Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 2)
La nascita è stata una gioia per tutti, la fine di una attesa misurata, talvolta preoccupata ma sempre piena di speranza; i dolori del parto da dimenticare, ma ora lui o lei c’è: è già stato tutto preparato, il lettino, la cameretta, i vestitini, tutti si sono concentrati su questa nuova creatura, voluta, desiderata, progettata.
Fossero tutte così le nascite dei figli, fossero tutti così i genitori che esprimono il massimo del loro amore nel farlo diventare nuova vita. Sappiamo purtroppo che spesso non è così, che per molti la vita nuova è un “incidente”, o un “sopruso”, o un intruso … ma per questa povera, debole creatura l’amore di una mamma non deve mancare, il dono di una famiglia è un bene da conservare e su cui piegare ogni sana comunità umana, ogni civiltà, ogni stato, ogni globalizzazione.
Ogni bambino che nasce a questo mondo deve avere il bene assolutamente gratuito che abbiamo avuto noi: un papà e una mamma, un nido d’amore accogliente.
Nelle migliaia di campi profughi non c’è cameretta, né vestitini, ma spesso solo paura del futuro e fame e guerra sempre all’orizzonte: Abbiamo sotto gli occhi il pianto di una madre a cui è annegato il figlio di sei mesi e il suo corpicino esanime annegato in quelle tragiche attraversate del mar Mediterraneo.
Quanti bambini, sono vittime di una guerra, come tutte senza senso, quanti volti di genitori disperati, quanti corpi feriti e i bambini, grazie a Dio sono ancora capaci di sorridere.
Anche se il nido preparato è fragile e subito o troppo presto si rompe: il presepio dura poco, la vita di famiglia entra in crisi, le difficoltà aumentano e come se non bastassero le tensioni quotidiane ci si mettono anche le condizioni sociali incapaci di costruirsi a misura di famiglia.
Anche Giuseppe e Maria hanno dovuto fare i conti con le avversità, la fuga, l’emigrazione, la violenza … c’è però ancor un quadro che il Vangelo ci fa contemplare e che chiude il tempo natalizio: Giuseppe e Maria vanno al tempio – vanno in Chiesa diremmo noi – e presentano a Dio questo dono sorprendente che hanno gelosamente da custodire.
Lì c’è un vegliardo Simeone e una donna anziana, Anna: a me fanno tanto pensare ai nonni, a quella stagione della vita in cui ti sembra che tutto sia passato, che il declino abbia il sopravvento e invece la nascita del nipotino ritorna a far vivere, a darti speranza.
“I miei occhi hanno visto la salvezza”, la vita continua, occorre tornare con entusiasmo a servirla, senza potere, senza rabbia, con la consapevolezza del limite e della pace … e questi due nonni sono là a ricordarti, a ricordare a Maria e Giuseppe che la vita sarà sempre in salita, “una spada trafiggerà la vostra anima”; non sono uccelli del malaugurio, ma la forza nella prova immancabile: te li ricorderai sempre perché ti hanno aiutato a vivere.
E Maria e Giuseppe contemplano stupiti questo Gesù, che pur essendo Dio, impara a vivere da uomo, a camminare e a crescere in una famiglia. Credevano di essere soli con la loro fragile creatura, ancora frastornati di quello che stava capitando attorno a questo bel bambino, invece continuavano a poter dire il loro sì a Dio che li aveva chiamati a dare il loro contributo al suo grande sogno, grande progetto: il cambiamento in bontà della cattiveria umana.
In questo non si sono mai sentiti e mai lasciati soli: sarà Gesù a compiere con la sua vita, la sua croce tutto questo grande progetto di Dio … e noi oggi ne facciamo memoria e decidiamo di non lasciare solo Gesù.
Durante questa pandemia, forse i responsabili della cosa pubblica si sono accorti che si possono fare progetti grandi, riforme in meglio, pianificazioni di finanziamenti, ma se non ci sono famiglie che danno vita ai figli, la nostra Italia non solo impoverisce, ma rischia di non esserci più, se non nascono più figli!
La necessità di dare stabilità alla famiglia, che del resto, in questa pandemia, è stata quella che ha sopportato di più la fatica del contenere i disagi e rendere possibili operazioni di chiusura: dove sarebbero andati i bambini, i ragazzi, senza il tempo della scuola, se non ci fossero state le famiglie, che fungevano quasi sempre da tura buchi nell’organizzazione.
Soprattutto chi avrebbe potuto offrire loro un ambiente di amore profondo, di serenità, sicurezza, protezione e stimolo a comportamenti positivi, di bontà, di collaborazione, di fratellanza e a vivere ancora anche se a distanza l’amicizia o sopportarne l’assenza? Come sempre ci ricordiamo della famiglia solo se tappa qualche buco del nostro impossibile stile di vita.
Ci affidiamo alla Santa Famiglia, per resistere, e per non perdere mai la speranza.
27 Dicembre 2020
+Domenico