Hai sempre una scusa pronta!

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 7, 31-35)

In quel tempo, il Signore disse:
«A chi posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così:
“Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,
abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”.
È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e voi dite: “Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!”.
Ma la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli».

Audio della riflessione.

Ci sono giornate in cui ci si mette tutto di traverso. Non te ne va bene una. Disperato, ti rifugi nell’oroscopo, e così aumenta l’illusione e, a tempo giusto, la depressione. Ma ci sono giornate, e sono le peggiori, in cui sei tu che hai sempre una scusa pronta di fronte a tutto e a tutti, perché vuoi stare nella tua comodità. Fingi di cercare qualcosa che vale per la tua vita, ma applichi a tutto ciò che ti mettono davanti e a tutti i risultati delle tue ricerche un netto rifiuto. Esiste un torpore della vita, un egoismo camuffato da serietà, un immobilismo conservatore delle proprie posizioni e dei propri privilegi, che sa spegnere ogni entusiasmo. 

Mi immagino un papà di fronte a un figlio: non c’è nessuna proposta che lo smuove, ma mi immagino anche un giovane di fronte a qualche prospettiva di lasciare il branco, di prendersi in mano la vita, di darle una svolta di autenticità; niente: il mio pub, la mia latta con cui scarrozzo per tutti i centri commerciali i miei amici, le mie abitudini piccole, piccole. Io sto bene così. 

A Gesù capitava spesso di trovarsi di fronte a muri di gomma, a gente incapace di spostarsi di una virgola, incapace di dare slancio alla propria vita. Prima di lui calcava la scena Giovanni, un fustigatore di costumi, un uomo rude, scomodo, provocatore. Figurati se io mi lascio incantare da questo spiritato! Non fa ‘l fanatico. 

Arriva Gesù: la dolcezza in persona, l’uomo di compagnia che non crea distanze nè col buono né col delinquente. “Per chi mi hai preso? per un sentimentale? ci vuole altro per me nella vita! E anche di fronte a Gesù ha trovato la scusa per farsi sempre e solo i fatti suoi. 

E rimani solo nel tuo brodo, nelle tue false sicurezze, nella tua mediocrità felice e la vita ti si spegne ora lentamente, ora in fretta come una sigaretta che fumi sulla porta di casa. Decidi una vita senza speranza. 

Chi invece è capace di scegliere viene subito sostenuto da quello che fa. La speranza non è mai senza concretezza, i fatti la dimostrano. I martiri della nostra fede non hanno tergiversato mai, non si sono fatti portare una margherita per strappare, i petali e decidere che fare; non hanno giocato a dadi se seguire o no Cristo; hanno dato la vita a Cristo, non solo qualche momento o non hanno detto qualche preghierina soltanto a sera o fatto qualche buon gesto. Oggi chiediamo ai santi martiri coreani Andrea e Paolo cui ne sono associati 101 con i loro nomi precisi e purtroppo le persecuzioni in Corea ne uccisero ancora più di 10.000) di intercederci da Dio sempre il coraggio della loro fede.

20 Settembre
+Domenico

I nostri cortei di giovani e di meno giovani

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 7,11-17)

In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla.
Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei.
Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre.
Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.

Audio della riflessione.

Sotto gli occhi di chi passava per Nain una località della Palestina un giorno si incrociano due cortei: da una parte il funerale di un ragazzo, accompagnato da sua madre vedova, uno sguardo forse fatale sulla vita e dall’altra una accozzaglia di gente: la tanta gente che è rimasta incantata da Gesù; da una parte una mesta e continua solidarietà fatta di commiserazione e forse anche di domande, Dio non voglia, di bestemmie contro un Dio che non vede, non sente, non ha cuore; dall’altra un popolo ancora disordinato, curioso, appena svegliato da un letargo di secoli, che comincia a sperare. Anche loro si fanno domande, quelle che i discepoli di Giovanni avranno il coraggio di esternare. Sei tu quello che aspettiamo? 

