La strada è tutta per l’annuncio, la Parola la deve abitare ovunque

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 10,7-13)

In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli: «Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento.
In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti. Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi. Se qualcuno poi non vi accoglie e non dà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi. In verità io vi dico: nel giorno del giudizio la terra di Sòdoma e Gomorra sarà trattata meno duramente di quella città».

Audio della riflessione

Se ne fa tanta di strada nella vita. Ogni giorno si deve prendere un treno, un’automobile, una corriera per andare a scuola o a lavorare. Si imbocca una  autostrada, una superstrada, una strada  stretta di collina per evitare il traffico. La vita del pendolare è tutta su una strada, molta parte della vita la si passa così su quattro ruote, dal garage alla piazza, dalla piazza alla tangenziale, al luogo di lavoro. Si fa strada per il tempo libero.  Molte strade sono una tomba per gli imprudenti o i violenti. Fare strada è componente fondamentale della vita. Si fa strada quando si deve andare all’ospedale, a trovare amici, molte volte la si sceglie per uscire dalla confusione, per trovare un luogo di pace. Altre volte ci si fa pellegrini a piedi verso una meta, un santuario. E si cammina, cammina… ci si mette in dialogo con i compagni di viaggio, si solidarizza, ci si aiuta, ci si sorregge. 

Per Gesù, fare strada è una condizione privilegiata per annunciare il vangelo. “E strada facendo predicate che il regno dei cieli è vicino”. Il vangelo va portato ovunque, non deve trovare ostacoli, da quando ha preso la strada del mondo con gli apostoli che lo hanno diffuso ovunque era arrivata la civiltà. San Pietro, San Paolo hanno percorso tutte le vie allora conosciute, hanno solcato mari, penetrato isole, cambiato paesi e nazioni. Lo stile di questa capillare diffusione è la gratuità, il distacco assoluto da qualsiasi compenso o vantaggio economico o di prestigio.  Non occorre denaro che è la sicurezza del ricco, né bisaccia che è la sicurezza del povero. Per l’apostolo è determinante la povertà, è libertà dal dio di questo mondo. Paolo ne darà esempio lucidissimo.

La Parola ha in se la sua forza, non ha bisogno di raccomandazioni, di servilismi, di mercati o di strategie, ha solo bisogno di un cuore che ama, di una fede che sorregge, di un desiderio che trascina, di un bisogno inesaudibile. E sarà la stessa Parola che sosterrà anche la vita di coloro che la porteranno; l’operaio ha diritto al suo nutrimento. I servitori della Parola vivranno della stessa Parola; non la vendono, ma guadagnano la vita; non la barattano, ma ne  ottengono il sostegno; non la strumentalizzano, ma le obbediscono.

Su questa strada in cui passa il vangelo fioriscono i deserti, guariscono i malati, spariscono i demoni, trovano un cuore e un corpo pulito tutte le lebbre che ammorbano le nostre vite. Strada facendo, dice un noto cantautore, vedrai, che non sei più da solo;  strada facendo, troverai, anche tu un gancio in mezzo al cielo, e sentirai la strada far battere il tuo cuore, vedrai più amore, vedrai… Il gancio in mezzo al cielo è il vangelo che porta più amore dovunque qualcuno lo fa giungere.

8 Luglio 2022
+Domenico

Una passione e una compassione per l’umanità, quella sempre di Gesù

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 9, 32-38)

In quel tempo, presentarono a Gesù un muto indemoniato. E dopo che il demonio fu scacciato, quel muto cominciò a parlare. E le folle, prese da stupore, dicevano: «Non si è mai vista una cosa simile in Israele!». Ma i farisei dicevano: «Egli scaccia i demòni per opera del principe dei demòni». Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità. Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe perché mandi operai nella sua messe!».

