soldi, ma è uno stile di vita, una strada definitiva, che  una volta imboccata,  non permette ritorni.”

Per questo è una speranza certa.

9 Marzo 2021
+Domenico

Un angelo custode ha sempre cura di noi

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 18, 1-5.10)

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E’ bello sentirsi di qualcuno sempre, sapere che non sei mai solo, che hai qualcuno cui affidarti, che veglia su di te, che è disposto a faticare, a camminare, a crescere con te.

Questo sicuramente è un amico, è per una buona parte della nostra vita il papà, la mamma; qualcuno ha la grazia di avere un fratello o una sorella con cui si litiga,  ci si cerca, si bisticcia, ci si confida, ci si coalizza contro i grandi, ci si fanno confidenze.

Quando si è più grandi si cerca una guida: molti di noi ricordano di avere avuto nell’esistenza una persona che li ha sorretti, spronati, tenuti per mano.

Nella fede ciascuno di noi ha una presenza speciale, personale, di Dio: l’angelo custode. Dice Gesù, parlando dei bambini: non crediate di poter fare da padroni sulla vita di questi piccoli, di poterli strumentalizzare o disprezzare, perché i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio.

La storia di salvezza di Dio raggiunge ogni persona nella sua situazione concreta attraverso questi “messaggeri”, questi angeli, queste presenze personificate dell’amore di Dio.

Gesù nella sua vita ha esplicitato molte volte questo rapporto, soprattutto nell’ora suprema del dolore e dell’abbattimento, della possibile disperazione e del tradimento. Nell’orto del Getsemani, la notte della sua cattura da parte della soldataglia, Gesù viene confortato da un angelo.

I bambini sono già grandi e intoccabili per se stessi, per la persona che essi sono: devono stare al centro della nostra attenzione, ma spesso vengono usati come ricatto nelle famiglie, nei litigi tra papà e mamma, vengono usati nelle pubblicità, vengono rapiti, vengono fatti  morire in mare da scafisti assassini, della loro vita non si tiene conto, le città sono costruite a misura di adulto, non sono fatte perché anche loro vi possano vivere felici, sono spesso lasciati soli, vengono affidati alla TV, anche quando  fa scempio della loro innocenza. Molti vengono usati a lavorare, in certi contesti vengono usati come soldati, invece di giocattoli imbracciano armi.

Il maggior male è sempre la pedofilia, di cui tutti dobbiamo chiedere perdono, perché la responsabilità è di chi la compie, ma anche di tutti noi che non ce ne facciamo carico e non la impediamo. Potremmo continuare a ricordare le nostre inadempienze, ma solo per richiamarci ciascuno alle nostre responsabilità. 

Ci sono anche però molti che vivono per loro, per loro danno il massimo dell’amore. Tanti genitori sono capaci di atti eroici, quotidiani, senza tanto clamore; sono imparentati e in buona compagnia, spesso senza saperlo, con i loro angeli che Dio ha messo come sicuro segno di speranza nelle loro vite.

2 Ottobre 2020
+Domenico

Lasciamoci cambiare dal perdono di Dio

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 18, 21-35)

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Ci rappresenta un po’ tutti quella parabola che narra di quel servitore perdonato alla grande dal suo creditore e che, come imitazione di un perdono grandissimo, fa lo strozzino – invece – con un suo debitore: diecimila talenti d’oro sono “vagonate” di oro, che lo strozzino non avrebbe mai potuto pagare; quattrocento denari veramente quattro miseri spiccioli, monetine da resto rispetto ai talenti.

Questa è la nostra fotografia di fronte a Dio: il nostro debito verso di Lui è senza misura e Lui se lo carica sulle spalle e ce lo cancella.

Siamo stati perdonati, ma non abbiamo ancora capito che cosa è il perdono, non lo abbiamo ancora accolto, ci è rimasta dentro una mentalità da schiavo, calchiamo sempre con i nostri passi il perimetro della prigione che ci siamo fatti allontanandoci da Dio: siamo abituati a vivere in una pozzanghera e non sappiamo renderci conto del mare aperto, giochiamo ancora con le barchette di carta. 

Chi ci permette di accettare la pienezza del perdono è lo Spirito. Dio ci fa liberi, noi a mala pena ci sentiamo liberati, abbiamo ancora addosso tutta la fasciatura del male, tutta la nostra mentalità da galeotti, da gente che deve sfruttare le occasioni, deve calcolare, deve farsi rincrescere la bontà.

Siamo ancora ammalati di delirio di onnipotenza, il modello di ragionamento non è affatto cambiato: quello che lo strozzino descritto nel Vangelo fa al suo debitore è ancora legato al suo impossibile “ti restituirò tutto”.

Il suo comportamento è evidentemente crudele, ma è più sottile e infido di quanto pensiamo: crede di essere già un salvatore, ma non ha ancora capito di essere un salvato; crede di essere un comprensivo e non ha capito di essere un perdonato; crede di essere uno che accoglie e non ha capito di essere stato accolto, un giusto e non ha capito di essere stato giustificato; crede di essere uno che può esprimere amore, ma non ha capito che è stato tanto amato.

Ma salvatore, comprensivo, accogliente, giusto, amabile è Dio, non lui: non gli passa nemmeno per la testa che queste qualità devono essere d’ora in avanti le sue, e per noi le nostre, che il dono più grande del perdono è il cambiamento del cuore.

Proprio per questo il perdono di Dio è legato al nostro perdonare, è quel gesto di Dio che è legato indissolubilmente alla nostra libertà: Dio non riesce a perdonare se nella nostra libertà non ci lasciamo cambiare dal suo perdono …

… in questo caso, se non ci lasciamo cambiare, il perdono torna “indietro”: Toccherà ancora a Dio riprenderci perché Lui non ci abbandona mai.

