7 Dicembre: Fuori dalle sacrestie e oltre i Sagrati

La nostra vita cristiana si sviluppa spesso solo entro gli angusti confini delle nostre “strutture” (ecclesiastiche, addirittura).

La sete di Dio oggi abita nelle coscienze di molte persone, ma noi cristiani spesso stiamo abbarbicati nei nostri comodi e pacifici spazi, che diventano lentamente dei “loculi”.

Gesù con i suoi discepoli è perentorio: “rivolgetevi alle pecore perdute della casa d’Israele!” e “uscite dal tempio e andate per le strade!”

Oggi la parola di Dio deve risuonare ovunque!

L’abitudine a isolare il cristianesimo o alla coscienza privata o alle nostre sacrestie è un insulto al Vangelo è una ingiustizia nei confronti dei tanti che hanno bisogno di Dio, hanno sete di lui e se lo vedono sottrarre dai nostri comodi loculi!

Il mondo non è una sterpaglia, dice Gesù, non è una “landa di ululati solitari”, non è un groviglio di domande assurde, non è un’accozzaglia di casualità senza senso.

Il mondo è una messe: è un terreno fertile in esso è già maturato da sempre un desiderio; è saturo dell’attesa di uno sbocco, aspetta solo che qualcuno dia inizia una mietitura!

Invece la nostra visione di mondo è la sempre la fotografia di ostilità, di mali, di lontananza da Dio …

Gesù dice invece che è una messe che ha bisogno di operai che la raccolgono: ci viene offerta su un piatto d’oro una sete, e noi che custodiamo la sorgente non la mettiamo a disposizione!

Ci viene offerto un campo maturo e noi non siamo capaci di raccoglierne i frutti.

Avvento è anche accorgersi della sete di Dio che c’è nel mondo, è offrire la sorgente ed è portare a compimento un’attesa con il dono della sua Parola.

Torna ancora la parola precisa che definisce la sollecitudine di Gesù: compassione.

Gesù ha compassione della gente stanca, sfinita, sbandata: sono tre aggettivi che possono ben fotografare noi uomini e donne di oggi, giovani inesperti e in balia di tutte le possibili novità, adulti disorientati a guardare continuamente indietro e a sperare di riportare il mondo come era prima.Il futuro è sempre davanti, è sempre Gesù, è sempre scritto nella nostra decisione di offrire gratuitamente il Vangelo: gratuitamente, perché è dono di Dio, che non si può tenere tra le mani ma che si deve continuamente mettere a disposizione di tutti … e anche attraverso questa nostra gratuità Dio non ci abbandona mai.

30 Novembre 2019: VEGLIATE! (Inizio del tempo di Avvento)

L’avvento inizia con un invito perentorio: “Vegliate!”

Esiste un momento del nostro vivere in cui riusciamo a farci un giudizio complessivo sul senso che siamo riusciti a dare alla vita: se in questo istante venisse fissato il significato globale della mia esistenza, come sarebbe?

Una carognata dopo l’altra, verso senza ritorno,

Ne caldo ne freddo?

Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore verrà

Esiste sicuramente un momento in cui potremo prenderci in mano la nostra vita, guardarci dentro … finalmente mettere in fila tutti i gesti che l’hanno composta, l’ingenuità, le innocenti aspirazioni, i sogni, le frustrazioni, le persone che l’hanno popolata, gli affetti ricevuti e donati, i soprusi subiti e inflitti agli altri, il bene e il male tra cui ci siamo continuamente dibattuti: una luce la illuminerà.

Le domande senza risposta che più spesso ci siamo fatte, troveranno sicuramente un perché: sapremo il perché della gioia e del dolore, il perché dell’amore e dell’odio, il perché della vita e della morte, verrà smascherato il profittatore è scoperto il ladro, non servirà assolutamente nascondersi dietro certificati, ne ci saranno immunità parlamentari, il povero e il ricco, l’uomo e la donna, l’adulto e il bambino, il nord e il sud, l’occidente e l’oriente avranno pari opportunità.