Audio della riflessione

La vita, pure cristiana, di molti credenti spesso si sviluppa solo entro gli angusti confini delle nostre realtà ecclesiastiche, mentre  la sete di Dio da sempre abita nelle coscienze di molte persone; tante volte è una domanda esplicita, spesso è domanda interiore che non ha chiara la meta e noi cristiani spesso stiamo abbarbicati nei nostri comodi e pacifici spazi.

Gesù invece ha uno sguardo pieno di attenzione, di interesse per queste persone, anzi gli si muovono le viscere, ha compassione, ne intuisce le domande interiori, ne coglie la stanchezza e l’oppressione perché avvertono che  loro mancano persone dedicate alla loro vita e soprattutto alla loro ricerca. Noi cristiani dobbiamo sentirci operai di una messe che si espande sempre nell’umanità che ha sete di Dio, anche se non lo avverte e lo conosce.

 Uscite dal tempio e andate per le strade. Oggi la Parola di Dio deve risuonare ovunque. L’abitudine a isolare il cristianesimo o alla coscienza privata o alle nostre sacrestie è un insulto al vangelo, è una ingiustizia nei confronti dei tanti che hanno bisogno di Dio, hanno sete di lui e se lo vedono sottrarre dai nostri comodi loculi. 

Il mondo non è una sterpaglia, dice Gesù, non è una landa di ululati solitari, non è un groviglio di domande assurde, non è una accozzaglia di casualità senza senso: il mondo è una messe; è un terreno fertile, in esso è già maturato da sempre un desiderio, è saturo della attesa di uno sbocco, aspetta solo che qualcuno dia inizio a una mietitura.

Invece la nostra visione di mondo è sempre la fotografia, di ostilità, di mali, di lontananza da Dio. Gesù dice invece che è una messe che ha bisogno di operai che la raccolgono. Ci viene offerta su un piatto d’oro una sete e noi, che custodiamo la sorgente, non la mettiamo a disposizione; ci viene offerto un campo maturo e noi non siamo capaci di raccogliere i frutti. 

Ritorniamo sempre a quella parola precisa, che definisce la sollecitudine di Gesù: compassione, Gesù ha compassione della gente stanca, sfinita e sbandata. Sono tre aggettivi che  possono ben fotografare noi uomini e le donne di oggi, giovani inesperti e in balia di tutte le possibili novità e adulti disorientati a guardare continuamente indietro e a sperare di riportare il mondo come era prima.

Ma il futuro è sempre davanti, è sempre Gesù, è sempre scritto nella nostra decisione di offrire gratuitamente il vangelo, gratuitamente perché è dono di Dio che non si può tenere tra le mani, ma che si deve continuamente mettere a disposizione di tutti.

5 Luglio 2022
+Domenico

La nostra morte, la nostra fede e poter toccare Gesù

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 9, 18-26)

Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, [mentre Gesù parlava,] giunse uno dei capi, gli si prostrò dinanzi e disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà». Gesù si alzò e lo seguì con i suoi discepoli. Ed ecco, una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, gli si avvicinò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. Diceva infatti tra sé: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata». Gesù si voltò, la vide e disse: «Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata». E da quell’istante la donna fu salvata. Arrivato poi nella casa del capo e veduti i flautisti e la folla in agitazione, Gesù disse: «Andate via! La fanciulla infatti non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma dopo che la folla fu cacciata via, egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò. E questa notizia si diffuse in tutta quella regione.

Audio della riflessione

C’è una esperienza che tutti ci prende e che dobbiamo affrontare … la nostra morte: è l’esperienza che nascondiamo di più a noi stessi, ma che non si può evitare!

La nostra fede ha sicuramente qualcosa da dirci … il Vangelo ci riporta due miracoli: una donna lo tocca e viene guarita e subito dopo Lui stesso tocca una fanciulla e la risuscita;

la donna ci dice che cosa è la fede: toccare Gesù,
e il racconto della fanciulla morta e risorta ci dice che cosa dà la fede: fa passare da morte a vita!

