Festa della famiglia con nel cuore la famiglia di Gesù al tempio

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 2)

Audio della riflessione

La nascita è stata una gioia per tutti, la fine di una attesa misurata, talvolta preoccupata ma sempre piena di speranza; i dolori del parto da dimenticare, ma ora lui o lei c’è: è già stato tutto preparato, il lettino, la cameretta, i vestitini, tutti si sono concentrati su questa nuova creatura, voluta, desiderata, progettata.

Fossero tutte così le nascite dei figli, fossero tutti così i genitori che esprimono il massimo del loro amore nel farlo diventare nuova vita. Sappiamo purtroppo che spesso non è così, che per molti la vita nuova è un “incidente”, o un “sopruso”, o un intruso … ma per questa povera, debole creatura l’amore di una mamma non deve mancare, il dono di una famiglia è un bene da conservare e su cui piegare ogni sana comunità umana, ogni civiltà, ogni stato, ogni globalizzazione.

Ogni bambino che nasce a questo mondo deve avere il bene assolutamente gratuito che abbiamo avuto noi: un papà e una mamma, un nido d’amore accogliente.

Nelle migliaia di campi profughi non c’è cameretta, né vestitini, ma spesso solo paura del futuro e fame e guerra sempre all’orizzonte: Abbiamo sotto gli occhi il pianto di una madre a cui è annegato il figlio di sei mesi e il suo corpicino esanime annegato in quelle tragiche attraversate del mar Mediterraneo.

Quanti bambini, sono vittime di una guerra, come tutte senza senso, quanti volti di genitori disperati, quanti corpi feriti e i bambini, grazie a Dio sono ancora capaci di sorridere.

Anche se il nido preparato è fragile e subito o troppo presto si rompe: il presepio dura poco, la vita di famiglia entra in crisi, le difficoltà aumentano e come se non bastassero le tensioni quotidiane ci si mettono anche le condizioni sociali incapaci di costruirsi a misura di famiglia.

Anche Giuseppe e Maria hanno dovuto fare i conti con le avversità, la fuga, l’emigrazione, la violenza … c’è però ancor un quadro che il Vangelo ci fa contemplare e che chiude il tempo natalizio: Giuseppe e Maria vanno al tempio – vanno in Chiesa diremmo noi – e presentano a Dio questo dono sorprendente che hanno gelosamente da custodire.

Lì c’è un vegliardo Simeone e una donna anziana, Anna: a me fanno tanto pensare ai nonni, a quella stagione della vita in cui ti sembra che tutto sia passato, che il declino abbia il sopravvento e invece la nascita del nipotino ritorna a far vivere, a darti speranza.

“I miei occhi hanno visto la salvezza”, la vita continua, occorre tornare con entusiasmo a servirla, senza potere, senza rabbia, con la consapevolezza del limite e della pace … e questi due nonni sono là a ricordarti, a ricordare a Maria e Giuseppe che la vita sarà sempre in salita, “una spada trafiggerà la vostra anima”; non sono uccelli del malaugurio, ma la forza nella prova immancabile: te li ricorderai sempre perché ti hanno aiutato a vivere.

E Maria e Giuseppe contemplano stupiti questo Gesù, che pur essendo Dio, impara a vivere da uomo, a camminare e a crescere in una famiglia. Credevano di essere soli con la loro fragile creatura, ancora frastornati di quello che stava capitando attorno a questo bel bambino, invece continuavano a poter dire il loro sì a Dio che li aveva chiamati a dare il loro contributo al suo grande sogno, grande progetto: il cambiamento in bontà della cattiveria umana.

In questo non si sono mai sentiti e mai lasciati soli: sarà Gesù a compiere con la sua vita, la sua croce tutto questo grande progetto di Dio … e noi oggi ne facciamo memoria e decidiamo di non lasciare solo Gesù.

Durante questa pandemia, forse i responsabili della cosa pubblica si sono accorti che si possono fare progetti grandi, riforme in meglio, pianificazioni di finanziamenti, ma se non ci sono famiglie che danno vita ai figli, la nostra Italia non solo impoverisce, ma rischia di non esserci più, se non nascono più figli!