Si incrociano una conclusione e un inizio, la realtà e il sogno: lo spartiacque è Gesù. E Gesù scompone, altera, cambia la realtà, e dà gambe ai sogni. Dice perentorio, autorevole, deciso: Ragazzo alzati. La morte di fronte a lui è impotente. Si ritira. La meraviglia è grande. I due cortei si sciolgono e si confondono, la disperazione e la speranza si ricompongono in una nuova realtà, sono uniti da una certezza: Dio ha visitato il suo popolo. Non è vero che siamo di nessuno. Non siamo abbandonati in una landa di ululati solitari. 

Nella mia esperienza di vescovo ho visto tanti cortei di giovani, sempre molto lieti, cercatori, curiosi e pieni di domande. Penso alla GMG di Lisbona. penso ai pellegrinaggi a Fatima, a Lourdes o a Medjugorie, dove ho confessato non poche volte la marea di giovani che con la morte dentro, vogliono sentirsi dire: ragazzo alzati. Anche nella festosa GMG molti giovani hanno udito questo invito di Gesù: ragazzo alzati, riprendi a vivere una vita bella, felice, sana. E’ una domanda che nasce nel cuore di tutti anche di noi anziani. E’ possibile riprendere la vita cristiana sempre; Gesù ci fa sentire la sua voce: alzati. 

Perché c’è stato ancora un altro corteo solo di dolore, un corteo peggiore di un funerale, un corteo di odio, di cattiveria, di sopraffazione, di vendetta, il corteo del Calvario, solo che quello crederà di aver vinto, di essere definitivo, di aver affossato definitivamente le speranze: ma quel Cristo che crederà di eliminare con la morte, Dio lo risusciterà e farà a tutti in ogni corteo della storia il suo comando: alzati.

19 Settembre
+Domenico

La fede è una vita vera, decisa, sicura

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 7, 1-10)

In quel tempo, Gesù, quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafàrnao.
Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l’aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano –, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga».
Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».
All’udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.

Audio della riflessione.

Non è raro anche ai nostri giorni incontrare gente che ha una fede incrollabile. Quando si parla del loro futuro, della loro esperienza, della vita di famiglia, dei progetti della propria vita vanno avanti con una decisione invidiabile. Ci sentiamo sicuri nelle mani di Dio. Affidiamoci a Dio che sicuramente ci aiuterà; se siamo nelle mani di Dio, non ci capiterà niente di male… Noi invece spesso siamo titubanti, viviamo di se e di ma, di forse e di verbi al condizionale: sarebbe bello se… certo ci potrebbe capitare che… almeno mi rendesse qualcosa credere in Dio?! 

Un uomo invece tutto di un pezzo è questo pagano, questo capitano che ha a casa un servo che sta male e gli interessa vederlo tornare sano. Lui è un militare. È abituato a comandare, ha idee chiare, sa di chi può disporre e come disporne, non ammette tergiversazioni. Fa questo, fa quell’altro, sbrigati, prendi questa posizione.. abbiamo tutti in mente come sono determinati e come non ammettano eccezioni tutti i militari di questo mondo. 

Ebbene il centurione paragona la sua vita a quella di Gesù. Se Gesù viene a offrire agli uomini una parola di salvezza e dice di essere in contatto con Dio tanto da dichiararsi suo Figlio deve essere assolutamente risoluto e capace di ottenere quello che vuole. Che figlio di Dio sarebbe se dovesse anche lui vivere di congetture, aspettarsi qualche decisione di maggioranza per fare qualcosa? 

Avere fede è un vago sospiro di chi alza gli occhi al cielo più rassegnato che convinto o è un investimento serio sulla nostra vita che ci apre orizzonti nuovi possibilità impensate, dialogo confidente con il Signore? Ecco, lui si immagina che la fede sia una forza, una certezza, non certo matematica, ma capace di ribaltare una vita e di farla crescere e renderla più bella e più vera. Gesù lo loda. Dice il vangelo che Gesù restò ammirato e disse che una fede così non la vedeva nemmeno tra i credenti. 

Il problema è che tante volte ci abituiamo alla fede senza renderci conto della novità e della forza che ha, non la valorizziamo e talvolta ci sembra un peso. Abbiamo bisogno di imparare da chi non crede per vedere quanto siamo fortunati ad essere credenti. 

La fede è una cosa seria, non è un optional o un altro tentativo di tirare a campare; è una vita bella, felice e piena di speranza.