Toccare, prima di essere un contatto è una forma di conoscere: è andare oltre il proprio limite, entrare in comunione e in uno scambio con l’altro.

La fede è toccare il Signore della vita e quando lui ci tocca, il suo tocco è il dono stesso della vita.

La morte non possiamo evitarla, siamo tutti mortali, ma proprio dentro la morte, quando Gesù ci tocca, quando siamo presi per mano da Lui, ci risveglia alla vita.

Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me anche se muore vivrà, chiunque vive e crede in me non morirà in eterno, dice il vangelo di Giovanni.

Ora, nella nostra vita, come queste due donne, tutti noi siamo invitati ad esperimentare il tocco di Gesù, il tocco dello Spirito, il famoso “dito di Dio” che scrive nelle nostre esistenze e nel nostro cuore il suo amore: ci fa vivere in comunione con Lui sia che viviamo sia che moriamo.

Il Signore che sta con noi sulla barca, dove dormiva, si è svegliato: placa il mare delle nostre esistenze, ci toglie la paura di andare a fondo … con Lui risorto liberati dai nostri peccati, sciolti dai legacci del male, siamo chiamati a toccarlo e a vivere con il suo tocco.

E qui si snoda tutto il racconto di Matteo, che diventa la storia di ogni nostra vita: c’è un padre affranto per la morte della figlia. Gesù lo ascolta e va a casa sua. Nel frattempo una donna riesce a toccarlo, ad entrare in comunicazione con Lui, il lembo del mantello è la sua Parola che salva. Figlia la tua fede ti ha salvato.

Gesù entra nella casa nel dileggio sempre dei ben pensanti, la presenza di Gesù scaccia il lutto e il lamento, prende per mano la ragazza come lo sposo prende per mano la sposa e la risuscita: la unisce a Lui in un amore più forte della morte.

4 Luglio 2022
+Domenico

Gesù chiama il peccatore a seguirlo

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 9, 9-13)

Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».

Audio della riflessione

La legge denuncia il peccato e punisce il peccatore, mentre Gesù rimette il peccato e accoglie il peccatore. Ancora voglio sottolineare che Dio non è legge, ma amore; non è sanzione e punizione, ma accoglienza, perdono e medicina. Come il malato più è grave, più ha diritto al medico e maggiori sono i doveri di questo nei suoi confronti, così il peccatore più è lontano più ha bisogno di misericordia. Il suo peccato non gli impedisce l’esperienza di Dio, anzi proprio in essa lo chiama per il suo vero nome che è Gesù, cioè Dio salva.

Siamo sempre incantati della chiamata che Gesù fa a Matteo, ci aiuta anche il Caravaggio con quello sguardo di Gesù a Matteo, un vero pubblicano, peccatore, immischiato con i nemici del giudaismo, perché collabora e fa soldi con i romani, è uno sguardo che fende le tenebre, si volge al peccatore avvolto in un’ombra di morte e diventa un fascio di luce, che alza di sorpresa Matteo, sollevandolo dal tavolo dove sta contando soldi a palate.

Nel brano di vangelo che precede questo, il centro è un paralitico, cui vengono perdonati i peccati; in questo brano di oggi c’è un peccatore che è invitato a cambiare vita e perdonato alla grande, diventerà poi un apostolo. Noi siamo sempre rivolti a questo grande e bel esito della chiamata di Gesù; mettiamo in conto però che la prima cosa che fa Gesù è di perdonargli il suo grave peccato personale e sociale. Esercita la qualità tipica di Dio che è di perdonare.