La necessità di dare stabilità alla famiglia, che del resto, in questa pandemia, è stata quella che ha sopportato di più la fatica del contenere i disagi e rendere possibili operazioni di chiusura: dove sarebbero andati i bambini, i ragazzi, senza il tempo della scuola, se non ci fossero state le famiglie, che fungevano quasi sempre da tura buchi nell’organizzazione.

Soprattutto chi avrebbe potuto offrire loro un ambiente di amore profondo, di serenità, sicurezza, protezione e stimolo a comportamenti positivi, di bontà, di collaborazione, di fratellanza e a vivere ancora anche se a distanza l’amicizia o sopportarne l’assenza? Come sempre ci ricordiamo della famiglia solo se tappa qualche buco del nostro impossibile stile di vita.

Ci affidiamo alla Santa Famiglia, per resistere, e per non perdere mai la speranza.

27 Dicembre 2020
+Domenico

Siamo testardi: non ci toccate il presepio!

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 2,8-12) dal Vangelo del giorno (Lc 2, 1-14)

C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».

Audio della riflessione

Tanto è piena di tensioni, di apprensioni, talora di paure l’attesa di un bimbo, tanto, e molto di più, è piena di gioia la sua nascita! Anche Maria ha provato questa decisiva esperienza della maternità e ora l’attenzione va sul bambino: dopo i primi complimenti fatti alla mamma l’attenzione va su di Lui.

Partorì, lo fasciò, lo sdraiò … e Lui, ora c’è, si fa sentire, si presenta, attira l’attenzione, si crea il suo spazio: ha sempre bisogno dell’amore di tutti, dei suoi genitori soprattutto, ma ora è una nuova vita … e Gesù è la nuova vita per noi!

Il vangelo di Giovanni userà parole più severe, “il verbo si è fatto carne”, ma tutti gli evangelisti dicono e tentano di farci capire la grandezza di quello che una scena così umana ci permette di contemplare.

A noi oggi non basta lasciarci commuovere da un bambino che nasce, ci serve anche la commozione, ma la nostra fede vuole che andiamo oltre, che vediamo in trasparenza la nostra storia, la storia dell’uomo, la storia del mondo.

Non siamo soli, Dio è con noi: questo bambino è il figlio di Dio, è la pienezza cui aspira da sempre la nostra vita. E’ una speranza nuova, è il seme di una umanità che si può riscattare, è il principio e la fine, è il Signore dei signori, è il creatore.

Potremmo sembrare pazzi, ingenui a caricare una scena così idilliaca di questi numerosi significati: infatti la cultura occidentale si sta stancando del Natale, si sta stancando della grotta, del bambinello, preferisce non fare menzione di nessuna nascita, le basta un albero, un vecchio vestito di rosso … presepio è parola ormai “non politicamente corretta”.

Noi invece siamo testardi: non ci interessa niente delle mode, non ci dispiace scandalizzare, passare per ritardati, vogliamo guardare a quel bambino, e vedervi il sorriso di Dio, leggergli sulle labbra le parole dell’amore del Signore.

Noi credenti in questo bambino adoriamo il nostro creatore, sappiamo di stare a cuore a Dio, sappiamo che la nostra storia, non è una accozzaglia di avvenimenti, ma è un tessuto di relazioni d’amore.

E non siamo senza ragione, perché la vera ragione si è fatta carne, contro tutte le semplificazioni della ragione umana che non riesce più a parlare di Dio, dell’eternità, della morte, perché parla solo di quello che vede e tocca … ma quello che è più importante nella vita degli uomini è sempre invisibile agli occhi, e l’invisibile s’è fatto uno di noi, perché Dio non ci abbandona mai.

Non avremmo mai pensato di vivere un Natale così: Il tessuto di amore che ti abbiamo preparato, Gesù, è fatto di respiratori, di tamponi, di medici e infermieri, di operatori pastorali che ti adorano in ogni malato, che amano e curano … e così incontrano Te.