Il terrorista verrà colto nel suo gesto folle e non serviranno bombe a grappolo per stanarlo: “forgeranno le spade in vomeri, le lance in falci”, gli si riporteranno fiori.

Non è un sogno hippie, ma la fotografia del mondo futuro che Gesù chiamava “Regno dei Cieli” per non confonderlo con le pubblicità del tempo.

Non siamo buttati su questa Terra a caso.

La nostra vita non è affidata niente.

Siate pronti: il più dell’uomo su questa certezza organizzata la nostra esistenza.

Noi l’attendiamo operosi, “la nostra salvezza è più vicina ora di quando abbiamo cominciato a credere”.

Tutte le luminarie che stanno cominciando a decorare le nostre strade, i negozi, gli alberi, sono soltanto un segno di una nuova luce che deve rischiarare la nostra vita: la luce del Signore

30 Novembre 2019
+Domenico

Maria Assunta in Cielo

Omelia pronunciata alla Messa degli Italiani il 15 Agosto 2009 a Medjugorje

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 1, 39-46)

In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore”. Allora Maria disse: “ L’anima mia magnifica il Signore…

C’è una forte intesa fra le donne quando si confidano le loro difficoltà, i loro segreti, le esperienze intime della loro vita, le apprensioni per quello che sta accadendo nella loro corporeità, quando sentono di avere in seno una vita che nasce. Non è solo connivenza, diventa subito solidarietà, desiderio di aiuto, condivisione dei pensieri e dei timori, delle cure e delle speranze. La comunicazione che fa una donna di essere in attesa di un bambino è una notizia che sempre mette in moto la vita. Talvolta è angoscia, perché non lo si vuole; spesso è dramma perché non si è preparati; talora è disperazione perché si è stati abbandonati; molte volte è gioia perché si compie una attesa, si realizza un sogno d’amore, si completa una vita di famiglia, si avvera la gioia del dono. Trepidazione, smarrimento, sorpresa, stupore. E’ il grande mistero della vita, cui spesso siamo abituati come se fosse un caso o una routine. Invece la vita è sempre una grande novità, è sempre la visita di Dio, è la sua presenza nel mistero e nel tessuto delle nostre relazioni. Nascono purtroppo non poche volte desideri di morte, si mettono in moto tragiche opzioni senza ritorno, ma spesso la vita trionfa, l’umanità si rinnova e continua la sua strada di accoglienza, dono, solidarietà, condivisione.

Chi si trova in questa situazione è una donna avanzata in età, Elisabetta, di origini nobili, della casta sacerdotale, sposa a un ministro dell’Altissimo, a un fedele servitore del tempio. Aveva aspettato tutta la vita un  bambino, l’aveva desiderato tanto come ogni donna che vuol vivere in pienezza la sua vita, ma non le era stata data questa grazia e proprio quando aveva riposto nel cassetto ogni suo sogno si trova a registrare questo fatto sconvolgente, questa gioia incontenibile, questa sorpresa e stupore. Nasce però anche il timore: alla mia età? Che sarà di questo bambino, come nascerà? Il marito, il vecchio Zaccaria, era rimasto muto e la confortava con segni e i segni andavano sempre decifrati, capiti, inscritti in un disegno più grande di loro, nella grande bontà di Dio.

Maria, la madre di Gesù viene a conoscere questa situazione bella e delicata, e decide di mettersi a fianco di Elisabetta per aiutarla a vivere serenamente l’attesa, perché anche lei è in attesa, anche lei è stata tirata nel vortice incontenibile della vita divina. Maria ha avuto la notizia della vita che si sta costruendo in Elisabetta dall’angelo: anche Elisabetta tua parente…è già al sesto mese. E’ una notizia che la conferma nella grandezza di Dio, sa di una nuova nascita e gioisce. Si mette immediatamente in moto, va in fretta, verso la montagna, lascia la sua casa, non mossa da ansia o incertezza, ma da gioia e premura.