Segue poi una bella cena, scandalosa per i cosiddetti “giusti” che vedono Gesù aver confidenza con i peccatori. Difficile per il Signore non è convertire quelli di Ninive alla penitenza, ma Giona il giusto ad andare a predicare loro il perdono. Dio è amore e grazia. Il peccatore lo riconosce facilmente, perché ne ha bisogno, noi invece che ci riteniamo giusti invece ci opponiamo a Lui con tutte le nostre forze. Dobbiamo prima accettare il peccatore come nostro fratello, nostro gemello, anzi come fosse noi stessi, anzi come il nostro Signore che si è fatto peccato per noi. Solo allora riusciamo a conoscere Dio e ci convertiamo a una giustizia superiore, quella del Dio misericordioso, di grande amore, clemente, di larghe vedute, che si lascia impietosire. Se noi escludiamo dai nostri banchetti il peccatore, escludiamo il Signore stesso che banchetta con i peccatori.

Gesù chiama tutti e va a cena anche con i peccatori, non solo convertiti come Matteo, ma anche con gli altri. Matteo non fu chiamato perché convertito, ma si convertì perché chiamato. Noi cristiani non viviamo della nostra giustizia, ma della sua grazia. Graziati dal Signore dobbiamo usare grazia gli uni verso gli altri.

Matteo poi con il suo Vangelo, come questo che stiamo leggendo in questi giorni, ce ne ha donato di grazia e di insegnamenti!

E gli siamo ancora più grati!

1 Luglio 2022
+Domenico

Legge, colpa e pena non sono il ritratto del nostro di Dio

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 9,1-8)

Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, salito su una barca, Gesù passò all’altra riva e giunse nella sua città. Ed ecco, gli portavano un paralitico disteso su un letto. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati». Allora alcuni scribi dissero fra sé: «Costui bestemmia». Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse: «Perché pensate cose malvagie nel vostro cuore? Che cosa infatti è più facile: dire “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati e cammina”? Ma, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati: Àlzati – disse allora al paralitico –, prendi il tuo letto e va’ a casa tua». Ed egli si alzò e andò a casa sua. Le folle, vedendo questo, furono prese da timore e resero gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini.

Audio della riflessione

I  nostri peccati – di cui molti non vogliono più sentire nemmeno  la parola – sono i nostri fallimenti nella vita: sono sempre tanti e ci avviluppano come in un bozzolo che alla fine ci sigilla come mummie.

Quando pensiamo a Dio pensiamo subito a una legge che giudica e punisce il male … la legge ci convinciamo di doverla osservare, la colpa vogliamo trasgredirla e la pena sentiamo la necessità di espiarla.

Dovere, colpa, pena sono caratteristici di ogni re-ligione, nella cui parola si condensa un legame, che lega e rilega l’uomo in un eterno destino.

Riusciremo una buona volta, quando parliamo di religione, a toglierci questa autentica bestemmia, che fa di Dio soprattutto e sempre “legge”, “padrone” verso cui siamo indebitati, “regolatore” di conti, “vendicatore”, “giustiziere” …

Dio non è legge: non abbiamo debiti con Lui … è Lui che si colloca in posizione di sentirsi debitore con noi! Ci ha fatti per amore, ogni nostro male è un “suo” fallimento, di cui soffre, come fa un buon genitore con i figli! Lui si mette in questione se noi stiamo male o sbagliamo.

L’amore riconosce i bisogni di colui che ha deciso di amare, dell’amato: li legge come diritti di lui e Dio vi si sente in dovere di esaudirli.

Hanno deciso che Gesù deve dare la vita per questo mondo di peccato, rimetterlo in dialogo d’amore con suo Padre … e quando Gesù dice che perdona i peccati, osa dire che si fa uguale a Dio perché li perdona.

Lui fa quello che solo Dio può fare: non ci perdona perché ci siamo convertiti, ma perché ci possiamo convertire a Lui, ed è Lui che si converte a noi, anzi con una mitezza che non ha eguali, si addossa la colpa di averci abbandonati e ci chiede venia!

Insomma, Gesù …

  • invece di giudicare, assolve;
  • invece di condannare, perdona;
  • invece di punire, è Lui che espia!

… per questo sarà giudicato, condannato e alla fine giustiziato in croce e da lì assolve, perdona e libera tutti: questo è il potere che Dio si “arroga” sulla terra!