18 Settembre
+Domenico

Un dito, ma soprattutto una vita, puntata sul messia, su Gesù

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 7, 24-30)

Lettura del Vangelo secondo Luca

Quando gli inviati di Giovanni furono partiti, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che portano vesti sontuose e vivono nel lusso stanno nei palazzi dei re. Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”. Io vi dico: fra i nati da donna non vi è alcuno più grande di Giovanni, ma il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui. Tutto il popolo che lo ascoltava, e anche i pubblicani, ricevendo il battesimo di Giovanni, hanno riconosciuto che Dio è giusto. Ma i farisei e i dottori della Legge, non facendosi battezzare da lui, hanno reso vano il disegno di Dio su di loro».

Audio della riflessione

Esistono nella storia dell’umanità tante persone che con la loro intelligenza, umanità, generosità, decisione hanno aperto nuove possibilità di vita a tanti uomini e donne: in primis i genitori che, dandoci la vita, ci hanno immesso nella storia umana,  nella condivisione di doni personali che messi assieme hanno fatto la storia dell’umanità. Questa storia si è mescolata con quella di Dio, per sua esplicita volontà …

… ma non è stato facile per Gesù riuscire ad accendere la voglia di conoscerlo per colui che veramente era, per quel che era, e che si sarebbe manifestato.

Sta di fatto che con la vita che ci fu regalata da papà e mamma, siamo riusciti ad esistere non solamente per noi, consapevoli che siamo una umanità di fratelli: dietro ogni giovane atleta o artista o lavoratore o studente c’è sempre un papà d una mamma nell’ombra che col loro lavoro, il loro amore hanno dato tutto ciò che era indispensabile per la riuscita del figlio! Non appariranno mai sui giornali o se vi appariranno, sarà sempre incalcolabile la dedizione e il sacrificio di cui sono stati capaci.

È così la figura di Giovanni Battista, chiamato appunto il precursore, colui che prepara e che scompare, colui che sa stare al suo posto, colui che vede in Gesù il punto più alto della vita e della storia e vi si mette al servizio.

“Giovanni è stato un grande” – dice Gesù alla gente: in lui si è condensata ed è arrivata al vertice l’attesa dei secoli. Ha intuito il nuovo che stava per sorgere, gli ha dedicato la vita. È stato per tutti una freccia puntata. Non ha permesso a nessuno di attardarsi a guardare a se, ma ha continuamente fatto alzare lo sguardo alla salvezza piena, che si stava manifestando, a Gesù.

Una vita da mediano – oggi si dice da assist – nella grande partita del regno di Dio: non si è mai permesso di andare sotto gli spalti dello stadio della vita a strapparsi la maglia, a far vedere la sua bravura per i risultati ottenuti … ma ha sempre passato la palla goal a Gesù., che ha sempre fatto centro ed è sempre stato centrale nella sua vita, per la vita di noi tutti.

Abbiamo bisogno di sentirci anche noi frecce puntate a qualcosa di più grande di noi: i cristiani non portano a se stessi nel mondo, non portano i propri interessi, ma tentano e desiderano fare da strada per Gesù Cristo.

Il cristiano fa una vita da mediano perché spera che Gesù arrivi a tutti: gli fa da assist, lo serve al massimo, perché è sempre Gesù che deve crescere nelle vite di tutti, nel mondo e nella storia e noi stare nelle quinte.

15 Dicembre 2022
+Domenico

Sei tu Gesù colui che deve venire, che aspettiamo?

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 7, 19-23)

In quel tempo, Giovanni chiamati due dei suoi discepoli li mandò a dire al Signore: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?».
Venuti da lui, quegli uomini dissero: «Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”».
In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. Poi diede loro questa risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».

Audio della riflessione

Non mi nascondo che qualche volta nella mia fragile fede, mi sono fatto questa domanda di fronte a tutta la storia di vita cristiana che è seguita alla morte e risurrezione di Gesù.

Questo mondo è cambiato almeno un poco con due millenni di cristianesimo, di Chiesa o di chiese? Quel Gesù di cui mi sono innamorato e che ho tentato e tento di seguire ha provocato in me quella redenzione che ha promesso ad ogni creatura e al mondo intero? O meglio ancora … ho lasciato che la mia vita si immergesse senza alcuna riserva nel suo piano di amore? Sono stato capace e lo sono tutt’oggi di leggere negli avvenimenti umani, personali, di chiesa o di società, di mondo intero la  salvezza dell’umanità per cui è morto di amore in croce Gesù?