25 Dicembre 2020
+Domenico

Oh Dio sii benedetto

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 1,76) dal Vangelo del Giorno (Lc 1, 67-79)

… e tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo
perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade

Audio della riflessione

Quando ti capitano fatti gravi o importanti nella vita resti per un po’ di tempo incapace di comprendere, di parlare … anche di reagire: ti assale dolore, stupore, sorpresa, meraviglia. E cerchi dentro di te una ragione, ti fai mille pensieri, costruisci congetture, ma non te ne raccapezzi facilmente.

Poi finalmente ti scoppia dentro la chiave, la sintesi, la percezione del tutto, la bellezza o la chiarezza della tua situazione.

Il vecchio prete del tempio, Zaccaria, aveva pensato a lungo quello che gli era capitato nel tempio quel giorno che si sentì dire che nella sua vecchiaia sarebbe diventato padre: ora dopo nove mesi di silenzio forzato esplode in un canto che guida ancora oggi l’inizio delle nostre giornate, “O Dio sii benedetto, sii pieno del mio atto di lode; grazie che mi hai fatto vincere tutti i miei insensati dubbi e ora mi fai vedere e toccare con mano che tu non ci lasci soli, che tu il tuo popolo lo segui con cura e non lo lasci nella solitudine delle sue disperazioni e nelle sue paure. Ci hai sempre fatto percepire che non ci avresti abbandonato, ma ora la tua salvezza è palpabile. I tuoi giuramenti non erano calmanti e placebo, le tue promesse non erano lacci per controllarci; io sono un poveraccio, ma ho capito quanto tu sei grande, quanto sei fedele, come da sempre mi hai amato e ora dimostri il tuo amore con una visita. Questo bambino che io non aspettavo, questo figlio che mi ha messo in cuore dubbi atroci sulla tua potenza, è tuo profeta. Io, suo padre, non sto alla sua altezza, non ho il suo santo timore di te, non sono così pieno di santità e giustizia, di servizio. Sono contento che lo hai chiamato per stare davanti a tuo figlio, a preparargli la strada. E’ l’aurora del sole che sei tu, è l’alba di un nuovo giorno, illuminato definitivamente dalla tua bontà, dalla tua misericordia. Tu sei il sole che lo illuminerà per sempre, tu strapperai dagli inferi i morti senza speranza, tu ci permetterai finalmente di percorrere sentieri di pace. Le ombre della nostra vita, le ombre di morte che ci opprimono, non resistono a questa irruenza del tuo figlio nella nostra quotidianità.”

Signore, sii benedetto: ora è scoppiata dentro di me la certezza che tu non ci abbandoni mai; e non abbandonare i medici, gli infermieri, il personale addetto ai malati di Covid-19, i malati sotto i respiratori.

Gesù, quest’anno, questa culla di ospedale ti abbiamo preparato: Tu riempila della tua vita e del tuo sorriso.

24 Dicembre 2020
+Domenico

Ma che vuole Dio da noi?

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 1, 57-66) dal Vangelo del giorno (Lc 1, 63-64)

Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio.

Audio della riflessione

Quando vivi degli avvenimenti intensi sembra che il tempo si fermi: l’attesa si fa spasmodica, conti i giorni, le ore, i minuti, poi ti guardi un attimo indietro e vedi che il tempo è passato, che gli avvenimenti procedono con una certa inesorabilità.

La vita che è iniziata si radica,  continua, ha i suoi ritmi che paiono lenti, ma che procedono inesorabili … e così avvenne anche per Elisabetta: la sorpresa, la vergogna di vedersi incinta alla sua età, la consolazione di avere Maria a farle compagnia, il grande evento che in Lei si sta compiendo … insomma, tutto continua e nessuno più ferma la nuova storia e viene il giorno in cui questo Giovanni nasce: le meraviglie, le incredulità, la sorpresa – che pure ciascuno viveva nella sua interiorità – prendono fuoco, perché ora Giovanni è lì, il suo pianto è vero, il suo corpo se lo coccola sua madre, se lo mangiano con gli occhi tutti.