Ma se è così che giustizia c’è? Il Vangelo ci presenta una giustizia superiore che è quella del Padre che fa piovere la sua luce e la sua benedizione su tutti i suoi figli, cattivi o buoni che siano.

Perdonare è  miracolo più grande che risuscitare un morto , come Lazzaro che una volta risuscitato morirà ancora: perdonare invece è nascere e far nascere a vita immortale, la stessa di Dio che è amore ricevuto e accordato senza condizioni … rivela l’identità di Dio che ama senza misura e quella dell’uomo suo figlio, sempre e comunque amato.

Nella parabola del paralitico guarito ci siamo sempre troppo fermati sulla bontà di questo aver ridato movimento, indipendenza a un infermo, ma l’intento di Gesù era di far sapere che lui rimetteva i peccati, quindi si poneva sul piano di Dio suo Padre … “Perché sappiate che Io rimetto i peccati, dico a te alzati e cammina” … questo sicuramente faceva fastidio ai farisei che non riuscivano a mettersi sull’onda nuova della presenza di Dio in Gesù!

30 Giugno 2022
+Domenico

Facciamo festa ai nostri santi Pietro e Paolo

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 16, 13-19) nella Solennità dei Santi Pietro e Paolo Apostoli

Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».
Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

Audio della riflessione

Domande imbarazzanti ci vengono spesso fatte nella nostra vita: alcune riguardano il nostro lavoro, altre soprattutto riguardano la nostra persona e ce le fa la persona con cui abbiamo relazioni intense …

… è quello che è capitato a Pietro, l’apostolo “roccia” su cui Gesù ha fissato il futuro della sua comunità di persone dedicate a continuare a portare la buona notizia nel mondo: la sua Chiesa.

E’ quel Gesù che se ne intende di case fondate sulla roccia o sulla sabbia: ne aveva parlato con passione a tutti coloro che lo volevano seguire: “Cercate una roccia sicura, non vi fate ingannare da terreni ondulati, belli da vedere, con tramonti incantevoli, ma che al primo scroscio di acqua cedono”.

Proprio lui, che se intendeva di fondazioni sicure, va a scegliere Pietro, che, per quello che conosciamo di lui, non era una grande roccia, non era incrollabile, aveva non poche fragilità con cui sempre era costretto a fare i conti:

  • è quel Pietro che cede alle osservazioni banali di una serva e lo tradisce;
  • è quel Pietro che si lancia a camminare sulle acque pieno di fiducia e poi affonda perché si fida solo di sè.
  • è quel Pietro che viene richiesto di dire il suo amore e, sicuro nelle prime risposte, annaspa quando si guarda dentro più in profondità.
  • D: Mi ami tu?
  • R: Come no!
  • D: Mi ami proprio?
  • R: ma stai scherzando?!
  • D: Pietro, non barare come sempre, mi ami davvero?
  • R: Signore non te lo dico più, ma tua sai leggere nel mio cuore a pezzi, ma sicuramente solo per te!

Eppure Gesù lo stabilisce come la roccia su cui fondare la sua Chiesa, il segno della comunione degli uomini con Dio e della comunione tra di loro.

Certo, la Chiesa è solo un segno, ma è una appartenenza indispensabile perché gli uomini possano incontrarsi con Dio, accogliere da Lui vita piena e eternità felice. E’ un segno povero, ma sempre l’assemblea di quelli che Dio chiama; è segno fragile, ma contiene beni incalcolabili come il perdono, il suo corpo e il suo sangue continuamente versati per la salvezza del mondo, la sua Parola di verità. Assieme a Lui non nello stesso luogo, né nello stesso giorno fu ucciso anche Paolo.

Aveva un desiderio grande di portare il vangelo in tutto il mondo allora conosciuto, per riparare la grande cattiveria che l’aveva posseduto quando perseguitava la chiesa. Dio gli concesse di giungere a Roma, a spese della stessa civiltà romana, e di scrivere in essa la sua decadenza di potenza per cambiarla in roccia di confronto. Papa Francesco ci ha ricordato che dove è morto anche Paolo, sarà il vescovo di Roma che potrà presiedere nella carità tutte le chiese del mondo.