13 Settembre 2020
+Domenico

Perdono è farsi incrociare dallo sguardo di Gesù

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 18, 21-19,1)

«Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: “Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte? ”. E Gesù gli rispose: “Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.»

Audio della riflessione

Pietro domanda un giorno a Gesù quante volte deve perdonare … si perdona sempre, perché abbiamo sempre bisogno noi di perdono.

Avere bisogno di perdono significa essere consapevoli di aver tradito un amore smisurato e sentirsi addosso insistente una continua proposta d’amore che ogni giorno rimette in discussione la nostra vita.

Bisogno di perdono è constatazione di tradimento, dopo insistite promesse di fedeltà e patti di amicizia; bisogno di perdono è percezione di una inconsistenza esistenziale, dovuta alla sperimentazione di questa una assurda autosufficienza che abbiamo – basto a me stesso – che ha disarticolato il  nostro senso del limite, il sentirsi creature, e aprirsi a Dio che solo può riempire la nostra vita vuota; bisogno di perdono è consapevolezza che il male profondo che è il peccato non possiamo guarirlo da noi, non abbiamo la capacità di ricucire le nostre ferite: è solo Dio che lo può fare.

L’accoglienza del perdono è un atto di contemplazione, prima che la constatazione di un rimorso o di un pentimento: è incrociare lo sguardo di Gesù sulla nostra vita, è immergersi nel suo stato d’animo, nella sua innocenza assoluta, nella sua tenerezza; non è guardarci addosso per dire quanto siamo sbagliati, per aver vergogna di quello che siamo, per disprezzarci e registrare un altro smacco, un altro venir meno ai nostri impegni, un altro “non son capace di fare niente”.

Il bisogno del perdono cristiano non è “godere” di essere indegni, non è nemmeno dispiacersi di non aver avuto coerenza, ma è prima di tutto contemplazione di un amore, è capacità di lasciarci guardare con amore, è avere negli occhi lo sguardo di Gesù, risentire nel cuore il calore della sua amicizia, scomparire per far brillare la sua grazia.

Il centro è Lui, non il nostro smacco o la nostra umiliazione.

Spesso siamo più dispiaciuti di non essere stati all’altezza del nostro compito che di aver offeso Gesù: è Lui che dobbiamo mettere al centro, è Lui che dobbiamo contemplare in tutti i suoi gesti umanissimi di amore.

Abbiamo bisogno di trovare Grazia presso Dio, come l’ha trovata Maria, di essere immersi in un mare di gratuità, in una pienezza del tempo, in quel vortice della storia della salvezza che Dio ha sempre pensato per l’uomo, da quando ha deciso di rischiare sulla nostra libertà.

Abbiamo usato la libertà per vivere da schiavi; diventare figli non è più opera nostra; è solo per la pienezza del perdono di Dio, che non ci abbandona mai però.

Il peccatore della parabola, che non sa perdonare un suo debitore, mentre lui è stato perdonato da Dio alla grande non sa proprio che cosa significa essere perdonati: ha fatto una veglia penitenziale, ha giocato, e ritorna ad essere nel suo peccato.

13 Agosto 2020
+Domenico

Il cristiano non viva le fede da single

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 18, 15-20)

«In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. 20 Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro».

Audio della riflessione

Essere cristiani non è mai stata una esperienza da single. E’ importante la coscienza personale, la libertà di decisione. Sei tu che sei chiamato non il tuo gruppo o la tua famiglia.

E’ verissimo che occorre partire sempre dalla propria libertà personale: sono finiti i tempi in cui si diventava cristiani perché lo erano tutti quelli del nostro ambiente, paese, città, famiglia, anche se la cultura ha il suo influsso sempre, e così le tradizioni … ma quello che è assolutamente sempre vero è che la fede non è un fatto privato, non si chiude nella coscienza, non si isola dal mondo.

Non si può essere cristiani senza creare relazioni positive con gli altri, non si può amare Dio se non si ama  il prossimo: essere credenti in Cristo esige aprire la propria vita a una relazione di bontà con gli altri.

Proprio perché la fede è un atto d’amore e l’amore è vero se non termina su se stesso, ma si apre all’altro.

Ecco allora i tanti insegnamenti del vangelo sulla necessità dell’amore a Dio e al prossimo contestualmente, del vivere uniti per chiamare nell’esistenza la presenza di Dio.

“Dove sono due o tre riuniti nel mio nome lì ci sono io.”

Ci si domanda spesso, dove sta Dio? Ci aiuta? È a noi vicino?

Il modo più sicuro per sperimentare la sua presenza è stare assieme nel suo nome e lì c’è Lui: le nostre comunità cristiane allora diventano palestre di comunione, anche se è la comunione più impossibile perché ci stiamo tutti noi con le nostre divergenze, i nostri difetti, le visioni opposte di vita, le condizioni contrastanti … eppure Dio fa il miracolo di tenerci assieme, come ha tenuto assieme gli apostoli, i primi cristiani, popoli barbari e civili, potenti e deboli, schiavi e liberi.

Spesso la nostra testimonianza non è compresa dal mondo perché viviamo disuniti, perché non siamo capaci di mostrare il dono dell’unità: se non siamo capaci di stare uniti nel suo nome, lui non c’è, non può starci, è contrario al suo stesso essere; siamo noi che lo buttiamo fuori.

Come è bello che i fratelli vivano assieme diceva il salmo, è un unguento sulle nostre ferite, un balsamo per la nostra cattiveria, una speranza per le innumerevoli solitudini, una certezza della sua presenza tra noi.

Se vi amerete a vicenda allora io sarò in mezzo a voi e loro crederanno a me perché li amate.

12 Agosto 2020
+Domenico