Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 8,4-15)
Credo che tutti noi, uomini e donne, ragazzi e ragazze, giovani e giovanissimi qualche domanda su Dio ogni tanto ce la facciamo: si comincia da bambini con un po’ di curiosità, si continua da ragazzi con un po’ di diffidenza, si continua da giovani con pregiudizi e pretese, ci si riflette da adulti e ci si tormenta a intervalli e pause nella terza età.
Il Covid-19 forse ha accelerato le domande e non ha cercato vere risposte, perchè sempre in attesa della soluzione di tutto, che sta diventando il futuro vaccino.
Ma questo Dio esiste? Non esiste proprio! Ma se ci sei … batti un colpo!
Gesù nella sua vita è venuto proprio non solo a battere il colpo richiesto, ma a dirci pure le parole di Dio e a mostrarci il Suo Volto: sulla importanza della Parola di Dio non siamo all’anno zero, sempre ci è stato detto che Dio ha parlato agli uomini come ad amici, che c’è un dialogo vero, interessante, amorevole tra Dio e l’uomo, tant’è che nel Vangelo si dà ampio spazio alla sua Parola, e la Parola viene ad essere presentata come un seme, qualcosa di non statico, di vivo, che si sviluppa, si trasforma, cresce. E’ una realtà lasciata alla terra, alle persone, come un seme.
Dal terreno che presentiamo si può sviluppare la sua forza, può risplendere la sua verità, può attivarsi nella vita concreta di ogni persona. La Parola cade lungo la strada, sopra la pietra, in mezzo alle spine, dentro la terra quella buona. Se nei primi tre casi, sembra che Dio abbia sprecato la sua parola, alla fine invece il frutto viene.
Significa almeno che non ci si deve mai scoraggiare, sia perché il seminatore è prodigo, non risparmia, getta in abbondanza, e perché la risposta dell’umanità è sempre da Lui stesso aiutata a partecipare, ad aprirsi, ad ascoltare.
Luca insiste anche perché vuole che l’atteggiamento del seminatore, “uscire e gettare il seme”, debba essere quello della Chiesa: un invito e un incoraggiamento missionario ad operare tranquilli perché l’efficacia della Parola è garantita, se noi ci convertiamo ad essere terreno buono.
Questo annuncio del seminatore si conclude con un intervento importante di Gesù; dice il Vangelo “dicendo queste cose gridava”. Gli sta a cuore che la gente che lo circonda, che si è riunita attorno a lui, che si dimentica pure di mangiare, che gli ha fatto compassione profonda, non abbia un ascolto di striscio (come la Parola che cade sulla strada), superficiale (cade sulla pietra), o affogato da mille preoccupazioni (quella che cade tra le spine), ma metta in atto ciò che la Parola di Dio sempre richiede: un ascolto fattivo.
Il grido di Gesù è sempre in rapporto a momenti decisivi. Qui c’è la Parola che, consegnata alla folla diventa questione di vita e di morte. C’è una folla immensa che lo segue e la fede non è mai un fatto di massa: Gesù vuole che la folla diventi popolo di Dio, fatto da persone libere e aperte agli altri, non vuole individui egoisti e chiusi in se stessi.
Noi ancora pensiamo che l’ascolto della Parola sia una sorta di devozione per i più pii, i più praticanti, una sorta di coronamento auspicabile; invece no, è assolutamente necessario – questa parola – ascoltarla e farla tutti.
19 Settembre 2020
+Domenico