Queste domande … e questa domanda che ha fatto giungere a Gesù Giovanni il Battista è il senso della storia di Israele: continua ad aleggiare sulla storia! Quanta gente ha atteso e attende o vuol affrettare l’irruzione della giustizia nel nostro mondo o lo sognano più umano! Quanta gente ancora sta soffrendo sotto il peso dell’immensa malvagità della terra!

Gesù ebbe l’immensa audacia di affermare che la dimensione del mondo nuovo è ormai una realtà sulla terra: i poveri ricevono la buona novella, gli storpi camminano, i ciechi vedono, i morti risorgono. Questa pretesa scandalizza, anche se è vero che con Lui questi miracoli sono avvenuti creando magari anche qualche illusione… ma in fondo tutto resta come prima: oppressione, miseria, malattie, corruzione dei corpi nelle tombe pure….

Su di lui il mondo è diviso: i giudei di tutti i tempi, i rivoluzionari,  anche i semplici increduli lo ritengono un fallito. Può aver avuto buone idee, buonissime intenzioni, ma tutto è rimasto come prima, se non peggio ancora nell’anno 70 alla distruzione di Gerusalemme.

La risposta alla domanda dei molti è un chiaro no! Gesù non è colui che doveva venire.

Noi cristiani ammettiamo, invece, la testimonianza di Gesù e continuiamo a sperare e pensiamo che con Gesù, col suo amore e i suoi miracoli abbia cominciato a irrompere nel mondo la verità definitiva: la vittoria della vita sulla morte.

Dio si sta rivelando a tutti attraverso la storia di Gesù, che è il centro della vita di ogni cristiano e della Chiesa e delle chiese. Per noi i miracoli di Gesù hanno senso come l’inizio di una via che passando attraverso la morte alla risurrezione universale ci permetterà di vedere chiaramente che egli era colui che doveva venire … e noi crediamo in Gesù nella misura  in cui aiutiamo i bisognosi, portiamo la buona notizia della libertà ai poveri, ci spendiamo per la pace, curiamo la natura e il creato e ci amiamo come fratelli.

Rientra, la domanda famosa, e la risposta ci impegna tutta la vita: sei tu Gesù colui che deve venire, o dobbiamo aspettarne un’altro?

14 Dicembre 2022
+Domenico

In Gesù Dio mostra il potere di ridare vita all’uomo mortale

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 7, 11-12) dal Vangelo del giorno (Lc 7, 11-17)

In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla. Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei.

Cortei se ne incontrano tanti per le città, più sono grandi, più la gente vi si dà appuntamento per fare dimostrazioni, per proporre le proprie idee, spesso per imporre la propria visione di vita. E’ naturale che dove c’è maggior concentrazione di persone ci siano anche ricerche di ascolto, di notorietà e spesso anche di verità. Le grandi città sono sempre state  incrocio e rielaborazione di pensiero, non sempre di forti personalità, che vengono spesso da paesi piccoli e insignificanti. Nain nella Palestina, non era una grande città, ma un giorno venne percorsa da due importanti  cortei: quello di Gesù, fatto da Lui e da gente che osava sperare, ascoltava la sua parola, ne sentiva il conforto, lo seguiva per non perdere l’annuncio gioioso della salvezza. Era un corteo forse chiassoso, forse osannante, spesso di diatriba con gli scribi, talvolta di incontri pacati, altre volte di riflessione profonda sulla propria vita, come quando Gesù ha detto a tutti coloro che lo seguivano e volevano lapidare la donna, di lanciare pure la pietra, ma a partire dalla propria innocenza, dal proprio cuore pulito.

Un altro corteo però viene incrociato da questo: è un mesto corteo di dolore, di disperazione, di adattamento, di solidarietà buona, ma impotente. Portano a seppellire il figlio unico di una madre vedova. Fanno compagnia a una madre che piange ancora per uno strappo devastante per la sua vita e una solitudine senza significato che le si abbatte addosso. Non le resta che piangere; ha pianto tutta la vita e non ha più lacrime.