Zaccaria è muto, è un padre ancora senza parole, gli ripassa nella mente tutta la sequenza del tempio, della promessa, tutte le attenzioni di questi nove mesi.

Elisabetta si fa aiutare, Maria dopo tre mesi ritorna a casa sua: ora la storia di Dio continua in Lei, anch’essa ha bisogno di rientrare nella sua intimità a custodire il futuro dell’umanità.

Il bambino di Elisabetta è nato e arriva anche il giorno della Legge, il giorno della circoncisione: questo figlio fa parte di un popolo, non nasce in un deserto di relazioni e di storia, è dentro un nobile casato sia per parte di Zaccaria che di Elisabetta.

Di nomi da ereditare ne ha tantissimi e tutti nobili, tutti capaci di rievocare gesta, ruoli elevati, funzioni eminenti … a cominciare dai capostipiti Abia, per Zaccaria e Aronne per Elisabetta.

Ma il bambino è destinato a far scoppiare il futuro, non a clonare il passato: “Chiedevano con cenni a suo padre”… i muti ora sono tutti, come si fa di solito con chi non parla, con chi deve esprimersi a cenni, pensano forse che Zaccaria sia anche sordo e lo seppelliscono nell’isolamento, lo privano di qualsiasi normalità.

Zaccaria esprime ancora per l’ultima volta la sua tensione di non essere capace di dire e scrive “Giovanni sarà il suo nome”: Lui deve annunciare la novità assoluta, definitiva per l’umanità, non sarà cultore del tempio, non si metterà in fila come tutti a ripetere un passato anche glorioso, non farà come suo padre i turni settimanali dell’offerta dell’incenso, intuirà invece e indicherà con forza la venuta del Salvatore, brucerà di ardore per l’attesa del compimento.

Zaccaria torna a parlare e la gente, noi, a riflettere a domandarci: ma Dio che vuole da noi? Che vuole da noi Lui che non ci abbandona mai? Che vuole da noi questa pandemia? Che cuore dobbiamo portare al Bambino Gesù? Che famiglia abbiamo accanto alla nostra abitazione cui possiamo almeno sorridere e far sentire che non sono mai soli?

23 Dicembre 2020
+Domenico

Un canto di lode

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 1,51-53) dal Vangelo del giorno (Lc 1, 46-55)

Audio della riflessione

Cantare è sciogliere il nostro spirito nella libertà, uscire dalla solitudine, offrire a tutti la serenità del cuore, creare un clima di distensione.

Cantare è dire con il cuore e con la vita la speranza e la voglia di vivere, modulare sentimenti che con le parole sarebbero mortificati e incomprensibili.

Anche Maria, quando incontra Elisabetta esce in un canto di lode e di gioia, un canto di vita e di speranza. L’incontro è tra i più poetici della storia: qui nasce l’Ave Maria e il grande cantico della speranza, il Magnificat.

Maria esplode nella lode al Creatore e nell’indicare agli uomini la bontà di Dio, la sua grandezza: Dio è di parola, ci salva, non ci lascia in balia dei potenti, esalta gli umili. Sperare in Lui è la nostra unica forza. Lui è grande ed è grande per noi: non gli fa paura la nostra povertà, nè la strafottenza dei potenti, ci ama e ci apre un futuro di felicità e  di gioia. Il tempo della pienezza è venuto. A noi non resta che aprire il cuore e lasciarci inondare da Lui. Dio è sempre più grande di ogni nostra attesa. I potenti sono lasciati a se stessi, i ricchi troveranno i loro forzieri  bucati e vuoti, i superbi che non hanno occhi per nessuno che per sé stessi, che millantano grandezze che sono di altri, che non sanno riconoscere di avere avuto tutto in dono, che si sono fatti un trono di sabbia, resteranno nella palude dei propri inganni, vedranno con verità che Dio è grande.