Siamo in un intreccio di storia e di grazia di Dio di cui un giorno Dio ci chiederà conto. Che cosa avete fatto di tutte le testimonianze dei martiri che vi ho regalato? Avremo ancora fede quando ci verranno fatte queste domande?

Abbiamo da rispondere, ma saremo sempre amati da Gesù se in Lui sappiamo porre tutta la nostra vita e le ragioni del nostro vivere. Pietro è stato perdonato alla grande, Paolo pure. Se li imitiamo non dobbiamo temere niente, anzi possiamo prendere in mano il testimone e continuare il loro annuncio.

29 Giugno 2022 – Solennità dei Santi Pietro e Paolo Apostoli
+Domenico

Una chiamata di Gesù ha deciso le nostre vite

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 8,18-22)

Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, vedendo la folla attorno a sé, Gesù ordinò di passare all’altra riva. Allora uno scriba si avvicinò e gli disse: «Maestro, ti seguirò dovunque tu vada». Gli rispose Gesù: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». E un altro dei suoi discepoli gli disse: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Ma Gesù gli rispose: «Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti».

Audio della riflessione

E’ bello sapere che le nostre esistenze di persone, sono sempre state coinvolte da Dio in una chiamata: potrebbe sembrare che sia sempre io che decide della mia vita … c’è stata una evidente libertà di scelta, ma sappiamo che le scelte spesso sono collocate dentro una esperienza che ci precede o che non dipende tutta noi.

Il Signore sempre ci chiama ad essere e ci propone un modo di vivere.

Mettendosi alla sequela di Gesù non è come iscriversi a una scuola, di un maestro che mi dava una competenza, ma è stato sentirci risuonare dentro una chiamata che mi fa Lui stesso, metterci in rapporto vero e profondo con Lui e seguirlo; non siamo stati alunni di un maestro – anche bravo – ma discepoli del Signore!

Allora prima di tutto viene Lui: in Lui troviamo la perla preziosa, la novità assoluta, l’unico affetto della vita … riusciamo allora a capire anche oggi, perché tutte le nostre scuse, pure profondamente umane, non devono avere il sopravvento: devono essere poste a confronto con il Signore e non con una indicazione pedagogica.

La libertà dalle cose e dal piacere che procurano è il primo dono, è quello che Gesù fa al suo discepolo: lo fa uscire dalla madre, lo fa venire alla luce come il Figlio del Padre, un uomo libero!

Certo, anche se riusciamo a capire che Gesù è il Signore, avremo sempre le resistenze del cuore, affetti che vengono prima di Lui, ma il Signore non può essere secondo a nessuno: non sarebbe più il Signore!

Seguire Lui non è  pretesa e volontà mia, ma chiamata e dono che Lui fa a me!

C’è un’arte che sta imperversando nei nostri giorni: quella di non decidersi mai, e tenere sempre i piedi in due scarpe, di rimandare all’infinito quello che è necessario fare oggi: è indeciso il giovane che non riesce a trovare la forza di distaccarsi dalla sua famiglia per crearsene una nuova (in Italia si arriva ancora a una media di 34 anni), è indeciso il giovane che si vuol donare a una missione radicale, chi vuol vivere la verginità per il Regno, chi deve orientare una comunità verso mete che esigono “prendere o lasciare”, è indeciso il “politico” che cerca di cavalcare tutte le possibilità e stare a galla sempre, è indeciso forse anche chi non ha il coraggio della verità, e fa il “tappezziere”, mette pezze a tutti, accontenta tutti, anche quelli che dicono e fanno il contrario.

Sarà forse l’arte di governare … non è certo l’arte del seguire Gesù!