Ma incontra Gesù: Lui è la risurrezione e la vita. Il corteo della fede e il corteo del dolore si incrociano, si fanno domande, il pianto è sospeso, la fede è silenziosa e si fa interrogazione sulla vita, diventano un unico corteo stretto dalla morte e dal dolore. Che speranza c’è ancora in questo dolore, Dio dove è? Perché permettere alla morte di accanirsi ciecamente? Sono le domande della vita di tutti i nostri cortei. Non si può non condividere pietà e lamento. Ma Gesù prende per mano il ragazzo morto e lo consegna vivo alla madre. La fede muta di fronte al dolore con Gesù è diventata speranza e certezza, risurrezione e gioia, consolazione e futuro. Questa risurrezione attesta che Gesù è colui che deve venire, che è atteso da Israele e da tutta l’umanità, e offre a tutti la garanzia che la vita trionfa sulla morte. E’ la risposta più convincente a chi gli chiedeva: sei tu che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?

Tutti i nostri cortei dovrebbero sperare di incontrare Gesù per dar luce alle ricerche e ai dolori, alle attese e alle speranze, per far luce nelle coscienze violente e ridare la forza della pace, per abbandonarsi nelle braccia di un Padre, che non ci abbandona mai e trasforma la vita in un canto di lode sempre, anche nel dolore più forte.

13 Settembre 2022
+Domenico

La fede è una vita gettata con decisione nelle mani di Dio

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 7, 1-10)

In quel tempo, Gesù, quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafàrnao. Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l’aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano –, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga». Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». All’udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.

Lettura del Vangelo ed Audio della riflessione

Non è raro anche ai nostri giorni incontrare gente che ha una fede incrollabile. Quando si parla del loro futuro, della loro esperienza, della vita di famiglia, dei progetti della propria vita vanno avanti con una decisione invidiabile. Ci sentiamo sicuri nelle mani di Dio. Affidiamoci a Dio che sicuramente ci aiuterà; se siamo nelle mani di Dio, non ci capiterà niente di male… Noi invece spesso siamo titubanti, viviamo di se e di ma, di forse e di verbi al condizionale: sarebbe bello se… certo ci potrebbe capitare che…. Oggi però è più frequente incontrare chi ha già collocato la fede fuori da ogni suo interesse; la società di oggi fa volentieri a meno della fede in Dio

Un uomo invece tutto di un pezzo è questo pagano, questo capitano che ha a casa un servo che sta male e gli interessa vederlo tornare sano. Lui è un militare. È abituato a comandare, ha idee chiare, sa di chi può disporre e come disporne, non ammette tergiversazioni. Fa questo, fa quell’altro, sbrigati, prendi questa posizione.. abbiamo tutti in mente come sono determinati e come non ammettano eccezioni tutti i militari di questo mondo. Sempre impettiti, sempre precisi, nessun dubbio, nessuna scusa. La vita ha bisogno di essere decisi e precisi, di non tergiversare mai.

Ebbene il centurione si sente molto vicino a come Gesù ha impostato la sua vita. Se Gesù viene a offrire agli uomini una parola di salvezza e dice di essere in contatto con Dio tanto da dichiararsi suo Figlio deve essere assolutamente risoluto e capace di ottenere quello che vuole. Che figlio di Dio sarebbe se dovesse anche lui vivere di congetture, vedere prima la gente che indice di gradimento ha verso di lui, aspettarsi qualche decisione di maggioranza per fare qualcosa?

Avere fede è un vago sospiro di chi alza gli occhi al cielo più rassegnato che convinto o è un investimento serio sulla nostra vita che ci apre orizzonti nuovi possibilità impensate, dialogo confidente con il Signore? Ecco, il centurione si immagina che la fede sia una forza, una certezza, non certo matematica, ma capace di ribaltare una vita e di farla crescere e rendere più bella e vera. Gesù lo loda. Dice il vangelo che Gesù restò ammirato e disse che una fede così non la vedeva nemmeno tra i credenti.

Il problema è che tante volte ci abituiamo alla fede senza renderci conto della novità e della forza che ha, non la valorizziamo e talvolta ci sembra un peso. Abbiamo bisogno di imparare da chi non crede per vedere quanto siamo fortunati ad essere credenti.