I poveri sapranno di poter contare su di Dio come su una roccia incrollabile, avranno in lui la difesa, si sentiranno tra le sue braccia; gli umili troveranno il sapore della vita in lui, come l’ho sempre trovato io. Gli affamati non dovranno più cercare il cibo nei bidoni della spazzatura, ma avranno una mensa imbandita. Il popolo che saprà dare posto nelle sue leggi, nei suoi valori, nelle sui suoi progetti a opere di pace, a solidarietà e misericordia sentiranno sempre il soccorso di Dio.

E così Maria, se non è irriverente il paragone, fa la cantautrice, e sa scatenare nei giovani la voglia di cose pulite: si fa carico nel suo concerto di tutti quelli che la ammirano, dei nostri sogni, delle nostre speranze; non blandisce, non accontenta, ma apre alla nuova vita, la vita di Dio, la vita che va oltre ogni nostra attesa e che non abbandona mai nessuno; anche in questa lacerante pandemia che ci costringe a cambiare almeno il nostro cuore in offerta di bontà, noi sappiamo che Dio veglia sempre su di noi. 

22 Dicembre 2020
+Domenico

Aspetto un bambino!

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 1, 39-45)

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

Audio della riflessione

C’è una notizia che sempre mette in moto la vita: la comunicazione che fa una donna di essere in attesa di un bambino. Talvolta è angoscia, perché non lo si vuole; spesso è dramma perché non si è preparati; talora è disperazione perché si è stati abbandonati; molte volte è gioia perché si compie una attesa, si realizza un sogno d’amore, si completa una vita di famiglia, si avvera la gioia del dono.

Trepidazione, smarrimento, sorpresa, stupore: è il grande mistero della vita, cui spesso siamo abituati come se fosse un caso o una routine, invece la vita è sempre una grande novità, è sempre la visita di Dio, è la sua presenza nel mistero e nel tessuto delle nostre relazioni.

Nascono purtroppo non poche volte desideri morte, si mettono in moto tragiche opzioni senza ritorno, ma spesso la vita trionfa, l’umanità si rinnova e continua la sua strada di accoglienza, di dono, di solidarietà, di condivisione.

Due donne ci aiutano a ripensare alla bellezza della vita, alla sua capacità di sconvolgere in meglio la storia: sono Elisabetta e Maria. Maria ha avuto la notizia della vita che si sta costruendo in Elisabetta dall’angelo “anche Elisabetta tua parente…è già al sesto mese”: è una notizia che la conferma nella grandezza di Dio, sa di una nuova nascita e gioisce; si mette immediatamente in moto, va in fretta, verso la montagna, lascia la sua casa, non mossa da ansia o incertezza, ma da gioia e premura.

Per quelle strade di montagna non si sposta solo una ragazza nella sua voglia di vivere, di correre, di essere là dove c’è bisogno di lei, ma si sposta lo stesso Gesù: Maria è già in attesa del figlio di Dio e questo figlio partecipa già dei progetti di sollecitudine e amore della madre.

E’ come l’antica arca che gli ebrei portavano sempre con sé, un’arca che conteneva i segni della presenza di Dio: oggi questa arca è una vita, un corpo, una persona, una creatura, la creatura senza macchia, senza peccato, nello splendore della creazione che Dio desiderava per tutti gli uomini piena di grazia e abitata da Dio.

Sarà Elisabetta a percepirne la presenza attraverso quel balzo che nel seno Giovanni esprimerà: sono due mamme che si incontrano, ma sono due storie che si intrecciano, sono l’incontro tra la promessa, l’attesa, la supplica e il compimento, il dono, la salvezza.

Benedetta tu fra le donne: lo ripetiamo ancora oggi questo canto di gioia ogni volta che recitiamo l’Ave Maria, diciamo sempre che Maria è benedetta perché dandoci Gesù ci ha dimostrato che Dio non ci abbandona mai …

… e assieme in casa possiamo dire una Ave Maria davanti al nostro presepio, anche se siamo soli, ma mai dimenticati da Dio, anche nella vecchiaia e nell’infermità.

21 Dicembre 2020
+Domenico

Maria, Madre del tuo figlio

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 1,28-29) dal Vangelo del giorno (Lc 1,26-38)

Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo.