27 Giugno 2022
+Domenico

Cuore immacolato della Beata Vergine Maria (Sabato dopo la solennità del Sacro Cuore di Gesù  – Memoria obbligatoria)

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 8, 5-17)

Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò». Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori, nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di denti». E Gesù disse al centurione: «Va’, avvenga per te come hai creduto». In quell’istante il suo servo fu guarito. Entrato nella casa di Pietro, Gesù vide la suocera di lui che era a letto con la febbre. Le toccò la mano e la febbre la lasciò; poi ella si alzò e lo serviva.
Venuta la sera, gli portarono molti indemoniati ed egli scacciò gli spiriti con la parola e guarì tutti i malati, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa: “Egli ha preso le nostre infermità e si è caricato delle malattie”.

Audio della riflessione

Non possiamo non ricordare oggi che in molte parti d’Italia è la festa del cuore immacolato di Maria.

Abbiamo riflettuto, soprattutto il 25 di Marzo quando il Papa ha consacrato tutto il mondo al suo cuore immacolato, sull’importanza di questo nostro “atteggiamento” nei confronti della Madre di Gesù: il riconoscere il suo candore, il suo distacco assoluto da ogni ombra di male, il privilegio che Dio le ha dato di non avere nessuna parte del suo spirito, del suo corpo, della sua vita che fosse stato in possesso del demonio.

Il suo cuore è immacolato, e noi a Lei diamo tutta la nostra “stima” (ci mancherebbe!) ma anche il nostro affidamento, l’affidamento di tutte le nostre vite, l’affidamento di tutte le nostre grandi o piccole “difficoltà”, l’affidamento della Chiesa, l’affidamento del Papa, l’affidamento degli uomini in guerra, perchè nasca nel loro cuore un desiderio di pace e la volontà di pace, perchè nel cuore di coloro che hanno responsabilità risplenda sempre questo candore – infinito direi quasi – che ha voluto Dio per Maria, perchè nessuna macchia di peccato c’è stata in Lei, e quindi Lei è dentro nel paradiso di Dio, è dentro nella bontà del Signore da sempre e per sempre, e ci aiuti a raggiungerla nell’eternità beata!

25 Giugno 2022 – memoria obbligatoria del Cuore Immacolato di Maria
+Domenico

Continui a costruire sulla sabbia? E ti meravigli perché la tua vita non regge!

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 7, 21. 24-27)

Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».

Audio della riflessione

Si continua a dire che oggi mancano i valori, mancano i riferimenti, i giovani non hanno nessuna certezza cui aggrapparsi, ciascuno naviga a vista, senza bussola, senza sapere dove sta andando. Mai come oggi si sente la necessità di ancorare l’esistenza a qualcosa di solido, di incrollabile, a qualcosa che ti dà sicurezza.

Vuoi affrontare la vita di famiglia, vuoi affrontare un nuovo lavoro, ti vuoi impegnare in una attività sociale, ma vuoi sapere su che basi solide. Quando si applicano queste ansie al mondo economico, alla vita fisica, agli interessi della produzione si esce il prima possibile dall’incertezza. Le banche si abbarbicano a principi solidi di credito, non si possono permettere avventure, anche se qualcuno le tenta ingannando tutti. Nella conduzione delle nostre piccole o grandi economie domestiche si cercano punti solidi, lavori sicuri, impegno di piccoli o grandi capitali con tanta oculatezza e spesso si sperimenta il fallimento, manca il lavoro, vengono meno le solidarietà.

E nella vita spirituale? Purtroppo ci adattiamo a tutto, seguiamo la moda, ci facciamo ingannare dalle pubblicità, da stili di vita ingannevoli, i classici specchietti per le allodole. Il mondo dei mass media spesso è complice a ragion veduta, distribuisce ricette di felicità insospettabili, ti fa balenare davanti agli occhi una falsa felicità.