La fede è una cosa seria, non è un optional o un altro tentativo di tirare a campare; è una vita bella, felice e piena di speranza. A chi non crede potremmo dire: non sai che cosa ti manca! A chi tergiversa sempre: buttati nelle braccia di Dio che non avrà che abbracciarti e coccolarti! Nei momenti di fragilità devo sapermi dire: la forza me la dà Dio non i miei ventriloqui o le mie fisse o la costatazione dei miei peccati.

12 Settembre 2022
+Domenico

Una vita da mediano

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 7,27) dal Vangelo del giorno (Lc 7,24-30)

«…Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via” …».

Audio della riflessione

Siamo sempre molto incantati dagli uomini e dalle donne di successo: compaiono in tutti i programmi televisivi, fingono che tutto sia casuale, anche se ci sta dietro un marketing che calcola ogni fotogramma … calcano la scena.

Dietro a queste persone ci sono moltissimi altri che lavorano per il successo delle star: gente che fa il proprio lavoro e che giustamente orienta la sua professionalità a questo scopo.

C’è però sempre dietro ogni successo o grande personaggio qualcuno molto determinato o determinante che ne costruisce con la sua vita il vero successo: Lui non compare mai, lavora nel silenzio, sa stare al suo posto, dedica la sua vita, la vive con gioia, sa che cosa gli tocca fare e come e dove stare perché tutto riesca bene: è quello che fanno spesso i genitori per i figli.

Dietro ogni giovane atleta o artista c’è spesso un papà o una mamma nell’ombra che, col suo lavoro, il suo amore dà tutto ciò che è indispensabile per la riuscita del figlio: non apparirà mai sui giornali o, se vi apparirà, sarà sempre incalcolabile la dedizione e il sacrificio di cui è stata capace.

Ed è così la figura di Giovanni Battista, chiamato appunto il precursore: colui che prepara e che scompare, colui che sa stare al suo posto, colui che vede in Gesù il punto più alto della vita e della storia e vi si mette al servizio.

Giovanni è stato un grande, dice Gesù alla gente, in lui si è condensata ed è arrivata al vertice l’attesa dei secoli: ha intuito il nuovo che stava per sorgere, gli ha dedicato la vita. È stato per tutti una freccia puntata: non ha permesso a nessuno di attardarsi a guardare a sé, ma ha continuamente fatto alzare lo sguardo alla salvezza piena che era Gesù. Diremmo, in termini calcistici, una vita da mediano, da assist, nella grande partita del regno di Dio.

Abbiamo bisogno di sentirci anche noi frecce puntate verso qualcosa di più grande di noi: I cristiani non portano se stessi nel mondo, i propri interessi, ma vogliono fare da strada per Gesù Cristo.

Il cristiano, allora, fa una vita da mediano, dev’essere un’assist intelligente, perché spera che Gesù arrivi a tutti … e ciò avverrà quando tutta la nostra vita si affiderà completamente alla persona, all’amore, alla salvezza, alla bellezza, che per tutta l’umanità è Gesù .

16 Dicembre 2021
+Domenico

Il Vangelo è tutta la buona notizia che il cristiano vive e propone

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 7,19-23) dal Vangelo del giorno (Lc 7,22-23)

Poi diede loro questa risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».

Audio della riflessione

La vita non è un malato al cui capezzale si devono alternare tutti per consolarla o curarla: è un dono da vivere, è una gioia da condividere, è un compito da svolgere.

Sappiamo però che è anche piena di guai, che è popolata di bisogni, che si è incanalata in sensi unici senza scampo: pensiamo alle guerre, alle malattie, allo sviluppo sconsiderato e alle ferite irreparabili inferte alla natura. Certi veleni, certe radioattività negative si smaltiranno solo da qui a qualche secolo. Certe situazioni dell’ambiente sono irreversibili. Non è un malato, ma sicuramente ha bisogno di grandi restauri, di gente disinteressata che la ama, la cura, ne custodisce l’alito profondo … e gli uomini, noi, i viventi, ci diamo da fare per conservarla, questa natura, sempre più vivibile e pulita.

Ma voi cristiani che fate? È una domanda impegnativa.

Che ha fatto il cristianesimo a questo mondo? Che cosa gli ha regalato? La domanda l’hanno fatta anche a Gesù: “Che segni ci dai per dimostrare che tu sei il punto di arrivo delle nostre attese?”.