Audio della riflessione

Ci sono alcuni fatti che tutte le volte che te li immagini, li pensi, li cerchi di rivivere … ti danno una serenità e una pace interiore assoluta: uno di questi per me è l’Annunciazione, un fatto che segna indelebilmente la storia, una storia d’amore che decide le sorti dell’umanità, fa esplodere l’amore di Dio nel mondo, condanna alla sparizione d’un colpo tutto il male che vi si è annidato.

Maria, una ragazza, semplice, pulita, bella, appassionata, decisa si incontra con Dio: da una parte una creatura fragile e indifesa, di fronte il Creatore onnipotente e grande: si cancellano le distanze e inizia un nuovo mondo, il mondo e la vita di Gesù.

Tanti pittori, scultori, artisti hanno tentato di fermare questo momento, di segnarlo della nostra partecipazione, di inscriverlo nei nostri panorami, nelle nostre case, nei palazzi, in vortici di luce, in delicatissime sfumature di colori, in intensi scambi di cenni e di sguardi.

Vuoi essere la madre di Gesù? Vuoi nella tua vita scrivere la potenza del creatore? Vuoi dare a Dio la carne con cui dimostrerà a tutti la sua tenerezza, il volto con cui potrà farsi vedere a tutti pieno di amore? Vuoi offrire al Creatore tutta la storia dell’umanità che ti ha preceduto, far passare in Lui l’anelito pur fragile alla bontà, perché lui lo esalti e lo trasformi in lode e pienezza di vita?

E Maria mette in evidenza tutta la sua consapevolezza di creatura: vuole dire subito di sì, ma lo vuol fare con il massimo di coscienza e disponibilità possibile … “E io chi sono? Potranno i miei fragili pensieri sostenere l’ampiezza di questo orizzonte, potrà la mia carica d’amore per i miei simili reggere all’intensità dell’amore di Dio? Perché tu Signore non mi vuoi soffocata, ma libera; non cancelli la mia natura di creatura, ma la vuoi aprire alle tue grandezze. Io ci sto, sono nelle tue mani come una serva, la Tua Parola è sempre la mia vita come lo è stata per il mondo che hai creato, per i profeti che ci hanno preceduto, come lo sarà per Colui che vorrai far nascere da me.”

E Maria iniziava quel giorno a sognare il Figlio Gesù: ne vedeva già “in filigrana” il volto martoriato, si preparava a condividere l’avventura del Dio che non abbandona mai l’uomo.

E noi ci avviciniamo sempre più al giorno di Natale e lo vorremmo vivere come sempre sommersi di luci e di regali: quest’anno siamo chiamati a viverlo nella sua essenzialità che forse abbiamo pure dimenticato.

Facciamoci tutti un pezzo di presepio, un “metroquadro” di casa, in cui inginocchiarci, anche solo davanti a un disegno con Gesù, Maria e Giuseppe.

Siamo disposti, noi … a fare l’asino e il bue?        

20 Dicembre 2012
+Domenico
 

Non si è mai troppo vecchi per sperare

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 1,5-7) dal Vangelo del giorno ( Lc 1, 5-25)

Al tempo di Erode, re della Giudea, vi era un sacerdote di nome Zaccarìa, della classe di Abìa, che aveva in moglie una discendente di Aronne, di nome Elisabetta. Ambedue erano giusti davanti a Dio e osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore. Essi non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni.

Audio della riflessione

Il nostro mondo è sempre tentato di cedere al cosiddetto “destino”, cioè a una visione del vivere che ritiene essere la fatalità che decide il corso della storia.

Il caso poi è legato all’impossibilità di vedere qualche bella novità che cambia il corso degli eventi: abbiamo una visione “piccola” della storia e in questa si insinua sempre un abbassamento dell’orizzonte alle nostre “piccole” vedute, segnati dalle esperienze negative, impossibilitati a colpi d’ala che pure abbiamo talvolta sognato e che alla fine sono diventati un miraggio.