Gesù ha una immagine che stigmatizza molto bene questa situazione: stiamo costruendo la casa sulla sabbia. Stiamo costruendo la nostra vita sul niente, sull’effimero, sull’inconsistenza, sui disvalori, sull’inganno. Non regge, non è possibile avere futuro. Puoi stare a galla in tempi normali, forse, ma basta una piccola difficoltà che tutto crolla. E siamo sufficientemente smagati per vedere quanto maggiori sono i tempi di burrasca nella vita che i tempi di tranquillità. Sembriamo gente che si mette in viaggio con un bel cielo sereno e crede che sia sempre così, non si ricorda del vento, della pioggia, del freddo, della bufera. Crede sufficiente la solita maglietta, affronta l’inverno in maniche di camicia.

Altra sabbia è far la pace con le armi, con la sopraffazione, con la menzogna, con il pugno di ferro. Prima o poi la pace crollerà di nuovo.

La nostra vita va fondata sulla roccia, non può rischiare di franare per il primo colpo di vento. E la roccia, i valori, il riferimento, la sicurezza è Gesù, è la sua parola, accolta, messa in pratica, stimata, diffusa; queste sono fondamenta solide. È fondare la vita su Gesù. Se facciamo questo stiamo sicuri che la roccia che è Dio non cederà. Il suo amore è per sempre.

23 Giugno 2022
+Domenico

Attenti ai falsi profeti

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 7, 15-20)

Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Dai loro frutti li riconoscerete.
Si raccoglie forse uva dagli spini, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li riconoscerete».

Audio della riflessione

Distinguere il vero dal falso è un grande problema soprattutto da quando, ma forse è sempre stato così, le parole non vengono più caricate di impegno di verità. Si parla, si dice, si approssima, si sospende, si ammicca, non c’è quasi mai un parlare responsabile. La persona spesso si difende e mente, fa il fabulatore, ti giura sul suo onore cose non vere. Se sei abituato a dare fiducia resti ingannato. Deve allora nascere qualche criterio di verità, di discernimento, di affidamento a quello che dicono di essere le persone che incontri o che collaborano con te. Il vangelo dice molto semplicemente: li potrete riconoscere dai loro frutti. Possono parlare e dire, incantare e affascinare, ma se non si vedono frutti, se non c’è una vita coerente con quello che si predica, se non appaiono cose ben fatte, esperienze di cambiamento radicale, comportamenti oggettivi che si possono valutare, non cresce la fiducia e si rimane nell’incertezza.

Si può ingannare anche con qualche frutto provvisorio, con qualche messa in scena,  ma, una vita donata è diversa. Gente falsa ce n’è sempre, e persone ingenue che si fidano pure, ma la vita cristiana è una forza che risana alla radice ogni malizia, toglie ogni maschera,  permette al bene e alla verità di splendere.

Il discernimento ha bisogno di intelligenza, ma soprattutto di comunione, di scambio, di confronto, di comunità. Da soli saremo sempre in balia della malvagità, assieme potremo dare forza alla voce dello Spirito, aiutarci gli uni gli altri ad ascoltarla, a individuarla tra le tante sirene che spesso ci ingannano.

Il tornare con impegno e stima alla vita di comunione che ogni parrocchia a fatica sta ritessendo dopo la pandemia è più di un impegno, è una scelta che porta frutti di pace e di sostegno vicendevole sia per la vita che per la fede.

Di questi tempi è troppo facile cadere vittime di promesse di salvezza, proprio perché o siamo disperati o abbiamo perso fiducia in tutto. Anche San Paolo rimproverava le prime comunità cristiane di essere troppo facili a farsi accarezzare le orecchie da vanità e falsità. Molti dicono il Signore è qui o è là, in base a fenomeni strani. Abbiamo bisogno di stranezze, di miracoli, di fenomeni sorprendenti o ci deve bastare solo al Parola di Dio come è annunciata e vissuta nella chiesa e tra la gente semplice?   Al cristiano basta constatare i frutti dello Spirito che vengono dall’ascolto obbediente della Parola di Gesù.