Per quelle strade di montagna non si sposta solo una ragazza nella sua voglia di vivere, di correre, di essere là dove c’è bisogno di lei, ma si sposta lo stesso Gesù : Maria è già in attesa del figlio di Dio e questo figlio partecipa già dei progetti di sollecitudine e amore della madre. E’ come l’antica arca che gli ebrei portavano sempre con sé, un’arca che conteneva i segni della presenza di Dio. Oggi questa arca è una vita, un corpo, una persona, una creatura, la creatura senza macchia, senza peccato, nello splendore della creazione che Dio desiderava per tutti gli uomini piena di grazia e abitata da Dio. Sarà Elisabetta a percepirne la presenza attraverso quel balzo che nel seno Giovanni esprimerà.

E l’incontro tra le due madri è tra le scene più belle della storia umana di tutti i tempi: la giovanissima e l’anziana, il nuovo e il vecchio testamento, il compimento delle promesse e gli ultimi sospiri dell’attesa, la vita di Dio e la vita dell’uomo, il Magnificat e l’Ave Maria.

Sono i due bambini ancora all’inizio della vita che si parlano, che cominciano a sconvolgere il mondo, che esprimono la gioia del mondo per quello che Dio sta finalmente compiendo. Una benedizione nasce nella bocca di Elisabetta, un canto di lode in quella di Maria. Rallegrati Maria, dice Elisabetta; l’anima mia esulta nel Signore dice Maria. Benedetto il frutto del tuo grembo, benedetto il figlio di Dio, benedetto il futuro che nasce, dice Elisabetta; grandi cose ha fatto l’Altissimo e noi ne diamo a tutti testimonianza. Dio è grande, Dio è forte, Dio è la pienezza della nostra vita.

In questo turbine di sentimenti umanissimi si inscrive la festa dell’Assunta, la festa della corporeità di una donna che entra nella vita divina, il nostro corpo è la finestra dell’anima che si apre per sempre nell’eternità. Oggi, 15 agosto, nel massimo del divertimento o del riposo, dello spreco o della serenità, del turismo o del rientro in famiglia, nei luoghi che hanno definito la nostra infanzia, nella ricerca nostalgica di un tempo perduto o nella lode a Dio per quello che abbiamo ricevuto, guardiamo a Maria, la madre di Gesù. Ci lasciamo attrarre da Lei nel suo modo di pensare il mondo, soprattutto nella meta della nostra vita. Siamo fatti per il mondo di Dio, per il Paradiso e vogliamo vivere con il cuore puntato là, per vincere tutto il male che incontriamo nella nostra vita e non lasciarci appesantire il cuore nelle nostre piccole e grandi miserie.

15 Agosto 2009
+Domenico

Non c’è pace senza verità

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 2, 16-21) – Battesimo di Stefania.

In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.

Audio della riflessione

Il Vangelo che abbiamo appena letto ci riporta a quella notte magica, a quella notte che unisce cielo e terra, la notte degli egoismi e della povertà, la notte in cui Giuseppe e Maria si devono adattare negli anfratti della roccia: c’è un brano del Cantico dei cantici che esalta questa corsa tra le rocce dell’innamorato che cerca la sua innamorata: Ora l’innamorato è Dio e colui che cerca è l’uomo, gli vuol portare il suo amore.

Il suo dono è un tenerissimo bambino, ma è talmente distratta ed egoista la nostra umanità, sono talmente fitte le nostre tenebre che rischiamo di non accogliere il dono di Dio; è la gente semplice che si accorge di Lui, sono i pastori che fanno da primi annunciatori a tutti, che dicono che c’è una speranza che non tramonta mai: Gesù il figlio di Dio, l’Emmanuele, il Dio che sta con noi. 

C’è un altro fatto che viene sottolineato dal Vangelo: la circoncisione di Gesù, un atto solenne col quale Gesù viene a far parte definitivamente del popolo di Israele. Quando Dio aveva stabilito una alleanza col popolo di Israele, quando aveva promesso fedeltà senza pentimenti a un popolo che lo avrebbe sempre tradito, Dio aveva voluto che ci fosse un segno nella carne degli ebrei e questo segno venne inciso anche nelle carni del figlio di Dio.  