I discepoli di Giovanni erano stati contenti del cambiamento provocato dal Battista nella società del tempo: aveva riportato la gente a stili di sobrietà, a grinta di speranza contro l’appiattimento delle ingessature di una religione senza anima.

E tu, Gesù, che ci proponi? I tuoi cristiani che vita costruiscono? E Gesù dice: chi non ci vedeva più, torna a farsi illuminare dal sole, chi era costretto a camminare curvo, torna a incedere diritto della sua dignità, chi aveva la pelle putrefatta per la lebbra se la ritrova fresca come quella di un bambino, chi giaceva sotto un metro di terra, risorge.

È una nuova vita che esplode: i cristiani sono stati spesso questo nel mondo, hanno trasformato e stanno cambiando l’ingiustizia in giustizia, hanno dato a questo mondo, alla vita, l’impronta del creatore. E quando invece hanno seminato guerre, vuol dire che non erano cristiani: avevano dimenticato la loro natura, si erano imbarbariti e imbastarditi, come capita spesso di esserlo noi oggi. E di questo dobbiamo chiedere sempre perdono, affidarci alla misericordia di Dio e vivere e proporre sempre la pace.

Ma un’altra cosa importante dice Gesù nella sua risposta: “ai poveri è annunciata la buona notizia”. La buona notizia, il Vangelo è quello che caratterizza il cristianesimo: è sicuramente quello che fa, ma è soprattutto la speranza che dona.

15 Dicembre 2021
+Domenico

L’amore è sempre decisivo per ogni vita

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 7, 47-50) dal Vangelo del giorno (Lc 7, 36-50)

Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!».

Audio della riflessione

La presenza del male in ogni vita è sempre molto alta: subiamo il male dagli altri, senza colpa, e senza imprudenza e facciamo del male agli altri inconsapevolmente o intenzionalmente. Ci comportiamo male di fronte a Dio e ci facciamo dominare dalle passioni. Sentiamo dentro di noi spesso il desiderio di pulizia, di ritorno all’innocenza, di bontà … riusciamo a capire l’importanza della bontà dopo che l’abbiamo persa in noi e per gli altri e ci nasce una nostalgia di ricominciare ad amare.

Quella donna che andò da Gesù con un vasetto di profumo a versarlo sui suoi piedi, mentre stava mangiando con i farisei, è l’immagine di tutti noi, quando pentiti, sentiamo che solo Dio ci può perdonare, può scavare da noi ancora bontà e nuova innocenza.

Il mistero del male, che ci possiede, non senza il nostro consenso, a causa della nostra debolezza viene intercettato da Gesù e risolto nel perdono.

Noi non siamo capaci di vincere il male, lui sì e lo ha vinto per sempre … non solo, ma avviene un autentico  miracolo: maggiore è stato il male, maggiore si manifesta l’amore.

Gesù è così, ha la forza di cambiare il nostro peccato nel primo gradino di una vita nuova, attraverso l’incontro del suo grande amore con il nostro pentimento … ma siamo capaci di pentirci?

“Le sono perdonati i suoi  molti peccati, perché ha molto amato”, ha molto amato gesù!

Il nostro cuore invece resta incollato al male che ha fatto, spesso lo rimpiange, vi ritorna, non se ne stacca, crede che sia tutta questione di sforzo, di impegno, di coerenza, di controllo di sé, di onestà intellettuale, di capacità di vedere chiaramente nella vita … certo anche tutto questo, ma si tratta soprattutto di amore, di guardare con intensità quel volto di Dio che si fa presente e visibile in Gesù e decidersi per Lui.

Anche Pietro ha incrociato il volto di Gesù e ha capito di aver tradito un amore grande!

Abbiamo tutti un vasetto prezioso di vita da spendere, da non tenere per noi: è il simbolo di ciò che siamo e lo vogliamo versare tutto per Gesù.

Amare molto è essere perdonati molto.

Purtroppo ci siamo abituati al perdono di Dio come a una “lavatrice” … ma il vero perdono è sempre e solo un grande atto d’amore, una certezza che quel Dio che non ci abbandona mai ci garantisce, perché ci ama, sempre, molto.

16 Settembre 2021
+Domenico