Era una vita così quella di Zaccaria, quel vecchio prete del tempio, ormai carico di anni, che faceva dell’abitudine quotidiana del servizio del tempio l’unico suo orizzonte, l’unica sua sicurezza: “almeno questa settimana andrò a Gerusalemme e lì farò quel che la mia vita mi ha sempre permesso di fare. Darò lode all’Altissimo, gli brucerò l’incenso delle mie preghiere e quelle del mio popolo, ma sono stanco di aspettare, non c’è niente di nuovo né per me, né per il mio popolo. Non mi aspetto ormai che la morte su questa mia famiglia rimasta senza futuro, senza vita, senza il dono di un figlio.”

Ma proprio in questo estremo sconforto Dio interviene e squarcia l’orizzonte: “Zaccaria non solo avrai un figlio, nella tua vecchiaia, non solo la tua vita avrà un futuro, ma questo figlio sarà l’inizio di un futuro nuovo per tutto il popolo, per tutta l’umanità. Smettila di lamentarti, buttati nella grandezza del tuo Dio, non credere di essere abbandonato perché Dio è proprio da te che comincia a ridare speranza a tutti.”

Ma Zaccaria non è allenato alla speranza, è allenato al lamento, si tiene in piedi per il ruolo e non riesce a trapassare il presente, a togliere il velo dell’abitudine, e si attarda a tentare di capacitarsi di quel che gli sta avvenendo: discute, tergiversa, gli viene un sorriso amaro sulla bocca … “ma che pensieri stanno abitando la mia vecchiaia? Sono degne del Santo dei Santi queste fantasie? Mia moglie, che mi è sempre stata accanto, con cui tante volte abbiamo sospirato e che poi alla fine  si è data pace, è ormai vecchia e rinsecchita come me, può offrirsi a Dio per questa nuova storia?”

Non può che restare muto, gli viene meno la parola, alla gente che lo aspetta fuori comunica a gesti, perché non ha saputo ascoltare e accettare l’unica Parola che salva, che ci dà la certezza che Dio non ci abbandona proprio mai.

19 Dicembre 2020
+Domenico

Giovanni, l’attesa

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 7,19-20) dal Vangelo del giorno (Lc 7,19-23)

In quel tempo, Giovanni chiamati due dei suoi discepoli li mandò a dire al Signore: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?».

Audio della riflessione

La storia, che spesso sembra solo la sequenza di giorni tutti uguali, ha dei momenti cruciali che la dividono in due, “prima” e “dopo”: è l’inizio di una guerra, è la data di un avvenimento che ha portato gravi conseguenza alla vita civile, è una data della nostra storia personale, come quella del matrimonio o dell’inizio di un impiego o dell’incontro con una persona.

In seguito si dirà prima di quel giorno, dopo quel fatto, dopo il matrimonio … è così anche nella storia della nostra salvezza: la venuta di Gesù è un grande spartiacque della storia del mondo, è il vero fatto decisivo che ha cambiato il mondo, è il punto di arrivo di una lunga attesa e il punto di partenza di una  nuova era.

E Giovanni il Battista si trova allo “spartiacque”: lui annuncia Gesù, che sta per inaugurare il nuovo mondo e proprio per questo avverte di portare il peso del vecchio; lo porta con dignità, con la consapevolezza che deve cedere al nuovo che arriva, con la coscienza che si deve spendere per qualcosa e per qualcuno che annullerà la sua esistenza, la farà ritenere sorpassata, conclusa, “vecchia” appunto.

Il primo testamento è proteso e comprensibile solo nel nuovo, nel secondo: questo compito lo porta con grande dignità, dedizione, passione; vuole che Dio alla sua venuta trovi il mondo preparato, vuole che il suo mondo destinato a tramontare si trasformi nel nuovo, metta in atto tutta l’invocazione di cui è capace, viva di attesa e in questa attesa si trasformi.