Non c’è momento migliore come questa festa per accogliere una nuova cristiana nella nostra comunità, nella Chiesa! In questo modo siamo chiamati a vedere la grande differenza: là Gesù veniva circonciso per indicare di appartenere al popolo dell’alleanza, qui Stefania viene a far parte del popolo della nuova alleanza attraverso l’immersione nella morte e risurrezione di Gesù.

La circoncisione non salva più: ora ciò che salva è la morte e la risurrezione di Cristo, la nuova ed eterna alleanza, come diciamo quando consacriamo il pane e il vino nel momento culminante dell’Eucaristia.

Non è più un solo popolo quello scelto da Dio, ma è la Chiesa che è aperta a tutti i popoli: San Paolo dovrà lottare non poco per far capire che i nuovi convertiti al cristianesimo non dovranno più essere circoncisi! Non era necessario diventare ebrei prima di essere cristiani: questo cambiava radicalmente il concetto di salvezza, di redenzione, lo poneva solo ed esclusivamente nelle mani di Gesù il Figlio di Dio.

E’ in queste braccia che tu Stefania stasera vieni accolta: sono le braccia dell’amore puro, infinito,  gratuito, la gioia senza fine. 

E’ iniziato un nuovo anno, abbiamo già provveduto a sostituire il calendario, ad aprire la prima pagina e la Chiesa la vuol aprire sulla condizione essenziale perché possiamo ogni giorno sfogliare l’agenda, segnare con gioia il tempo che passa: la pace.

E’ il primo dono del bambinello ed è ancora il più disprezzato dagli uomini.

Il disprezzo è innescato dalla menzogna: non siamo troppo giovani per non esserci accorti, che ogni volta che scoppia la guerra siamo pilotati a parteggiare per essa da una campagna di informazioni falsa … occorre sempre prima inventare un nemico: il nemico viene artatamente dipinto come il demonio, e l’unica via possibile per bloccarlo è il ricorso alle armi; salvo poi puntualmente a verificare che le informazioni erano state inventate e che l’opinione pubblica era stata ingannata da notizie false.  

La falsità più pervasiva e più subdola però è l’affermazione che la guerra risolve i problemi per cui la si fa, mentre tutti sappiamo che nessuna guerra ha mai risolto problemi, ma ha creato sempre nuove ingiustizie e miseria.

Papa Benedetto ha preso questo nome anche per rifarsi a Benedetto XV, il papa che un secolo fa diceva a tutti che la guerra è assurda, che con la guerra si perde tutto, che è una carneficina inutile sempre. 

Giovanni Paolo II lo ha sempre detto, lo ha ripetuto inascoltato anche prima di quest’ultima guerra contro l’Iraq: tutto sempre si avvera, ma noi sempre dobbiamo far vedere la nostra inutile cattiveria. 

Il male ha sempre bisogno di camuffarsi, di rivestirsi falsamente di bene per diventare appetibile e al mondo esistono pianificazioni mondiali per fare questa operazione di inganno: come farebbero del resto i costruttori di armi a collocare i loro prodotti di morte? I giornalisti, gli uomini della comunicazione – ed oggi saluto con soddisfazione quel gruppo di giovani giornalisti che hanno dato vita al mensile diocesano “libera mente” – dovrebbero aiutarci a non cadere nell’inganno, ma anch’essi o sono conniventi o non sono competenti, pur sapendo che il loro mestiere è far conoscere la verità.  

Il cristiano deve sbilanciarsi sempre dalla parte della pace, accoglierla dalle mani di Dio, invocarla, attuarla, difenderla, realizzarla. Cominciamo già dal primo giorno dell’anno ad augurarcela e a invocarla. Quel bellissimo quadretto che ci presenta il presepio oggi, quello sguardo compiaciuto di Giuseppe, la maestosa e devota presenza di Maria sono segno di sicura speranza di pace. 

1 Gennaio 2006
+Domenico