Con la presenza di Gesù si avvera un fatto del tutto nuovo, che non è in continuità col vecchio: il più piccolo del Regno inaugurato da Gesù è fatto figlio di Dio, partecipe della sua natura, è salvato, è liberato dalla catena del male, ha ricevuto lo Spirito che gli fa gridare a Dio “papà”.

Il passaggio al nuovo non sarà indolore: anche il Battista subirà violenza, come Gesù, come tutti gli apostoli.

Una caratteristica del figlio di Dio, dell’uomo nuovo, è che porterà su di sé la violenza del mondo senza restituirla, la sradicherà portandola su di sé, caricandosela sulle spalle come una croce.

Giovanni è da seguire perché ci indica la via e ci porta a Gesù, non ci lascia in pace finchè non gli abbiamo fatto posto: Lui è la figura dell’attesa, Lui che colma ogni nostro pur grande desiderio, e dentro questo avvento, che quasi si protrae sulla novena di natale che cominceremo domani, abbiamo sempre da combattere con questa pandemia, abbiamo sempre da vivere in tensione anche di aiuto per tutti gli altri.

Ciascuno di noi è importante per gli altri!

16 Dicembre 2020
+Domenico

Per il quale Dio non ci abbandona mai.

Bella da sempre è l’Immacolata Concezione

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 1,28-31) dal Vangelo del giorno (Lc 1, 26-38)

Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.

Audio della riflessione

La mamma è sempre la donna più bella della vita, almeno finché sei piccolo, poi un po’ alla volta diventi addirittura impietoso, perché ne stai a vedere tutti i difetti: non ti piace questo, quello, poi ti metti a gridarle dietro, poi la ignori – Dio non voglia – la offendi; e viene un tempo che la pensi con nostalgia e la cerchi, ma non c’è più … ti ha dato la vita e un po’ alla volta se ne è ritirata per lasciarti spazio.

Anche Gesù ha avuto una mamma, e Dio suo Padre l’ha scelta tra miliardi di creature con una qualità impossibile all’umanità, ma a Dio sì: senza peccato.

Noi, uomini e donne, abbiamo tutti una storia di male, lei no;
noi siamo stati morsi dal serpente, lei no;
noi abbiamo un concentrato di cattiveria, lei no;
noi siamo sempre soggetti alla tentazione, lei no.

Non c’è in lei niente che possa far pendere verso il male: è tutta orientata alla bellezza, alla bontà, all’accoglienza.

Con un po’ di irriverenza qualcuno potrebbe pensare a un automa, a una creatura già programmata, senza possibilità di scelta, costretta dentro un ruolo disegnatole addosso da altri … il Vangelo invece ce la presenta nel massimo della sua libertà, della sua ricerca, dello stupore per l’invito a diventare madre di Dio, ad abbandonare i suoi progetti per i progetti nuovi di salvezza per tutti.

Vuol sapere, fin ad ora si è fatta un altro progetto, c’è di mezzo una persona, Giuseppe … si sente già un cuore donato e ora deve ripensare, riflettere, affidarsi a Dio. Occorre proprio una fede grande per fare così: non ha spostato solo qualche impegno per accontentare gli amici, come spesso dobbiamo fare noi, ma ha definito di nuovo la sua giornata, la sua vita, la sua fede.

Vuoi diventare la madre del Salvatore? E’ la domanda più bella e più impegnativa che Dio può fare a una creatura e vuol appendere – Dio – i suoi sogni, il suo progetto, la sua volontà alla decisione di Maria, di una giovanissima ragazzina. E’ un dialogo d’amore, una decisione di lasciarsi prendere e di donarsi, di offrirsi e di dedicarsi.

Maria rischia tutta la sua giovinezza, la sua semplicità, la sua affettività, il suo amore, lo mette a disposizione di Dio: si offre mamma e viene esaltata come regina, si presenta serva e ne esce come mediatrice.

Sperimenta anche Lei nella gioia della nascita di Gesù il desiderio di offrire tutto e si butta: sono la tua serva, non mi abbandonare. Quello che tu vuoi è la mia gioia piena, e sono sicura che tu non mi abbandonerai mai.

8 Dicembre 2020
+Domenico